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sabato 23 novembre 2013

Omosessualità Tra Mito E Realtà


Uno degli ultimi tabù più difficili da rimuovere dalla coscienza collettiva è certamente quello della naturale repulsione per l'omosessualità. Per questo genere di operazione sono state adottate diverse tecniche già usate in passato per far accettare alle masse qualcosa che esse consideravano sbagliato. Non che i «diversi» non esistessero anche prima. La novità sta nel fatto che i gay non devono più essere visti come persone affette da un grave disordine psicosessuale, ma come individui che hanno un orientamento sessuale diverso, con la stessa dignità degli eterosessuali. Ergo, essi hanno diritto a formare una «famiglia», ad avere e ad allevare dei figli (adottandoli), ecc... Non si devono più vergognare della loro condizione, ma essere «orgogliosi» del loro comportamento sessuale. Per realizzare questa delicata impresa è stato affidato ai mass media un ruolo importantissimo: non c'è ormai serial televisivo in cui non ci siano uno o più attori o attrici che interpretano il ruolo di gay. Lo stesso dicasi per i talk show, di cui ormai i gay sono diventati le mascotte da coccolare e viziare. Occorre tuttavia chiedersi: l'omosessualità è un comportamento sessuale o una condizione?

l Prefazione

Quando nel 1788 venne promulgata la Costituzione degli Stati Uniti, il mondo civilizzato si trovò di fronte ad una novità assoluta: per la prima volta nella storia dell'era cristiana, un Paese occidentale abitato da battezzati sancì la netta separazione tra Stato e Chiesa. Tale separazione stabilì che la Chiesa cattolica (e laicismo di statotutte le varie confessioni religiose) avrebbe potuto godere della piena libertà di culto. Allo stesso tempo, però, la Chiesa non avrebbe più usufruito (come era stato fino ad allora) di alcun privilegio o riconoscimento particolare, e soprattutto non avrebbe più potuto intromettersi negli affari interni dello Stato. Nacque così il principio dello Stato «laico», ossia dello Stato indifferente e neutrale in materia religiosa. Non più, dunque, una stretta collaborazione tra due poteri distinti, lo Stato e la Chiesa, in cui lo Stato si limita a ricercare il bene comune temporale della nazione (principio di sussidiarietà), e che allo stesso tempo riconosce alla Chiesa di perseguire un fine superiore soprannaturale (la salvezza delle anime), ma due forze inevitabilmente contrapposte. Lo Stato, che fino a quel tempo aveva considerato il Vangelo, i Comandamenti di Dio e la morale naturale come la fonte d'ispirazione delle sue leggi, sarebbe divenuto di fatto uno Stato ateo (e troppo spesso anticristiano), che avrebbe messo la verità sullo stesso piano dell'errore (la fede cattolica sullo stesso piano dell'eresia, dell'agnosticismo, dell'ateismo, ecc...). Peggio ancora: svincolato dal rispetto delle leggi immutabili stabilite dal Creatore, non solo in campo religioso ma anche in quello naturale, lo Stato - nuovo Moloch da incensare e adorare - avrebbe legiferato «democraticamente» (ecco la parola magica...), ossia in base alla decisione della maggioranza dei votanti. Poco importa se la maggioranza aderisce al falso o all'errore. La maggioranza è infallibile, nonno al crocisso certo la Chiesa! Tale concezione, oggi universalmente accettata, venne violentemente introdotta pochi anni dopo in Europa in nome della libertà (massonicamente intesa) dalla Rivoluzione Francese, e rapidamente si estese a macchia d'olio al resto del mondo. Alla dottrina sociale della Chiesa romana, che stabilisce la Regalità sociale di Cristo (non solo sui singoli, ma anche sulle nazioni2), la Rivoluzione oppose la totale indipendenza dello Stato da qualsiasi regnante che non fosse il «popolo» stesso (la favola della cosiddetta «sovranità popolare»). Cristo non avrebbe più regnato sulle nazioni e nei parlamenti, ma solo nei cuori dei singoli o entro le mura delle chiese. Giacché tale nozione scristianizzante proveniva dalle Logge massoniche, gli Stati laici - quasi sempre retti da governi tutt'altro che neutrali (leggi anticristiani) o di ispirazione cattolico-liberale (il cristianesimo democratico) - promulgarono leggi mutevoli che il più delle volte assecondano i capricci dell'uomo che si vuol mettere al posto di Dio e costruire una chimerica «nuova società». Nel XIX e XX secolo, gli Stati laici da una parte hanno perseguitato sempre più apertamente la Chiesa 3 e dall'altra hanno messo ai voti tutte le norme fondamentali che avevano regolato per due millenni la vita della società. Il secolo scorso ha visto l'introduzione in quasi tutti i vari Paesi occidentali di una serie di legislazioni, sempre varate in nome della «libertà dei popoli», da governi massonici, liberali o comunistoidi, il cui fine ultimo è di estirpare dalla società occidentale e cristiana l'idea stessa di famiglia quale l'ha voluta il Creatore e che la Chiesa cattolica ha restaurato e inculcato con grande fatica nel corso dei secoli:
  • Legge in favore del divorziola famiglia non è più indissolubile 4. Essa non è più l'unico consorzio umano che sta alla base della società. Via libera alle «coppie di fatto» e alla convivenza. Niente più doveri o responsabilità, ma solo diritti. Agli sposi, uniti «finché morte non vi separi», subentrano parti intercambiabili in qualsiasi momento (il «compagno» o la «compagna»);
  • Legge in favore dell'abortola vita umana non è più sacra. Alla madre viene riconosciuto il «diritto» di decidere della vita della creatura che porta in grembo, che non viene più identificata come un essere umano a sé stante avente diritto alla vita, ma come una parte del corpo della madre, come una verruca o un'unghia che può essere tranquillamente tolta di mezzo a spese dello Stato;
  • Legge in favore dell'eutanasia: essa è un corollario della legge sull'aborto. Se la vita non è più sacrosanta al suo sorgere, tanto meno lo è al suo tramonto. Il vecchio è un peso inutile. La vita è tale solo in presenza di una certa «qualità» (che ne sarà dunque dei disabili o dei malati terminali? 5);
  • Legge in favore della liberalizzazione della droga: al singolo viene riconosciuto il «diritto» di alterare il proprio stato di coscienza mediante l'uso di sostanze psicotiche che di fatto danneggiano gravemente l'uso dell'intelletto e che in molti casi possono provocare la morte.
divorzio aborto eutanasia droga

Ma a questa guerra senza esclusione di colpi contro la famiglia si è andato ad aggiungere un importante tassello. Se nessuna norma - anche naturale - è assoluta e certa, se tutto è relativo e opinabile (relativismo), se si possono sopprimere gli infanti, gli anziani e (in un futuro non lontano) anche gli handicappati, perché si deve continuare a credere che esista una sessualità sana e una deviata? Il passo è breve. A partire dal Sessantotto, sull'onda della cosiddetta «Rivoluzione Sessuale», preparata oltre Oceano dalla famigerata Scuola di Francoforte 6, si è progressivamente fatta strada l'idea che anche gli omosessuali - presentati abilmente da una propaganda ben orchestrata come una minoranza soggetta ad intollerabili discriminazioni - debbano godere degli stessi diritti delle coppie eterosessuali sposate. In questo difficile processo di «rieducazione» delle masse finalizzato a rimuovere i tabù impressi nella mente dell'uomo comune dall'odiosa predicazione cattolica, la Rivoluzione ha potuto avvalersi, rispetto al passato, di un grande strumento: i mass media. In Italia, certi conduttori televisivi - come, ad esempio, Maurizio Costanzo (il cui nome figura nelle liste della Loggia P2) o il gay dichiarato Alessandro Cecchi Paone - si sono auto-investiti della «missione» di predicare alle folle il verbo degli invertiti. Non c'è ormai un solo talk show o un varietà che non abbia come ospite fisso un omosessuale. Personaggi comePlatinetteCristiano Malgioglio (quello di Banane al cioccolato...), Fabio Canino e Aldo Busi sono ormai ospiti fissi di certe trasmissioni (presentate per lo più daMaria De Filippi, moglie di Costanzo). All'estero le cose non vanno certamente meglio. Rockstar bisessuali come Madonna e Christina Aguilera, o apertamente omosessuali come Elton JohnBoy GeorgeGeorge Michael, e tanti altri hanno fatto della propria «diversità» una bandiera da sventolare ai quattro venti. Il mondo effimero della moda sembra addirittura divenuto il luogo di ritrovo di questi moderni sodomiti: stilisti come Gianni Versace (1946-1997) e Dolce e Gabbana hanno messo al servizio della loro squallida «causa» gli enormi proventi derivanti dalla loro professione. Sdoganati dai media, sempre più politicamente corretti e buonisti, i gay hanno potuto uscire allo scoperto e portare avanti la loro vergognosa «battaglia» anche nel mondo della politica. Basti pensare al parlamentare transgender Vladimiro Guadagno (in arte «Luxuria»), a Franco Grillini, ex presidente dell'Arcigay, o a Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia. E la lista potrebbe continuare all'infinito... Chi non si allinea con le idee strombazzate dalla propaganda imperante ed esprime opinioni «politicamente scorrette» sia messo al bando come un retrogrado, come un pericoloso omofobo (ora i malati non sono più i gay, ma gli eterosessuali...).

alessandro cecchi paoneplatinettecristiano malgioglio
Alessandro Cecchi PaonePlatinetteCristiano Malgioglio
fabio caninoaldo busigianni versace
Fabio CaninoAldo BusiGianni Versace
vladimir luxuriafranco grillininichi vendola
Vladimir LuxuriaFranco GrilliniNichi Vendola

Come ebbe a scrivere il grande romanziere russo Fëdor Dostoevskij (1821-1881) ne I demoni (1872), «se Dio non esiste, tutto è lecito». Questa è la conclusione logica che conduce a quella negazione pratica del dominio di Dio sulle collettività che è lo Stato laico. Ma questa impresa prometeica di ribellione sistematica dell'uomo nei confronti di Dio è destinata a fallire miseramente. L'inversione dei valori, di cui siamo testimoni, è stata condannata fin dagli albori dell'umanità. Già parecchi secoli prima dell'avvento di Gesù Cristo, così ammoniva il profeta Isaia il popolo d'Israele: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro» (Is 5, 20) 7. La nuova umanità agognata dai sovvertitori, che si vorrebbe costruire sulle macerie della civiltà cristiana, al suo nascere emana già un fetore intollerabile. Questa società post-cristiana, che non sopporta più nemmeno la vista del crocifisso nelle aule scolastiche o negli ospedali, e che vorrebbe dare cittadinanza al vizio e alla turpitudine in nome della tolleranza e del rispetto per i gusti sessuali altrui (a quando, dunque, l'apertura alla pedofilia?), è appena nata ed è già gravemente ammalata. Il diritto alla«ricerca della felicità da parte dell'uomo» sancito dalla Costituzione statunitense (il cosiddetto «sogno americano») si è rivelato totalmente fallimentare. Siamo più ricchi e più tecnologicizzati, ma non certamente più felici. Anzi, nella misura in cui l'uomo si è allontanato dal suo Creatore e dalle Sue leggi, l'infelicità si è fatta strada nel cuore dell'uomo. La natura non si lascia manipolare. Sta all'uomo decidere se continuare su questa strada rovinosa o ritornare quanto prima al rispetto delle leggi di natura e al giogo soave dei precetti evangelici.

Paolo Baroni

l Introduzione

Se l'omosessualità non è uno stile di vita né normale, né sano - come credo che dimostri questo articolo - la cosa più caritatevole che possiamo fare è aiutare gli omosessuali a rendersi conto di questa verità e offrire loro il nostro aiuto e incoraggiamento. Ma, nella nostra società, milioni di persone credono che l'omosessualità sia un modo di vivere alternativo sano e accettabile. Il dibattito sull'accettazione dell'omosessualità nella nostra cultura è stato uno dei più offuscati da numerosi travisamenti e imprecisioni. Tali distorsioni includono:
  • L'asserzione secondo cui il 10% di tutti gli americani sarebbe gay (in realtà, la cifra si avvicina all'1-2%);
  • Che tutti gli psichiatri e gli psicologi competenti credano che l'omosessualità sia un modo di vivere sano (nella realtà, la maggioranza di essi non è d'accordo);
  • Che gli omosessuali sarebbero nati così (mentre sempre più numerosi terapeuti non sono d'accordo) e non potrebbero cambiare il loro orientamento sessuale (affermazione confutata in numerosi casi da racconti di gay che si sono convertiti all'eterosessualità).
È compito del cristiano indicare a queste persone che, poiché l'omosessualità è peccato, siamo tutti peccatori e ci sono perdono e liberazione per tutti quelli che si rivolgono a Gesù Cristo. «Le persone dovrebbero vivere e dovrebbero lasciar vivere»!«A ciascuno il suo. Lasciateli vivere come desiderano»«Lasciate che i gay godano della loro libert໫Qualunque cosa ti rende felice, vivi con essa» 8. Commenti come questi si sentono comunemente quando il tema dell'omosessualità diventa oggetto di discussione. In questi ultimi vent'anni, il dibattito sul questa tendenza sessuale e sui diritti degli omosessuali è cresciuto costantemente, e non potrà che continuare a farlo. Tuttavia, nel corso di questa disputa, numerose imprecisioni, mezze verità, errori e aperta propaganda sono stati dati in pasto al pubblico come verità incontestate. Lo scopo di questo opuscolo è di esaminare queste affermazione e separare i fatti dalla finzione. Prima che ognuno di noi possa dare delle risposte intelligenti e compassionevoli, le domande devono essere chiarificate e messe a fuoco. Credo che quando questo sarà stato fatto, il lettore imparziale potrà essere d'accordo con l'analogia avanzata dal Dr. James D. Mallory, psichiatra e direttore dell'Atlanta Counseling Center«Un medico sarebbe colpevole di negligenza se non avvertisse un diabetico della sua condizione unicamente perché non vuole offendere i suoi sentimenti. Lasciando che la persona continui a mangiare eccessivi carboidrati senza un trattamento corretto, la condanna ad un peggioramento della condizione fisica. L'atto più premuroso che un medico può fare è indicare che esiste un'anormalità e offrire aiuto. Questo dev'essere fatto - non con spirito di condanna - anche con l'omosessualità» 9.

l Omofobia?

L'opera Kinsey Institute New Report on Sex definisce l'omofobia come «la paura, l'antipatia o l'odio per gli omosessuali» 10. Il termine «fobia» deriva da una parola greca che denota una «paura irrazionale». Il vocabolo «omo», significa letteralmente «uguale», ma la parola viene speso usata come una forma accorciata di «omosessuale», ossia una persona che è sessualmente attratta da un individuo del suo stesso sesso. Così, propriamente parlando, l'omofobia denota la paura irrazionale o l'odio per gli omosessuali. Nondimeno, il Movimento per i Diritti dei gay (e, in maniera diffusa, i media) appiccicano questa etichetta a chiunque si oppone alle méte e agli obiettivi di detto Movimento, e specificamente, a chiunque si oppone alla piena accettazione dello stile di vita omosessuale come sano e «normale». Tuttavia, anche se esistono veramente molte persone che odiano o hanno una paura irrazionale degli omosessuali, dire che chiunque si contrappone al modo di vivere omosessuale o non è d'accordo con il programma politico dei diritti dei gay è un omofobo, non è per nulla esatto. Chiaramente, questa tattica è finalizzata a deviare l'attenzione dall'argomento all'individuo. Come vedremo più avanti, ci sono molte persone che si oppongono all'omosessualità per motivi psicologici, sociologici, medici e morali.

l Il 10% della popolazione?

kinsey institute new report on sexForse, la statistica più affascinante citata (continuamente data per scontata) in una ricerca sull'omosessualità è quella secondo cui il 10% della popolazione degli Stati Uniti sarebbe omosessuale. Se questo dato fosse reale, ciò implicherebbe che esso riguarda probabilmente anche le altre nazioni. Dico che è «affascinante» perché virtualmente nessuno sa (o almeno cita) la fonte di questa statistica. Il Family Research Institute («Istituto per la Ricerca sulla Famiglia») si chiede: «Quanti omosessuali ci sono? La rivista "USA Today" (del 13 novembre 1991) ha scritto che ci sono 25.000.000 gay e lesbiche (vale a dire approssimativamente il 10% della popolazione statunitense). Il "Washington Time" (del 19 novembre 1991) ha affermato che il 10% dei maschi americani sono omosessuali e il 5% delle donne sono lesbiche. L'American Psychological Association ci assicura che l'omosessualità è "un orientamento costantemente presente approssimativamente nel 10% della popolazione maschile e circa nel 5% della popolazione femminile"» 11. Proprio questa settimana, mentre stavo preparandomi a buttare giù questo scritto, ho visto Teen Connection («In relazione agli adolescenti»), un programma televisivo 12. Il tema trattato era l'«orientamento sessuale» con un gruppo in studio formato da un ragazzo omosessuale, da un adolescente, dalla madre del ragazzo, da una giovane lesbica e da un «consulente» omosessuale. Durante la trasmissione, durata circa un'ora, la cifra del 10% è stata citata almeno tre volte, adducendola come evidenza di quante persone nella nostra società avrebbero bisogno del nostro incoraggiamento e della nostra comprensione. Era presente anche un centralino telefonico per gli spettatori che avevano delle domande da porre o che avevano bisogno di consigli. Chiamai e chiesi loro da dove provenisse la cifra del 10%. La telefonista con cui parlai non seppe rispondermi, e non lo sapeva nemmeno un altro consulente al quale la signora si era rivolta. La verità è che questa statistica del 10% proviene da un rapporto pubblicato più di quarant'anni fa: il famoso studio del 1948 condotto dal Dr. Alfred CKinsey (1894-1956) 13. L'unico problema di questo rapporto è che le conclusioni a cui è giunto sono terribilmente imprecise a causa della metodologia utilizzata per raccogliere un campione apparentemente rappresentativo della popolazione americana 14. Perché le sue scoperte sono imprecise? Per molte ragioni; innanzitutto perché circa il 25% dei 5.300 individui che Kinsey ha studiato erano carcerati «che a causa della stessa natura del loro isolamento, non potevano avere rapporti eterosessuali». Inoltre, il 44% di questi detenuti aveva avuto dei rapporti omosessuali durante la detenzione 15. Non si trattava, dunque, di un campione rappresentativo della popolazione americana. Ma c'erano altre notevoli anomalie nel gruppo selezionato per la ricerca. Kinsey ammise che «diverse centinaia di prostituti maschi» facevano parte del suo campione. Questo unico dato richiede una rivalutazione delle sue scoperte 16. In definitiva, si trattava chiaramente di una «deviazione spontanea». Se si cerca di selezionare un gruppo rappresentativo su cui lavorare, non si deve solamente fare un annuncio e accettare chiunque risponda. La ricerca ha dimostrato che il genere di persona che risponde ad un studio così intimo, come quello che Kinsey stava portando avanti, non è rappresentativo dell'intera popolazione. Infatti, lo psicologo Abraham Maslow (1908-1970) fece notare questa irregolarità a Kinsey prima che le sue scoperte venissero pubblicate, ma egli non volle ascoltarlo 17. Oltre tutto, peggiorando questa posizione precaria, le persone che ancora oggi fanno riferimento a questo studio, datato e non attendibile, non lo citano accuratamente. Kinsey non ha asserito che il 10% dell'intera popolazione americana era omosessuale. Egli invece ha affermato che il 10% dei maschi americani bianchi era stato «più o meno» omosessuale per almeno tre anni della sua vita tra i sedici e i sessantacinque anni. La statistica per le donne era del 5%. La percentuale attuale degli individui che oggi pensano di essere stati esclusivamente omosessuali per tutta la loro vita è solamente del 4% per gli uomini e del 2-3% per le donne, e questo dato è basato su un campione presumibilmente rappresentativo della popolazione 18. Quali sono le cifre reali che oggi possiamo fornire? Un recente studio sui maschi condotto tra il 1984 e il 1987 da David Forman, responsabile dello staff scientifico dellaRadcliffe Infirmary (ad Oxford, in Inghilterra), è giunto alla conclusione che solamente l'1,7% di un campione studiato aveva avuto rapporti omosessuali 19.

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Alfred CKinseyAbraham MaslowDavid Forman

Uno studio ancora più recente, condotto all'Università di Chicago nel 1989 - i cui risultati sono stati resi pubblici nel 1990 nel corso di una riunione dell'American Association for the Advancement of Science («Associazione Americana per il Progresso della Scienza») - ha fornito un dato secondo cui «meno dell'1% è esclusivamente omosessuale» 20. Questi risultati sono significativi? Lo sono nella misura in cui correggono, almeno parzialmente, la portata reale e i parametri del dibattito. Tra l'1-2% del Dr. Forman e il 10% del Rapporto Kinsey c'è una grossa differenza. Evidentemente, la percentuale più elevata di presunti omosessuali è quella che esercita la maggiore influenza, ed è anche quella che il Movimento per i Diritti degli Omosessuali può impugnare.

l L'omosessualità è una malattia o uno stile di vita «normale»?

Una questione ancora più importante è sapere se l'omosessualità è o meno un comportamento patologico. È una malattia? I gruppi per i diritti degli omosessuali asseriscono continuamente che i gay sono «normali» come gli eterosessuali, che l'omosessualità non è una malattia o un disturbo psicologico. Ad esempio, Peri Jude Radecic, un membro della National Gay and Lesbian Task Force («Unità Operativa Nazionale degli Omosessuali e delle Lesbiche; NGLTF), nel corso diperi jude radecicNightline, un talk-show mandato in onda dall'ABC News, ha affermato: «L'omosessualità non è una malattia, non è un qualcosa che ha bisogno di essere curato. Siamo persone normali, naturali e sane» 21. Inoltre, questi gruppi sostengono universalmente che tutti gli psichiatri e gli psicologi competenti sono concordi su questo punto. Come prova, essi menzionano sempre la declassazione dell'omosessualità come disturbo mentale operata nel 1973 dall'American Psychiatric Association («Associazione Psichiatrica Americana»; APA). Prima di esaminare l'asserzione secondo cui tutti gli psichiatri e gli psicologi competenti sarebbero d'accordo sul fatto che l'omosessualità sarebbe normale e sana, occorre esaminare per un momento la decisione presa nel 1973 dell'American Psychiatric AssociationPer ben ventitrè anni, l'omosessualità è stata classificata da questa Associazione medica come un disturbo psichico. Perché ad un certo punto venne deciso che essa non era più patologica? Per questioni di spazio, non posso fare un'analisi dettagliata della storia che condusse a questa decisione dell'American Psychiatric Association 22. Nondimeno, è un equivoco pensare che questo accadde solamente dopo una discussione spassionata e accademica, e dopo aver analizzato tutti gli aspetti del problema. È importante anche notare che il voto all'interno dell'American Psychiatric Association fu tutt'altro che unanime. Nei tre anni che precedettero la riunione dell'American Psychiatric Association del 1973, le riunioni nazionali erano state ripetutamente disturbate dagli attivisti gay. Durante la riunione del 1970, tenutasi a San Francisco (in California), alcune sessioni vennero interrotte da grida e derisioni, rendendo così impossibile alcuna discussione razionale o dibattito. Nel corso della riunione del 1971 dell'American Psychiatric Association a Washington, minacce e intimidazioni impedirono qualsiasi discussione. In un'opera favorevole all'omosessualità e al Movimento dei Diritti degli Omosessuali, Ronald Bayer, docente di Scienze Politiche all'Università di Chicago, ha ammesso: «Usando credenziali contraffatte, gli attivisti gay riuscirono ad avere accesso all'area dell'esposizione e, incontrando una mostra di marketing sulle tecniche di condizionamento avversivo (ad esempio, castigando un organismo ogni volta che dà una particolare risposta) per il trattamento degli omosessuali, ne chiesero la rimozione. L'espositore subì delle minacce, e gli fu detto che se non avesse smantellato il suo stand, lo avrebbero demolito loro. Dopo frenetiche consultazioni dietro le quinte, onde evitare episodi di violenza, la propaganda gaydirezione della convention decise di sbaraccare lo stand» 23. Queste tattiche vennero attuate in modo identico durante la riunione nazionale dell'American Psychiatric Association tenutasi nel 1972. Fu contro questo ambiente che alla fine gli amministratori dell'Associazione presero la loro controversa decisione del 1973. Quando venne indetto un referendum su questo argomento tra i 25.000 membri dell'American Psychiatric Association, solamente un quarto di essi fece pervenire la propria scheda. Il conteggio finale stabilì che il 58% dei votanti era favorevole alla rimozione dell'omosessualità dall'elenco dei disturbi mentali. Quattro anni più tardi, il Dr.Charles W. Socarides (1922-2005) - che partecipò alle riunioni in questione in qualità di esperto nell'area dell'omosessualità, con oltre vent'anni di esperienza - descrisse l'atmosfera politica che portò al voto del 1973. Egli scrisse che in quell'occasione «gruppi di omosessuali militanti continuarono ad attaccare qualunque psichiatra o psicanalista che osava presentare le sue scoperte nell'ambito della psicopatologia dell'omosessualità nel corso di assemblee nazionali o locali di psichiatri o durante dibattiti pubblici» 24. Altrove, Socarides affermò che la decisione degli amministratori dell'American Psychiatric Association fu «la beffa medica del secolo» 25. Il dibattito era concluso? Era vero che la maggioranza degli psichiatri «competenti» condivideva la decisione dell'American Psychiatric Association? Nel 1977, venne effettuato un sondaggio fra 10.000 membri di questa Associazione presi a caso, in cui si chiedeva la loro opinione su questo argomento. In un articolo intitolato Sick Again? («Ancora ammalato»?), la rivista Time riportò i risultati dell'indagine: «Di quelli che hanno risposto, il 69% è convinto che "solitamente l'omosessualità è un adattamento patologico, opposto ad una variazione normale", il 18% non è d’accordo e il 13% è incerto. Similmente, una percentuale di considerevoli dimensioni ha affermato che gli omosessuali sono generalmente meno felici degli eterosessuali (73%) e meno capaci di relazioni mature (60%). Il 70% degli interpellati ha poi asserito che i problemi degli omosessuali hanno più a che fare con i proprî conflitti interiori che con la stigmatizzazione attuata dalla società in generale» 26. Ma oggi che ne è rimasto di tale dibattito? Questo problema è stato appianato da un'opinione medica condivisa e dalla ricerca? A questo riguardo, il Dr. Stanton L. Jones, docente di Psicologia all'Università di Wheaton, ha affermato che su questo tema, tra i professionisti c'è un'«opinione discordante». Scrive Jones: «Io non considererei l'omosessualità come una psicopatologia nello stesso senso della schizofrenia o dei disturbi fobici. Ma essa non può essere nemmeno considerata come una normale "variante dello stile di vita", così come si potrebbe dire dell'introversione o dell'estroversione» 27.

ronald bayercharles w. socaridesstanton l. jones
Ronald BayerCharles W. SocaridesStanton L. Jones

Si può discutere se l'omosessualità sia o meno un disturbo patologico, ma è chiaro che la decisione presa nel 1973 dall'American Psychiatric Association non può essere citata come un consenso medico secondo cui l'omosessualità sarebbe una condizione «normale». Più avanti, esaminerò nel dettaglio l'asserzione secondo cui l'omosessualità costituirebbe uno stile di vita salutare.

l Nato gay?

Forse, il mito più pericoloso diffuso ai nostri giorni dal Movimento per i Diritti degli Omosessuali è che la scienza moderna avrebbe provato che l'omosessualità sarebbe innata e immutabile. Ovvero, che gli omosessuali sarebbero nati gay, esattamente come si può nascere mancini o con gli occhi azzurri. La conseguenza, chiaramente, è che se si nasce così, l'omosessualità non può essere considerata immorale o innaturale; l'omosessuale starebbe unicamente seguendo i suoi geni. Tuttavia, come membro del Congresso, William Dennemeyer ha dichiarato: «Se l'omosessualità è una perversione di qualcosa che è naturale, i gay devono considerare la loro condotta sotto una luce completamente diversa e devono giustificarla in termini meno gratificanti» 28. Raccogliere tutte le scoperte riguardanti la genesi dell'omosessualità supera i limiti di questo scritto. Ciò nonostante, le evidenze scientifiche sulle sue origini vengono abitualmente classificate sia in termini di cause biologiche (vale a dire di cause genetiche/ormonali) che di fattori ambientali (ovvero di ragioni psicologiche, volitive e così via).

- Cause biologiche
La più recente ricerca che suggerisce che l'omosessualità potrebbe essere causata da fattori biologici è uscita allo scoperto nel 1991, con la pubblicazione di alcune scoperte preliminari del Dr. Simon LeVay, un neuro-scienziato del Salk Institute for Biological Studies di San Diego. La sua ricerca è consistita nello studio del cervello di quarantun cadaveri, inclusi quelli di diciannove maschi omosessuali. Egli ha notato che «una piccola area ritenuta responsabile del controllo dell'attività sessuale (l'ipotalamo) era meno della metà negli uomini gay che in quelli eterosessuali» 29. Questo studio venne accolto da molti come «un'evidenza inconfutabile» che proverebbe che gli omosessuali sarebbero nati tali, affermazione che la comunità omosessuale proclama da molti anni. Nondimeno, un articolo intitolato«Instead of Resolving the Debate» («Invece di risolvere il dibattito»), apparso sulla rivista Newsweek, suggerisce che «questi studi anziché dare una risposta definitiva hanno intensificato le polemiche. Alcuni scienziati hanno confessato di non essere per nulla sorpresi per il fatto che LeVay ha riscontrato alcune differenze a livello cerebrale. "Chiaramente, esso (l'orientamento sessuale) ha sede nel cervello", ha affermato lo psicologo John William Money, della John Hopkins University, detto anche il "preside" dei sessuologi americani. "La vera domanda è: quando c'è arrivato? In età prenatale, neonatale, durante l'infanzia o nella pubertà? Non lo sappiamo"» 30. Altri problemi inerenti le scoperte di Simon LeVay includono:
  • Tutti i diciannove uomini omosessuali erano morti di AIDS, un fattore che molti ricercatori credono possa spiegare queste diversità o causare tali differenze;
  • Non si poteva in alcun modo stabilire l'excursus sessuale degli uomini «eterosessuali»;
  • Non era assolutamente possibile determinare se gli ipotalami più piccoli fossero la causa o il risultato dell'omosessualità;
  • Il Dr. LeVay, egli stesso omosessuale, ha ammesso che il suo studio non è stato uno sforzo scientifico spassionato 31.
simon levayjohn william money
Simon LeVayJohn William Money

- Fattori ambientali
Probabilmente, ci sono altrettanti - se non di più - psichiatri e psicologi che credono che l'omosessualità sia causata da vari fattori ambientali. La maggior parte di essi indica che le cause poste alla radice dell'omosessualità siano psicologiche, e non biologiche. Ma queste persone, a differenza dei loro colleghi di opinione contraria, non vengono quasi mai citate dai media. Si tratta forse di una deviazione a favore degli omosessuali operata dai mezzi di comunicazione? Inoltre, essi non vengono mai virtualmente ammessi dalla comunità omosessuale, perché la maggior parte dei gay vuole credere che è nata già così, senza alcuna alternativa (consapevole o subliminale). In ogni caso, molti dei più noti e rispettati ricercatori e terapeuti del mondo negano che l'omosessualità sia determinata da fattorimatrimonio gaybiologici. Ad esempio, i terapisti che aiutano quegli omosessuali che si sentono infelici a causa della loro condizione, possono citare una miriade di casi che dimostra che le esperienze negative avute nella prima infanzia sono l'unico fattore comune reperibile in quasi tutti i loro pazienti. Il fattore vitale ravvisato in questi casi è che queste persone sono state allevate in un ambiente familiare scarsamente affettivo, senza mai conoscere né amore né accettazione da parte della loro madre o del loro padre, o da entrambe le parti. Secondo questi studi, la reazione del bambino di fronte a questo rifiuto e a questa mancanza di cure viene formulata in età molto precoce, solitamente prima dei cinque anni. Le seguenti citazioni illustrano queste scoperte. William Howell Masters (1915-2001; co-direttore delMasters and Johnson Institute), Virginia Eshleman Johnson, e Robert C. Kolodny hanno affermato categoricamente nella loro opera del 1982 Human Sexuality («La sessualità umana»): «Oggi, la teoria genetica dell'omosessualità viene generalmente scartata» 32Robert Kronemeyer, nel suo libro Overcoming Homosexuality scrive: «Tranne rare eccezioni, l'omosessualità non è né ereditaria, né il risultato di una disfunzione ghiandolare o di una combinazione di geni o cromosomi. Gli omosessuali diventano tali, non nascono "così". Credo fermamente che l'omosessualità sia una risposta indotta dalle prime esperienze dolorose, e che può essere superata. A quegli omosessuali che sono infelici a causa della loro vita e cercano una terapia efficace, voglio dire che il loro problema è "curabile"» 33.John PDe Cecco, docente alla San Francisco State University e direttore del Journal of Homosexuality (venticinque volumi), ha espresso la stessa opinione in un articolo pubblicato nel 1989 sulla rivista USA Today. Scrive John DeCecco: «L'idea secondo cui le persone nascerebbero predisposte ad un determinato comportamento sessuale è completamente assurdaL'omosessualità è un comportamento, non una condizione, un qualcosa che le persone possono cambiare e cambiano, allo stesso modo in cui talvolta cambiano certi gusti o tratti della personalità» 34. Una cosa è certa: non è per nulla un fatto scientifico stabilito e accettato in campo medico che l'omosessualità sia solamente - o addirittura primariamente - causata da fattori biologici. Questo ci porta dritti alla domanda sottostante: le persone che sono omosessuali possono cambiare?

william howell mastersvirginia eshleman johnsonjohn p. de cecco
William Howell MastersV. Eshleman JohnsonJohn PDe Cecco

l Cambiare è impossibile?

La questione se qualcuno dovrebbe desiderare di cambiare il proprio orientamento sessuale verrà trattata in modo stringato. Ma prima di considerare l'eventuale volontà di mutare, dobbiamo accertarci se questo cambiamento è possibile. Dico che è importante indagare perché un gran numero di individui che si è occupato dei problemi degli omosessuali nega che esista questa possibilità. I membri del Movimento dei Diritti degli Omosessuali, così come numerosi ricercatori,gay liberation frontpsicoterapeuti e via dicendo, condannano ogni tentativo di correggere l'orientamento o la preferenza sessuale dei gayRick Notch, un omosessuale che ad un certo punto ha dichiarato di essere divenuto un ex gay, ha affermato durante una puntata del Geraldo Show:«L'unica scelta che abbiamo è di imparare ad accettarci e di trovare un modo di vivere una vita responsabile e morale» 35. Similmente, il Dr. Richard Isay, uno psichiatra che dirige il Comitato dell'American Psychiatric Association su problemi dei gay ha asserito:«L'orientamento centrale di un gay non può essere cambiato» 36. Ma anche un esame frettoloso delle testimonianze disponibili e dei casi studiati dimostra semplicemente che ciò non è vero. Innanzi tutto, corrisponde al vero che tutti gli altri psichiatri e psicologi sono d'accordo con l'asserzione secondo cui non è possibile cambiare? Niente affatto! Infatti, la maggior parte di essi crede che sia possibile cambiare. William H. Masters e Virginia E. Johnson, non certo omofobi, scrivono nella loro opera Homosexuality in Perspective(«L'omosessualità in prospettiva»): «La messa a disposizione di un supporto terapeutico per quegli uomini o per quelle donne orientate verso l'omosessualità che desiderano convertirsi o regredire all'eterosessualità è parte integrante della pratica psicoterapeutica da decenni» 37. Parimenti, nel Kinsey Institute New Report on Sex (1990), troviamo l'affermazione secondo cui «l'orientamento sessuale, sia eterosessuale che omosessuale, non può essere cambiato senza difficoltà da alcun tipo di intervento» 38. Così, se da una parte non è facile cambiare l'orientamento sessuale di qualcuno, nondimeno è possibile, il che dimostra infondata l'opinione secondo cui l'omosessualità sarebbe innata e immutabile. Questo fatto è stato confermato da un servizio mandato in onda dal programma 20/20, dell'emittente ABC, che raccontava l'esperienza del Dr. Joseph Nicolosi. Quest’ultimo è uno psicologo e psicoterapeuta che ormai da anni aiuta gli omosessuali a convertirsi all'eterosessualità 39. Più sopra ho già accennato al libro del Dr. Robert Kronemeyer.

rick notchrichard isayjoseph nicolosi
Rick NotchRichard IsayJoseph Nicolosi

Il lettore interessato troverà in questa opera otto storie di casi autentici di persone che hanno cercato di liberarsi dalla schiavitù dell'omosessualità e si sono convertite all'eterosessualità 40. Un altro settore in cui vediamo i frutti delle vite cambiate è quello dell'apostolato cristiano, che si è esteso a quegli omosessuali che desiderano essere aiutati. I limiti di spazio non mi permettono di entrare nei particolari. Coloro che sono interessati ad approfondire queste tematiche possono trovare le referenze nelle note a piè pagina. Ma è vero che certe vite sono realmente cambiate?

- C'è il caso di Darlene Bogle, una donna che «ha lottato contro il lesbismo» per diciassette anni 41. Essa fu cresciuta in un ambiente in cui subì abusi sessuali da parte di diversi uomini e ragazzi (la prima volta all'età di tre anni). I suoi genitori divorziarono quando essa aveva solamente cinque anni. Il suo nuovo patrigno abusò di lei, verbalmente e spesso anche fisicamente. Secondo le sue stesse parole, essa è cresciuta in «una casa in cui mancava qualsiasi cura o educazione, priva di modelli di comportamento positivi e di amore» 42. Oggi, attraverso la grazia e la misericordia di Dio, essa si è completamente liberata dal suo precedente stile di vita, e attualmente è consigliere al Paraklete Ministries di Hayward, in California.

- C'è il caso di Frank Worthen, un uomo che ha praticato l'omosessualità per venticinque anni. Nel 1973, egli è ritornato a Gesù Cristo, che lo affrancato da quel modo di vivere. Da allora, egli è rimasto libero, senza mai più ricadere nel suo vecchio comportamento. Oggi, Frank e sua moglie Anita sono missionari nelle Filippine con Exodus International 43.

- C'è il caso di Andrew Comiskey, un ex omosessuale che oggi è felicemente sposato con Annette ed è il direttore di Desert Stream Ministries 44.

- C'è il caso di Joanne Highley, una donna schiava del lesbismo dai tredici ai ventitré anni, che ora è libera da quello stile di vita da oltre trentacinque. Essa si è sposata e vive tutt'ora con il marito; è madre e nonna, e con suo marito è co-direttore di L.I.F.E. Ministries, a New York 45.

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Darlene BogleAndrew ComiskeyJoanne Highley

Sono realmente cambiate le vite di queste persone che erano esclusivamente omosessuali e sono diventate eterosessuali? Sì. Ci sono state persone che sono ricadute nel loro stile di vita precedente? Anche in questo caso, la risposta è sì, e bisogna aspettarselo. Come per chi si avvicina agli Alcolisti Anonimi, la strada raramente è facile e comporta un impegno tremendo da parte dell'individuo che cerca il ricupero o la guarigione. A volta essi inciampano e non si rialzano più. Qualche volta inciampano, si rialzano e continuano nel processo di ricupero. Occasionalmente, alcuni soggetti sono guariti immediatamente e non sono mai più tornati sui loro passi. Resta il fatto che ci sono molti ex omosessuali ed ex lesbiche che sono stati trasformato dalla grazia di Gesù Cristo.

l Un modo di vivere sano?

Come abbiamo detto, i membri del Movimento per i Diritti degli Omosessuali asseriscono continuamente di essere individui normali e sani. Abbiamo già discusso circa la «normalità» dell'omosessualità. La questione se questo sia o meno uno stile di vita sano verrà trattata in due punti: la promiscuità e le pratiche sessuali.

- La promiscuità
Se si è d’accordo con chi pensa che la promiscuità sessuale non sia salutare, da un punto di vista emotivo o fisico, l'omosessualità - così come viene abitualmente praticata - dev'essere definita estremamente poco salubre. Homosexualities, una pubblicazione ufficiale dell'Institute for Sex Research, fondato da Alfred Kinsey,Alan Bell (1932-2002), e Martin Weinberg, ha riportato che solo il 10% degli omosessuali maschi potrebbero essere definito «relativamente monogamo» o«relativamente meno promiscuo». Ulteriori scoperte hanno dimostrato che il 60% degli omosessuali maschi ha, nel corso della sua vita, più duecentocinquanta partner sessualie il 28% degli omosessuali maschi hadurante la sua esistenza, oltre mille partner sessuali. Un altro fatto sorprendente è che il 79% di essi ha ammesso che più della metà dei loro partner sessuali sono stati degli estranei 46. Solamente alcuni anni dopo la pubblicazione di questo rapporto, il Dr. William H. Foege, direttore dei Centers for Disease Control («Centri di Controllo della Malattia») ha affermato: «La vittima media dell'AIDS ha avuto negli ultimi dodici mesi sessanta partner sessuali diversi» 47. Al contrario, «il maschio eterosessuale medio ha - in tutta la sua vita - da cinque a nove partner sessuali diversi» 48. Che dire delle relazioni lesbiche? Le donne omosessuali sono meno promiscue dei gay? Premesso che sono state effettuate meno ricerche sulle lesbiche, i dati dimostrano che esse sono molto più monogame degli uomini omosessuali. Tuttavia, le loro relazioni non sono molto stabiliYvonne Zipter, una lesbica che scrive sulla rivista gay di Chicago Windy City Times, in un articolo intitolato «The Disposable Lesbian Relationship» («La relazione lesbica usa e getta»), ha scritto che «la relazione lesbica durevole è un'entità immaginaria» 49.

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Alan BellMartin WeinbergYvonne Zipter

- Pratiche sessuali
Un secondo punto che non può essere evitato in una discussione sugli aspetti igienici dell'omosessualità è quello delle pratiche sessuali dei gay. Sono salutari? L'enorme preponderanza dell'evidenza medica è ancora una volta clamorosamente negativa. Numerose fonti mediche documentano l'aberrazione fisica delle pratiche sessuali dei gay. Le seguenti informazioni provengono da un articolo intitolato «Medical Perspective of the Homosexual Issue» («Prospettiva medica del problema omosessuale»). Esso è stato scritto dal Dr. Bernard J. Klamecki, proctologo (uno specialista dei problemi al retto) da oltre trent'anni. In questo articolo, il Dr. Klamecki afferma che quando iniziò la sua pratica medica nel 1960, solamente l'1% dei suoi pazienti era omosessuale. Nel 1988, il numero dei pazienti omosessuali era aumentato fino al 25%, la maggior parte dei quali proveniva da una clinica gay gratuita locale. Le informazioni che seguono provengono travestito - transgenderda questo specialista, una persona conosciuta e rispettata dalla comunità omosessuale, un medico molto professionale che ha cura e compassione per tutti i suoi pazienti e che consacra gran parte del suo tempo al loro servizio: «Conosco molto bene la patologia medica e chirurgica collegata direttamente alle pratiche sessuali tipiche degli omosessuali attivi, e in particolar modo ai rapporti anali (la sodomia) e ai rapporti orali (la fellatio) [...]. Le pratiche sessuali specifiche degli omosessuali possono colpire il cavo orale, i polmoni, il pene, la prostata, la vescica, la zona perianale (al di fuori dello sfintere anale), il retto, il colon, la vagina, l'utero, l'area pelvica, il cervello, la pelle, il sangue, il sistema immunitario e gli altri sistemi del corpo [...]. Se nessuna delle suindicate pratiche è unicamente omosessuale, nondimeno esse sono tipiche di questa tendenza [...]. La più comune è il rapporto anale [...]. Oggetti estranei vengono spesso utilizzati per produrre una sensazione erotica diversa o istigare un'attività sessuale più violenta (il sadomasochismo). Gli oggetti che ho rimosso dal retto o dalla parte finale dell'intestino includevano pannocchie di mais, lampadine, vibratori, bottiglie di soda, e vari bastoni di legno. Il "fisting" consiste nell'inserire il pugno chiuso nel retto, talvolta fino al gomito, e produce varie sensazioni sessualmente eccitanti, collegando fortemente l'erotismo al dolore [...]. Il rapporto orale praticato nella zona perianale serve per eccitare, per stimolare o come preliminare sessuale. Inutile dire che diversi tipi di batteri possono contaminare e infettare la bocca. Un'altra pratica sessuale è il "water sport", che consiste nell'urinare nella bocca o nel retto per eccitarsi sessualmente. Un danno materiale al retto può verificarsi a causa di alcune di queste pratiche [...]. Quando il retto è il destinatario di un pene o di un oggetto estraneo, siamo in presenza di un'attività contro-natura. A causa di questa attività, certe lesioni del tessuto (lacerazioni), la creazione di piaghe (le ulcere), l'insorgere di vescichette (gli ascessi), e di altre infezioni possono interessare la pelle dei tessuti circostanti [...]. La persistente attività sessuale anale-rettale può condurre a varie lesioni pre-cancerose, come il morbo di Bowen o il sarcoma di Kaposi. Ogni qualvolta i tessuti subiscono un grave trauma, o vengono lacerati o irritati, diventano vulnerabili alle infezioni batteriche» 50. Il Dott. Klamecki continua trattando le varie malattie batteriche e virali che incontra regolarmente con i suoi pazienti omosessuali, la più importante delle quali è l'AIDS 51. Per di più, egli asserisce, che oltre l'86% dei maschi omosessuali usa vari farmaci per migliorare e aumentare la propria stimolazione sessuale 52. Dunque, lo stile di vita omosessuale è sano? Le informazioni che abbiamo presentato scalfiscono appena la superficie che mostra la natura patologica di queste pratiche sessuali. In realtà, si potrebbero aggiungere altri «effetti collaterali». Ad esempio, l'omosessuale è tre volte più suicida dell'eterosessuale; studi recenti hanno inoltre dimostrato che la durata presunta della vita del gay, maschio o femmina, non infettato da AIDS, è approssimativamente di trentatre anni più corta di quella dell'eterosessuale, e così via 53. Credo che qualsiasi lettore imparziale ammetterà che l'omosessualità non è uno stile di vita né sano, né naturale.

l Il compito del cristiano

Prima di concludere, vorrei chiarire che se da una parte credo che l'omosessualità sia anatomicamente aberrante, psicologicamente deviante, e moralmente inaccettabile, dall'altra va anche detto che siamo tutti peccatori. La fede ci insegna che noi tutti abbiamo voltato le spalle a Dio e abbiamo fatto a modo nostro. Se non fosse per la grazia e la misericordia di Dio, ognuno di noi vivrebbe ancora nel proprio piccolo mondo di peccato, solo e indifeso. La buona novella, tuttavia, è che Dio ci è venuto incontro, si è incarnato sposando la nostra umanità, è morto ed è risuscitato per noi, affinché possiamo essere liberi dalla schiavitù del peccato. Per chiunque lotta contro la schiavitù dell'omosessualità o vuole liberarsi dal giogo di qualsiasi altro peccato, la libertà è disponibile sulla croce del Calvario. Il nostro compito come cristiani è di portare amorosamente a tutte le persone il Vangelo di Gesù Cristo.

will & grace - gay e lesbiche
Per accelerare il processo di cambiamento di mentalità delle masse, ancora troppo legate ad una visione retriva della famiglia, Hollywood ha sfornato diversiserial televisivi i cui personaggi sono gay o lesbiche. È il caso, ad esempio, diWill & Grace, una commedia mandata in onda in Italia dal 2003 al 2006.

APPENDICE
RAGGIRATI DAGLI ATTIVISTI OMOSESSUALI
 
54

Ha scritto Gilbert Keith Chesterton (1874-1936): «Gli uomini non differiscono molto sulle cose che chiamano "mali"; essi differiscono enormemente sui mali che definiscono "scusabili"». Un esame della società attuale sembra avvallare la saggia osservazione di questo critico sociale. Un recente sondaggio condotto nel gilbert keith chesterton2004 dalla Gallup Organization ha rivelato che il 91% degli americani pensa che la poligamia sia sbagliata. La stessa indagine, condotta nel maggio dello stesso anno, ha inoltre svelato che il 54% delle persone consultate crede che il comportamento omosessuale sia moralmente inaccettabile. Mentre la condotta omosessuale è ancora disapprovata dalla maggioranza, essa è ormai stata accettata negli Stati Uniti. Una ricerca condotta nel 1970 aveva rivelato che l'84% degli americani credeva che l'omosessualità fosse una «corruzione sociale». Una caduta del 30% in poco più di tre decenni è significativa, e forse anche rivoluzionaria. Mentre in questi ultimi anni, il comportamento omosessuale ha fatto grandi passi verso l'accettazione sociale, la poligamia resta ancora un tabù. Forse, grazie al crescente permissivismo verso tutte le attitudini sessuali, la pratica di avere più partner matrimoniali potrebbe essere rivalutata. Ma ciò non è avvenuto. Com'è potuto accadere che l'omosessualità, ritenuta solo trent'anni fa aberrante dalla schiacciante maggioranza degli americani, sia stata accettata, mentre la poligamia è ancora inavvicinabile? Per farla breve, molte persone in America si sono lasciate abbindolare. L'odierno Movimento per i Diritti degli Omosessuali è nato circa nel 1970. Dal quel momento, gli attivisti gay hanno agito di concerto per plasmare l'opinione pubblica a riguardo del loro stile di vita. A giudicare dal summenzionato sondaggio Gallup, essi hanno avuto successo. Una delle strategie degli attivisti omosessuali è stata quella di convincere la società in generale che il loro comportamento è un'inclinazione naturale e non una scelta. Quindi, essi hanno iniziato a proclamare ai quattro venti che l'omosessualità è una condizione che è stata determinata geneticamente. Anche se non esiste un solo studio definitivo che colleghi il comportamento omosessuale alla biologia, gli attivisti sono riusciti a convincere la maggior parte della gente che il loro comportamento sarebbe radicato nella genetica. Per trent'anni, come un disco rotto, i difensori dell'omosessualità hanno dichiarato che l'attrazione tra persone dello stesso sesso è di origine biologica. Ai nostri giorni, molte persone in America accettano questa asserzione senza batter ciglio. Alla fine,una bugia ripetuta ad alta voce e per lungo tempo verrà accettata da alcunineonato gay come la verità. Oltre a ciò, i media sono stati complici nel tentativo di alterare la percezione del grande pubblico a riguardo dell'omosessualità. Nel 1987, il New York Times«il giornale più influente d'America», venne sopraffatto dalla pressione degli attivisti, cambiò la sua politica editoriale e iniziò ad utilizzare la parola «gay» per riferirsi ad ogni cosa inerente gli omosessuali. Anche se il cambiamento fu sottile, fu anche di grande effetto. «Omosessuale» è un termine preciso che denota una pratica. «Gay» è una parola più morbida che suggerisce un'attitudine. Nei media, l'omosessualità non venne più definita in termini di pratica sessuale, ma piuttosto come un approccio positivo e progressivo alla vita. Come abbiamo già avuto occasione di dire, una menzogna ripetuta molte volte e ad alta voce può diventare la verità. Mentre gli attivisti riuscivano a persuadere i media a presentare l’omosessualità in una luce più positiva, nello stesso tempo denigravano coloro che osavano suggerire che lo stile di vita gay non era affatto un bel modo di vivere. Per gli attivisti, il dibattito sul problema dell'omosessualità non era opzionale. Chiunque entrava in contrasto con un membro del Movimento per i Diritti degli Omosessuali veniva marchiato come omofobo e bigotto intollerante. Le persone che dichiaravano che l'omosessualità è un male morale venivano paragonate ad Adolf Hitler. Gli attivisti omosessuali hanno offeso gli oppositori con calunnie e affronti tali per così tanto tempo che oggi molti americani credono che opporsi all'omosessualità sia in qualche modo immorale. Alla lunga, anche le distorsioni - come le bugie - se ripetute ad alta voce possono essere accettate da molti come la verità. E mentre gli attivisti omosessuali erano indaffarati a rimodellare la percezione pubblica del loro stile di vita, non è sorto nessun movimento per l'accettazione della poligamia. Dunque, anche se entrambi questi comportamenti sono aberranti, uno è stato accettato, mentre l'altro è rimasto un tabù. Alle persone che sono state ingannate dagli attivisti omosessuali e a quelli che si battono in loro favore, permettetemi nuovamente di citare Chesterton: «Le convinzioni erronee non cessano di essere fallaci solamente perché diventano alla moda». Giustificare una pratica che è moralmente cattiva non la trasforma magicamente in un diritto morale.

pubblicità gay
Pubblicità per una marca americana di vestiario realizzata dal famoso fotografo trasgressivo Oliviero Toscani che che ha per tema la bisessualità, l'omosessualità e l'adozione di bambini da parte di coppie gay.

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Note

1 Traduzione dall'originale inglese Homosexuality: Fact and Fiction («Omosessualità: realtà e finzione»), a cura di Paolo Baroni. Articolo apparso sulla rivista Christian Research Journal (Estate 1992, pag. 30 e ss.). Scritto reperibile alla pagina web
2 La dottrina della Regalità Sociale di Gesù Cristo, sempre professata e creduta dalla Chiesa cattolica, è stata solennemente riaffermata da Papa Pio XI (1857-1939) nell'Enciclica Quas primas, dell'11 dicembre 1925. In questo documento, il Sommo Pontefice denuncia i pericoli derivanti dalla «peste del laicismo» e ribadisce il diritto di Gesù Cristo di regnare anche nelle leggi degli Stati. Il Concilio Vaticano II (1962-1965), ha accantonato tale insegnamento con la Dichiarazione Dignitatis humanæ (del 7 dicembre 1965), che sancisce il diritto della persona umana alla libertà religiosa. E così, i massoni e i perfidi nemici della Chiesa l'hanno - per ora - avuta vinta: per la società laica (e purtroppo anche per molti cattolici), Gesù Cristo non è più Re dei re e Signore dei signori (Ap 19, 16).
3 Ad esempio, alla fine dell'Ottocento, durante il «glorioso» Risorgimento, i vari governi liberali e massonici, allo scopo di strappare alla Chiesa cattolica l'educazione dei giovani, hanno condotto una guerra brutale contro gli ordini religiosi incaricati di tale compito.
4 L'indissolubilità del matrimonio è un requisito indispensabile per la stabilità della famiglia e per l'educazione della prole. La cronaca quotidiana dimostra quanto devastanti siano gli effetti sulla psiche e sulla personalità dei figli determinati dal divorzio dei genitori.
5 Paradossalmente, la nostra società, che si vuole democratica e anti-fascista, si sta macchiando degli stessi orribili delitti per cui certi gerarchi nazisti furono condannati al Processo di Norimberga per crimini contro l'umanità (aborto eugenetico e soppressione dei disabili e dei malati mentali).
6 Scuola di pensiero voluta da Stalin (1879-1953) e fondata nel 1923 nella città tedesca. Di essa fecero parte i vari «profeti» e preparatori del Sessantotto, tra cui Herbert Marcuse (1898-1979). Parlando dei fini di tale Scuola, ebbe a dire Willy Munzenberg, uno dei suoi portavoce: «Corromperemo così tanto l’Occidente che puzzerà» (cfr. R. De ToledanoL'école de Francfort, pag. 26).
7 Sia l'Antico che il Nuovo Testamento contengono esplicite condanne dell'omosessualità:  «Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole [...]. Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro» (Lv 18, 22; 20,13).
8 Affermazioni di alcuni spettatori durante una puntata del Geraldo Show, intitolata Can Gays and Lesbians Go Straight? («I gay e le lesbiche possono vivere normalmente»?), mandata in onda l'11 giugno 1991.
9 Cfr. J. D. Mallory«Homosexuality: Part III. A Psychiatrist’s View» («Omosessualità: Parte III. Una visione psichiatrica»), in Christian Life, ottobre 1977, pag. 28.
10 Cfr. J. M. ReinischThe Kinsey Institute New Report on Sex («Il nuovo rapporto sul sesso dell'Istituto Kinsey»), St. Martin's Press, New York 1990, pag. 147. L'Autore è direttore del Kinsey Institute.
11 Cfr. Family Research Report, del 6 febbraio 1989, Family Research, Institute, Washington D.C., pag. 1.
12 Trasmissione mandata in onda dall'emittente Wisconsin Public Television, il 19 maggio 1992.
13 Cfr. A. C. KinseySexual Behavior in the Human Male («Il comportamento sessuale nel maschio umano»), Saunders Company, Philadelphia 1948.
14 Vedi A. Maslow-J. M. Sakoda«Volunteer Error in the Kinsey Study» («Errore volontario nello studio di Kinsey»), in Journal of Abnormal and Social Psychology, nº 47, aprile 1952, pagg. 259-262. Le cifre gonfiate sono state utilizzate anche dai sostenitori dell'aborto per convincere l'opinione pubblica circa la necessità di introdurre una legge permissiva.
15 Cfr. «The Ten Percent Solution, Part II» («La soluzione del 10%, parte 2ª»), in Peninsula, ottobre-novembre 1991, nº 3, pag. 7; vedi anche J. A. Reisman-E. W. EicholKinsey, Sex and Fraud («Kinsey, il sesso e la truffa»), Huntington House Publishers, Lafayette 1990, pag. 23.
16 Cfr. A. C. Kinseyop. cit., pag. 216.
17 Cfr. A. Maslow-J. M. Sakodaart. cit., pagg. 259-262.
18 Cfr. J. M. Reinischop. cit., pag. 140.
19 Cfr. J. A. Reisman-E. W. Eicholop. cit., pag. 194.
20 Ibid., pag. 195.
21 Cfr. NightlineABC News, del 30 agosto 1991.
22 Per coloro che sono interessati alla storia che portò alla rimozione nel 1973 da parte dell'American Psychiatric Association dell'omosessualità dal loro Diagnostic and Statistical Manual of Psychiatric Disorders («Manuale diagnostico e statistico dei disturbi psichiatrici»), rimandiamo a R. BayerHomosexuality and American Psychiatry: The Politics of Diagnosis («Omosessualità e psichiatria americana: le politiche della diagnosi»), Basic Books, New York 1981, pagg. 101-154; W. DannemeyerShadow in the Land («Ombra sulla terra»), Ignatius Press, San Francisco 1989, pagg. 24-39.
23 Cfr. R. Bayerop. cit., pagg. 105-106.
24 Cfr. C. W. SocaridesBeyond Sexual Freedom («Dietro la libertà sessuale»), Quadrangle Books, New York 1977, pag. 87. Prima del voto del 1973, il Dr. Socarides guidò un'équipe dell'American Psychiatric Association che studiava l'omosessualità e che pubblicò un rapporto in cui si dichiarava all'unanimità che l'omosessualità è un disturbo a carico dello sviluppo psicosessuale. Questo rapporto, considerato politicamente scorretto, venne archiviato, per essere poi pubblicato nel 1974 unicamente come il rapporto di un «gruppo di studio».
25 Cfr. C. W. Socarides-R. Kronenmeyer, Overcoming Homosexuality («Omosessualità vincente»), Macmillan Publishing Co., New York 1980, pag. 5.
26 Cfr. «Sick Again? Psychiatrists Vote on Gays», in Time, del 20 febbraio 1978, pag. 102.
27 Cfr. S. L. JonesHomosexuality According to Science («L'omosessualità secondo la scienza»); cit. in I. YamamotoThe Crisis of Homosexuality («La crisi dell’omosessualità»), Victor Books, Wheaton 1990, pag. 10.
28 Cfr. W. Dannemeyerop. cit., pagg. 40-41.
29 Cfr. C. Crabb, «Are Some Men Born to Be Homosexual»? («Certi uomini sono nati per essere omosessuali»?), in U.S. News & World Report, nº 9 settembre 1991, pag. 58.
30 Cfr. D. Gelman, «Born or Bred»? («Nato o cresciuto»?), in Newsweek, del 24 febbraio 1992, pag. 48.
31 Ammissione del Dr. Simon LeVay nel corso del Phil Donahue Show, nella puntata che aveva per tema «Genetically Gay: Born Gay or Become Gay»? («Geneticalmente gay: nato gay o diventato gay»?), mandato in onda il 3 gennaio 1992.
32 Cfr. W. H. Masters-V. E. Brown-R. KolodnyHuman Sexuality, Little, Brown and Company, Boston 1982, pag. 319.
33 Cfr. C. W. Socarides-R. Kronenmeyerop. cit., pag. 7.
34 Cfr. K. Painter«A Biological Theory for Sexual Preference» («Una teoria biologica per le preferenza sessuale»), in USA Today, del 1º gennaio 1989, pag. 4D. Vedi anche A. P. BellSexual Preference(«Preferenza sessuale»), University Press, Bloomington 1981), pag. 221. Questi Autori non credono che la biologia possa determinare una preferenza sessuale, e non ritengono nemmeno che i genitori possano in qualche modo provocarla. Invece, essi sono convinti del fatto che ci sia una relazione causale in quei bambini che hanno problemi precoci di «identità sessuale» e diventano omosessuali.
35 Così Rick Notch durante il Geraldo Show, andato in onda l'11 giugno 1991.
36 Così Richard Isay nel corso della trasmissione 20/20, mandata in onda dall'ABC News, il 24 aprile 1992.
37 Cfr. W. H. Masters-V. E. JohnsonHomosexuality in Perspective, Brown and Company, Boston 1979, pag. 333. Dopo un studio durato dieci anni sull'omosessualità, gli Autori hanno scoperto che quelli che desideravano la «conversione» all'eterosessualità hanno avuto una percentuale di fallimento solamente del 21% (pag. 396). Tuttavia, anche rettificando la percentuale di fallimento di conversione, si giunge ad un 45%.
38 Cfr. J. M. Reinischop. cit., pag. 143.
39 Cfr. 20/20ABC News, del 24 aprile 1992.
40 Cfr. CC. W. Socarides-R. Kronenmeyer, op. cit., pagg. 141-167.
41 Cfr. D. Bogle, «Healing from Lesbianism» («Guarire dal lesbismo»); cit. in I. Yamamotoop. cit., pag. 15.
42 lbid., pag. 17.
43 Cfr. B. Davies«The Exodus Story: The Growth of Ex-gay Ministry» («La storia dell’esodo: la crescita del ministero di un ex gay»), cit. in I. Yamamotoop. cit., pagg. 47-59. Vedi anche K. PhilpottThe Gay Theology («La teologia gay»), Logos International, Plainfield 1977, pagg. 20-37.
44 Cfr. A. ComiskeyPursuing Sexual Wholeness: How Jesus Heals the Homosexual («Alla ricerca dell’integrità sessuale: come Gesù guarisce l'omosessuale»), Creation House, Lake Mary 1989.
45 J. HighleyL.I.F.E. Ministries, P.O. Box 353, New York, NY 10185.
46 Cfr. A. P. Bell-M. S. WeinbergHomosexualities («Le omosessualità»), Simon and Schuster, New York 1978, pag. 308.
47 Cfr. W. Isaacson«Hunting for the Hidden Killers» («La caccia agli assassini nascosti»), in Time, del 4 luglio 1983, pag. 51.
48 Cfr. C. W. Socarides-R. Kronenmeyerop. cit., pag. 32.
49 Cfr. Y. Zipter, «The Disposable Lesbian Relationship», in Windy City Times, del 25 dicembre 1986, pag. 18.
50 Cfr. B. J. Klamecki«Medical Perspective of the Homosexual Issue», cit. in I. Yamamotoop. cit., pagg. 116-117. Oltre a ciò, l'assiduità nei rapporti anali provoca nei gay incontinenza fecale.
51 La cifra più ricorrente è che il 70% degli americani colpiti dall'AIDS è composto da maschi omosessuali o bisessuali.
52 Ibid., pagg. 123, 119.
53 Cfr. P. Cameron-W. L. Playfair-S. Wellum«The Homosexual Lifespan» («La durata media della vita omosessuale»), in Family Research Institute, del 14 febbraio 1992.
54 Articolo di Kelly Boggs, reperibile alla pagina web
http://www.inplainsite.org/html/homosexual_rights_.html


titolo breve storia dell'aborto nel mondo

feto umano

Una persona civile rispetta la meraviglia e il prodigio della vita, e non può tollerare il brutale omicidio di bambini senza colpa. Con ogni mezzo lecito è giusto continuare a ricordare e a mostrare ciò che l'edonismo borghese ha mascherato da conquista civile. Non si tratta di accusare le donne che magari in preda alla difficoltà, sole e abbandonate, o pressate da altre persone, commettono questa grave azione. Preghiamo per tutte le mamme in difficoltà, ma nessuna giustificazione può esistere per l'uccisione volontaria di una vita innocente... Riportiamo un documento molto interessante che riassume il percorso di inciviltà che ha portato le nazioni a legalizzare l'omicidio di Stato.

l Invito alla lettura
 
In questa breve storia dell'aborto e delle pratiche abortive, forse quel che manca è una lunga storia dell'aborto nei secoli. Così, la flagranza del ritorno sic et simpliciter ai tempi bui del paganesimo più retrivo e obsoleto sarebbe stata maggiormente evidente. Ma la logica del pamphlet è appunto quella di essere un pugno nello stomaco, cosa che un voluminoso e annotato tomo non consente. Il tema è quanto mai spinoso e politicamente scorretto, ed è il motivo per cui mi sono sempre malvolentieri occupato dell’argomento. Un orizzonte edonista non può non avere il sesso «libero» in cima ai suoi pensieri, e l’eliminazione dei cascami indesiderati, dei «danni collaterali» (il politically correct, com'è noto, si esprime solo per eufemismi) ne costituisce un corollario obbligato. L'unica rivoluzione veramente riuscita del Sessantotto è stata questa: nato il marchese de sadenegli USA, ha perso per strada le connotazioni marxiste che aveva preso in Europa ed è rimasto solo quel che era alle origini, un movimento di «liberazione» nient’altro che sessuale, dal momento che, droghe a parte (altro lascito sessantottardo), non c’è «divertimento» superiore a questo sotto il cielo degli uomini, gratis e alla portata di tutti.Libertà sessuale, omo ed etero, divorzio e aborto sono talmente connessi che, date alla mano, alla prima sono necessariamente seguiti tutti gli altri, e quasi a furor di popolo. Toltone uno, cade anche il resto; ammessa l'una, il resto si accoda. Per forza: la natura è quel che è, e quasi mai i fiumi rompono gli argini in un punto solo. L'incongruenza di un mondo occidentale, che è costretto ad importare manodopera immigrata per far fronte al suo deficit demografico, ma insiste nell’eliminare quote rilevanti dei suoi nuovi nati, è solo apparente. Sì, perché, ripeto, l'aborto è parte necessaria e integrante della cultura dell'edonismo; non a caso il Marchese De Sade(1740-1814) ne fu un appassionato sostenitore. E non a caso i regimi materialistici, ricordati nel lavoro di Agnoli, finirono (e finiscono) per favorirlo e renderlo «di massa». A quei non molti che ancora, tuttavia, ne conservano l’orrore, questa «breve storia» farà bene, perché non sia mai che all’orrore si faccia l’abitudine a furia di averlo sempre quasi sotto il naso, dietro il muro della clinica accanto. Sì, perché la coscienza può assopirsi e le fredde statistiche non hanno l'impatto di un'immagine raccapricciante quale quelle disegnate (e fotografate) dalle pagine che state per leggere. Né io, in questa stringata introduzione, ho parole atte a qualificare l’inqualificabile. Loslogan che a suo tempo fu brandito, «l'aborto è un omicidio», conteneva già tutto quanto c'era da dire, eppure non bastò. Non basterà, certo, nemmeno la fatica di Agnoli. Ma se solo servisse almeno a non dimenticare sarebbe la benvenuta. Infatti, il rischio più grosso è questo: dimenticare, dimenticare la voce che grida giorno e notte fino a noi, col suo urlo silenzioso, fin dal giorno in cui i sofisti convinsero i più che il frutto del concepimento era un essere umano solo da un certo giorno in poi. E che prima non era niente. Come i più anziani ricorderanno, fu inutile ogni obiezione e ancora lo sarà perché, come ho detto, l’aborto e l’edonismo sono inscindibili. Solo una nuova evangelizzazione potrà cambiare le cose. Fino ad allora, sono convinto, l'unica cosa attuabile è il tenere acceso l’evangelico lucignolo fumigante. E non dimenticare.

 

Rino Camilleri


l Di chi si sta parlando? 
 
Così Ramòn Lucas Lucas, nell'opera Bioetica per tutti, sintetizza l'idea di aborto. Fin dal concepimento vi è una vita che corre verso l'avvenire: a diciotto giorni c'è già un cuoricino che pulsa; ad un mese e mezzo i ditini si precisano, con le loro impronte digitali, già inconfondibili ed uniche; a due mesi vi è una creatura perfettamente simile ad un grande che misura tre centimetri, ma ha una precisione assoluta. A tre mesi, il bimbo è alto circa otto centimetri, vive una vita sua, in stretto collegamento con quella della mamma: si sveglia se si sveglia lei, la ascolta parlare o cantare, fà le capriole, scalcia, soffre terribilmente se una terribile macchina aspiratutto inizia, d’improvviso, a strappargli via via le braccia, le gambe, pezzo per pezzo, finché un arnese di ferro non entra a prelevare la sua testolina, per schiacciarla, come una noce, con un colpo secco, per asportarla.l L'aborto e le streghe
 
L'aborto è un argomento non molto trattato e non molto conosciuto al giorno d'oggi: non interessa tanto agli intellettuali e ai giornalisti; la cultura dominante lo ritiene scabroso e preferisce non parlarne; i libri di Storia adottati a scuola dribblano elegantemente le vicende politiche, culturali e gli scontri che hanno segnato l’introduzione nella modernità di questa discussa pratica. La televisione, sempre pronta a captare il marcio e il sensazionale, la violenza e il sangue, non ha mai trasmesso le immagini di un bimbo tormentato dagli acidi o inseguito da una minacciosa punta d'acciaio. Falsità e ipocrisia, depistaggio continuo della cultura ufficiale e dominante. Eppure, l'aborto riguarda l'uomo, l'innocente, la vita ai suoi albori, l'essenza stessa dell'uomo, della famiglia, del frutto di un rapporto d’amore. Secondo il concetto giusnaturalista, che è stato alla base del pensiero giuridico europeo fino all'Illuminismo, la legge morale è come la legge fisica: non viene inventata, creata dall'uomo, ma scoperta, riconosciuta nella realtà come dato di fatto. Non uccidere, o non rubare, sono cioè regole inderogabili, che nessuna autorità politica, sia essa dittatoriale o maggioranza democratica, può modificare. Fondamento di tutto il diritto è il diritto alla vita, senza la quale, appunto, non esiste diritto. Prima del Novecento, il diritto alla vita innocente, in questo caso a quella del bambino, è violato da singole persone, che praticano l’aborto con i cosìddetti «ferri», o con modalità di avvelenamento (indigestione di prezzemolo, segale cornuta, ecc...). Mai però viene stabilita per legge la bontà di una simile azione: per questo il fenomeno dell'uccisione dei bambini rimane limitato. Intorno al Cinquecento, l'uccisione dei bambini viene talora praticata dalle cosìddette «streghe», persone superstiziose che in taluni casi uccidono i piccoli innocenti per fare filtri d'amore o pozioni magiche di qualche tipo. Si tratta di una perversione già presente nell'antichità, come ci racconta anche il poeta latino Orazio (I sec. a. C)., allorché ci parla della strega Canidia nel suo quinto epodo. Vi si descrive un puer, un fanciullo, che viene sepolto in una buca, fino al mento: «Col midollo raschiato e il fegato secco si farà il beveraggio dell'amore» (un'altra bevanda di Canidia è fatta di fichi selvaggi, piume di civetta, uova di rospo, erbe di iolco...). L'uccisione di un fanciullo rientra nella logica tipica del sacrificio antico: il sacrificio più prezioso è quello di creature giovani, innocenti (se si tratta di animali, i vitelli; di vegetali, le primizie). Una celebre maga greca è invece Medea, anch'essa creatrice di filtri magici per mezzo di erbe: per salvare il suo Giasone finisce per uccidere e fare a brandelli il suo fratellino Absirto. Tali pratiche terribili, ancora nel Cinquecento, vengono compiute sotto l'effetto di sostanze allucinogene, presenti in alcune erbe, soprattutto nella segale cornuta, che viene usata nel contempo come abortivo e come stupefacente, contenendo un alcaloide, l'ergonovina, da cui nel 1943 verrà sintetizzato in laboratorio l'acido lisergico dietilamide (LSD); le streghe usavano anche l'amanita muscaria, un fungo velenoso, e la butofenina, una sostanza contenuta nelle secrezioni della pelle del rospo (si capisce allora il senso degli strani ingredienti delle pozioni: «erbe» di iolco, code o uova di rospi, ecc…). Culti e riti di questo tipo esistono ancora in Paesi africani e a Cuba. Tutto ciò, dicevo, rimane comunque un fenomeno limitato e riprovato dalla gente comune, oltre che dalle autorità e dalla Legge 1.
 
l I totalitarismi (comunismo e nazismo) e l'aborto
 
L’aborto libero e legale, cioè riconosciuto dalla Legge come diritto, come cosa giusta, appare per la prima volta nella Storia con la Rivoluzione comunista del 1917: il comunismo parte dal presupposto che la famiglia non sia un istituto naturale, come dice il giusnaturalismo, ma un portato della Storia, un istituto artificiale. La famiglia sarebbe tipica di un mondo ingiusto e corrotto, quello borghese, che riconosce la proprietà privata dei beni materiali e quella che per i comunisti è la«proprietà privata degli affetti», la famiglia, appunto. Per Vladimir Lenin (1870-1924), che si colloca sulla scia dei pensatori social-comunisti - Dom Deschamps(1716-1774), Étienne-Gabriel Morelly (1717-1778), Babeuf (Settecento), Charles Fourier (1772-1837) e Karl Marx (Ottocento) - abolizione della proprietà privata significa dunque anche abolizione dei rapporti familiari moglie-marito, genitori-figli: per questo introduce, coerentemente, il divorzio e l’aborto. Quest'ultimo è giustificabile anche alla luce di un altro cardine del pensiero comunista: il materialismo. L'uomo, e così pure il bimbo nel ventre materno, è pura materia, senza anima e destino immortali. Le conseguenze pratiche non tardano a manifestarsi. Françoise Navailh, nella sua Storia delle donne: il Novecento, a cura di Françoise Thebaud, (Ed. Laterza 1992), scrive: «L'instabilità matrimoniale e il rifiuto massiccio dei figli sono i due tratti caratteristici del tempo. Gli aborti si moltiplicano, la natalità cala in modo pauroso, gli abbandoni dei neonati sono frequenti. Gli orfanotrofi sommersi, diventano dei veri mortori. Aumentano gli infanticidi e gli uxoricidi. Effettivamente, i figli e le donne sono le prime vittime del nuovo ordine delle cose. I padri abbandonano la famiglia, lasciando spesso una famiglia priva di risorse» 2.

lenin
karl marx
charles fourier
Guerra alla famiglia; da sinistra: Lenin, Karl Marx e Charles Fourier.

Gli effetti di tale politica divorzista e abortista si vedono ancor oggi: basti pensare quanti e quanto grandi sono gli orfanotrofi negli ex Paesi comunisti (Romania, Ucraina, Bielorussia, Russia, ecc…), da cui vengono presi gran parte dei bambini adottati in Europa (adozioni internazionali). In Russia si arrivava al punto, come ha raccontato Olga Kovalenko, olimpionica in Messico nel 1968, che, come lei, «anche altre ginnaste nell'URSS venivano indotte a concepire e poi abortire, perché con la gravidanza l'organismo femminile può produrre più ormoni maschili e sviluppare più forza. Se rifiutavano, niente Olimpiadi». Circa una ventina scarsa di anni più tardi, l'aborto viene legalizzato per la seconda volta nella storia in un regime nato nel 1933 in Germania: il nazionalsocialismo. Al pari dei comunisti, i nazisti introducono subito divorzio e aborto. Il presupposto filosofico non è chiaramente precisato: sicuramente si parte, come in Russia, dalla negazione di un'anima personale, cioè da una sorta di materialismo o di «materialismo-panteistico». In secondo luogo, entrano in azione le dottrine eugenetiche: la prima società naturale non è la famiglia, ma lo Stato, la comunità politica, l'entità astratta detta Volk («popolo»). Nell'interesse di quest'ultimo, occorre che la gioventù sia fisicamente sana, forte, razzialmente pura: come in una novella Sparta, i deboli vengono eliminati, soppressi, e, con loro, inevitabilmente, anche gli indesiderati. La violazione della sacralità della vita al suo inizio diventa poi violazione della vita tout court: poco prima e durante la guerra verranno legittimate anche la sterilizzazione, l'eutanasia, la soppressione degli handicappati… Riguardo alla concezione della famiglia, come in molti altri aspetti, nazismo e comunismo sono dunque assai simili tra loro, e sostengono che lo Stato è prima e sopra di essa. Nel nazismo questo è evidente nelle forme di irreggimentazione della gioventù, nell'eugenetica, nei circa 80.000 bambini nati tramite accoppiamenti stabiliti dall'alto, a priori, nell'espropriazione ai genitori del ruolo di educatori tramite le organizzazioni statali (la Hitlerjugend...), nell'associazione fondata di Heinrich Himmler (1900-1945), chiamata Lebensborn, che sceglieva donne non sposate da accoppiare a riproduttori ariani, nelle regolamentazioni sul matrimonio misto, nella sostituzione delle feste cristiane e popolari con festività della natura o di ispirazione laica, ecc... Per quanto riguarda il comunismo, esso, come si è detto, nega totalmente la famiglia, fin dalle più antiche formulazioni: la comunanza di donne, ad esempio, è esaltata da Tommaso Campanella (1568-1639) ne La città del sole (1602), dai comunisti illuministi Denis Diderot (1713-1784), da Deschamps, da Fourier e dallo stesso Marx, in nome del principio per cui la famiglia rappresenta, al pari della proprietà privata, qualcosa di negativo ed egoistico, da eliminare. La soluzione è il controllo statale delle giovani generazioni, fino a far loro sentire, come unico, il legame con lo Stato: «Nella società socialista futura, quando l'allevamento, l'educazione e il mantenimento dei figli non saranno più a carico dei genitori, ma passeranno totalmente alla società nel suo complesso, la famiglia dovrà evidentemente morire».

heinrich himmler
tommaso campanella
denis diderot
Da sinistra: Heinrich Himmler, Tommaso Campanella e Denis Diderot.

Per questo nell'URSS, il quattordicenne Pavel Morozov (1918-1932) diventa un eroe nazionale, additato come esempio per tutti i ragazzi, per aver rivelato alle autorità l'opposizione di suo padre al regime, ed averlo così consegnato alla morte. Secondo la concezione dialettica della Storia, la famiglia, come unione di genitori e figli, non è neppure un'istituzione naturale, presente nella realtà e quindi valida di per sé stessa, ma una creazione dei tempi e della struttura economica, al punto che, secondo Fourier, apprezzato in ciò da Marx, il sentimento dei genitori verso i figli e dei figli verso i genitori, è una pura invenzione, poiché il bambino, non conoscendo «l'atto che sta all’origine della paternità, non può provare sentimenti filiali»: come tale la famiglia può e deve variare. È bene ricordare la presenza di dottrine eugenetiche attraverso tutta la storia del socialismo: dalla Repubblica di Platone (428-348 a. C.), in cui accanto alla comunanza di beni e di donne, si parla della necessità che lo stato imponga chi debba accoppiarsi e con chi; a La Città del Sole di Tommaso Campanella, in cui il Ministro dell'Amore è chiamato a scegliere i tempi e i soggetti dell'accoppiamento sessuale, al fine di garantire una certa purezza razziale; fino alle più recenti affermazioni di Stanislav Alexandrovich Volfson («Da noi ci sono tutti i motivi per credere che quando s'imporrà il socialismo la riproduzione non sarà più affidata alla natura») e dello staliniano Evgenii Alekseevich Preobrazenskij (1886-1937): «Dal punto di vista socialista, non ha senso che un membro della società consideri il proprio corpo come una sua proprietà privata inoppugnabile, perché l'individuo non è che un punto di passaggio tra il passato e il futuro», tanto che alla società spetta «il diritto totale e incondizionato di intervenire con le sue regole fin nella vita sessuale, per migliorare la razza con la selezione naturale».

pavel morozov
stanislav alexandrovich volfson
evgenii alekseevich preobrazenskij
Da sinistra: Pavel Morozov, Stanislav A. Volfson ed Evgenii A. Preobrazenskij.

Del resto, un'eugenetica de facto verrà attuata nei regimi comunisti asiatici, in Cina, Vietnam, Cambogia e Corea del Nord, tramite l'eliminazione di handicappati, invalidi, malati mentali e barboni, di coloro cioè ritenuti incapaci dell’unica attività cui il materialismo riconosce importanza: il lavoro 3.

l Le metodiche abortive 
 
Le tecniche abortive possono essere chirurgiche o farmacologiche. Tra le prime troviamo soprattutto l'aspirazione (vedi foto sotto): si introduce nell'utero un tubo collegato ad un potente aspiratore (venti volte più di un comune aspirapolvere). Il corpo viene lacerato, e il tutto è succhiato e maciullato. Questo metodo è solitamente usato per embrioni inferiori ai tre mesi.

aborto per suzione o aspirazione

Vi è poi l'embriotomia (vedi foto sotto): si introduce un cucchiaino aguzzo ricurvo col quale si taglia a pezzi l’embrione, e poi si procede col raschiamento dell'utero. È il metodo più praticato nei primi tre-quattro mesi di vita. Vi è poi l'isterotomia o aborto col taglio cesareo: questo metodo è, fino al taglio del cordone ombelicale, del tutto uguale ad un parto per taglio cesareo. Vi sono infine metodiche di uccisione per avvelenamento: l’embrione viene raggiunto da sostanze chimiche irritanti, che generano un’indicibile sofferenza, spasmi e contorsioni, determinando una morte lenta e dolorosa 4.

aborto per embriotomia o raschiamento
 
l Il dopoguerra e i Paesi comunisti
 
Nel dopoguerra, l'aborto viene legalizzato nei Paesi comunisti dell’Est legati all'URSS: in Ungheria, Polonia, Bulgaria e Romania nel 1956; in Cecoslovacchia nel 1957; in Iugoslavia nel 1970. La Cina popolare comunista autorizza l'aborto e la contraccezione nel 1957, mentre nel 1962 vengono imposti: ritardo obbligatorio dell'età del matrimonio, sterilizzazione e tecniche contraccettive spesso forzate. L'obbligo di un figlio solo a famiglia determina, oltre al precoce invecchiamento della popolazione, una strage delle figlie femmine: i genitori cinesi, potendo avere un solo figlio, spesso uccidono una eventuale figlia femmina, dal momento che non potranno giovarsi del suo aiuto nella lavorazione della terra; oppure è il governo stesso ad eliminarle, tramite aborti selettivi e infanticidi. Avviene addirittura che i medici vengano pagati dalla Stato a seconda delle sterilizzazioni forzate o degli aborti effettuati (che spesso vengono spacciati, alle povere madri, per terapeutici). Nel migliore dei casi, alcune famiglie, dopo il primo figlio, decidono di non uccidere le loro bambine e riescono, pagando chi di dovere, a non farle registrare, per evitare che siano gli impiegati statali ad eliminarle: in tal caso, però, queste bimbe, di fronte alla legge, non esistono, e non hanno quindi accesso all'istruzione, alla sanità ecc... 5. Si ha così uno squilibrio all'interno della popolazione, per cui oggi mancano all'appello, in Cina, circa 40.000.000 di donne, e vi sono altrettanti uomini che non possono sposarsi.

bambina abortita in cina
bambina abortita in cina
propaganda comunista
 Da sinistra: la gente passa indifferente, in una via di Pechino, vicino al corpicino di una bambina abortita in età fetale avanzata. A destra, cartello propagandistico fatto affiggere dal Partito che invita la popolazione ad avere un solo figlio.

Ma vediamo uno dei tanti esempi concreti citati sulla stampa italiana. Riferisce Sette, inserto de Il Corriere della Sera, del 10 agosto 2000: «Non ci hanno dato nemmeno il tempo di dargli un nome. Me lo hanno strappato dalle braccia e lo hanno scaraventato a terra, si è sentito un tonfo, ma il neonato ha continuato a piangere. Non voleva proprio morire. Allora i tre funzionari del governo hanno iniziato a prenderlo a calci. Finché non ha respirato più. In Cina lo chiamano controllo demografico o politica del figlio unico [...]. Sono arrivati di notte, il mese scorso, nella sua aborto per avvelenamento salinomisera casa nel villaggio di Ding Jia Wang, vicino a Wuhan: “Siete troppi”, hanno sentenziato i tre funzionari e hanno costretto JI, già all’ottavo mese di gravidanza, a seguirli in ospedale. Lì le hanno iniettato una soluzione salina per indurle un aborto. Dopo quindici ore di strazianti dolori la donna però ha partorito un figlio sano e vivo. “Allora mi hanno guardato freddamente e mi hanno detto: “Prendi tuo figlio e annegalo nello scarico del bagno”, racconta Huang. “Mi sono sentito raggelare. Li ho pregati, ho pianto. Senza dire una parola l’hanno gettato al suolo, preso a calci, poi l’hanno affogato in uno stagno”». «Quello che colpisce è la preferenza del governo per il programma coercitivo di controllo delle nascite. Dal 1995, i coniugi Billings, promotori dell’omonimo metodo naturale di controllo delle nascite, hanno fatto esperimenti in cinque province della Cina e hanno avuto risultati positivi al 99%. Questo sistema dà responsabilità alle coppie, e non ai burocrati, nel programmare la loro fecondità, e, al di là di qualche corso d’istruzione, è praticamente a spese zero. Eppure il governo non lo valorizza» 6. In questo panorama desolante si inserisce l'appoggio economico per l'incentivazione dell’aborto dato al governo cinese dall'agenzia UNFPA - United Nations Population Fund - (dell'ONU) e dall'International Planned Parenthood Federation (IPPF): queste ultime, fino al luglio 2002, erano a loro volta finanziate dagli Stati Uniti, che però hanno poi deciso di sospendere i versamenti, non volendo più collaborare a programmi di «aborto forzato o di sterilizzazione non voluta». Prontamente è intervenuta la Commissione Europea, guidata dall’italiano Romano Prodi, che, con una decisione di straordinaria gravità, ha stanziato contributi per ben 32.000.000 di euro, facendo così «dell’Europa il motore della diffusione dell’aborto (anche forzato, e tardivo; N.d.R.) nel mondo» 7. Dopo le campagne contro la vita degli Stati Uniti, della Banca Mondiale, dell'ONU, dell'UNICEF, ecc..., e ora anche la UE! 8
 
l L'Inghilterra
 
Dopo il mondo comunista è quello anglosassone, inglese e americano - storicamente protestante, liberale e capitalista - ad introdurre l'aborto. La prima è l’Inghilterra, nel 1968. In questo Paese, il tentativo di controllare e manipolare la vita data dai primi del Novecento. È significativissima, a questo riguardo, l'opera di Aldous Leonard Huxley (1894-1963), figlio di un famosissimo biologo darwiniano, che nel 1932, nel suo romanzo Brave New World («Il Mondo Nuovo»), descrive la società del futuro, quella che egli crede potrà essere la società del futuro. Si tratta di un'opera che godrà di fama immensa, un testo capitale della letteratura inglese, accanto e simile a 1984 di George Orwell (1903-1950). Ipotizza un mondo i cui abitanti sono rigidamente controllati, manipolati, soggiogati dal potere in ogni aspetto della loro vita. La riproduzione stessa è sottoposta ad un controllo centralizzato, gli ovuli fecondati in vitro vengono conservati artificialmente. La nascita è quindi anonima (non esiste più la famiglia), e può essere plurigemina, con la capacità di ottenere fino a novantasei gemelli identici da un solo uovo (clonazione). Le conoscenze genetiche permettono di studiare la riproduzione a tavolino e di creare caste di uomini superiori, fisicamente e intellettualmente, e, agendo sulla ossigenazione del cervello durante il processo di sviluppo dell’embrione, di uomini inferiori, pronti ad obbedire ed eseguire i lavori più umili. Il numero dei cittadini è fisso. L'intensità demografica viene controllata attraverso: la sterilizzazione forzata di un numero consistente di donne; attraverso le cosìddette «cinture maltusiane», contenenti mezzi contraccettivi, un «centro di aborti» la cui attività appare alacre, visto che la castità è considerata una perversione; una sorta di eutanasia e di altri provvedimenti analoghi. La base ideologica è fornita dall'educazione sessuale nelle scuole, che elimina ogni «tentazione» alla famiglia promuovendo rapporti precoci, occasionali e continui. Sulla tematica del controllo demografico, Huxley ritorna in Brave New World Revisited, del 1958, dimostrando che la distopia, il mondo da incubo descritto nel precedente romanzo, non gli appare come tale in tutti gli aspetti: «Nel mondo nuovo della mia favola era ben risolto il problema del rapporto fra popolazione umana e risorse naturali. S'era calcolato il numero ideale per la popolazione del mondo e si provvedeva a contenerlo entro quel limite [...]. Ma nel mondo vero contemporaneo non si è risolto il problema della popolazione».

aldous huxley
julian huxley
brave new world
 Odio per la razza umana; da sinistra: Aldous Leonard Huxley, sir Julian Sorell Huxley
e la copertina di Brave New World.

Il problema del sovrappopolamento, scrive Huxley, è capitale, la popolazione attuale, due miliardi e ottocentomila persone nel 1958, eccessiva, e non esistono«l'intelligenza e la volontà, che quasi mai ritroviamo nel formicaio di analfabeti che popolano il mondo», per attuare «il controllo delle nascite»«Forse non è impossibile la gestazione in vitro, come non è impossibile il controllo centralizzato della riproduzione; ma è chiaro che per molti anni a venire la nostra rimarrà unaspecie vivipara, che si riproduce a casaccio», laddove invece la dittatura del nuovo mondo sarà forse eccessiva, ma efficace. «Il nostro sregolato capriccio non solo tende a sovrappopolare il pianeta, ma anche, sicuramente, a darci una maggioranza di uomini di qualità biologicamente inferiore». È evidente che Huxley sta dalla parte del grande dittatore; è evidente il suo disprezzo per l'umanità «formicaio di analfabeti», che si riproduce «a casaccio», secondo uno «sregolato capriccio»; che abbisognerebbe quindi di un «ordine», di un controllo dall'alto, dell'intelligenza superiore, imposta con la violenza, con l'inganno, con la tecnologia, di uomini «illuminati» come lui. Al fondo vi è la teoria darwiniana della selezione naturale che Aldous eredita dal padre e dal fratello, e che lo porta, pur fra molte ambiguità, a chiedersi, in Brave New World Revisited, in un capitolo intitolato «Qualità, quantità, moralità», se i «mezzi buoni» dell'igiene e della medicina, portando alla salvezza di persone che altrimenti potrebbero morire, non raggiungano in fondo un «fine cattivo», un male quale è il sovrappopolamento e «la progressiva contaminazione del fondo genetico a cui dovranno attingere i membri della nostra specie [...]. Ogni progresso della medicina - continua - sarà frustrato da un corrispondente aumento del tasso di sopravvivenza degli individui che dalla nascita portano con sé una qualche insufficienza genetica [...]. E che dire degli organismi insufficienti per condizioni congenite, che la medicina e i servizi sociali oggi salvano e lasciano proliferare»? Le idee di Aldous diverranno importanti grazie al fratello, Sir Julian Sorell Huxley (1887-1975), che, come primo direttore generale dell'UNESCO, il cervello dell'ONU, porterà all'interno di questo organismo un'avversione alla vita che rimane tutt'oggi 9. La sua filosofia è ben espressa in un suo opuscolo 10, in cui si fanno proposte estremamente simili a ciò che succede nel romanzo di Aldous. Inoltre, Sir Julian è anche, negli anni Venti del Novecento, uno dei fondatori della Società Eugenetica Britannica. Il 6 settembre 1962, a nome del Comitato per la Legalizzazione della Sterilizzazione Eugenetica, scriveva: «Gli argomenti a favore della sterilizzazione di certe classi di genti anormali o deficienti mi sembrano schiaccianti» 11.
 
l L'America e l'Europa
 
norma mc corveyNegli Stati Uniti, l'aborto viene introdotto nel 1973 dopo il famoso processo Roe vs. Wade: ne è protagonista una donna, Norma Mc Corvey, detta Roe, mezza cajun e mezza indiana, con un'infanzia terribile, tra il riformatorio, lavori precari al luna park, mariti che la picchiano, stupri, «l’LSD e i cento deliri a buon mercato per diseredati americani degli anni Sessanta» 12. Grazie a lei, che oggi ha cambiato barricata e si batte per l'abolizione della legge, l'America di James Dean (1931-1955), di Jack Kerouac (1922-1969), del New Age e dellabeat generation, prevede la legalizzazione dell'aborto. Gli USA divengono presto il motore dell'abortismo nel mondo, finanziandolo e promuovendolo in Europa (tramite associazioni di family planning, agenzie dell'ONU, quali l'UNFPA, l'UNICEF e altre), ma soprattutto nel Terzo Mondo e in America Latina, fino ad attuare piani di sterilizzazione forzata, in Brasile, per mezzo di avvelenamento dell'acqua. I termini per abortire subiscono progressivi allargamenti. Si giunge a permettere un aborto molto tardivo, fino alla trentaduesima settimana, che viene così descritto da Il Giornale del 18 gennaio 1997: «La tecnica consiste nel far nascere il bambino fino ad un certo punto. L'ostetrico lo fa scendere intatto, fino a quando la testa non esce dal grembo della madre. A questo punto inserisce un paio di forbici da chirurgo nella base del cranio, le apre, allarga il buco e il cervello viene succhiato fuori. In questa maniera la testina si riduce e può essere estratta» (vedi Tav. 3). Dopo l'America, l'aborto viene introdotto in Germania, in Francia (1975) e gradualmente in quasi tutti i Paesi d'Europa: rimane fuori l'Irlanda cattolica (EIRE), grazie anche a Niamh Nic Mhathuna, presidente di Youth Defence, vincitrice per sette anni del titolo per la migliore musica tradizionale irlandese, arrestata cinque volte per aver fatto circolare letteratura contro l’aborto.
 
l L'Italia: «uccidi, purché sia tuo figlio»
 
Il 1978, ben dopo gli altri stati, è l'anno della legalizzazione dell'aborto in Italia, con la cosìddetta Legge nº 194. Negli anni Settanta, la sinistra (PCI, PSI, PSDI), insieme ai partiti liberal-capitalisti (PRI, PLI), e al Partito Radicale di Marco Pannella, di Emma Bonino e di Francesco Rutelli, con l'appoggio di tutta la grande stampa (specie Repubblica di Eugenio ScalfariL'UnitàL'EspressoPanorama e Il Corriere della Sera) sostiene l'introduzione in Italia dell'aborto libero, gratuito, a spese dello Stato. L'argomento principale a favore di tale Legge è l'esistenza di centri di aborti clandestini, che causerebbero lo sfruttamento e talora la morte delle madri: si arriva, con una falsità straordinaria, ad indicare, con cifre altissime, il numero «preciso» degli aborti clandestini, come se fosse possibile conoscerlo, come se non fossero, appunto, «clandestini». Si assiste ad un terrorismo dei numeri che tende a gonfiare sé stesso nell'euforia della quantità e nel progredire dei giorni: «Tre milioni di aborti clandestini nella penisola, 25.000 donne morte ogni anno in seguito ad aborto clandestino…». La Storia si incaricherà di smentire queste fole, ma l'emozione del momento e il tam tam dei giornali convinceranno molta gente. L'altro argomento, sostenuto con campagne miliardarie dalla famigliaRockefeller, dall'ONU e per certi aspetti anche dal WWF e dal Club di Roma legato agli Agnelli, è la sovrappopolazione del pianeta. Il parlamentare socialistaLoris Fortuna (1924-1985) scrive: «Sette miliardi gli individui che nel 2000 popoleranno la terra […]. Ipotizzabile, come evento futuro, ma non incerto, la catastrofe». Chi glielo dice oggi, al Fortuna, che siamo il Paese più vecchio e ansimante d'Europa, che la nostra popolazione diminuisce drasticamente ogni anno? Accanto a queste cifre roboanti, indimostrate e indimostrabili - oggi lo sappiamo, sicuramente false e confutate - si cerca di tappare la bocca agli oppositori anche con l'utilizzo di un linguaggio mascherato.

marco pannella
emma bonino
loris fortuna
Da sinistra: Marco Pannella, Emma Bonino e Loris Fortuna.

La falsità è lo sfondo su cui si svolge tutto il dibattito, depistato da affermazioni di questo tipo: «La soluzione di fondo non è quella [...] di discutere astrattamente sul concetto di inizio della vita» 13«Il problema dell'aborto dovrebbe essere discusso in ambito squisitamente etico-morale e non attraverso considerazioni di natura biologica» 14. Traducendo: discutiamo pure, purché non ci si chieda di accertare di che cosa (un minerale? Un vivente?) si stia discutendo. Così si lotta in ogni modo per riconoscere la legge del più forte, per occultare la spaventosa realtà dell'omicidio con espressioni ingannevoli: quel bimbo che si muove nell'utero materno come un astronauta nella capsula spaziale, che scalcia se la mamma è seduta male o se compie un movimento brusco, che si succhia il dito e percepisce suoni e rumori esterni, diventa, nella terminologia degli abortisti e delle femministe, un «feto», un «grumo di sangue», un «brufolo», un «parassita», un «clandestino a bordo» e la sua uccisione, più semplicemente, un'«interruzione volontaria di gravidanza» 15. Eppure l'aborto è un delitto orribile, perché colpisce l'innocente, colui che non può difendersi, e perché non rimane senza conseguenze sulla madre, anche se spesso nessuno la avvisa di ciò: anche lei rischia, perché può andare incontro alla perforazione dell'utero e dell'intestino, ad emorragie, alla sterilità, e ad un ossessionante senso di colpa che le può impedire di diventare madre per tutta la vita. Un medico abortista racconta infatti che dopo il primo aborto alcune mamme vanno incontro ad «aborti ripetuti», non perché non vogliano figli del tutto, ma per autopunizione. Il meccanismo psicologico è: «Non potrò più essere madre perché ho abortito» 16. Nel 1978, dunque, passa in Parlamento la 194, che introduce in Italia l'aborto legalizzato, libero, finanziato e organizzato. I voti determinanti sono offerti dalle forze di cui abbiamo già parlato. Il mondo cattolico, invece, appare diviso. Come ai tempi del referendum sul divorzio, non mancano le associazioni cattoliche favorevoli alla nuova legge, e neppure gli ecclesiastici. Fra questi molti sono vacillanti, timidi, spaventosamente indifferenti. Lo hanno ricordato a più riprese Pietro ScoppolaGiulio AndreottiEttore Bernabei ed altri. Il Partito di riferimento dei cattolici, la Democrazia Cristiana, che dovrebbe gestire l'opposizione alla legge, essendo il maggior Partito ed essendo al governo da solo, abdica brutalmente, specie per quanto riguarda i vertici 17. Sono tutti democristiani i membri del governo che controfirmano la legge presentata dal Parlamento: soprattutto ricordiamo Andreotti, capo del governo, Tina Anselmi, Ministro della Sanità, Francesco Paolo Bonifacio (1923-1989), Ministro di Giustizia, e Giovanni Leone (1908-2001), Presidente della Repubblica, che avrebbe potuto rimandare la legge alle Camere.

giulio andreotti
giovanni leone
tina anselmi
 I «cattolici» con le mani sporche di sangue; da sinistra: l'On. Giulio Andreotti, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone e Tina Anselmi.

Nessuno di loro si dimette, preferendo la stabilità del governo alla coerenza personale 18. Nessuno fà ostruzione, nessuno si dissocia di fronte ad una delle leggi abortiste più permissive al mondo, che considera l'aborto, secondo l’aspettativa dei comunisti, «una operazione qualsiasi, alla stregua di tutte le altre, e che, come tale, sia pagata dalla mutua» 19. Addirittura, passata la legge, Andreotti, tramite l’Avvocatura di Stato, se ne assume la difesa, chiedendo alla Corte Costituzionale di rigettare le numerose eccezioni di incostituzionalità presentate dopo l'entrata in vigore della 194. Quest'ultima stabilisce, all’articolo nº 4, che la donna che vuole interrompere la gravidanza nei primi tre mesi deve rivolgere la sua richiesta ad un pubblico consultorio o ad un medico generico, cioè anche ad un dermatologo, un dentista, un ortopedico o simili. L’articolo nºcontro gli obiettori di coscienza 6 disciplina l'aborto dopo i tre mesi in casi particolari. L'articolo nº 9 riconosce l'obiezione di coscienza a medici ed infermieri che siano contrari a collaborare a quello che ritengono un omicidio, ma li esclude dalla possibilità di far parte dei consultori, le strutture pubbliche in cui la gestante può rivolgersi per un consiglio prima di interrompere la gravidanza. «Secondo lo spirito della legge, la gestante deve incontrare sulla sua strada solo personale abortista»: il rischio è che personale contrario consigli alla donna di portare a termine la gravidanza, le spieghi cosa l'aborto è veramente, oppure, solo, la inviti a partorire il figlio, invece che ucciderlo, senza riconoscerlo, come è possibile fare secondo la legge italiana. Un figlio non voluto può infatti venir non riconosciuto dalla madre ed essere successivamente adottato da una mamma sterile o comunque desiderosa di una nuova creatura. La possibilità dell'obiezione di coscienza ha provocato e provoca tuttora le ire funeste dei giacobini: per fare un solo esempio, i verdi Paolo Cento eFranco Corleone sono i depositari di un disegno di legge che impedirebbe a ginecologi obiettori l'assunzione dell'incarico di responsabile di reparto; Paolo Flores D'Arcais, direttore di Micromega e leader arrabbiato dei girotondini, propone sul numero 4 dell'anno 2000 di impedire l'assunzione negli ospedali pubblici di ginecologi che abbiano riserve a praticare l’aborto 20. È la famosa e puntualissima intolleranza dei sedicenti tolleranti! Il problema, come ha spiegato recentemente la dottoressa Elisabetta Canitano, ginecologa e responsabile DS per la «sanità» a Roma, che pratica dall'inizio della sua carriera l'aborto con «spirito militante», quasi fosse una missione umanitaria, è che ben il 67,4% dei ginecologi italiani, cioè di coloro che sanno benissimo cosa l'aborto è veramente, si rifiutano di praticarlo 21«I tre colleghi che cominciarono con me hanno smesso». Infine, agli articoli nn. 17-22, si stabiliscono le pene e le multe da applicare a chi pratica aborti clandestini: da una legge nata con la scusa di legalizzare l'aborto per limitare l’opera delle mammane e delle praticone, ci si potrebbero aspettare pene severe, che invece non vi sono, in quanto vengono addirittura diminuite rispetto alla legislazione precedente.

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 Da sinistra: Paolo Flores D'Arcais e Paolo Cento.

Infine, la nº 194, che è nell'attuazione pratica ancora peggiore che nella sua ipocrita formulazione, rifiuta in teoria ogni criterio eugenetico; in realtà, il Prof.Claudio Giorlandino, celebre ginecologo, racconta di aver visto «coppie scegliere l'aborto solo perché il feto aveva sei dita ai piedi (operabilissime, com'è ovvio)», e addirittura procedere in questo modo con «aborti a ripetizione» 22. È evidente che lo stesso criterio potrebbe essere adottato da genitori che avessero scelto a priori di avere un maschio e non una femmina o viceversa. In relazione a queste cose l’On. Umberto Bossi, parlando in più occasioni del problema aborto nelle sue interviste a Gianluca Savoini, ha insistentemente accennato ad un nuovo e angosciante «nazismo rosso». Scrive Emilio Bonicelli nel suo interessantissimo studioGli anni di Erode«Gli articoli della legge ne esprimono così chiaramente lo spirito: l'interruzione di gravidanza è resa libera e gratuita, ma viene in ogni modo favorita. Il parere contrario del medico, del padre del concepito, dei genitori, ovunque emerga, viene neutralizzato. Di fronte alla gestante dubbiosa ogni porta si apre perché la sua scelta sia quella del rifiuto della vita, ma nessun serio aiuto viene predisposto perché quella vita possa trovare accoglienza».
 
l Gli abortisti clandestini
 
ilio spalloneInoltre, la legalizzazione dell'aborto non ha assolutamente sconfitto la piaga dell'aborto clandestino, come falsamente si vuole far credere. Basti un esempio per tutti: la celebre «clinica degli orrori» di Roma. Nel marzo del 2000, i giornali annunciarono, per il vero senza grande partecipazione, che in una clinica romana per aborti «i pezzi più grandi del feto venivano bruciati, mentre il resto veniva gettato nel water o nel lavabo», in una sorta di «lavandino tritatutto». Si apprendeva che nella casa di cura dal nome gentile, «Villa Gina», operavano rispettati ed onorati assassini, convenzionati con la Regione, ammanicati con la politica (PCI), lordi di sangue innocente, sfruttatori di donne deboli e talora ignare. Ma uccidere non è cosa da tutti e i dottori della Villa pretendevano anche 8-10.000.000 per aborto, «in contanti», spesso preceduti dalla «pretesa di un assegno in garanzia»; e il prezzo era alto perché si faceva di tutto: si uccidevano anche bimbi di 6-7 mesi: in tal caso si utilizzavano i «ferri grandi». Ferri grandi sui bambini e violenza sulle donne.«Cento casi circa ogni anno». Una di queste «era contraria, e quando arrivò in sala operatoria scoppiò a piangere gridando che non voleva abortire: Ilio Spallone 23 urlava e la colpiva sulle gambe, un altro la tratteneva, finché l'anestesista non riuscì ad addormentarla». Un infermiere ricorda: un giorno «Ilio Spallone alzò la bacinella che aveva davanti e vidi un feto formato con le braccia e le gambe, di circa venticinque centimetri. In quel momento ebbi un mezzo svenimento e fui portato fuori. Ricordo che Caccia (l'ostetrica; N.d.R.) mi disse che non ero portato per quello specifico tipo di lavoro». Il fatto è piuttosto grave; eppure i grandi giornali lo hanno silenziato. Il pericolo, infatti, è che di fronte a tutto questo qualcuno potrebbe chiedersi se non sia stato una menzogna il discorso pietoso sulla necessità di legalizzare l'aborto per impedire quelli clandestini, fatti con i «ferri», come dicevano allora scandalizzate le femministe ed altri, senza tutela per la donna, ecc..., ecc... Qualcuno potrebbe chiedersi perché in Italia anche le cure più necessarie divengano via via a pagamento, mentre la collettività si fà carico di una cifra che può oltrepassare i due milioni per ogni aborto 24. Potrebbero sorgere parecchie domande, insomma, non ultima quella sul perché uccidere con i «ferri grandi» sia reato anche per lo Stato italiano, e con i ferri piccoli, sulle carni più tenere di un corpo più piccolo, sia a norma di legge, benedetto e finanziato 25.
 
l Una cultura da rifondare
 
En passant, si può concludere affermando che la cultura dell'aborto è andata di pari passo con la tendenza a concepire anche gli affetti in modofamiglia moderna consumistico e materialista, e ad annullare il desiderio della vita familiare e della genitorialità. La tendenza è quella a consumare l'amore senza impegni, senza prospettive, chiusi nella dimensione dell'attimo presente e della soddisfazione personale. Il sentire comune, il sentire dei benpensanti, invita i giovani alla carriera, al divertimento fine a sé stesso, all'importanza del lavoro al di sopra di ogni altra cosa… ScriveFrancesca Corbella su La Padania«Troppo raziocinio ha privato la nascita della meravigliosa spontaneità e naturalezza dell'evento, caricandolo di elementi che devono quadrare ad ogni costo: prima di mettere al mondo un figlio bisogna testare la coppia in susseguenti anni di week-end e vacanze, aver terminato gli studi a oltranza, compresi due o tre master all’estero, godere di una posizione sicura, lui e lei, disporre del denaro per "dargli il massimo", comperare l’auto e la casa più grandi per essere all'altezza dello status sociale». Tante attenzioni, tante prudenze, ma quando un bimbo, imprevisto, si affaccia alla vita, diviene un incidente, e un accidente da eliminare, senza troppe preoccupazioni. Al contrario, continua la Corbella, occorrerebbe dire, far capire, ripetere, insegnare, in famiglia e a scuola,«l'unicità e incredibile bellezza di un bimbo che arriva, ma non solo, in prospettiva futura, anche di un figlio grande cui stare vicino, cui dare amore, per ricevere amore» e per vivere quella carica di freschezza e di novità che ogni bimbo porta in una famiglia. Adattando una poesia di Umberto Saba (1883-1957), infatti, si potrebbe dire che ogni figlio permette di rivivere l'infanzia e la giovinezza, e ogni genitore potrebbe dirgli: «A me, che mi sentiva ed era vecchio, annunciavi un’altra primavera». Oppure, come dice la Bibbia: «Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo. Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. Beato l'uomo che ne ha piena la faretra» (Sl 127, 3-4).
 
l La fine di quei corpicini
 
bambini nei cosmeticiI resti dei bimbi uccisi con l'aborto subiscono le fini più assurde. Buttati nelle immondizie, nel lavandino tritatutto, scaricati nel Tevere a Roma 26, utilizzati per la cosmesi e per gli scopi più impensabili… Il Corriere della Sera, del 31 marzo e del 1º aprile 1994, racconta che l'Istituto Cosmetico Merieux di Lione, in Francia, «lavora» diciassette tonnellate di materiale umano ogni giorno, di cui una tonnellata viene importata dalla Russia. Avvenire, del 5 maggio 1995, invece riferisce che i dottori degli ospedali della metropoli cinese di Shenzhen vendono i feti o se ne nutrono per garantirsi un corpo più forte e più bello. Vi sono associazioni che si battono per dare ai bimbi abortiti una degna sepoltura, ma questa iniziativa è solitamente ostacolata in ogni modo. Il sito degli atei (uaar.it), sotto il titolo«Per la laicità dello Stato», idolo ateo a cui si sacrifica ogni vero valore, e «Il pericoloso estremismo cattolico antiabortista», segnala, ad esempio, che il movimento aquilano Armata Bianca, guidato da Padre Andrea D'Ascanio, con una «scena folkloristica» ha osato erigere nel cimitero della città un monumento ai «bambini mai nati», e che lo stesso movimento organizza a Novara «un macabro funerale di feti, ogni fine mese». Macabro sarebbe dunque il funerale, non l'uccisione! Eppure, su uno dei giornali più schiettamente abortisti 27, l'inviato nella cittadina piemontese, Maurizio Crosetti, descrivendo uno di questi «macabri funerali», fà notare come le creature «che qualcuno chiama “bimbi”, qualcun altro “rifiuti speciali ospedalieri”, oppure “residui di sala operatoria”, o ancora “prodotti abortivi”», a Novara, invece di finire nei soliti «sacchetti di plastica o nei secchi dove radunano gli embrioni», hanno «piccole bare di dieci centimetri che un artigiano dell'Aquila prepara per questi funerali senza nome e senza memoria». Tanta è l'avversione del potere ad una simile opera che Padre Andrea D'Ascanio è poi finito in un incredibile processo in cui veniva accusato addirittura di pedofilia!
 
l Il problema economico
 
La denatalità spaventosa presente in Europa dopo l'introduzione nelle legislazioni nazionali della legge sull'aborto (a ulteriore dimostrazione che il numero sugli aborti clandestini dato dagli abortisti era falso), ha determinato l'entrata in crisi del cosìddetto Welfare State, dello Stato assistenziale creatosi in Occidente nella prima metà del Novecento e progressivamente rafforzato nel secondo dopoguerra. Lo Stato assistenziale, o sociale che dir si voglia, si basa sul semplicissimo concetto per cui lo Stato, attraverso una tassazione progressiva che tenga conto delle differenti ricchezze e possibilità, garantisce ai cittadini l'assistenza educativa, sanitaria e pensionistica. A partire dagli anni Novanta del Novecento, lo Stato sociale è andato via via modificandosi per la mancanza di denaro nelle casse pubbliche, proprio a causa della denatalità, dell'invecchiare progressivo delle generazioni: dove non ci sono giovani non c'è futuro, non c'è prospettiva, e neppure soldi. Infatti, ormai in tutta Europa l'età media si è enormemente innalzata, e con essa il numero degli anziani, bisognosi di assistenza sanitaria, di pensioni e, tanteculla vuotavolte, di ospizi: contemporaneamente, però, è andato diminuendo terribilmente il numero delle nascite, e questo fà sì che non vi siano giovani lavoratori in numero sufficiente per mantenere un numero troppo alto di anziani. Per questo in Italia, nel 1992, le Unità Sanitarie Locali sono diventate Aziende Sanitarie Locali, con un criterio di spesa molto più rigido e oculato; per questo ormai ogni tot anni si ripresenta allo Stato italiano, come anche a tutti quelli europei, la necessità di una riforma pensionistica: ricordo la riforma del governo Amato del 1992, quella Dini del 1996 e quella prevista attualmente dal governo Berlusconi. Il problema è molto semplice: «Le pensioni vengono pagate grazie ai contributi delle persone in attività», e mentre «all'inizio del ventesimo secolo c’erano pressappoco undici lavoratori per ogni pensionato, nel 2005 ce ne saranno 3,5 e nel 2050 prevedibilmente ce ne saranno 1,5» 28. Tagli alla sanità, all'istruzione e alle pensioni sono dunque l'effetto devastante di una politica, specie in Italia, che ha minato il futuro con l'aborto, e che dal punto di vista fiscale ha sempre svantaggiato la famiglia. Ciò è successo anche durante i governi democristiani, e solo quello attuale, il governo Berlusconi, ha leggermente mutato rotta, come dimostrano il piccolo, ma simbolicamente significativo contributo di mille euro proposto dal Ministro Roberto Maroni e dato dallo Stato per la nascita di ogni secondo figlio (provvedimento fortemente contrastato dai partiti abortisti), e il tentativo di far istituire asili per bambini sul posto di lavoro 29. Si tratta di misure ancora insufficienti, ma sicuramente in controtendenza in un Paese molto strano, in cui, come scrive Luisa Santolini, Presidente del Forum delle famiglie«l'aborto è gratis (pur costando allo Stato circa 1.000 euro), ma una ecografia di controllo all'embrione no. Si vota a diciotto anni, si abortisce a sedici. Se ci si separa, gli alimenti al coniuge sono detratti dalle tasse; se si trasferisce la stessa cifra all'interno della stessa famiglia, non ci sono detrazioni. Se si tratta di rottamazioni, di tasse di successione, ticket sanitari o ristrutturazioni edilizie, le agevolazioni sono senza limiti di reddito; se si tratta di sostegni alla maternità o detrazioni fiscali per figli a carico le agevolazioni sono sempre con limiti di reddito. […]. Se si iscrivono i figli all'asilo, i separati hanno un punteggio superiore alle famiglie regolari». Così l'Italia è oggi il Paese con il più basso tasso di fertilità del mondo: 1,25 bambini per donna, nel 2000, contro gli 1,89 di Francia, Irlanda e l'1,53 di media dell'Unione Europea.
 
l Il dibattito sulla fecondazione artificiale
 
Un'altra piccola, parziale vittoria, dopo quasi trent'anni di sconfitte, per il fronte a difesa della vita, è stata la Legge sulla fecondazione artificiale del dicembre 2003. In tale data, infatti, secondo la relazione del forzista Flavio Tredese, è stata riconosciuta per legge la dignità e la tutela del concepito; di conseguenza, è stata vietata la sperimentazione o intervento di clonazione sull'embrione umano, ivi inclusa la selezione eugenetica di stampo nazista (non per nulla vietata anche in Germania, dove il ricordo delle atrocità naziste è ancora vivo); è stata vietata la fecondazione ai singles, agli omosessuali, alle mamme-nonne e la fecondazionepost mortem; è stata vietata la fecondazione eterologa e quella di un gamete umano con un gamete di specie diversa, onde evitare la creazione di ibridi e chimere.È stata limitata la possibilità della crioconservazione, vietata la possibilità di disfarsi di centinaia di embrioni bruciandoli con l’alcool, come è già successo... 30. Si è cercato di impedire quello che avviene in altri Paesi, dove, come racconta il leghista Alessandro Cè, vecchio relatore alla Camera e strenuo difensore della vita, vi sono casi estremi in cui la fecondazione artificiale senza regole porta alla presenza contemporanea di due padri, quello genetico e quello affettivo, e di tre madri, madre genetica, madre affettiva e madre gestazionale. Non ci deve allora stupire il fatto che una legge improntata ad un certo rispetto per la vita nascente sia caratterizzata da una serie di divieti. Prima della legge, infatti, in assenza di qualsiasi legge, tutto era permesso: gli studi medici che si occupavano di fecondazione artificiale, in particolare quelli privati, erano delle specie di laboratori di Frankenstein dove ogni sperimentazione sull'embrione era lecita e possibile, e dove ogni medico si improvvisava stregone. Avveniva esattamente quanto sostenuto e condiviso dall'europarlamentare DS Gianni Vattimo«C'è il rischio che degli embrioni si faccia commercio, che si operino manipolazioni illimitate, tali, si sottintende, da creare mostri, individui adibiti a deposito di organi per trapianti, schiavi. Potrà apparire scandaloso, ma non lo è poi tanto: dell'embrione come tale non ci importa nulla» 31. Oppure c'erano gli esperimenti del Dr. Severino Antinori, ginecologo romano che porta al punto giusto gli spermatozoi immaturi nei testicoli dei topi (come saranno, tra vent'anni le già quattro creature nate in tal modo?); o proposte (solo proposte?) come quella di inseminare artificialmente una scimmia con seme umano, al fine di produrre ibridi, esseri subumani da destinare a mansioni di lavoro ripetitive o sgradevoli, o come serbatoi di organi da trapianto... In Cina e in America tali proposte sono state realizzate con la creazione di un uomo-coniglio e di un embrione-mucca, inserendo DNA umano in ovuli di mucca 32.

gianni vattimo
severino antinori
rita levi montalcini
 Da sinistra: Gianni Vattimo, Severino Antinori e Rita Levi Montalcini.

Gli esempi di questa cultura prometeica, portata avanti anche da scientisti italiani come Rita Levi MontalciniRenato DulbeccoUmberto Veronesi, Antinori eCarlo Flamigni, per cui l'uomo ritiene di essere onnipotente e di poter addirittura, non solo uccidere con l'aborto, ma anche manipolare la vita a suo piacimento, oltre a quelli citati, erano molti altri: «Transessuale adotta un bambino»«Errore in provetta, nasce ermafrodito»«Primo bebè figlio di due madri» 33«Adozioni ai gay: è possibile» 34. Riguardo a quest'ultimo problema, si assisteva adadozione agli omosessuali avvenimenti di questo tipo: «Anche in Italia figli dal kit Inseminazione. Lo chiamano il kit "fai da te". Ma non è un gioco. Poiché grazie ad un siringone sterile e alla provetta per conservare sperma prodotto in casa, in Italia sono già nati dei veri bambini: Titti De Simone, presidente Arcilesbica (e parlamentare comunista; N.d.R.) lo annuncia con orgoglio e un pizzico di sfida. Il kit dell'autoinseminazione artificiale l'hanno inventato loro, le associazioni delle lesbiche […]. Spiega serafica: "Alle coppie lesbiche o alle donne single non è possibile accedere alle banche del seme per ora. Noi allora proponiamo una soluzione alternativa. Di trovarsi da sole dei donatori e da sole in casa praticare l'autoinseminazione artificiale". Sembra un film. Ci hanno già fatto sopra dei film. Ma sino ad oggi di bambini veri non se ne era mai parlato. Non in Italia perlomeno. In Inghilterra il dibattito si è aperto poco più di due anni fa. Aveva ventitre anni la donna che viveva da sola e che da sola decise di inseminarsi in casa con una siringa. La sua bimba venne al mondo nel dicembre 1995 grazie allo sperma di un amico, gratuito. Cinque sterline è stata la modica cifra pagata da una coppia di lesbiche sempre in Inghilterra nel 1997. Loro il donatore se lo trovarono con un annuncio sul giornale. Identico il sistema di inseminazione. Una siringa, una provetta e un paio di guanti. Dei nostri bimbi nati senza padri o con due madri con il kit casalingo non si sa invece nulla o quasi. Eppure esistono anche in Italia» 35. La legge del dicembre 2003, che pone fine al cosìddetto Far West della genetica, è passata grazie al voto della maggioranza di centrodestra (FI, Lega, UDC e AN), compatta ad eccezione di pochi nomi (Alessandra MussoliniAntonio Del PenninoDaniela SantanchèDomenico ContestabileStefania Prestigiacomo e Rossana Boldi), con l’opposizione durissima di radicali, di Antonio Di Pietro, e del centrosinistra (DS, RC, SDI, Comunisti Italiani, Verdi), ad eccezione di una manciata di esponenti della Margherita36.

umberto veronesi
carlo flamigni
titti de simone
 Da sinistra: Umberto Veronesi, Carlo Flamigni e Titti De Simone.

La spaccatura nella Margherita è stata determinata dalla ferrea opposizione a qualsiasi forma di collaborazione alla Legge da parte della corrente di Prodi, sedicente cattolica, guidata da Arturo ParisiGiulio Santagata e Marina Magistrelli, e da altri esponenti di spicco come il Vice-Presidente dei senatori Natale D'Amico ed Enzo Bianco. Il centrosinistra ha criticato la Legge, minacciando il ricorso al referendum abrogativo, e affermando che «siamo tornati in un'epoca buia di veti e imposizioni, medievale» 37; definendola «bestiario in diciotto articoli» (Il Manifesto), umberto galimbertisegno di «oscurantismo» (La Repubblica);«una pagina nera per la democrazia in Italia» (Liberazione, organo di Rifondazione Comunista). Sostanzialmente critico anche il giornale del grande capitale italiano, Il Corriere della Sera, che abbiamo già visto schierarsi, a suo tempo, a favore dell'aborto. Nell'editoriale diPiero Ostellino, uno dei tanti intellettuali da strapazzo che infestano l'Italia, intitolato «Gli inutili steccati», evitato ad arte qualsiasi ragionamento concreto, si afferma : «Personalmente, non ritengo che fra i compiti dello Stato ci debba essere quello di preservare il concetto di Natura». Il che equivale a dire che ogni arbitrio umano è lecito, evidentemente, in ogni campo, e che lo Stato non deve tutelare nulla di ciò che è naturale, dalla vita degli embrioni a quella -perché no? - degli adulti. Lo stesso ragionamento allora dovrebbe essere usato per contrastare le leggi dello Stato che tutelano la natura e la salute umana dai campi magnetici delle radio e delle antenne, dall'inquinamento dell'aria e delle acque, dalla manipolazione eccessiva degli organismi geneticamente modificati ecc..., ecc... Criticissimo, velenoso e falso, come spessissimo accade, L'Espresso, dell'8 gennaio 2004. In una lunga intervista, Umberto Galimbertirivendica la giustezza dell'aborto, dicendo, sostanzialmente, che i cattolici dovrebbero fare lo stesso, perché, secondo San Tommaso d'Aquino (1225-1274), «l'anima è immessa nel corpo del nascituro solo alcuni mesi dopo che la donna è stata fecondata». Il Galimberti, usando un linguaggio volutamente ambiguo («alcuni mesi»: quanti?), finge di non sapere che San Tommaso non è mai stato considerato dalla Chiesa un'autorità in campo biologico, essendo un teologo, ed essendo vissuto ben otto secoli fa. Con enorme alterigia e intolleranza prosegue dicendo che «i cattolici hanno una concezione della vita improntata, vorrei dire, ad un bieco materialismo […] e stanno paralizzando sia il governo, sia l'opposizione […]C'è affinità culturale tra Chiesa e destra fascista». Il «pericolo» più grave, urlato dalle colonne di tutti i giornali dalle forze abortiste, ma, purtroppo, assolutamente assente, come ha dichiarato l'ex democristiano Marco Follini - fedele alla linea pilatesca dei verticifemministe - io sono miadella vecchia DC, Aldo Moro (1916-1978) in primis che lo ha sempre contraddistinto - è che questa Legge, riconoscendo dignità e tutela all'embrione, possa mettere in discussione anche quella sull'aborto. La lamentazione, tanto infondata quanto volutamente allarmistica, lanciata da L'Unità, è emblematica: «A meno che anche la Legge sull'aborto venga prima o poi rivisitata. Come d'altro canto dichiarato senza giri di parole da Mons. Ersilio Tonini e da Maurizio Ronconi dell'UDC» 38.«Oggi, 31 Ottobre del 2003, noi giovani donne del Collettivo femminista "Mafalda" facciamo nostra l'eredità delle streghe medievali, ci rivendichiamo nuove streghe di fronte ai pesanti e continui attacchi di questo governo fascista e oscurantista (solita solfa; N.d.R.), che con la nuova proposta di Legge sulla procreazione medicalmente assistita torna a mettere in discussione il diritto all'aborto […]. La nuova proposta di Legge del governo Berlusconi, definendo l'embrione come soggetto giuridico, consente l'istituzione della figura del curatore dell'embrione, che in nome del diritto a nascere, può impugnare la decisione di una donna ad abortire (falsità assoluta; N.d.R.), entrando in palese conflitto con la 194 […]. Oggi, come nel medioevo, le streghe sono tra noi»! Tanto può infastidire il riconoscimento di diritti all'embrione! Chiarissimo anche il manifesto del Collettivo femminista «Mafalda», inviato via internet a italy.Indymedia.org mentre la Legge era in discussione (31 ottobre 2003), intitolato «Antiabortisti tremate: le streghe son tornate». Vi si legge tra l'altro che le streghe «erano le donne che praticavano gli aborti, contrapponendosi alla clandestinità e alla macelleria di quanti lucravano sulla salute delle donne (forse non erano clandestine anche loro? Erano forse pagate e riconosciute dallo Stato? N.d.R.). Le streghe sono state bruciate. Sono diventate il capro espiatorio di una società ignorante e oscurantista».

l La bomba demografica? Una palla!
 
Uno dei discorsi più ricorrenti tra i sostenitori a spada tratta della divulgazione nel mondo dell'aborto, della sterilizzazione e della contraccezione, anche forzati, è senza dubbio quello dell'esplosione demografica: il mondo sarebbe sovrappopolato, abitato da un numero eccessivo di persone, troppe per il bene del pianeta e dell'umanità stessa. Di conseguenza, sarebbe cosa opportuna sfoltirlo un po', con metodi più o meno ortodossi, per il bene di tutti. Questa teoria, in verità, è piuttosto datata, risalendo, nella sua formulazione più famosa, al Settecento, e, precisamente, al pastore anglicano Thomas Robert Malthus (1766-1834). Datata e quindi già confutata nei fatti, se è vero che la popolazione europea, dalla sua epoca ad oggi, è enormemente aumentata, e, invece di impoverire, si è, al contrario, arricchita. Eppure, da allora, guidati più da un odio gnostico per l'umanità e il suo Creatore, che da reali considerazioni socio-economiche, in molti hanno riproposto lo stesso ragionamento. Si pensi a coloro che, come Giovanni Papini (1881-1956), si auguravano che la Prima Guerra Mondiale fosse un'«operazione maltusiana», capace di spazzare dalla tavola un po' di commensali, «uomini che vivevano perché erano nati» 39; oppure alle oscure profezie di Italo Svevo (vero nome Aron Ettore Schmitz 1861-1928), allorché, in chiusura del suo celebre romanzo, tanto letto quanto poco compreso, La coscienza di Zeno (1923), prevedeva una futura esplosione grandiosa che avrebbe riportato la Terra nella sua forma originaria di nebulosa, «priva di parassiti e di malattie» (e cioè di uomini). Posizioni analoghe non rimangono legate alla Storia del passato, ma sono espresse oggi da personaggi famosi, vicini al mondo animalista, ambientalista e verde in genere, come il principe Filippo di Edimburgo, fondatore del WWF, o l'americano David Foreman, redattore della rivista ecologista Earth First. Il primo si è augurato di rinascerevirus letale, «così da contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione», mentre il secondo, con una metafora abusata all'interno del suo ambiente, sostiene che «l'umanità rappresenta il cancro del mondo vivente».

thomas robert malthus
italo svevo
filippo di edimburgo
 Da sinistra: Thomas Malthus, Italo Svevo e Filippo di Edimburgo.

Tra i «sacerdoti» di questa oscura mentalità, figura, in Italia, il professor Giovanni Sartori, editorialista de Il Corriere della Sera, che insieme a Gianni Mazzoleniha realizzato un volume intitolato La terra scoppia. Sovrappopolazione e sviluppo (Ed. Rizzoli), dove vengono appunto sostenute le teorie maltusiane, con tutto quello che ne deriva: necessità di diffondere aborto e sterilizzazione anche nei Paesi più poveri. giovanni sartoriL'argomentare del professore, del tutto analogo a quello di tanti pazzi come lui, prescinde da tutto quello che ci insegna la Storia, e cioè che l'aumento demografico è stato spesso motore di sviluppo, dall'epoca delle colonizzazioni greche, alla Rinascita dell'anno Mille, alla rivoluzione industriale, ecc...; prescinde dall'onestà e dal buon gusto, allorché paragona l'uccisione di un bambino a quella di un girino, di una larva o al gesto di bere un uovo («Se io bevo un uovo di gallina, non uccido una gallina»); prescinde infine dall'evidenza dei dati numerici reperibili su qualsiasi testo di geografia. Leggendoli capirebbe che la povertà non è assolutamente determinata dall'eccesso di popolazione. Infatti, per fare solo qualche esempio, l'India ha una densità di 307 abitanti per km2, mentre il Belgio e il Giappone ne fanno registrare 336, l'Olanda 388, Hong Kong, che ha un reddito pro capite di ben 23.930 dollari, addirittura 6.502. Così, Paesi ricchi come l'Italia e la Germania hanno un'altissima densità demografica, mentre Paesi poveri come la Repubblica Centrafricana o il Gabon rientrano tra quelli in assoluto con più bassa densità (sei e cinque abitanti per km2); così, ancora, il Madagascar ha un superficie quasi doppia di quella del Giappone, ma gli 11.000.000 di malgasci muoiono di fame, mentre i 127.000.000 di giapponesi, che si affollano su un territorio quasi privo di risorse naturali, hanno il secondo reddito pro capite al mondo 40. L'aspetto più terribile di queste teorie è che sono penetrate, in verità da parecchi anni, anche in organizzazioni internazionali come l'ONU, l'UNFPA, l'UNICEF e la Banca Mondiale, le quali, di conseguenza, hanno tratto le logiche conclusioni, anche riguardo al modo di spendere i soldi che ricevono: non è il cibo, non sono le medicine, non è lo sviluppo, che, anzi, permettono e allungano la vita, ad abbisognare ai Paesi poveri, quanto semmai i contraccettivi, gli aborti e le sterilizzazioni, anche forzati. In quest'ottica, infatti, medicina ed igiene divengono «mezzi buoni» che raggiungono «fini cattivi», e cioè la «proliferazione cancerosa» di uomini che continuano a «vivere sul pianeta come vermi sulla carogna» 41.
 
l I movimenti per la vita (Pro Life)
 
«Ingannano il mio popolo dicendo: "C'è la pace", e la pace non c'è» (Ez 13, 10).
 
In tutto il mondo, contemporaneamente alla legalizzazione dell'aborto, nascono gruppi e movimenti di persone che cercano in qualche modo, con pochi mezzi, di opporsi alla cultura di morte. Sono per lo più creati da laici di provenienza cattolica, o protestante, con un appoggio, più o meno, della Chiesa.

q In America si distingue il gruppo denominato Operation Rescue («Operazione salvezza») il cui motto è «proud to be pro life» («orgogliosi di essere per la vita»). Questo gruppo è stato più volte accusato di usare metodi violenti: i suoi attivisti non disdegnano, infatti, di praticare il sabotaggio degli ospedali in cui viene praticato l'aborto, devastando gli strumenti di morte. Contro di loro, con molta più durezza di quella che viene usata con i no-global - oggi new-global - sono state applicate pene severissime: è lecito discutere le ingiustizie del mondo moderno, ma solo quando gli obiettivi sono imprecisi, i risultati, sostanzialmente, nulli, e nulla viene chiesto alle coscienze personali. Non è invece permesso svegliare, nei singoli, una fiammella di pietà e responsabilità, per impedire l'egoismo e il cinismo di una civiltà atea e materialista, che per non essere più cristiana ha cessato di essere umana. Per questo coraggio, parecchi attivisti sono stati ospiti delle patrie galere. Vi sono poi altri movimenti, come il Roman Forum, fondato nel 1968 da Dietrich von Hildebrand (1889-1977), un cattolico tedesco, amico di Edith Stein (divenuta poi Suor Teresa Benedetta della Croce; 1891-1942), fuggito dalla Germania ai tempi del nazismo. Oggi il fondatore è morto, ma la moglie viene ancora d'estate, talvolta, sul nostro Lago di Garda, perché ama l'Italia, la nostra lingua e i nostri paesaggi. Nella libera America, dove tutto è lecito, Vescovi (più coraggiosi dei nostri) come MonsAustin Vaughan (1927-2000), ausiliario di New York, e MonsRobert Lynch, di Richmond, in Virginia, sono finiti in carcere, per essersi incatenati davanti alle cliniche abortiste e per aver diffuso materiale antiabortista;

dietrich von hildebrand
mons. austin vaughan
mons. robert lynch
 Da sinistra: Dietrich von Hildebrand, Mons. Austin Vaughan e Mons. Robert Lynch.

q In Irlanda esiste la Youth Defence, già citata;
q In Francia vi sono, tra le altre, la Ligue pour la Vie («Lega per la Vita») e l'associazione SOS Tout-Petit («SOS piccolissimo»), guidata dal Dr. Xavier Dor e daPhilippe du Chalard. Ho avuto l'onore di conoscere entrambi, a Parigi. Il Dr. Dor è un mite settantenne con un bel curriculum come medico e professore universitario. Camminavamo insieme ad altre persone, nella campagna. Io fiancheggiavo, senza poter intervenire nel discorso, per il semplice fatto che capisco il francese, ma non lo parlo. La cosa che si nota è che fra le mani gli compare spesso la corona del rosario. Con altre persone ha occupato pacificamente un centro di aborti a Boulderenne: si limitava a dare, alle madri che entravano per abortire, delle piccolissime calzette, fatte su misura per i piedini dei neonati. Queste calzette hanno una forza evocatrice spaventosa. Dor è stato processato, multato, scarsamente difeso dallo stesso clero francese. Racconta: «Manifestiamo pubblicamente la nostra opinione pregando vicino alle cliniche». In queste manifestazioni «subiamo aggressioni continue, ci mollano addosso i cani […]. Poi, terminata l'aggressione, interviene la polizia per portarci in galera […]. Al crimine politico, l'aborto, risponde la carità politica […]. Poco prima di Pasqua, la liturgia ci richiama questa espressione di Sant'Agostino: "Felix culpa". Felice la colpa che ci ha valso un tale Redentore»;
q In Germania troviamo Ja fuer Leben («Sì alla vita»), Humanes Leben International
q Per quanto riguarda l'Italia, essendo il nostro Paese, è necessario fermarsi un po' di più. Subito dopo la legge sull'aborto si segnalano il CRIV (nato tra Merano, Trento e Verona), il primo movimento popolare a chiedere l'abrogazione della Legge nº 194, depositando la richiesta di referendum parzialmente abrogativo il 10 marzo 1979: ne fanno parte l’avvocato Dante SpiazziCarlo Alberto Agnoli, l'Ing. Alberto RavelliLuciana BianchiniMario RigoEmil StockerFranz Adler e molti altri fiancheggiatori, come il Dr. Algranati, l’odierno consigliere regionale del Veneto Mario RossiFrancesco Mario Agnoli, poi presidente del Movimento per la Vita di Ravenna… 42. Il CRIV gode della benevolenza del Patriarca di Venezia, Mons. Albino Luciani (1912-1978), il futuro Giovanni Paolo I, mentre i suoi rapporti sono assai tormentati con altri Cardinali ed ecclesiastici, assai timorosi e, nei fatti, recalcitranti, o, come mi disse uno di loro, impenetrabili come«giocatori di poker» di fronte alle domande di aiuto e collaborazione. Pressoché nullo il dialogo con la DC, che per bocca dell'On. Mazzola ha già escluso, nel 1976, l'ipotesi del ricorso ad un referendum abrogativo nel caso l'aborto divenisse legge dello Stato 43. Senza mezzi, né quattrini, né significativi appoggi, con qualche rudimentale volantino, talora battuto a macchina, il CRIV raccoglie nelle sole zone del Trentino e del Veneto oltre 250.000 firme. Non sono però sufficienti, essendone necessarie 500.000. Di poco posteriore, l'azione di Alleanza per la Vita, nata dall’associazione Alleanzaferma l'aborto ora Cattolica, di cui fanno parte, tra gli altri, l'attuale senatore Riccardo Pedrizzi e il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano. Alleanza Cattolica viene fondata alla Cattolica di Milano nel 1968 da Agostino Sanfratello, originalissimo e coraggiosissimo pensatore, professore universitario e fondatore, tra le altre cose del Comitato di solidarietà Italia-Libano, all'interno di Legio Christiana. In un recente convegno organizzato a Milano dall'Editrice Effedieffe, Forza Nuova, molti altri gruppi internazionali e Comunione e Liberazione, ha affermato senza tanti giri di parole: «Per questo il dovere di chiamare le cose con il loro nome implica quello di dichiarare pubblicamente a voce alta che le leggi infami di Creonte - che dovranno essere abbattute - già oggi non sono propriamente in vigore. Perché non sono leggi. Così è dell'infame "legge" 194 del 25 maggio 1978. Non vincola il cittadino. Non è legge. Non costituisce diritto. E le azioni compiute in conformità o in obbedienza alle sue concessioni o prescrizioni omicide o di complicità omicida non sono legittime, ma commesse contro il diritto, e devono essere definite oggettivamente e propriamente reati: omicidio, complicità in omicidio […]. Ma il cristiano e ogni uomo retto sanno, come lo sa Antigone, che ogni uomo è il custode del suo fratello; e che ci sarà chiesto conto della nostra custodia». Anche Alleanza per la Vita, federata con altri movimenti pro vita europei, propone unreferendum abrogativo della Legge nº 194, scatenando l'allarme tra le forze abortiste: «Una gravissima iniziativa dell'Alleanza per la Vita» 44«sostenuta dal fior fiore dei cattolici oltranzisti di mezzo mondo» 45. Tra questi presunti oltranzisti i celeberrimi mediciJerome Lejeune (1926-1994), e John Billings, il filosofo francese Marcel De Corte (1905-1994), i professori Danilo Castellano,Rita CalderiniMichele VallaroMarco Tangheroni (1946-2004), Mauro Ronco, i sacerdoti don Dario CompostaPadre Cornelio Fabro (1911-1995), Padre Tito Centi o.p., Padre Antonio Di Monda o.f.m. e Padre Stefano Manelli f.i.. La Repubblica (del 5 febbraio 1980) e L'Avanti si premurano però negli stessi giorni di assicurare il mondo laico abortista che i Vescovi non vedono di buon occhio l'iniziativa di Alleanza per la Vita, che, infatti, appoggiata solo da singoli Cardinali e Vescovi, viene criticata da Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale, come inopportuna, «di destra» e ispirata dall'Arcivescovo francese Marcel Lefebvre (1905-1991). Il Popolo, organo ufficiale della DC, scrive: «La Chiesa italiana non ha scelto la strada delle crociate e dei referendum: ha preferito quella più ardua dell'educazione alla vita […]. I Vescovi e i cattolici continuano a ripetere che non si rassegneranno mai. Ma non per operare una controffensiva a colpi di referendum. L'Episcopato ha scelto altra strada i cui frutti potranno anche farsi attendere, ma una volta maturati…». La Storia giudicherà se si sia trattato di prudenza cristiana o di miopia, di lungimiranza o di complicità vile e di ignavia, cioè di quel vizio per cui, secondo Dante Alighieri (1265-1321), le anime divengono «a Dio spiacenti e ai nemici suoi». Certo è che non mancarono i discorsi teorici e moralisti, ma difettò la volontà di agire concretamente, per fermare con urgenza i circa 200.000 aborti l'anno.

femministe - la 194 non si tocca

Altrimenti i cattolici italiani, tramite le organizzazioni parrocchiali, avrebbero potuto raccogliere in pochissimi giorni le 500.000 firme necessarie almeno ad aprire nel Paese un dibattito volutamente silenziato! È comunque certo che l'unico «frutto maturo» che ci rimane, oggi (nel 2004), sono i 4.000.000 di bambini eliminati in Italia sino ad oggi, e la vecchiaia nelle strade e nei cuori! Intanto, nel 1977 a Milano nasce il Movimento per la Vita, grazie a personalità come Francesco Migliori,Piero Pirovano ed altri. Oggi ne è vice-presidente nazionale il trentino Pino Morandini, membro di antica data di quella parte della DC, oggi UDC, che non si è rassegnata a sacrificare ogni valore sull'altare della convenienza e della tranquillità mondana. Morandini, in qualità di consigliere regionale, ha portato avanti nella sua regione una serie di provvedimenti a favore della famiglia e del concepito che hanno fatto del trentino una provincia all'avanguardia. Nonostante questo, o forse proprio per questo, viene periodicamente sbeffeggiato e deriso dai quotidiani locali, spesso tribuna per alcuni poveri Soloni di provincia, intrisi di dozzinale «saggezza mondana». Il Movimento per la Vita promuove due referendum abrogativi della 194, definiti l'uno minimale l'altro massimale. È una proposta che vede ancora il mondo cattolico diviso: chi non vuole nessuno dei due, chi non vuole il massimale, ritenuto troppo intransigente, chi non digerisce il minimale, sostenendo che spiegare alla gente che non si può abortire, a parte che in questo e quest'altro caso, è contraddittorio e insostenibile. La raccolta firme parte nell'estate del 1980 e raccoglie 2.300.000 firme, più del quadruplo di quelle necessarie. bernard nathansonMa quando il popolo italiano si reca alle urne è ormai troppo tardi: dopo il tam tam mediatico a favore dell'aborto negli anni Settanta, da parte di tutti i giornali più importanti, il tempo ha contribuito a spegnere il fuoco della polemica e nello stesso tempo ad inoculare nel pensiero comune l'idea che uccidere un bimbo nel grembo materno, essendo legale, essendo un «diritto», sia anche moralmente giusto. Inoltre, l'elettorato cattolico, secondo le ricerche di Alfredo Mantovano, è assai disorientato, se è vero come è vero che molti cattolici rimangono a casa, con una percentuale di astenuti molto più alta rispetto a quella delle politiche di soli due anni prima 46. Il referendum viene infatti vinto dagli abortisti. Oggi, il Movimento per la Vita gestisce, oltre ad una certa opera informativa, concorsi scolastici e musicali, anche i circa 260 CAV, Centri di Aiuto alla Vita, in cui si aiutano concretamente le partorienti o le ragazze-madri che hanno difficoltà economiche o d'altro tipo (nei primi venticinque anni di attività i CAV hanno salvato circa 55.000 bambini); il Progetto Gemma per l'adozione a distanza di madri in difficoltà economiche e in attesa di un figlio; un numero verde attivo 24 ore su 24 per aiutare le mamme bisognose (8008-13000) e una rivista, Sì alla vita 47. Segnaliamo inoltre il Movimento con Cristo per la Vita, i cui membri si trovano settimanalmente per pregare davanti ad alcuni ospedali italiani in cui viene praticato l'aborto: si tratta di un gesto di grande coraggio e, al tempo stesso, di profonda umiltà. Il movimento produce anche ottimo materiale informativo 48. Infine, si distinguono l’Armata Bianca 49, e, per la sua grande attività in Sicilia, l’associazione Società Domani, autrice di un bellissimo libretto e anche di un filmato televisivo 50. Al Prof. Giorgio Nicolini, infine, è possibile richiedere la celebre videocassetta Il grido silenzioso, estremamente interessante perché realizzata dal Dr. Bernard Nathanson, che fu direttore della più importante clinica per aborti degli USA e che ebbe poi a cambiare idea 51. Tra le riviste e le associazioni impegnate sullo stesso fronte troviamo: il trimestrale Controrivoluzione (diretta da Pucci Cipriani) 52; il mensile Il Timone53; gli opuscoli del Centro Culturale San Giorgio 54; quelli di Voglio vivere 55; l'associazione Militia Christi 56 e il Comitato Triveneto per la Civiltà Cristiana 57. Tra i siti, preceduti dal solito www: amicivita.it; abortiontv.com; geocities.com. In particolare, infine, segnaliamo il magistero del Cardinale Giacomo Biffi e dei VescoviAlessandro Maggiolini (1931-2008) e Carlo Caffarra, che sono, a nostra conoscenza, i più sensibili all'argomento. Inutile ricordare la completa assenza degli ecclesiastici di moda, sedicenti amici degli oppressi, allora come oggi, da Padre David Maria Turoldo (1916-1992) a Padre Ernesto Balducci (1922-1992), daPadre Alex Zanotelli a Della Sala... Tra gli autori laici pro life segnaliamo: Maurizio BlondetLuca PoliMario PalmaroPaolo GulisanoRiccardo Cascioli,Antonio Gaspari e Carlo Climati. Trattano dell'aborto nei suoi aspetti culturali, filosofici, medici, approfondendo il vero ruolo nella lotta contro la vita di organizzazioni per lo più insospettabili come l'UNICEF, l'UNFPA, il WWF, ecc... Associazioni che raccontano di dedicarsi alla pace, all'infanzia nel mondo, alla salute, e invece diffondono la morte, sostenendo l'aborto e la sterilizzazione forzata tramite avvelenamento delle acque o altri espedienti. Si pensi solo che l'OMS, organizzazione onusiana per la sanità mondiale, ha fatto studiare, sulla scia di quelli usati per limitare la proliferazione di ratti e conigli, contraccettivi per l'uomo, la cui «somministrazione forzosa» avverrebbe, ad esempio, tramite vaccino anti-influenzale 58.

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Note

1 Fonti fin qui: OrazioOdi, BUR; V. MessoriPensare la storia, Ed. Paoline; GinsborgIl sabba, Einaudi; M. BlondetI mostri del XX secolo, Effedieffe; C. Gatto TrocchiLa magia, Newton.
2 Vedi Desideri-ThemellyStoria e storiografia, vol.I-II, D’Anna.
3 In Corea, gli handicappati vengono ancor oggi deportati in località remote, in montagna o nelle isole del Mar Giallo, mentre i nani vengono sistematicamente braccati e isolati: «La razza dei nani deve sparire», ha ordinato Kim Jong II in persona.
4 Per notizie più approfondite, che il presente studio omette volutamente di considerare, si rimanda al già citato bellissimo testo Bioetica per tutti, di R. Luca Lucas, Ed. Paoline.
5 Trasmissione su Radio Radicale a cura di Amnesty International, del 25 dicembre 2003; B. CervellaraMissione Cina. Viaggio nell'Impero tra mercato e repressione, Ed. Ancora, Milano 2003.
6 Cfr. B. Cervellaraop.cit.
7 Cfr. Avvenire, del 1º agosto 2002; Tempi, agosto 2002.
8 Cfr. M. SchooyansNuovo disordine mondiale, Ed. Paoline; M. SchooyansBioetica e popolazione, Ed. Ares.
9 Si vedano gli articoli e i libri di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, giornalisti di AvvenireSì alla vitaIl Timone.
10 UNESCO: its Purpose and its Philosophy («UNESCO: le sue finalità e al sua filosofia»), Ed. M.B. Schnapper, Washington D.C. 1948.
11 Cfr. L'Italia settimanale, del 22 marzo 1995.
12 Cfr. Il Corriere della Sera, del 19 giugno 2003.
13 Cfr. L'Unità, del 2 marzo 1977.
14 Cfr. L'Unità, del 25 febbraio 1977.
15 Grazie alla «diplomazia» degli pseudo-cattolici del PCI, i catto-comunisti Gozzini, La Valle, Pratesi…
16 Cfr. La Repubblica delle donne, del 24 maggio 2003; per vedere cosa sia veramente l'aborto, anche attraverso l’ausilio fotografico, si consiglia il libro Aborto: il genocidio del XX secolo, Ed. Effedieffe, Largo V. Alpini 9, 20145 Milano; oppure il sito internet www.amicivita.it.
17 Clamorose le numerose e determinanti assenze di deputati democristiani nelle Commissioni e in Parlamento, nei momenti cruciali, dal 1975 - allorché il governo Moro dichiarava la sua neutralità sull'argomento - in poi.
18 Eppure il governo cadrà quasi subito e Leone sarà costretto ignominiosamente a dimettersi per altri motivi.
19 Cfr. Aborto: una battaglia di civiltà, 1975; in questo opuscolo si legge anche: «È importante infine che l'aborto possa essere praticato su minorenni senza il consenso dei genitori». Giunto al governo, nel novembre 1998, il leader dei DS, Massimo D'Alema, ripeterà che l'aborto è un «elemento di civiltà».
20 Vedi anche il sito internet della rivista L’ateo.
21 Cfr. La Repubblica delle donne, del 24 maggio 2003.
22 Ibid. Si badi che si tratta nel complesso di un articolo fortemente filo-abortista, e non viceversa.
23 Fratello di Mario, il fondatore della Villa, ex dignitario del PCI e medico personale di Togliatti; N.d.R.
24 Nel caso di «Villa Gina», la convenzione con la Regione Lazio prevedeva che quest'ultima versasse 1.600.000 lire per ogni aborto eseguito; «L’ASL mi deve dare ancora quarantaquattro miliardi», secondo la convenzione con la giunta, afferma Spallone.
25 Cfr. La Stampa, del 12, 13, 15 aprile 2000; «Da Togliatti alla villa degli orrori», in L'Espresso, del 27 aprile 2000; Avvenire, dell'11 aprile 2000, del 10 giugno 2000; Repubblica, del 13 aprile 2000.
26 Ogni anno, gli amici dell’associazione Militia Christi fanno una cerimonia di riparazione, gettando nel fiume una corona di fiori.
27 Cfr. La Repubblica, del 27 febbraio 1999.
28 Così Maite Barea, economista spagnola dell’Università di Madrid e senior researcher al CEFASS, il Centro Europeo di Formazione negli Affari Sociali e Sanità pubblica, su Tracce, del novembre 2003.
29 Per rendere meno gravoso il compito alle mamme che lavorano; articolo nº 38, comma 4, della Finanziaria 2003.
30 Cfr. L'Unità, del 12 dicembre 2003.
31 Cfr. La Stampa, del 6 febbraio 1999.
32 Cfr. Sì alla vita, ottobre 2003.
33 Cfr. Il Giornale, del 31 gennaio 1998; del 16 gennaio 1998; del 15 giugno 1998.
34 Cfr. Alto Adige, del 4 marzo 1999.
35 Da Il Corriere della Sera.
36 Al Senato, diciassette sì su trentasei senatori.
37 Cfr. L'Unità, del 13 dicembre 2003.
38 Cfr. L'Unità, del 12 dicembre 2003.
39 Cfr. Lacerba, ottobre 1914.
40 Cfr. Il mondo in cifre 2003, Ed. Internazionale.
41 Così Aurelio Peccei, Presidente dell'agnelliano Club di Roma, in Cento pagine per l'avvenire, Ed. Mondadori.
42 Cfr. Avvenire, del 1º luglio 1980.
43 Cfr. Il Popolo, del 13 gennaio 1976.
44 Cfr. L'Unità, del 3 febbraio 1979.
45 Cfr. Lotta Continua, del 3 febbraio 1979.
46 Cfr. Cristianità, nº 232.
47 È possibile ricevere tale rivista gratuitamente in visione, per un certo periodo, scrivendo a Sì alla vita, via Cattaro 28, 00198 Roma. Tel. 06-86321901, e-mail: siallavita@mpv.org
48 Tale materiale è reperibile scrivendo a Movimento con Cristo per la Vita, via Falgare 75, 36015 Schio (VI); tel 0445-529573.
49 Edizioni «Pater», Casella Postale 135, 67100 L'Aquila.
50 Società Domani, via Conte Federico 235, 90124 Palermo; e-mail: societadomani@libero.it
51 E-mail: giorgio.nicolini@libero.it; tel. 338-2892353.
52 Piazza Martiri 10, 50032 Borgo San Lorenzo (FI).
53 Via Salvo D'Acquisto 7, 21054 Fagnano Olona (VA)- www.iltimone.org
55 P. Matteotti 11, 20063 Cernusco sul Naviglio (MI); tel. 02-92113153.
56 Via Foligno 27/b, 00182 Roma.
57 Casella Postale 650, 36100 Vicenza.
58 Cfr. L'Espresso, del 12 gennaio 1992.

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titolo mamma perché ci hai uccisi?

Una mamma a tutte le mamme


mamma disperata


Nihil obstat
Catanæ 16 Januarii 1956
Can. Dominicus Squillaci
Cens. Eccl.

Imprimatur
Catanæ 17 Januarii 1956
Can. Nicolaus CiancioVic. Gen.

INTERROGATIVI

Realtà?
Telepatia?
Allucinazione?
Trauma psichico da rimorso?
Una delle tante vie della grazia?
Forse un po' di tutto questo.
Comunque, la vicenda qui narrata pone l'accento
su un angoscioso problema: l'aborto.
Allo scadere preciso di dieci anni, il termine fissato dalla persona che mi affidò questa sua ultima volontà, mi accingo a compiere il mio mandato con la stessa trepi­dazione con cui lo accettai in una gelida serata di dicembre del 1945. Per ragioni assai ovvie, che non provengono soltanto da una comprensibile delicatezza, sono costretto a tacere ogni esatta ubicazione ed ogni accenno che possa far individuare le persone che s'incontrano nei fatti che verranno qui riferiti.

Padre Domenico Mondrone s.j.

l Presentazione
Definire «impressionante» questo documento non è esagerato. Impressionante e provvidenziale. Una donna che ha acceso e poi spento con l'aborto la vita di sette figli, tormentata dal rimorso che l'ha folgorata in maniera «strana» e inaspettata, decide di riparare come può, al male che ha fatto, raccontando la storia drammatica della sua vita e delle sue colpe perché altre mamme non ripetano il suo peccato. Una testimonianza quanto mai necessaria in questo tempo senza Dio,aborto con prostaglandinein cui a dichiarare guerra alla vita nascente non è più solo il singolo, che lo fà di nascosto perché consapevole di compiere qualcosa di grave, ma è la stessa «Legge». Una «Legge» che non è più per l'uomo, ma è contro l'uomo, perché si è fatta assassina e ladra. Assassina... perché uccide, e ladra ... perché lo fà con i soldi che ruba ai contribuenti per dare ad altri cittadini la possibilità di uccidere «gratis» i loro figli. L'aborto oggi non è più, come poteva essere in passato, un «incidente di percorso» e qualcosa di cui vergognarsi. Oggi il «massacro degli innocenti» è programmato, finanziato e glorificato come un segno e una conquista di civiltà. A differenza di quanto avviene per altri reati, per i quali si può sperare giustizia dallo Stato, nel caso dell'aborto non c'è autorità umana, non c'è legge umana da cui si possa sperare giustizia. L'autorità e la legge degli uomini non sono estranee al problema, non sono al di sopra, non sono fuori, ma sono ormai ferocemente schierate contro la vita nascente. È la più vigliacca e diabolica delle ingiustizie. Una «civiltà» sozza e ipocrita, la nostra, che fà leggi in difesa degli animali e poi programma, con altre leggi, lo sterminio dell'uomo. Una «civiltà» violenta e impazzita, che si scandalizza per la pena di morte inflitta a persone colpevoli di crimini mostruosi e non si vergogna di condannare a morte milioni di innocenti. Una «civiltà» cieca e incosciente, che non sa più da dove viene e dove va e che, nella sua stoltezza «interessata», sbandiera come progresso la peggior forma di barbarie. Una «civiltà» selvaggia e indemoniata, non più consapevole che è proprio l'ingiustizia dell'uomo, soprattutto quando è programmata e ostinata, a costringere Dio a far ricorso alla Sua giustizia. Una «civiltà» rincretinita e ribelle, che calpesta Le parole del Signore: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre» (Is 5, 20). Ma confesso che più che lo zelo fanatico e assassino di chi si è battuto per l'aborto, mi scandalizza l'assonnata indifferenza del mondo cattolico che, nella quasi totalità, a partire dai suoi Pastori, pur condannando l'aborto, non ha trovato nulla da ridire sul tradimento di quei sei politici «cattolici» che hanno firmato la «strage degli innocenti» tramutandola in legge. Anzi, di quei sei «cristiani assassini»feto decapitato (Leone, Andreotti, Anselmi, Morlino, Pandolfi e Bonifacio), cinque sono stati ancora «premiati» da chi ha permesso loro di continuar a pescar voti e consensi all'interno di associazioni e movimenti «cattolici» e in alcune curie vescovili, in non poche canoniche e in non pochi conventi di tutta Italia. Non fà certo onore alla comunità cristiana il non aver voluto smascherare quei traditori che, pur dicendosi di Cristo, Signore della vita, hanno spalancato le porte alla «strage degli innocenti» e a Satana, signore della morte, che ne è stato il primo e principale ispiratore. Non fà certo onore alla comunità cristiana la scontata rassegnazione davanti al dato di fatto dell'aborto, come se non fosse possibile far di più e far di meglio del quasi niente che si è fatto finora, per eliminare questa vergogna dalle leggi del nostro popolo. E fosse solo una questione di onore! Qui ci sono precise responsabilità, precise e gravissime colpe, se non altro il peccato di omissione da parte di tutti coloro che, in basso e in alto, nella società civile e più ancora nella Chiesa, non mettono la tragedia dell'aborto ai primo posto tra i flagelli da cui è affitto il nostro popolo e quindi al primo posto tra le molte battaglie da combattere. Basti pensare che, da quando in Italia esiste il «regime abortista», sono stati massacrati in media ben 200.000 bambini ogni anno. E, se la matematica non è un'opinione, si fà presto a fare i conti, basta una semplice moltiplicazione: quasi quindici anni di «regime abortista» (nel 1991) per circa 200.000 bambini abortiti ogni anno..., ed ecco la cifra spaventosa: 3.000.000 (una città come Roma!) di bambini uccisi proprio da quella «Legge» che avrebbe dovuto difenderli e farli nascere. Occorre forse dell'altro per considerare lo Stato, questo Stato con la sua «Legge», come il nostro primo e principale nemico? In una società in cui non c'è più posto per Dio e per la sua giustizia, nessun uomo è al sicuro e i più deboli, i più indifesi, anche se innocenti, io sono meno degli altri. Lo conferma una volta di più la storia drammatica riportata in queste pagine. La protagonista di questa storia mette bene in evidenza che solo dopo aver licenziato Dio, con cattive compagnie e con cattive letture, è stata capace di far uccidere sette figli. A chi giustifica l'aborto sarà bene ricordare che, se non si converte, piomberà su di lui, come un fulmine, l'ira di Dio! Non è mai troppa la durezza che si può usare quando si parla, contro l'aborto. Ma è il peccato che va colpito, non il peccatore. A chi ha commesso questa colpa, e ne prova un sincero pentimento, non si parlerà mai troppo di misericordia: ne ha tanto bisogno per continuar a credere e per sentire che Dio lo ama ancora, comeaborto diritto sacrosantoprima e più di prima. Quella Chiesa che in nome di Cristo non può che essere intransigente nel condannare l'orrendo delitto dell'aborto, sa anche essere piena di misericordia nell'offrire, a chi ha peccato, il perdono del Signore e la possibilità di «tornare a vivere», a credere, a sperare e ad amare. Solo la Chiesa sa fare questo. Il «mondo» che prima spinge l'uomo al peccato, annebbiandogli la coscienza e paralizzandogli la volontà, poi lo lascia solo... coi suoi rimorsi, coi suoi tormenti di coscienza; indifferente e comunque incapace di rigenerare la speranza in chi ha sbagliato. La Chiesa, al contrario, lancia un grido di allarme prima che l'uomo pecchi. Lo fa per illuminare la sua coscienza e non per togliere all'uomo la libertà. Lo fa per fermarlo prima che faccia e si faccia del male. Ma a fatto compiuto, quando la colpa è già stata commessa, quando un uomo piange il suo peccato, allora la Chiesa e solo la Chiesa sa dire parole di misericordia, sa ridare speranza, voglia e forza di riparare, voglia e forza di vivere. La testimonianza contenuta in queste pagine ne è una chiara conferma. Dov'era la donna che ha spinto all'aborto la protagonista di questa triste storia, quando questa si consumava in un tragico rimorso senza speranza? In quei dolorosi momenti compare in scena la figura di un prete, che dal buio del suo confessionale sa far brillare la luce della fede, sa donare con le promesse di Dio il conforto della speranza, sa rigenerare all'amore una povera donna che il «mondo» ha ingannato e tradito fino a fare di lei un «rottame di umanità»: E poi, accanto al letto di morte... ecco un altro prete, venuto per ridonare fiducia in Dio a chi si apprestava all'ultima battaglia. Dov'era il «mondo» in quel momento? Dov'erano gli abortisti coi loro stupidi slogan? Di quei criminali... nemmeno l'ombra! E se, del resto, ci fossero stati, che avrebbero potuto dire a quella povera donna ormai vicina alla morte e al giudizio di Dio? Per allargare il discorso sull'aborto, che è il peggior flagello del nostro tempo, mi è sembrato opportuno inserire in appendice altri scritti e altre testimonianze. Mi auguro, caro amico lettore, che questo libretto, che può salvare qualche bimbo dall'aborto e qualche persona dalla disperazione e dall'inferno, trovi, anche grazie alla tua preziosa collaborazione, una calda e larga accoglienza.

Don Enzo Boninsegna
Verona, 28 dicembre 1991
Festa dei Santi Martiri Innocenti

l Dicembre 1945

Ero tornato da una breve passeggiata, fatta prima dell'orario consueto, quando venni chiamato al telefono da una persona che non volle dire il suo nome. Invece di questo, chi chiamava accennò a un incontro avuto con me qualche anno innanzi e così poté facilmente farsi riconoscere. «Mamma é gravissima. C'è chi le ha parlato di lei. Ha detto che gradirebbe molto una sua visita». Dopo venti minuti ero al capezzale dell'inferma. L'impressione che mi fece fu pessima. Aveva un volto sfinito e pallidissimo. Due occhioni grandi, ancora affascinanti, ma carichi di sofferenza. In capo una cuffia di lanetta bianca. I movimenti erano misurati e stanchi. Mi salutò con un filo di voce, ma c'era in questa una grande dimostrazione di gratitudine. Dopo di ciò, i familiari si ritirarono ed io fui solo con lei.

- Padre, mi ha riconosciuto?
- Certamente: perché me lo domanda?
- Credo che devo essere molto cambiata.
- Non tanto, come lei pensa, da essere irriconoscibile. E allora mi dica in che cosa posso esserle utile. Sono qui a sua disposizione.
- Può darmi tutto il tempo che mi occorre?
- Non ho altra premura che di servirla in tutto quello che posso.
- So che lei è religioso, vive di orario.
- Ma in certi casi l'orario è l'ultima preoccupazione.
- Grazie, padre. Come vede, io vado verso la fine. Vorrei confessarmi.
- Sono qui ad ascoltarla. La prego soltanto di non stancarsi. Se permette, farò del mio meglio per aiutarla.

Così dicendo, mi feci più vicino, recitai la breve preghiera di rito, tracciai su di lei un segno di croce e mi raccolsi ad ascoltarla. Ma presto ebbi a stupire dinanzi alla limpidezza, all'ordine, alla precisione con cui parlava quella donna che si dibatteva tra la vita e la morte. Una preparazione, che meglio non potevo desiderare.

- Padre, si può interrompere per qualche momento?
- Certamente. Non si affatichi. Le occorre qualche cosa?

Fece un cenno affermativo e toccò una piccola pera, che aveva lì a portata di mano. S'affacciò subito una suora infermiera con una bacinella e tutto l'occorrente per un'iniezione. Qualche minuto di attesa nel salotto accanto e rientrai. Ancora pochi minuti e il mio compito sembrò terminato. Ma l'inferma domandö:
- E ora, che altro dovrei fare?
- Sono lieto che sia lei a chiedermelo. Le consiglierei di disporsi a ricevere domani mattina il santo viatico e l'olio santo. Ma se per questo preferisse il parroco, potrei passare io stesso da lui.
- No, preferisco fare tutto con lei. Perché attendere domani mattina? Non si potrebbe questa sera?
- Certo che si può.
Inteso ciò, toccò di nuovo la pera, e questa volta, insieme con la suora, entrarono una giovane signora con una bambina tra le braccia, suo marito e un ragazzino di cinque o sei anni.
- Suora, ho detto al padre di fare tutto questa sera. Lei che ne dice? Voi che ne dite?
I familiari si guardarono con occhi gonfi di commozione e non seppero che cosa rispondere.
- Io penso che sia un'ispirazione di Dio, disse invece la suora.
- Faccia pure come dice, signora. Oltre tutto, ciò l'aiuterà a passare la notte più tranquilla.
- Allora, padre, sono nelle sue mani.
In pochi salti fui alla chiesa vicina, dove il parroco stava già per chiudere. Una cotta, doppia stola, borsetta con l'olio santo, un rituale, un asperges, la piccola teca col Santissimo e rinfilato il soprabito, dopo pochi minuti ero di ritorno. La suora aveva intanto già convertito il comò di fronte al letto in un altarino tutto lindo e devoto: c'erano anche dei fiori che mi parvero un miracolo di finezza. L'inferma, prima di ricevere gli ultimi sacramenti, mostrò il desiderio di volermi parlare di nuovo sola a solo. Credetti volesse aggiungere qualche breve appendice alla confessione. Invece, quando gli altri furono usciti, cavò da una borsetta di celluloide una busta abbastanza gonfia e tenace, e col gesto di consegnarmela disse:
È l'ultimo favore che le chiedo, padre. Mi promette di eseguire quanto sto ora per dirle?
- Di che cosa si tratta?
- Qui c'é l'ultima mia volontà.
- Ma noi non sogliamo essere esecutori testamentari.
- Non si tratta di questo, disse con un lieve sorriso Qui c'é il racconto della mia povera vita, da quando fui sposa ad oggi. Vorrei che lo pubblichi, ma di qui a dieci anni. Solo faccia in modo, in quanto le sarà possibile, che nessuno possa capire di chi si parla.
- Lo ha scritto lei?
- Certo.
- Potranno riconoscere il suo stile.
- E allora faccia in modo che anche questo non sia riconoscibile.
- E in che modo?
- Lo riscriva lei. Forse le domando troppo. Ma sarà un'opera di bene. Me lo promette? Ho tanta fiducia in lei.
Sul mio volto c'era tuttavia un'esitazione strana.
- Le assicuro che non c'è nulla di compromettente. È da anni che ho pensato di far questo. E più ci pensavo, più mi sentivo serena. Non mi dica di no. Lei, fin da questa sera, se crede, potrà leggere. Le ripeto: nulla di compromettente, per nessuno. Sono cose viste nella luce di Dio, dopo di essere passata per esperienze ed espiazioni che non auguro a nessuna mamma. Sono cose che mi hanno accorciata la vita. Non vorrei che a tante mamme capitasse altrettanto.
- Quand'é così, farò del mio meglio.
- La ringrazio.

Una toccatina al campanello chiama tutti dentro, meno i due bambini che la mamma aveva intanto messi a letto. I due ultimi sacramenti vengono amministrati in un clima perfetto di serenità e di pace, e debbo farmi violenza continua per non tradire il rigurgito di commozione che ho dentro. Erano quasi le venti. Un istintivo sguardo all'orologio fece capire alla inferma il mio desiderio di andar via.
- Vada pure, padre. Io non ho parole come ringraziarla. Non voglio trattenerla più a lungo. Mi pare di essere in pace con Dio.
- Perché dubitarne? Ora le do ancora la mia benedizione - le dissi alzandomi - e con questa le auguro la buona notte. Se domani mattina avrà bisogno di me, non abbia difficoltà a chiamarmi.
- Domani mattina? Riuscirò a vederla?
Così dicendo prese le mie mani, le tenne per qualche istante nelle sue, calde di febbre, fissandomi con una gratitudine senza parole, poi le baciò e mi lasciò partire con un espressivo cenno di addio. Appena varcata la soglia del portone di casa, dove era la fermata del tranvai, mi misi ad attenderlo, mentre ringraziavo il Signore di avermi fatto suo sacerdote, mediatore tra lui e le anime. Di lontano era già apparso il tranvai, quando la portinaia corse a dirmi:
- Reverendo, quei signori di sopra la chiamano d'urgenza, la pregano di risalire. Appena fui nel corridoio dell'appartamento, mi accorsi che tutto doveva essere cambiato. L'inferma gridava con la forza di un'ossessa. In una camera accanto i bambini, svegliati, strillavano terrorizzati. La mamma, che si affaticava a calmarli, piangeva anche lei che pareva inconsolabile. La suora e il genero dell'inferma facevano sforzi inauditi per tener costei sul letto, sul quale si dibatteva e diceva di voler lasciare, perché bruciava in modo orrendo. La mia vista invece di rabbonirla, la rese ancor più furiosa. Quegli occhi che poco prima erano stati così buoni e sereni mi fissavano ora con una specie di odio inesplicabile.

- Eccolo li, mi ha parlato di misericordia. Bugiardo! Mi ha detto che non dovevo pensare più al mio passato. E ora non vede che il mio passato mi viene incontro. Essi sono lì, mi fissano uno per uno. Mi guardano con odio. Nessuno di voi li vede. Ma io li vedo. Li vedo io quei volti, quegli occhi, quegli sguardi freddi, duri come sempre.
- Si calmi, signora. Lei ha fatto di tutto per guadagnarsi la misericordia del buon Dio. Stia tranquilla. Creda alla mia parola di sacerdote. Su, un atto solo di confidenza e si abbandoni a Lui.
Così dicendo, aspersi il letto e vari punti della camera con acqua benedetta e feci per sedermi accanto alla povera inferma.
- Ma che cosa ha fatto, lei? Ha creduto che si trattasse di diavoli, forse? Ma essi non sono diavoli. La sua acqua non fà nessuna paura a loro. Essi rimangono lì, fermi, beffardi, severi, come sempre.
- Le allucinazioni d'una volta, disse al mio orecchio suo genero; ma l'inferma l'intese.
- Allucinato sei tu. Non sono allucinazioni queste. Non furono mai allucinazioni. Non avete mai voluto capirlo. Ah, povera me!

Seguì un collasso. Il polso sembrò arrestarsi. L'inferma rimase a lungo immobile, con gli occhi fissi sulla parete di fronte. Si sarebbe detta ebete e senza conoscenza, se gli occhi non fossero rimasti spalancati verso la direzione suddetta e vivi. Presi il rituale e mi misi a pregare. Avvenne quello che in nessun modo avrei potuto prevedere. Con uno scatto fulmineo mi strappò il piccolo libro di mano e lo buttò via.
- A che serve? Tutto é inutile. Non vede che non c'é più nulla da fare? Non capisce che sono già dannata?
E si voltò dall'altra parte. Ma subito si rivoltò di nuovo verso di me, come ributtata da una visione che dovette farle orrore. Mi fissò senza riconoscermi, a lungo. Poi mi parve che sulle labbra si disegnasse una smorfia di disprezzo, forse di derisione. Mi afferrò istintivamente un braccio, come un naufrago che cercasse qualche cosa per tenersi a galla, e rimase così, con espressione assente. Non sapevo che cosa pensare. Suo genero e la suora erano dall'altra sponda del letto, lui tenendo il polso della mano libera dell'inferma nella mano, la suora, col rosario tra le dita, pregava. Attento a spiare con gli occhi negli occhi, appena mi parve che nei suoi lampeggiasse un ritorno all'intelligenza, mi piegai verso di lei e le suggerii: «Gesù mio, misericordia». Parve capire. L'occhio dapprima vagò incerto e sperduto per il soffitto, come se inseguisse, non so, il filo di un ricordo, poi, con una specie di riflesso meccanico, senza intelligenza e senza sentimento, ripeté:«Gesù mio, misericordia». Questo m'incoraggiò a ripeterle la piissima giaculatoria, e lei ripeté dopo di me, come prima, senz'anima.

- Forse é il coma, disse a voce bassa il genero alla suora.
Questa mi allungò allora il crocifisso della corona e lo accostai alle labbra dell'inferma. Al tocco di quell'oggetto ebbe un impercettibile sussulto. Una mossa del capo mi fece pensare che reagisse come per un rifiuto, e ne tremai.
È Gesù che vuole salvarla, lo baci, e baciandolo io stesso le indicai come dovesse fare. A quel gesto l'ammalata spalancò gli occhi, protese le labbra verso la immagine sacra del Redentore come per baciarla con visibile trasporto. Ma immediatamente le sue labbra si contrassero di nuovo, senza che io potessi capire se volessero spiccare un bacio o un supremo gesto di disprezzo. E restò immobile. Al veder cadere suo genero in ginocchio, in un singulto di pianto, lasciando l'inutile polso e col capo affondato contro la sponda del letto, capii che l'inferma era morta. Quel che avvenne quando entrò sua moglie é più facile immaginarlo. Mi accorsi da quel pianto quanto l'amavano. Ma io pensavo ad altro.
- Mio Dio, che cosa sarà stato quell'ultimo gesto? Un bacio o un rifiuto? Questo interrogativo mi batté in mente col ritmo d'un pendolo durante tutto il tempo che impiegai per andare a casa, a piedi, perché la circolazione dei mezzi pubblici era cessata. La mattina dopo, al memento dei defunti, sentii come una voce che mi giungesse improvvisa, non all'orecchio, ma all'intimo dell'anima tuttora impressionata e commossa. «Modicæ fidei, quare dubitasti»? Fu come la rivelazione di un polo magnetico, ed orientandomi verso di quello, provai una pace e una serenità inattesa. Mi sembrò il segno di una certezza a cui sarebbe stato temerario rinunciare. Di lì a qualche giorno, con la busta misteriosa tra le mani: «L'apro, non l'apro»? Poi riflettei. È una volontà che devo far conoscere soltanto tra dieci anni. Che cosa vale aprire adesso? Così dicendo, feci per cacciarla in fondo a un cassetto. «E se morissi prima»? A questo pensiero, presi un'altra busta più grande e scrissi sopra: «C'è qui l'ultima volontà di una persona che ho assistita in punto di morte. Essa vuole che sia resa nota allo scadere di dieci anni dopo il suo trapasso. Si apra e si faccia conoscere nel dicembre 1955. Prego eseguire con scrupolosa fedeltà e di tacere il nome del depositario».

l Dicembre 1955

Ecco ad eseguire io stesso il mandato di quella povera donna. Questa mattina, prima di procedere all'apertura della busta, ho voluto celebrare la santa Messa per lei. «Modicæ fidei, quare dubitasti»? Mi é ritornato ancora una volta in mente e ne ho provato pace e serenità come allora. Taglio la busta e ne cavo fuori dodici fogli scritti a mano. Una scrittura fine, densa, ordinatissima, vergata da una mano che rivela un perfetto dominio di sé. Quei fogli devono essere stati scritti tutti di seguito, si direbbe d'un fiato, perché solo verso la fine si avvertono sintomi lievissimi di stanchezza. C'é l'andatura d'una mano coraggiosa e risoluta che sa di lacerare un velario dietro il quale ci sono cose che le preme di far conoscere. «Non vorrei che a tante mamme capitasse altrettanto». Al posto della località, alcuni puntini sospensivi. La data è quella del gennaio 1945. La lettera é intestata: «Per tutte le mamme». Al posto della firma: «Una mamma». Ecco il testo della lettera, giacché ho visto che così devo chiamarla. L'ho subito trascritta a macchina per distruggerne l'originale: particolare, anche questo; che mi era stato raccomandato. Inoltre, ho avuto cura di alterare parecchie circostanze secondarie allo scopo di disperdere ogni traccia dell'ignota protagonista.

l Anno 1914: due famiglie amiche, ma profondamente diverse

Il 1914, poche settimane prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, mi sposai con un tale che conoscevo fin da piccola. Le nostre famiglie abitavano nel medesimo palazzo ed erano legate da vecchi rapporti di amicizia. Quando noi ragazzi divenimmo più grandi, passavamo insieme anche le vacanze, ora alla spiaggia, ora in montagna. Con l'età mi accorsi che la sola differenza tra le due famiglie consisteva in ciò: che quella era molto religiosa, mentre la nostra lo era molto poco. Ma questo non gettò mai un'ombra sulla cordialità delle nostre relazioni, dato il rispetto reciproco che ci eravamo imposti e che ci univa in ogni cosa. Ricordo che in un compleanno di papà, capitato di venerdì, mamma fece servire a tutti di magro, perché a cena avevamo invitato persone della famiglia amica. Ho voluto subito notare questa differenza, perché essa avrebbe purtroppo improntato anche la vita dei figli delle due nidiate; noi eravamo tre, quelli otto. Chi fosse entrato nei nostri salotti, con un po' di attenzione avrebbe potuto riconoscerci dai quadri che si vedevano alle pareti e dai giornali e settimanali o riviste mensili sciorinate dappertutto. Di là tutti o quasi tutti religiosi: io dicevo maliziosamente «da bigotti»; i nostri tutti mondani.

l Com'è nato l'amore per il mio futuro marito

Una sera d'agosto che eravamo in montagna, io mi sentii improvvisamente male, con certi dolori all'addome che mi parve di morire. C'era tra l'altro un sudore freddo che mise tutti in allarme. Fuori faceva già buio e per di più si andava addensando un temporalone da far prevedere una nottataccia da lupi. Il medico più vicino era cinque chilometri distante. Tra lui e noi niente telefono, niente mezzi di comunicazione. Ma appena i miei si decisero a farlo chiamare, chi si offrì ad andarvi e non permise che altri lo facesse in vece sua fu colui che doveva essere mio marito. Era uscito da pochi minuti che il temporale si rovesciò con una violenza inaudita. Ho ancora negli occhi i lampi di quella sera e negli orecchi lo scoppio di certi tuoni che pareva volessero scardinare il mondo. Mi ricordo che in quell'occasione la signora della famiglia amica intonò il rosario e tutti pregarono insieme come non avevano mal fatto, né vidi mai più fare. Il mio stato si faceva sempre più grave. A questo si aggiungeva l'incertezza se il medico si sarebbe trovato in casa e disposto a venire nonostante quel tempaccio. Passarono una, due, tre ore, nessuno si vedeva giungere. Vi fu un momento in cui mi parve di essere alla fine, quando papà, che era stato quasi tutto il tempo a spiare da una finestra, disse di aver inteso un fischio lontano e nell'oscurità aveva veduto le segnalazioni di una lampadina rispondere alla sua. Quando giunse il medico io perdevo già la conoscenza e non potei rendermi conto né di ciò che disse, né di ciò che mi fece. So solamente che verso l'alba mi risvegliai, i dolori erano scomparsi e il dottore mi sorrideva tutto paterno: «Coraggio, tutto é passato, domani potrà riprendere le sue passeggiatine, è contenta»? Alle mie parole di ringraziamento, egli rispose subito: «È piuttosto lui che deve ringraziare, non me. Ecco chi l'ha salvata. Se fosse giunto solo un po' più tardi...»! E dietro il dottore vidi il giovane amico di famiglia con gli occhi raggianti di commozione. Vederlo e protendergli istintivamente le braccia per attirarlo a me come un fratello e baciarlo fu tutt'uno. Fu quello il primo anello di un amore che forse era già in incubazione; ma quell'episodio lo fece improvvisamente sbocciare per portarci fino alla nostra unione.

l Una figlia e poi... basta!

Durante circa due anni la nostra vita insieme fu inondata di felicità. Questa toccò il colmo quando una bambina venne a mettersi tra noi. Ma fu una felicità che per poco non mi costò la vita, tante furono le difficoltà e gli strazi che mi toccò soffrire in quel parto. Se mia figlia restò viva fu un miracolo. Subito dopo quell'evento, mio marito fu mobilitato; ma dato l'incarico affidatogli, potemmo, per tutta la durata di quella guerra, rivederci almeno ogni due mesi, talvolta anche più spesso. Un giorno che io e mio marito uscimmo a parlare esplicitamente, di figliolanza: «Nessun limite alla Provvidenza, cara». E io disse con la fermezza che soleva mettere in tutte le sue cose. Capii subito che contrariarlo avrebbe aperto tra noi uno screzio che poteva diventare un abisso, e preferii tacere. Ma dentro me stessa si accese una rivolta che nessuno avrebbe domato. «Una chioccia continuamente in cova, ah, questo poi no»! Attraverso i discorsi di un'amica, che aveva preso a frequentarmi fin dal nostro matrimonio, anche perché coinquilina, lei al piano di sopra, noi al primo; dalle letture che costei mi forniva a getto continuo e più ancora per il ricordo di ciò che avevo patito nel dare alla luce la mia prima creatura, andavo concependo un orrore indicibile verso nuove maternità. Devo, in più, confessare, non senza mio vivo rammarico, che in questo aborrimento entrò molto la mondanità a cui mi andavo abbandonando, e con questa una passione strana per la linea, che avrei preferito morire pur di non vederla sconciare, per ricorrere a un'espressione della mia amica fedele. Dio mi perdoni, tra i tanti miei peccati trascorsi, le ore che ho passato da sola, in stupida auto ammirazione, davanti alla grande specchiera della nostra camera da letto.

- Perché leggi questa roba?, mi chiese un giorno mio marito, dando un'occhiata alle stampe suddette.
- Non ti piace?
Stette un momento senza rispondere, poi disse, a bruciapelo:
- Lo sai che cosa dice un proverbio?
- Che cosa dice?
- Dimmi che cosa leggi e ti dirò chi sei.
- Davvero?
E tutto finì, così, ma da quel giorno mio marito non trovò più nel nostro salotto quei pretesti per pensar male. Ritornai educanda, leggevo di nascosto. Vista la decisione di mio marito riguardo al problema dei figli, me ne confidai con l'amica di tutti i giorni, piangendone con un esasperato dispetto.
- Sei sciocca se l'ascolti.
- Ma come potrei fare?
- Sei ancora così ingenua? E da quel giorno divenne una maestra raffinata di pratiche anticoncezionali, che io mi misi a seguire con una docilità che essa diceva ammirabile.

l Il primo aborto

Ma con tutte le precauzioni, dopo due anni, o poco più, da quella prima maternità, ecco annunciarsene una seconda, che capitò durante due mesi di licenza di convalescenza toccata a mio marito in seguito a una febbre tifoidea, che per poco non lo ammazzava. All'annuncio che ne diedi all'amica: «Prudenza - mi disse -Aspetta che parta tuo marito». E aspettai. Anzi, non vedevo l'ora che partisse, tanto il mio egoismo mi rendeva a poco a poco disamorata. Vedo ancora oggi la felicità che lo invase, nel salutarmi, al pensiero che una nuova creatura sarebbe venuta presto ad accrescere la nostra famiglia. «Te la raccomando tanto, amore mio. È il mio più geloso deposito. Addio, cara»! Ma appena partito, si cominciò a concertare con la mia amica come disfarmi dì quel caro deposito. «Prudenza e pazienza», ripeteva lei. Ma io che non avevo questa pazienza, facevo temere di non avere più nemmeno la prudenza, tanto fui presa dalla smania di far presto. Chi mi venne incontro fu la sorte. Una sera, mentre eravamo insieme, accadde sotto le nostre finestre una sparatoria. Tutto il vicinato ne fu sottosopra. Io dovetti sbiancare di spavento e mi buttai sul letto. «Questo é il momento buono», disse lei. Non dirò a che cosa ricorremmo per liberarmi. In meno d'una settimana ero a posto. La lettera che mio marito mi scrisse, quando gli narrai il fatto, mi fece piangere di commozione e di rimorso. Gli avevo saputo dimostrare un tale dolore, che quasi tutto il suo scritto era per consolarmi. La mia amica ne rise di perfidia. Ma davanti a quella lettera io mi sentii sinceramente mostruosa e detestabile. All'incontro di alcuni giorni dopo, mio marito fu con me di un'affettuosità nuova. «Stai tranquilla, cara. È stata una disgrazia. Ma tu sei sana e il Signore non mancherà di consolarci».

l Il secondo aborto

Otto mesi dopo quell'aborto, ecco i sintomi evidenti della terza maternità. La mia amica disse di far presto: «Più presto te ne sbrighi, meglio è». Ma io ebbi dei tentennamenti strani. Mi dibattevo tra l'amore per mio marito e l'orrore per l'ingombro che sentivo crescermi dentro e di cui avrei voluto liberarmi. Tergiversai per varie settimane. Le settimane divennero due, o tre mesi, per quanto ricordo. Ma una mattina corsi senz'altro dalla mia amica per consultarmi sul da farsi.

- Con una cosa portata così avanti, mica si scherza, oh!
Stetti a guardarla disfatta.
- Qui ci vuole una molto pratica. Conosco un'infermiera abilissima che si presta a questi servizi. Ma prende un accidente di paga, da far paura.
- Quanto prende?
- Dalle mille alle due mila lire. Qualche volta anche tre. Ha una fifa del diavolo di compromettersi, e per uscirne, dice, ci vuol danaro a palate.
- Mi garantisci che ha una mano sicura?
- Oh, quanto a questo, la conosco bene. Puoi essere più che tranquilla.
- Ti darò la risposta domani mattina, al più tardi.
Andai via indecisa. Ma appena fui in camera, mi aggrappai al telefono:
- Aspetto senz'altro domani mattina. L'infermiera fu puntualissima. Nuovi momenti di esitazione prima di sottopormi alle sue «cure».
- Signorina, dovrebbe suggerirmi un pretesto per giustificarmi dinanzi a mio marito.
- Ma come? Non siete già d'accordo?
- Tutt'altro.
- Ah, è così? E se lo trovi lei questo pretesto. Io non vorrei capitare in un guaio. E fece per andarsene.
- Mi abbandona? Capii che era una manovra per spillarmi tremila lire. A quei tempi! Dovetti ricorrere a un mondo di bugie per averle in giornata. Allo scopo di evitare ogni traccia che la potesse compromettere, mi invitò a casa sua da sola. Vi andai. Al ritorno mi prese un singhiozzo lungo, mai provato, che mi sconvolse tutta. Verso la mezzanotte mi sentii male ed ebbi appena le forze per portarmi al telefono. «Se ci fosse qualche novità notevole, mi dia un saluto per telefono», mi aveva detto, con una specie d'indifferenza da lasciarmi tranquilla. Ma per quanto l'apparecchio squillasse, nessuno rispose. Seppi il giorno appresso che difatti era stata chiamata altrove. Fui presa da uno spavento indicibile. Avrei voluto avere vicina la solita amica, ma proprio quella mattina si era allontanata dalla città dove sarebbe ritornata dopo qualche giorno. Sconvolta sempre più dal singhiozzo e dai dolori, mi decisi a chiamare un cugino di mio marito, che da poco aveva aperto uno studio di ginecologia. M'interrogò, insistette, volle sapere l'origine di quel singhiozzo. Ma io mi irrigidii nel rispondere che non sapevo nulla, che tutto era avvenuto da sé. Il dottore mi guardò con un'espressione scettica che mi fece amaramente pentire di essermi rivolta proprio a lui. Di li a poche ore dovette assistere al mio secondo aborto con l'aiuto di una infermiera, che era tutto un fagottone di carne e di panni, chiamata dalla clinica dove il dottore soleva operare. Me la cavai meno peggio di quanto non avessi temuto. Quello che mi agghiacciò e mi tenne per qualche giorno come sotto la spada di Damocle, fu ciò che mi disse all'orecchio l'infermiera nell'andarsene, dopo l'ultima di tre visite che mi fece, per mettermi a posto. «Un'altra volta, prima di fare una simile sciocchezza, ci pensi». Protestai, usando anche qualche parola offensiva. Ma quella, che doveva essere un praticona del diavolo: «Ho parlato per il suo bene, signora. Si ricordi che ci si può rimettere la vita, come ce l'ha fatta rimettere alla sua creatura. E poi c'é anche la galera». E andò via.

l Altri cinque aborti

Due giorni dopo, mio marito era a casa in breve permesso. Lo vidi disfatto. Suo cugino, che lo aveva immediatamente avvertito della cosa, fu con me un galantuomo impareggiabile. Pensai che il segreto professionale gli aveva tappato la bocca come a un confessore. Ero in angoscia per l'infermiera, «quella dannata», dicevo tra me. Ma mi misi in pace quando venni a sapere che era una suora, ed io non me n'ero accorta. «Se é una monaca, pensai, non vorrà far scoppiare un incendio tra me e mio marito». Dopo questo nuovo episodio, dovetti per volontà di mio marito lasciarmi visitare da due o tre ginecologi di gran nome e tutti mi trovarono sanissima. Ma nessuno può nulla contro una volontà ostinata e sostenuta da una scaltrezza che dispone di sempre nuove risorse. Qui mi astengo dal fare la storia di ben altri cinque aborti dei quali mi resi colpevole negli anni successivi. Storia che oltremodo mi ripugna e che oltre tutto sarebbe scandalosa, ma nella quale é quasi inesplicabile come fossi aiutata dalla sorte.

l Il sospetto di mio marito

Fino al penultimo, mio marito non sospettò mai di nulla, tanto seppi fingere di volta in volta il mio dolore. Al sesto, dopo qualche giorno, mentre tornavamo dalla clinica, uscì a dirmi:

- Guai se dovessi esser certo che tu ci hai la più piccola colpa!
- Che cosa faresti?
- Non lo so. Potrei divenire l'assassino di mia moglie, come essa lo é dei miei figli.
- Osi pensarlo?
Egli non rispose parola. Per tutta la mia vita non credo di essere stata mai più abile attrice. Una crisi di pianto, improvviso e disperato, strappò subito a mio marito la ritrattazione di ciò che aveva detto. L'ultimo aborto avvenne in circostanze che ne feci quasi riversare su di lui tutta la colpa. Era al volante d'una macchina allora acquistata e volle che io e mia figlia l'accompagnassimo, in un giretto d'inaugurazione. A una svolta ci fu uno scontro fortunatamente meno grave di quel che poteva essere. I soli danni: qualche graffiatura ai parafanghi e una grossa paura. Fu l'occasione perché di lì a qualche giorno uccidessi la mia settima creatura.

l Mi difendevo dal rimorso

Dopo qualche settimana, mio marito, in seguito a un'infame denuncia al fascio locale, fu preso, interrogato e in quattro e quattr'otto spedito al confino. Restai sola con mia figlia, ormai signorina di liceo, che frequentava presso un istituto di suore, e insieme con noi era una vecchia domestica che mio marito aveva come ereditata dai suoi e teneva in casa per carità, perché in seguito a un errore giovanile, non era più ritornata in famiglia, laggiù nel mezzogiorno. Un pomeriggio, nell'andare a prendere mia figlia, mi venne offerto dalla portinaia l'invito ad una conferenza «tutta riservata per signore», e che si sarebbe tenuta in una sala dell'istituto stesso. Vi andai. La conferenziera la conoscevo di nome. Il tema era sul problema della figliolanza. Fin da principio assunsi un'aria da indifferentona perfetta, come se la cosa non mi riguardasse affatto. Si andava verso la fine, quando la conferenziera, enumerando le responsabilità incalcolabili di certe madri, prese a insistere sulla sorte delle anime di tanti bambini non fatti nascere e soppressi nel seno stesso che li ha concepiti. La sorte delle loro anime?... Francamente, io non mi ero mai posto un tale problema, tanto ero rimasta nella persuasione che non fosse nemmeno il caso di parlare di anime, soprattutto in aborti di due o al più di tre mesi, quali erano i miei. Accolsi quella parte della conferenza come una fandonia, come un diversivo oratorio di poco buon gusto e, oltretutto, antiscientifico.
- Non le pare che queste ultime cose che ha detto siano una vera sciocchezza?, chiesi a una signora che mi sedeva al fianco.
- Così la penserà lei; per me no, rispose quella con una sicurezza che mi sembrò scrutatrice e tagliente.
- Strano, dissi per uscirmene.
- Nulla di strano. Del resto, anche se la cosa fosse solamente dubbia, mettiamo, vorrebbe lei per questo mettersi nel rischio di strappare un'anima al suo destino eterno?
«Sono, capitata male - dissi tra me - e ho fatto malissimo a parlare».
Tornai a casa, cercando di persuadermi che ero stata ad ascoltare delle stupidaggini. Come si può parlare di anima in un piccolo grumo di mucillaggine che appena appena si avvia a prendere sembianze umane? E Intanto mi ritornavano in mente i paroloni con cui la conferenziera era andata descrivendo l'eccidio che avverrebbe di tante migliaia e migliaia di creature umane.

l Ricominciai a pregare

Quella sera cenai male. Lessi le cose più sciocche e distraenti, e nell'andare a letto volli prendere un sonnifero che mi fece dormire fino a tarda mattinata. Col buon sonno anche le strane impressioni della sera precedente erano svanite. Nei giorni successivi ne parlai con più di un'amica e anche con un dottore: li trovai tutti con me. Di mio marito non sapevo che cosa pensare. Ancora nessuna notizia precisa. Non so quante vie tentai di potergli scrivere e inviare qualche pacco di viveri, d'indumenti, di libri; ma tutto fu inutile. Un giorno la vecchia domestica, che secondo una scherzosa espressione di mio marito, «faceva la monaca di casa», tanto si era dedicata alla vita devota, uscì a dirmi che lo raccomandassi a Santa Rita, la Santa degli impossibili. Una sera, infatti, prima di mettermi a letto, cominciai la mia preghiera alla Santa, servendomi di un libretto di pietà messo fuori uso da mia figlia. Dopo quella preghiera, mi parve di essere più serena, più fiduciosa. Sentivo che ciò che non potevo fare io per il mio povero confinato, poteva ottenerlo la Santa a cui avevo cominciato a raccomandarlo. Era da parecchio che non pregavo. Avevo completamente lasciato la preghiera in seguito ad un forte rimprovero ricevuto da un confessore, dal quale a stento ero riuscita a strappare l'assoluzione per potermi comunicare con mio marito e mia figlia il giorno che costei fece la prima Comunione. Il mio cuore sembrava aprirsi alla speranza che Santa Rita mi avrebbe ascoltata. La domestica mi aveva detto, con la sicurezza di un teologo: «Lei preghi: se non le farà proprio questa grazia, gliene manderà un'altra più grossa. I Santi non si pregano mai inutilmente; ma delle preghiere fanno essi quello che vogliono; lasciamo fare a loro, che sanno meglio di noi». Una dottrina che sul momento non capii bene, e alla quale non seppi che cosa obiettare.

l Voci nella notte

Dormivo forse da due ore, quando fui svegliata da una voce strana: «Mamma»! Mia figlia quella notte era andata a dormire dalla zia. E poi, quella non era la voce di mia figlia. Accesi la luce, balzai a sedere sul letto e stetti in ascolto. Pensai provenisse dall'appartamento degl'inquilini di fronte. Ma scartai subito quell'ipotesi. La voce io l'avevo intesa distinta, vicinissima, nella mia camera, al mio fianco, sono per dire al mio orecchio, addirittura dentro di me. Che l'avessi udita realmente non avevo neppure il più piccolo dubbio. L'avrei giurato su ciò che mi é di più caro. In più, osservai che non era una voce sola, ma parecchie insieme, fuse così bene da sembrare una sola. In camera ora non udivo che il battito del mio cuore in subbuglio. Ebbi la percezione strana, ma chiara, che si trattasse di un fatto misterioso. Non sapevo spiegarmi perché il pensiero andasse spontaneo alle parole della donna di casa: «Se non le farà proprio questa grazia, gliene manderà un'altra più grossa». Perché fissarmi solo su quelle parole? Stetti non so quanto tempo così, in ascolto, come sospesa sul vuoto, senza avere altri pensieri, senza esser capace di pensare e distrarmi con altro. Infine, mi venne da riflettere che si trattasse semplicemente di un incubo al quale stavo dando tanta importanza. Spensi risolutamente la luce e mi rimisi sdraiata. Ma sentivo che non avrei dormito. Non passò un quarto d'ora e di nuovo la voce di prima, meglio, le voci di prima, fuse in una sola, chiamarono: «Mamma...»! Adesso ero sveglia e potei accertarmi che quelle voci provenivano proprio di li, dalla mia stanza, a non più che uno o due passi da me. Erano voci ovattate, soffocate, di un tono misteriosamente triste. Questa volta né accesi la luce, né mi alzai a sedere sul letto. Ero come paralizzata. «Ma è un sogno questo o una cosa vera»?, ripetei tra me. E così dicendo, mi misi a toccarmi le mani, a contarmi le dita, ad aprire e chiudere i bottoni della camicia da notte all'altezza del petto, a contare le stecche delle persiane attraverso le quali filtrava la luce del globo che era sulla strada. Poi non pensai più a nulla. Mi occupai solo a seguire i battiti del cuore, che non riuscivo a dominare; a distrarmi, ma senza poterci riuscire. Allo scadere di un altro quarto d'ora, quell'unisono di voci si fece udire distinto, più insistente e più accorato di prima. Ora vinsi la paura che mi stava riprendendo con una specie di gesto furibondo. Ma possibile che non debba sapere che cosa é questo! Accesi la luce, mi buttai dal letto e corsi a svegliare la domestica. In realtà, cercavo un rifugio dalla paura.

- Non hai inteso nulla, tu?
- Che cosa dovevo udire?
- Ma come, dei rumori, una voce, delle voci che chiamano.
- Ma no, io non ho inteso nulla; mi lasci dormire.
- Ma se io le ho intese!
- Saranno gli spiriti, disse lei, tanto per buttar lì una risposta stupida e farsi lasciare in pace.

Difatti, si voltò dall'altra parte, rimettendosi a dormire. Ma fu appunto quella stupidissima risposta che mi tolse ogni speranza e possibilità di riposare. Passai nel salottino, accesi tutti i tre ordini del lampadario e mi misi a sfogliare nervosamente, disordinatamente un settimanale e una rivista dopo l'altra, senza mai leggere nulla. Stetti così fino al mattino, quando mi distesi sul divano e fui presa da un sonno di sfinimento. Mi svegliai quando la domestica, di ritorno dalla spesa, aveva suonato il campanello, perché sbadatamente aveva dimenticato di portare con sé la chiave di casa.
- Madonna santa, che faccia! Che cosa ha avuto questa notte? Non ha dormito lei e non ha fatto dormire me.
- Stai zitta, sbrigati e non fare domande stupide!
Lei andò a sfaccendare in cucina, ma la udii brontolare: «Saranno stati veramente gli spiriti», e concluse con una risatina che mi tolse via ogni senso di sopportazione. Con un salto fui da lei:
- Lucia, ti ho detto di non far la stupida. Se dici ancora mezza parola non so come andrà a finire questa mattina. Hai capito?
- Ho capito che ha i nervi e non fiaterò più.

Passai la giornata con visite a catena. Ce ne fu anche una in chiesa. Vi andai, non saprei dire io stessa il perché. Ma quando mi trovai davanti al quadro di Santa Rita, tirai dritto.

l Un'altra notte da incubo

Quella sera andai a letto molto tardi. Era quasi il tocco, essendomi trattenuta con la solita amica, senza però dirle parola di ciò che mi era capitato durante la notte passata. Sarei divenuta subito la favola dello stabile e del vicinato. Mi buttai a letto con una gran voglia di dormire. Avevo allora caricato la sveglia e mi ero messa giù, quando le voci misteriose si fecero udire di nuovo, non una, ma due, tre volte:
- Mamma!... Mamma!... Mamma!
Un pensiero spaventoso mi attraversa la mente. Forse è un segno di alienazione mentale. Sarà bene che ne parli a uno psichiatra. Ma mentre mi raccoglievo su questo sospetto, mi scappò detto:
- Ma chi é che mi chiama così?
- Siamo noi, mamma.
- E chi siete, voi?
- I figli che non hai fatto nascere.
Se non diedi un urlo di spavento, fu perché non ne ebbi né la forza né il tempo:
- Guarda, siamo qui, vicino a te, tutti e sette.
E che cosa vidi? Sulla parete di fronte, tra la specchiera e la finestra, sette macchie di luci, informi, molto distinte, semoventi. Si movevano non scivolando sulla parete, ma tra la parete e me, cambiando consistenza, quasi di continuo. Sentii che ero gelata. Il pensiero di esser folle mi attraversò di nuovo la mente, e avrei preferito mille volte esser pazza, anziché persuadermi che quella era una realtà. Piuttosto esser pazza, andavo ripetendo tra me.
- No, mamma, é tutto vero quello che vedi. Tu non sei folle. Sei soltanto colpevole di averci uccisi nel tuo seno.
Credetti di morire. Osservai che quelle macchie di luci, parlando, assumevano ciascuna una sua fisionomia, graziosissima, ma di una tristezza e di una severità che nessuna mamma vedrà mai sul volto dei proprî bambini.
- Siamo una realtà, non ombre soltanto, mamma. Se vuoi, te ne diano un segno. Pochi minuti fa il povero babbo é morto, ma non é con noi.
Detto questo, disparvero, dopo avermi ben fissata con quell'espressione crucciosa. Non so quanto tempo rimasi col fiato sospeso, in un'immobilità statuaria, senza sentimento, dominata solo da un terrore indescrivibile.

l In cerca di luce

Mi scossi quando giunse all'orecchio il suono della campanella delle suore dell'adorazione perpetua. Era il segno della Messa delle cinque. Saltai giù dal letto, mi vestii alla meglio, non ricordo nemmeno se mi pettinai bene, e in pochi minuti mi trovai, con cinque o sei donnette, tra i banchi della cappella semibuia e fredda da tremare. A un bisbiglio laterale, mi accorsi che il cappellano era nel confessionale. Appena lo vidi libero, senza nemmeno pensare a quel che facevo, fui alla grata, per raccontargli ciò che mi era capitato di udire e di vedere.
- Mi dica soltanto se é vero che esistono gli spiriti, reverendo, e se noi possiamo vederli e udirli parlare, chiesi, così, in modo sbrigativo.
- Nessun dubbio che esistono, figliola.
- Esistono, dice?
- Quanto poi a vederli, per sé, anche questo è possibile, se il Signore, per i Suoi fini misteriosi, credesse di permetterlo. Ma in queste cose bisogna accertarsi bene che non si tratti di giochi della fantasia o di trucchi.
- Quali trucchi?
- Ha assistito a qualche seduta spiritica?
- Nessuna seduta spiritica.
- E allora stia attenta all'immaginazione. È capace di tutto, anche di dar corpo e voce alle ombre. È quello che io temo per lei. La sento troppo agitata, troppo sconvolta. Lei mi ha fatto un racconto così arruffato...
- Allora sono una pazza?
- Io non sono autorizzato a dirle questo. Posso però consigliarle di farsi visitare da qualche buon medico. Qui ci vorrebbe uno psichiatra.
- Ad esempio?
Fece un nome celebre.
- Intanto, perché non cerca di confessarsi, di mettersi in grazia di Dio?
- Ora mi é impossibile, reverendo, non sono proprio disposta, e lasciai la grata per uscire quasi di corsa dalla chiesetta.

l In giro per la città con l'angoscia nel cuore

Fuori ancora non era giorno. Dovetti girare come una donna che batte il marciapiede. Qualche raro viandante si voltava a guardarmi con occhio sospettoso. Si vedeva che camminavo stanca e senza mèta. Giunta ad un angolo, un metropolitano mi chiese risolutamente di chi andassi in cerca.
- Mi indichi un bar.
- Qui sulla destra, a pochi passi ce n'è uno.
Presi quella direzione. Il barman aveva appena aperto.
- Un cappuccino.
- La macchina ancora non é pronta, favorisca accomodarsi qualche minuto.
Andai a cacciarmi in un angolo che mi parve abbastanza nascosto. Ma questo dovette servire ad attirare di più l'attenzione su di me, quando subito dopo cominciarono a entrare gli avventori.
- Donne che lavorano di notte, udii borbottare tra il barista e un uomo alto, calvo, con una faccia da burlone nato e intraprendente. Li avrei immediatamente schiaffeggiati tutti e due. Non vedevo l'ora che l'uomo alto se ne andasse via. Egli, invece, dopo aver sorbito un caffè, se ne venne dritto dritto verso di me, con la voglia evidente di attaccare a parlare.
- Permette, signorina?
- Per sua norma, sono una signora e non permetto nulla.
- Potrei esserle utile in qualche cosa...
- In quella di andarsene e di lasciarmi in pace.
- Lei dev'essere molto stanca: qualche grosso dispiacere o deve aver lavorato molto. Di qui non si sfugge.
Pur di liberarmi da un sospetto così maligno sul mio conto, risposi subito:
- Un grosso dispiacere: mio marito, dietro una falsa denuncia, è stato preso e spedito al confino.
A queste parole, quell'uomo divenne visibilmente serio e umano. Mi sedette di fronte:
- Quando é accaduto questo?
- Otto o dieci giorni.
- Saprebbe dirmi dove lo hanno mandato?
- A che servirebbe?
- Potrei esserle utile: so di contare su buone amicizie nel partito; mi favorisca il nome di suo marito.
Glielo diedi, ma con ostentato scetticismo.
- Lui? Ma lo conosco! Abbiamo lavorato insieme per circa tre anni!
I particolari che diede erano esattissimi.
- Sono spiacentissimo di ciò che le capita, signora. Ma spero di poter fare qualche cosa per lei. Forse oggi stesso potrei farle sapere qualche cosa. Mi favorisca il suo indirizzo. Preferisce che le scriva oppure che venga di persona?
- Si regoli come crede, purché mi faccia sapere qualche cosa, e gli diedi senz'altro il mio indirizzo. Avutolo, immediatamente se ne andò.

l La conferma: mio marito era morto

Quella sera stessa, mentre mi trattenevo a rivedere certe carte di mio marito, udii squillare all'uscio. Era l'uomo visto quella mattina al bar. Egli mi guardò con l'aria di chi non ha buone cose da dire.
- Su, mi dia subito questa cattiva notizia.
Strabiliò di stupore:
- Come ha fatto a saperlo! Glielo hanno già comunicato? Ma come ha fatto?
- Ancora nessuna comunicazione, signore, e lo invitai a sedere.
- E allora come ha fatto a capire che ho una cattiva notizia?
- Un presentimento.
- La notizia é giunta soltanto poco fa. Aveva un'angina suo marito?
- Si, un poco, da qualche anno.
- Un colpo di angina, signora.
- Quando, a che ora?
- Durante la notte scorsa.
Dovetti cadere non so come, fuori di me, fulminata da quella conferma e più ancora dallo sgomento per gli esseri misteriosi che mi avevano dato quell'annuncio, forse nell'ora precisa che mio marito moriva.
- Ho paura d'impazzire!
Fu la sola cosa che ebbi la forza di gridare, poi non mi accorsi più di nulla. Quando rinvenni, mi trovai a letto, svestita, con mia figlia che mi dormiva avvolta in una coperta a lato e al fianco una suora infermiera fatta venire d'urgenza quella notte stessa.
- Come si sente, signora?
Avevo la gola chiusa da qualcosa che m'impediva di parlare.
- Vuol prendere un cordiale? Provi. Si sentirà meglio.
Il mio silenzio dovette sembrarle un consenso. Ma appena inghiotti, rimisi subito tutto con una violenza da schiantarmi.
- Dimmi che hai, mamma?, fece mia figlia svegliandosi e stringendomi tra le braccia.
Mi accorsi che lei non sapeva ancora nulla della morte di suo padre e con un cenno imposi a tutti di non parlarne. Dopo essermi liberata dai conati di vomito, mi sentii meglio. Guardai l'orologio, erano le cinque.
- Non è stato nulla, figlia mia. Ieri ero un po' stanca. Solo un po' di svenimento, non aver paura. Più tardi mi alzerò. Mi sento già abbastanza bene. Tu intanto vai a dormire di là. Su, non dirmi di no. Qui c'è la suora con me.
Appena andò via e mi accorsi che si era chiusa nella sua cameretta:
- Mi dica, suora, da che ora lei è qui?
- Fui chiamata quasi subito dopo la sua crisi. Mi fu detto quello che le è accaduto e consigliai tutti di non dir nulla alla signorina. Perché è bene che glielo dica lei, povera, cara signora.
- Grazie, grazie proprio di cuore. Ma quelle voci che mi è parso di udire nel sonno? Mi chiamavano.
- Effetto della crisi, signora. Sua figlia certo non l'ha chiamata, perché è stata sempre tranquilla, dopo essersi addormentata.
Avrei giurato di aver udito, come nelle altre notti, quelle voci chiamare, distinte, vicinissime. Più tardi, quando la suora ebbe svegliato la domestica, chiese di andarsene.
- Non mi pare le occorra altro. Soltanto una gran forza dal Signore e per questo anch'io pregherò volentieri. Il colpo è stato forte, chi può negarlo? Ma io sono sicura che chi sta pregando per lei è proprio lui, suo marito. Mi hanno detto che era tanto buono. Si faccia coraggio. Il Signore non l'abbandonerà. Ascoltavo ora come un'ebete.
Al suo saluto di addio risposi con un cenno insignificante e distratto.l Il perdono di Dio

Verso le dieci ebbi la forza di alzarmi. Dopo un buon caffè mi sentii addirittura di poter uscire, nonostante le sgridate e le resistenze di mia figlia e della domestica. Dissi loro di non poter assolutamente farne a meno. Andai infatti dalle suore lì vicine e chiesi del cappellano. Gli raccontai tutto: le voci che avevo sentito nuovamente, ciò che avevo visto, che avevano detto e che si era avverato.
- E ora, prima di andare dal medico, sono qui da lei. Mi dica, per favore, che cosa devo pensare. Come devo regolarmi con questi fenomeni? Se devo andare senz'altro dal medico, lei capisce, mi prenderà per pazza e nessuno mi salverà dal finire in manicomio. O per lo meno mi tratterà da allucinata.
- Figliola, a dirle la verità, io stesso non so che cosa pensare. Forse un avviso di Dio. Forse un fenomeno di telepatia.
- Ma Dio ha mai permesso che esseri che sono al di là siano apparsi recando un messaggio a noi che siamo di qua?
- L'ha permesso, figliola. Mi pare di averglielo già detto. La cosa è ben possibile. Ma nel suo caso vorrei proprio che ci fosse l'occhio e l'aiuto di un medico. Quello che le indicai mi sembra fatto per lei. Intanto, perché non si rimette in pace con Dio mediante una buona confessione? Se c'è circostanza in cui lei dovrebbe sentirne il bisogno mi pare sia proprio questa. Procuri soprattutto di meritare l'aiuto del buon Dio.
- Mi avevano parlato così anche quando mi esortavano a pregare, mi scappò di dire.
- E questo che cosa vuol dire? Che sappiamo noi delle vie di Dio? Che cosa sa lei, se non si stia servendo di tutto questo per attirare a sé un'anima che ha bisogno della Sua misericordia?
- E a Dio che cosa può importare della salvezza della mia anima, se io gliene ho strappate sette? Come fà lei a provarmi la possibilità che io sia perdonata?
Quello che provocò nell'anima del sacerdote questo mio modo di parlare dovette essere molto strano e doloroso. Per me fu provvidenziale. Mentre poco prima lo avevo giudicato piuttosto freddo, di scarso sentimento e forse poco sensibile ai miei problemi, notai ora che la sua anima era ben diversa. Egli si trovò impegnato a dover difendere l'infinita e inesauribile bontà di Dio contro chi non ne aveva mai avuto un concetto esatto e si trovava sull’orlo della disperazione. Ci fu una specie di predica lunga abbastanza, ma che ascoltai volentieri e mi fece del bene, come ha continuato a farmelo sempre, specie in certe ore più dolorose, quando quell'orribile tentazione si rinnovava. In sostanza, egli finì per dirmi ciò che non avrei mai creduto.
- Metta su un piatto d'una bilancia tutte le sue colpe commesse in passato, e sull'altro questo solo peccato di disperazione in cui lei è tentata di cadere: Dio rimarrà più offeso da questo solo peccato, che va a ferire il Suo Cuore, che non da tutti gli altri.
Soggiogata da quel suo linguaggio così commosso e persuasivo, gli dissi che volentieri avrei fatto la mia confessione.
- Ma com'è possibile, però, rifare una storia così triste?
- Nulla, invece, di più facile, purché abbia soltanto buona volontà, e io sono qui ad aiutarla.
Dire che quel sacerdote mi cavasse di bocca tutto ciò che avrei dovuto dirgli, sarebbe poco. Di certi peccati egli mi aiutava a rivelargli anche le circostanze più dimenticate. Ebbi la sensazione di aver davanti un uomo ispirato dall'alto: abbandonandomi a lui con fiducia, provavo un sollievo intimo e nuovo. Ad ogni rivelazione era come un peso che mi si toglieva dall'animo. Alla fine mi sentii rinata, e piansi.
- Certo, il suo passato è stato molto triste, povera figliola. Ma vede come il Signore è stato buono con lei? Invece di stancarsi, l'ha attesa con pazienza infinita. Egli voleva fare di lei un trofeo della Sua misericordia, e il sentimento vivo di non meritarla è una riprova che la sua confessione è fatta bene. Glielo dichiaro con la mia autorità di sacerdote. Dio le ha perdonato tutto. Non pensi più al suo passato se non per ringraziare Dio e amarlo davvero. Cominci da oggi una vita nuova. Sarà probabilmente una vita di espiazione, ma sostenuta dalla grazia del Signore.
Ricordai in quei momenti ciò che più volte mi aveva ripetuto la suora portinaia dell'istituto dove accompagnavo mia figlia: «Si parla tanto male della confessione; ma chi è che parla così? Chi non la conosce. Lei non troverà mai uno che riceve spesso questo sacramento e che ne parli male, o cerchi scuse per starne lontano».
- E ora, che cosa mi consiglia, padre? Devo andare dal dottore o no?
- Si regoli come crede.
- Preferisco mi dica lei.
- Se quei fenomeni dovessero ripetersi, sarà bene, anzi necessario che ci vada, altrimenti non ne vedo la necessità.
- Posso dunque rimanere tranquilla sul mio passato?
- Deve rimanere tranquilla, e sappia questo: la prima e più bella riparazione che deve offrire al Cuore di nostro Signore è appunto quella di credere nella Sua misericordia e nel perdono che le ha accordato.
- Ma quelle povere anime?
Qui la sua voce si fece nuovamente autorevole e piena di forza.
- Quello che è stato è stato. Ora ubbidisca al ministro di Dio. Vada in pace e procuri di non commettere più peccati.
In tutta la mia vita non mi ero mai confessata come ora.
È un'immensa grazia quella che il Signore le ha fatto, aveva detto il cappellano, e pur di metterla in condizione di riceverla, non mi meraviglierei se avesse permesso, in via eccezionale, di farle udire la voce dei suoi figli soppressi prima di nascere; ma posso sbagliarmi, e forse non è prudente forzare il mistero.
Quando mi trovai sola tra i banchi della chiesetta delle suore adoratrici, ripensai una per una le parole dette da quell'uomo di Dio, e le trovavo tanto vere e consolanti. E ricordai pure queste altre parole: «Le ho detto che il Signore le perdona tutto, non già che gliene risparmierà l'espiazione. E se questa verrà, si ricordi che è una grazia».l La riparazione

Passò circa un mese senza notevoli avvenimenti. Il cappellano delle suore divenne per me il mio confidente e il consigliere in tante cose. Avendogli chiesto un giorno che cosa avrei potuto offrire al Signore in cambio di quelle povere anime: «Faccia così - mi disse - in loro sostituzione procuri di adottare altrettanti bambini pagani da far battezzare col nome che avrebbe imposto alle sue creature». Questa idea mi entusiasmò. Così cominciai a inviare mensilmente ad un padre missionario tutti gli aiuti che potevo per far battezzare e mantenere in un orfanotrofio dei bambini. Ricordo che questa pratica la insegnai anche a mia figlia; così divenne essa pure madrina di un bel gruppo di bambini battezzati coi nomi designati da lei: i più avevano il nome di suo papà. Quando poi potemmo ricevere le fotografie di quei nostri figlioletti lontani, esse ebbero un posto d'onore sulle pareti del salottino, e spesso anche dei fiori.l L'espiazione

Dopo qualche tempo di calma e di tranquillità relativa, il tormento delle voci cominciò di nuovo. Le udivo non nel sonno o nel dormiveglia, ma durante le azioni più svariate, quando ero sola e le udivo io sola.
- Mamma, perché ci hai uccisi?
Che cosa avrei potuto rispondere? Ripiegandomi su me stessa tacevo e piangevo, mentre sentivo che quelle voci erano come una lama che frugava in una vecchia ferita. Un giorno mi scappò di dire:
- Sì, figlioli miei, riconosco la mia colpa e ve ne chiedo perdono.
Ma queste parole, per quanto ripetute, non ebbero mai risposta.
- Ditemi se posso salvarmi.
- Perché lo chiedi a noi?
Che strana domanda, pensai tra me, e non osai più ripeterla. Era destino che questo fenomeno, col suo ripetersi, mi portasse a una tale depressione nervosa che, dietro insistenza del confessore, dovetti rivolgermi a uno psichiatra. Fu una visita lunga, accurata, scrupolosa. Ma non so come, dopo pochi giorni mi trovai internata in una casa di cura. Fu un mezzo tradimento del medico, e specialmente di alcuni miei stretti parenti. Posso tuttavia giurare di non aver mai perduto per un istante la coscienza di me stessa. Sono ancora oggi in grado di riferire quello che si diceva e che accadeva attorno a me. Soprattutto ricordo il male che mi facevano le parole di compatimento di mia figlia, che credeva nella malattia di sua madre e acconsentiva, d'accordo col suo fidanzato, a tenermi in quella casa. Furono tre anni di reclusione ossessionante e di martirio. Ricordo che non passò un giorno senza che pensassi all'espiazione predettami dal cappellano delle suore, il quale continuò ad assistermi spiritualmente in modo tutto paterno. Qualche volta accettavo, qualche volta mi ribellavo, ma la mia disposizione abituale era quella di voler espiare. Le voci continuarono intanto a farsi sentire con intermittenza e le reazioni che ne derivavano non facevano che confermare infermiere e dottori sul mio stato «indubbiamente patologico». Eppure avevo la certezza di non essere malata ma soltanto di sottostare a una lacerazione interiore indescrivibile. Nei momenti di maggior calma non cessavo di pregare; ma anche questo veniva considerato come uno degli elementi testimonianti il mio stato di infermità mentale.l Rinasce la speranza

Un giorno, fu appunto tra una preghiera e l'altra che mi balenò un'idea. Avevo sentito parlare di un sacerdote santo, le cui preghiere erano molto efficaci presso Dio. Chiesi a una suora di portarmi l'occorrente per scrivere una lettera. Anche se con qualche difficoltà, fui accontentata. Mentre terminavo di scrivere, venne a visitarmi mia figlia col fidanzato. Affidai a costui la lettera; egli ebbe la delicatezza di farmi assistere all'atto di imbucarla nella cassetta della posta all'interno della clinica, visibile attraverso l'inferriata della mia camera. Attesi una ventina di giorni. Ma quando la risposta venne io non so che cosa dovette operare su di me e sugli altri. Resta il fatto che di lì a non molto fui dimessa. «Io sono certo che il Signore, per intercessione della Madonna, non mancherà di farle la grazia, e anche presto», aveva scritto quell'uomo di Dio. Quando la cosa si seppe in clinica, non so quante lettere avrà ricevuto da ammalate e dai familiari. Poco dopo ci fu il matrimonio di mia figlia col giovane appena laureato in medicina. Come condizione alla loro unione volli che la nuova famiglia fiorisse nella casa di mio marito, che era abbastanza ampia per accoglierli, e questo giovò a crearmi attorno un clima di maggiore serenità. Ma le sofferenze interiori non cessarono mai del tutto. Il pentimento sincero di quanto avevo commesso, la grazia della speranza alimentata dai sacramenti, l'autorità del confessore valsero certamente a non farmi scivolare di nuovo verso la disperazione. Ma tutto questo non riuscì mai a liberarmi dall'atroce amarezza di sette maternità interrotte. Mi hanno assicurato che in paradiso non vi sarà più nessun ricordo che possa dare amarezza e menomare la beatitudine degli eletti. Ma penso che se per poco questo miracolo di dimenticanza fosse sospeso, il cielo stesso diverrebbe per me un inferno, tanto è triste per una mamma, quando lo ha ben compreso, il pensiero di non vedere nella beatitudine celeste le anime che Dio aveva creato per quella, e che solo il delitto d'una mamma ve le ha escluse per sempre. Se lo avessi compreso prima! Renderci rei di delitti così atroci; portarceli addosso per tutta la vita, senza poterne mai riparare le conseguenze, credetemi, é una cosa orribile! Ma commettere simili delitti, e non sentirne il peso, e non provarne orrore, e guardarli come la cosa più naturale, dev'essere una cosa diabolica! Mi sembra la caparra della maledizione di Dio!
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titolo le confessioni di un ex abortista
bernard nathanson

Il Dr. Bernard Nathanson (1926-2011), famoso ginecologo di New York, può essere considerato tra i padri della legge, del 1973, che liberalizzò l'aborto negli Stati Uniti. Poco tempo dopo, applicando le tecniche ecografiche durante un intervento, rimase profondamente sconvolto dall'orrenda realtà dell'aborto. Da allora, Nathanson non ha mai più praticato aborti ed è divenuto un testimone della battaglia in favore della vita. La registrazione di quell'ecografia è divenuta the hand of god - bernard nathansonun filmato che ha fatto il giro del mondo con il titolo Il grido silenzioso(argomento e immagini contenute sono inadatte ad un pubblico immaturo o impressionabile). Nathanson, di origini ebraiche ma ateo, in seguito si è convertito al cattolicesimo e, nel 1996, ha ricevuto il battesimo. Nella sua autobiografia, The Hand of God («La mano di Dio»), ha raccontato il proprio percorso dalla morte alla vita. Nel testo che segue, del 1983, il dott. Nathanson spiega le tecniche di propaganda utilizzate dal movimento abortista pro choice (per la «libertà di scelta» di abortisti) per influenzare l'opinione pubblica americana, in maggioranza contraria alla legalizzazione. Le impressionanti similitudini con gli avvenimenti italiani che condussero all'approvazione della legge 194 del 22 maggio 1980, con gli slogan tornati di moda nell'attuale polemica «in difesa della legge» e con le campagne in atto in diversi Paesi sudamericani, rendono evidente che i movimenti abortisti agiscono in base a strategie concertate e organizzate su scala internazionale per imporre la liberalizzazione dell'aborto, indipendentemente da luoghi, tempi e condizioni concrete di vita delle donne 1. La stessa semina di menzogne e distorsioni è documentata nello scritto di Mons. Pietro Fiordelli intitolato Aborto e coscienza.


Sono personalmente responsabile di aver eseguito 75.000 aborti. Ciò mi legittima a parlare con autorevolezza e credibilità sull'argomento. Sono stato uno dei fondatori della National Association for the Repeal of the Abortion Laws («Associazione Nazionale per la legalizzazione dell'aborto»; NARAL), nata negli Stati Uniti nel 1968. A quel tempo, un serio sondaggio d'opinione aveva rilevato che la maggioranza degli americani era contraria a liberalizzare l'aborto. In capo a soli cinque anni, noi riuscimmo a costringere la Corte Suprema degli Stati Uniti ad emettere la decisione che, nel 1973, legalizzò l'aborto completamente, rendendolo possibile virtualmente fino al momento del parto. Come ci riuscimmo? È importante capire le strategie messe in atto perché esse sono state utilizzate, con piccole varianti, in tutto il mondo occidentale al fine di cambiare le leggi contro l'aborto.

naral pro life
 
l La prima strategia fu conquistare i mass media
 
Cominciammo convincendo i mass media che quella per la liberalizzazione dell'aborto era una battaglia liberale, progressista ed intellettualmente raffinata. Sapendo che se fosse stato fatto un vero sondaggio ne saremmo usciti sonoramente sconfitti, semplicemente inventammo i risultati di falsi sondaggi. Annunciammo ai media che dai nostri sondaggi risultava che il 60% degli americani era favorevole alla liberalizzazione dell'aborto. Questa è la tecnica della bugia che si auto-realizza: poche persone, infatti, desiderano stare dalla parte della minoranza. Raccogliemmo ulteriori simpatie verso il nostro programma inventando il numero degli aborti illegali praticati ogni anno negli Stati Uniti. La cifra reale era di circa 100.000, ma il numero che più volte ripetemmo attraverso i media era di 1.000.000. Ripetendo continuamente enormi menzogne si finisce per convincere il pubblico. Il numero delle donne morte per le conseguenze di aborti illegali si aggirava su 200-250 ogni anno. La cifra che costantemente indicammo ai media era di 10.000. Questi falsi numeri penetrarono nelle coscienze degli americani, convincendo molti che era necessario eliminare la legge che proibiva l'aborto. Un'altra favola che facemmo credere al pubblico attraverso i media era che la legalizzazione avrebbe significato soltanto che quegli aborti, allora eseguiti illegalmente, sarebbero divenuti legali. In realtà, ovviamente, l'aborto è divenuto ora il principale metodo di controllo delle nascite negli Stati Uniti e il loro numero annuale è aumentato del 1.500% dalla legalizzazione.

bugie degli abortisti
Manifesto prolife su cui è scritto«Per la scelta? Questa è una bugia! "I bambini non scelgono di morire.


l La seconda strategia fu giocare la «carta cattolica»
 
Sbeffeggiammo sistematicamente la Chiesa cattolica e le sue «idee socialmente arretrate» e scegliemmo la Gerarchia cattolica come colpevole dell'opposizione contro l'aborto. Questo argomento fu ripetuto all'infinito. Diffondemmo ai media bugie del tipo «tutti sappiamo che l'opposizione all'aborto viene dalla Gerarchia e non dalla maggioranza dei cattolici» e «i sondaggi dimostrano ripetutamente che la maggior parte dei cattolici vuole la riforma della legge sull'aborto». I mediabersagliarono insistentemente il pubblico americano con queste informazioni, persuadendolo che qualsiasi opposizione alla liberalizzazione dell'aborto doveva essere sotto l'influenza della Gerarchia ecclesiastica e che i cattolici favorevoli all'aborto erano illuminati e lungimiranti. Da questa affermazione propagandistica si deduceva che non esistessero gruppi antiabortisti non cattolici; il fatto che altre religioni cristiane e non cristiane fossero (e ancora sono) unanimemente antiabortiste era costantemente sottaciuto, allo stesso modo delle opinioni pro-life espresse da atei.

abortisti - preti basta
Anni '70: durante un corteo femminista in favore della liberalizzazione dell'aborto, una povera bambina viene usata per esprimere con una cartello tutto l'anticlericalismo del movimento abortista che vorrebbe «democraticamente» zittire la voce della Chiesa cattolica sulla sacralità della vita fin dal concepimento.

 
l La terza strategia fu la denigrazione e la soppressione di tutte le prove scientifiche del fatto che la vita ha inizio dal concepimento
 
Spesso mi viene chiesto che cosa mi abbia fatto cambiare idea. Come, da esponente abortista di punta, mi sono trasformato in un difensore pro-life? Nel 1973, sono diventato direttore di Ostetricia in un grande ospedale di New York City e ho fondato l'unità di indagine prenatale, proprio quando stava prendendo il via una nuova grande tecnologia che oggi usiamo quotidianamente per studiare il feto nell'utero. Una delle principali tattiche pro-aborto è insistere sull'impossibilità di definire quando la vita abbia inizio, e che questa sia una domanda di carattere teologico o morale o filosofico, ma non scientifico. La fetologia ha reso innegabilmente evidente che la vita inizia dal concepimento e che richiede tutta la protezione e la salvaguardia che ognuno di noi desidera per sé stesso. È chiaro che la liberalizzazione dell'aborto è la deliberata distruzione di quella che indiscutibilmente è una vita umana. È un inaccettabile atto di violenza mortale. Si può comprendere che una gravidanza non pianificata sia uno straziante dilemma, ma cercare la soluzione in un deliberato atto di distruzione significa buttare via l'infinita ricchezza dell'ingegno umano e sottomettere il bene pubblico alla classica risposta utilitaristica ai problemi sociali. Come scienziato so - non «credo», ma «so» – che la vita ha inizio con il concepimento. Benché io non sia praticante, credo con tutto il cuore alla sacralità dell'esistenza che ci impone di fermare in modo definitivo ed irrevocabile questo triste e vergognoso crimine contro l'umanità.

piedino di un bimbo ucciso
Sopra: il piedino minuscolo, ma già perfettamente formato, di un bambino a cui è stata negata la vita in nome della «libertà di scelta».

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Note

titolo cinquanta domande e risposte sull'aborto
postato: 28 aprile 2012

l'olocausto dell'aborto

l Conclusione



congiura del silenzioIn ogni civiltà degna di questo nome, e tanto più in una nazione che ha conosciuto e abbracciato il cristianesimo, il popolo dovrebbe intervenire con vigore e tenacia sulle autorità, esigendo da loro che proteggano, con la pienezza del loro potere, la vita di tutti i cittadini innocenti: non solo quelli già nati, ma anche i nascituri. Invece, sul problema dell'aborto pesa una generale congiura del silenzio, ordita dai nemici della vita, che estingue sul nascere ogni reazione o perlomeno le impedisce di ottenere risultati considerevoli. Questo silenzio svolge il ruolo di un anestetico per assopire le coscienze, distogliendole dalla «strage degli innocenti» iniziata in Italia nel 1978 con l'approvazione della famigerata legge nº 194 che ha legalizzato l'aborto. Questo silenzio non viene rotto nemmeno quando bisognerebbe fare un bilancio e un vaglio critico dell'applicazione della legge abortista. Con il passare degli anni, le coscienze degli italiani, anche di tanti cattolici, si stanno abituando all'aborto, perlomeno considerandolo come una cosa «inevitabile»; e, come si sa, sulle cose inevitabili il giudizio morale tende ad astenersi e in fin dei conti a giustificarle. Il nostro articolo intende contribuire a rompere la congiura del silenzio e a risvegliare le coscienze, preparando una necessaria riscossa pubblica che non sia più solo e genericamente «in difesa della vita», ma anche e specificamente contro l'aborto. Occorre  unire le forze ancora vigili per organizzare una grande crociata per la vita. In questa battaglia epocale, la nostra arma più grande è la verità: quella verità donataci dallo stesso Dio che ci ha donato la vita, quella «verità che ci farà liberi» (Gv 8, 32). Questo scritto ci arma con le verità che ci permettono di vincere i sofismi degli abortisti, opponendo slogan a slogan. La sua lettura è utile non solo a coloro che condividono l'impegno in difesa della vita, ma anche a tutti quelli che cercano sinceramente la verità. Facciamo dunque nostra questa fiduciosa e ardente preghiera scritta dal beato Papa Pio IX (1792-1878): «Dolcissimo Gesù, nostro divino Maestro! Voi che sempre vanificaste le infami astuzie con le quali i farisei vi assalivano! Distruggete le trame degli empi e di tutti quelli che, nella meschinità del loro animo, cer­cano di sedurre e traviare il vostro popolo con le loro false sottigliezze. Illuminate tutti noi, vostri discepoli, con la luce della vostra grazia, affinché non ci accada di venir corrotti dall'astuzia dei sapienti di questo mondo, che diffondono ovunque i loro funesti sofismi tentando di trascinare anche noi nell'errore. Concedeteci una luce della fede così forte da smascherare le insidie degli empi, credere fermamente ai dogmi della vostra Chiesa e respingere con costanza le massime ingannevoli. Così sia».
 

«Colui che ha sparso il sangue dell'uomo, dall'uomo vedrà sparso il proprio sangue, perché è a propria immagine che Dio ha creato l'uomo» (Gn, 9, 6).

Domanda nº 1Che cos'è un aborto?

Risposta nº 1: L'aborto è il procedimento volontario che interrompe lo sviluppo del bambino durante la gravidanza nell'utero materno, fatto con lo scopo di sopprimerne la vita. «Aborto significa l'espulsione di un feto o embrione vivo di una donna allo scopo di sopprimerlo» 2. Benché la morte involontaria di un nascituro sia definita, in termini medici, come «aborto spontaneo», questa tragedia, chiamata con maggior compassione «falso parto», non è l'argomento di questo articolo; qui ci occupiamo solo dell'aborto volontariamente provocato. Quando il nascituro viene ucciso nell'utero materno, si tratta di un vero e proprio assassinio, tanto che si può parlare di omicidio prenatale. Tuttavia, quando il bimbo, essendo nato vivo, viene ucciso dopo il parto, si tratta di un infanticidio.

bambino ucciso mediante aborto procurato

Domanda nº 2Quali sono i metodi usati per uccidere il nascituro durante i primi tre mesi della sua vita uterina?

Risposta nº 2: I metodi per abortire i nascituri entro il termine fissato dalla legge comprendono gli abortivi, l'espulsione per aspirazione e quella per raschiamento.

Domanda nº 3Che cos'è un abortivo?

Risposta nº 3: Un abortivo è ogni prodotto farmaceutico, chimico, od ogni dispositivo che provoca la morte del nascituro, talvolta in­tossicandolo direttamente. In questa categoria sono compresi la «pillola del giorno dopo», la «spirale» e la pillola RU 486.

Domanda nº 4: La pillola RU 486 è una facile soluzione alla controversia sull'aborto?

Risposta nº 4: In Francia e in Gran Bretagna, un potente steroide sintetico è stato utilizzato per provocare l'aborto nelle madri incinte da cinque a sette settimane. Negli Stati Uniti, l'Ufficio per il Controllo Farmaceutico e Alimentare ha pubblicato una nota d'allarme riguardo la pillola RU 486, proibendone l'importazione ad uso personale, poiché essa comporta un pericolo per la donna. Ancora poco tempo fa, prima di cedere il brevetto della pillola, la casa farmaceutica che la produceva (la francese Roussel Uclaf) raccomandava di usarla solo tenendo pronto l'occorrente per una eventuale rianimazione d'urgenza. «La RU 486 non è di facile uso», ammetteva Edward Saking, ex P.D.G. della Roussel Uclaf, «una donna che voglia porre fine alla propria gravidanza con questo metodo, deve "vivere" col proprio feto abortito durante almeno una settimana. Si tratta di una spaventosa prova psicologica».

ru-486
 
Domanda nº 5Come viene praticato l'aborto mediante aspirazione?

Risposta nº 5: Nel metodo mediante aspirazione, l'orifizio esterno del collo uterino viene progressivamente allargato; una cannula vuota viene introdotta all'interno dell'utero, allo scopo di estrarre il nascituro mediante aspirazione, espellendolo all'esterno. Questa aspirazione è prodotta da un apparecchio simile all'aspirapolvere domestico, ma molto più potente. La morte del nascituro viene provocata smembrandogli le braccia e le gambe. I resti fetali vengono trasformati un una marmellata sanguinolenta. Questo è il metodo più frequentemente usato.

aborto per suzione
 
Domanda nº 6Come viene praticato l'aborto mediante raschiamento?

Risposta nº 6: Nel metodo di dilatazione e raschiamento, un lungo strumento, la cui estremità forma un affilato cucchiaino, viene introdotto nell'utero per raschiarne le pareti eliminandone così il contenuto. Questo metodo, a volte aiutato dall'aspirazione, viene utilizzato per curare chirurgicamente le emorragie delle donne non gravide. Esso quindi non è di suo abortivo.

aborto per raschiamento

Domanda nº 7Quali metodi vengono usati per uccidere i nascituri dal terzo al nono mese di vita uterina, in quei Paesi che lo autorizzano?

Risposta nº 7: I procuratori di aborti usano vari metodi per uccidere i nascituri durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza. Essi comprendono dilatazione ed espulsione, iniezione di una soluzione ipertonica di sale, uso delle prostaglandine, isterotomia e aborto mediante nascita parziale.

Domanda nº 8Come funziona il metodo di aborto mediante dilatazione ed espulsione?

Risposta nº 8: Nel caso della dilatazione ed espulsione, il collo uterino viene dilatato a forza. L'apertura deve qui essere maggiore di quella adoperata nel metodo per aspirazione usato nel primo trimestre di vita, in quanto la vittima da smembrare ha già dalle tredici alle ventiquattro settimane, e quindi è di maggiore taglia. Siccome le ossa del nascituro sono più solide, si usano pinze per smembrarle (dapprima braccia e gambe, poi la schiena). Infine viene frantumato il cranio, per poter estrarre la testa mediante aspirazione. I resti fetali possono essere estratti con un forcipe ad anello. Durante questa procedura, nessuna anestesia viene praticata sul nascituro, poiché l'agonia di questa vittima indifesa deve ad ogni costo essere negata.

aborto per dilatazione ed espulsione

Domanda nº 9Come può essere usata, per provocare un aborto, una soluzione ipertonica di sale?

Risposta nº 9: Questo metodo consiste nell'iniezione di una soluzione ipertonica di sale (comunemente ma scorrettamente detta salina). Un ago lungo otto centimetri fora la parete dell'addome e quella dell'utero, estraendo 60 cl. di liquido amniotico e poi iniettando 200 cl. di soluzione ipertonica di sale nella cavità che racchiude il nascituro. Abituato al piacere di bere il liquido nel quale è immerso, il nascituro fà l'esperienza del gusto amaro del fatale veleno. A poco a poco il sale gli brucia la pelle, la gola e gli intestini; egli cerca invano di fuggire, rivoltandosi da un lato all'altro dell'utero con violente contorsioni. La sua atroce agonia può durare delle ore. Infine, il feto viene espulso dalle viscere materne; il suo corpo appare rosso dalle bruciature, per cui alcuni procuratori di aborto parlano di «effetto caramello».

aborto mediante iniezione di soluzione salina

Domanda nº 10Che cos'è un aborto mediante prostaglandine?

Risposta nº 10: Le prostaglandine sono ormoni che provocano le contrazioni del parto. Esse possono essere iniettate nel liquido amniotico o somministrate sotto forma di compresse vaginali. Di conseguenza, la madre subisce un parto prematuro, generando un feto nato-morto, oppure troppo piccolo per poter sopravvivere fuori dall'utero. A questo punto il bimbo viene semplicemente lasciato senza cure e quindi muore.

aborto mediante prostaglandine

Domanda nº 11Come può una isterotomia diventare una pratica abortiva?

Risposta nº 11: Nel caso di un'isterotomia, come per quello del parto cesareo, l'addome e l'utero materni vengono aperti chirurgicamente. Ma mentre il taglio cesareo viene praticato per salvare la vita del nascituro, l'isterotomia viene invece praticata per sopprimerla. Alcuni medici usano la placenta per soffocare il bimbo.

aborto per isterotomia

Domanda nº 12Che cosa si intende per «aborto mediante nascita parziale»?

Risposta nº 12: L'aborto mediante nascita parziale comporta l'estrazione di un feto dal collo dell'utero, prendendolo per i piedi tutto intero tranne la testa. Il chirurgo poi affonda delle forbici alla base del cranio, le apre al massimo per dilatare l'orifizio e mediante aspirazione estrae il capo. In forza della testimonianza di una infermiera che, avendo assistito a vari aborti di questo tipo, aveva dichiarato che i legislatori dovrebbero essere costretti ad assistervi prima di legalizzarli. La Camera dei Deputati statunitense ha votato una legge che vieta questo tipo di aborto, sotto pena della prigione e di una multa.

aborto mediante nascita parziale

Domanda nº 13L'aborto è un atto chirurgico sicuro?

Risposta nº 13: I fautori dell'aborto mentono alle donne quando fanno loro credere che l'aborto legale è per ciò stesso sicuro. Le statistiche dimostrano che la realtà è ben diversa. Molte donne, che pretendono di ottenere con l'aborto «la libertà riproduttiva», possono compromettere o perdere del tutto e definitivamente le loro facoltà riproduttive, restando sterili a vita. Anche usando le migliori tecniche chirurgiche, nella fase dell'aspirazione o del raschiamento, quando la plastica e il metallo degli strumenti vengono messi a contatto con i tessuti delicati dell'utero, può derivarne una lesione degli organi interni. Ma anche se non avvengono lesioni, l'aborto può danneggiare il sistema immunitario.

Domanda nº 14: L'aborto è il solo danno che mette in pericolo il nascituro nel ventre materno?

Risposta nº 14: No: il bimbo può essere vittima di un infanticidio. L'innesto del tessuto fetale, che necessita l'utilizzazione di un feto vivo per recuperarne i tessuti viventi, viene talvolta fatto passare per un aborto. Ma questi tessuti non vengono prelevati da un feto, poiché si tratta in realtà di un bimbo vivo, per cui qui si tratta di un infanticidio o di una eutanasia a fine utilitaristico.
 
Domanda nº 15: Non è più rischioso condurre a termine una gravidanza piuttosto che abortire?

Risposta nº 15: Tutt'altro. É stato verificato che la gravidanza è più sicura dell'aborto, sia nella prima che nella seconda metà della fase. Le statistiche spesso citate per sostenere l'argomento contrario sono ingannevoli. Gli abortisti paragonano sistematicamente il tasso di mortalità delle madri (nel caso di aborto provocato nelle prime dodici settimane di gravidanza) con il tasso di mortalità delle madri durante l'intero periodo di gestazione, al momento del parto, come pure del periodo che ne segue; inoltre, per sovrappiù, in quelle statistiche viene conteggiato anche il tasso di mortalità in caso d'incidenti o di malattia. Comparare i rischi dell'aborto praticato nelle prime due settimane di gravidanza con i rischi del parto nei nove mesi, è ingannevole e anti-scientifico.
 
Domanda nº 16: Quali complicazioni possono sorgere in una madre per causa dell'aborto?

Risposta nº 16: Una donna che si sottopone ad un aborto può sviluppare, fra le altre, le seguenti patologie:
  • Emorragia. In un'epoca in cui il sangue può trasmettere il virus dell'AIDS, l'emorragia uterina può mettere in pericolo la vita della madre; le donne che abortiscono possono infatti aver bisogno di trasfusioni di sangue, a causa di serie emorragie. Per questa ragione, anche la pillola RU 486 richiede una stretta sorveglianza, perché comporta il rischio di emorragia.
  • Infezione. Se dopo l'aborto nell'utero rimangono parti del feto, o se gli strumenti chirurgici usati non erano ben sterilizzati, la madre rischia la sterilità definitiva per colpa di una infezione delle tube uterine.
  • Lesione del collo uterino. Gli strumenti utilizzati per dilatare il collo uterino possono danneggiarlo, provocando nelle future gravidanze l'insorgere di aborti spontanei oppure nascite premature. Anche gli aborti chimici possono portare a futuri aborti spontanei.
  • Perforazione dell'utero. Un aborto mediante raschiamento può perforare la parete uterina provocando una infiammazione (peritonite); questo può costringere ad un intervento chirurgico che asporti l'intero utero, rendendo la donna definitivamente sterile.
  • Perforazione dell'intestino. Durante un aborto mediante aspirazione o raschiamento, una manovra errata può far sì che lo strumento perfori non solo l'utero ma anche il colon; si rende allora necessaria una operazione chirurgica (resezione) per asportare la parte dell'intestino rimasta danneggiata.
Domanda nº 17: Quali ulteriori complicanze possono essere provocate da un aborto?

Risposta nº 17: Anche se non viene colpita da complicanze immediate, la madre che abortisce può subire conseguenze tardive, fra le quali:
  • Nascita di bimbi morti o handicappati. Le donne il cui sangue ha il fattore RH negativo e che non ricevono un anti-siero (RHo (D) immunoglobulina), possono reagire al sangue di tipo RH positivo del padre, facendo correre ai nascituri il rischio di un'eccessiva distruzione dei loro globuli rossi (malattie emolitiche), conducendoli a morire prima del parto o a nascere handicappati.
  • Infiammazione pelvica. La malattia infiammatoria del bacino è «una malattia grave, abituale conseguenza dell'aborto, nel 30% deibambino prematurocasi del quale viene segnalata». Questa infiammazione può condurre ad aborti spontanei, alla sterilità e a dolori pelvici cronici.
  • Aborto spontaneo. Le donne che hanno abortito sono soggette agli aborti spontanei, con un tasso più elevato del 35% in rapporto alle donne che non hanno abortito.
  • Parto difficile. Le donne che hanno abortito sono soggette a complicanze nei futuri parti e/o nelle future gravidanze.
  • Nascita prematura. Le nascite premature sono da due a tre volte superiori nelle donne che hanno abortito, in rapporto a quelle che non hanno mai abortito.
  • Cancro al seno. Vi sono gravi timori che l'aborto possa aumentare il rischio del cancro al seno, in particolare se ad essere abortito è il primo figlio. «Le donne che abortiscono al primo trimestre di gravidanza raddoppiano il rischio di contrarre un cancro al seno, in rapporto alle donne che portano a termine la loro gravidanza».
  • Gravidanza extra-uterina. Nella gravidanza extra-uterina il feto si sviluppa nelle tube di Falloppio, piuttosto che nell'utero, mettendo quindi la madre in pericolo di morte in caso di esplosione di una tuba. Un rilevante tasso di crescita delle gravidanze extra-uterine è stato constatato nelle donne che hanno abortito. Gli studi dimostrano che il rischio di una gravidanza extra-uterina raddoppia dopo un primo aborto e si quadruplica dopo un secondo. Il pericolo aumenta con la pillola RU 486, che è inefficace sulle gravidanze extra-uterine, creando una falsa impressione (inducendo all'emorragia) che la madre non è più incinta.
Domanda nº 18: Un aborto può condurre la madre a problemi di tipo psicologico?

Risposta nº 18: Sì, l'aborto può produrre gravi problemi di tipo emotivo, psicologico o psichiatrico:
  • Perdita di autostima. La donna che ha abortito sente di avere violato la propria missione di madre e di difensore della vita; ne deriva un sentimento di disistima che può arrivare fino al disprezzo di sé.
  • Sentimento di colpa. In molte donne, si constatano profondi sentimenti di colpa e anche di amore per il figlio «che avrebbe dovuto nascere». Se poi la donna cerca di negare o di rimuovere la propria colpevolezza, le conseguenze diventano più gravi per lo sforzo fatto di soffocare la coscienza turbata.
  • Rimpiantoansia e depressione. In rapporto alle donne adulte, le giovani sono più portate a soffrire di postumi psicologici a breve termine. Anche se la prima reazione di una donna che ha abortito è quella di sollievo, ben presto sopravvengono sentimenti di rimpianto, di ansia e di depressione.
  • Sindromi post-abortive. Non di rado la donna reagisce all'aborto in modo simile al turbamento da stress post-traumatico che si riscontra nei reduci di guerra. Spesso i primi sintomi si manifestano vari anni dopo l'aborto, quando la donna comincia a segnalare problemi mai verificatisi prima, come disistima di sé, intorpidimento della sensibilità, flash-back, difficoltà di concentrazione, insonnia. Il Dr. Vincent Rue, uno psichiatra americano che da un ventennio studia le sindromi post-abortive, aggiunge altre conseguenze: «depressione, inclinazione al suicidio, rottura delle relazioni sociali, uso di droga, abuso di alcool, problemi sessuali, fobie, gravidanze isteriche, sterilità e anoressia».
depressione dopo l'aborto

Domanda nº 19: La madre che ha abortito è la sola a soffrire di turbamenti da stress post-traumatico dovuti all'aborto?

Risposta nº 19: No. La ricerca dimostra che spesso anche il padre subisce gravi reazioni negative, quando si rende conto che suo figlio è stato ucciso. La sofferenza del padre è ancor più grave, quando egli è contrario all'aborto e peggio ancora quando la legge - che stabilisce la madre come unico arbitro della gravidanza - gli vieta di proteggere la vita del proprio figlio in arrivo. Un padre in questa situazione ha espresso il proprio sconvolgimento emotivo con queste parole: «Probabilmente avete letto una cosa simile riguardo i sentimenti di colpa irrisolti e le emozioni represse provati dai reduci della guerra del Vietnam. Questo si chiama "turbamento da stress post-traumatico". Insomma, è il risultato dello sforzo fatto per cancellare o reprimere l'intensa reazione alla morte e alla violenza che li circondava. Questa reazione è della stessa natura della mia, in seguito all'aborto praticato sulla mia donna. Quando siamo usciti dalla clinica dopo l'aborto, non era tutto finito per me».
 

«Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai intessuto nel seno di mia madre. Io ti lodo perché mi hai fatto in modo meraviglioso; sono stupende le tue opere. Tu conosci a fondo la mia vita; non ti fu ignota la mia natura, quando venni creato nel profondo e venni formato nell'occulto» (Sl 138, 13-14).

Domanda nº 20: In quale momento inizia la vita?

Risposta nº 20: Ecco una domanda-trappola, se non definiamo i termini usati. Propriamente parlando, la vita (in astratto) non inizia: essa viene trasmessa da cellule viventi derivate da altre cellule viventi; questa continuità della vita è il postulato fondamentale della biologia. Tuttavia, la vita (in concreto) ha effettivamente un inizio. La questione che determina la natura dell'aborto è dunque la seguente: «Quando inizia la vita umana?» Vale a dire: «Quando inizia la vita di un uomo»? La biologia dimostra che la vita di un nuovo essere umano inizia nel momento della fecondazione, ossia nella fusione tra lo spermatozoo del maschio e l'ovulo della femmina. L'unione di ventitre cromosomi del gamete maschile con ventitre cromosomi del gamete femminile produce una nuova cellula di quarantasei cromosomi. «Questa cellula viene chiamata zigote; essa contiene un nuovo codice genetico, che produce un individuo differente dal padre e dalla madre e da ogni altra persona nel mondo». Ciò avviene dalle dodici alle diciotto ore dopo il rapporto sessuale.

Domanda nº 21Volete dire che una sola cellula costituisce già un essere umano?

Risposta nº 21: Sì. L'embriologo Keith LMoore ha dichiarato: «Ognuno di noi ha iniziato la propria vita in un unico zigote monocellulare». Come afferma un noto manuale di ostetricia, il bimbo appena concepito ha il proprio patrimonio genetico, distinto da quello del padre e della madre. Sul piano biologico, lo zigote non è affatto un essere impersonale, ma è lui o lei in miniatura, poiché la sua mono-cellula è maschile o femminile. Lui o lei è già un essere umano nuovo, unico e completo. Unico, perché non è mai esistito in passato e non esisterà mai più in futuro un essere identico a lui. Come hanno affermato i medici Landrum Shettles(1909-2003) e David Rorvik«il concepimento conferisce la vita rendendola una vita unica nel suo genere». Completo, perché il codice genetico (genotipo) dello zigote contiene l'informazione su tutte le caratteristiche del nuovo essere umano: statura, colore degli occhi, dei capelli e della pelle, eccetera. «Il genotipo - ossia le caratteristiche ereditarie di un essere umano unico - è stabilito al momento del concepimento e resterà in vigore durante tutta la vita del nuovo individuo». Se dunque la cellula fecondata è già un individuo umano, essa è già anche una persona umana, sebbene le sue facoltà spirituali non siano ancora sorte, forse per il fatto che l'anima non è ancora giunta a costituire la spiritualità umana. In una visione corretta della persona, infatti, l'anima non può essere contrapposta dualisticamente al corpo, ma i due elementi dell'essere umano devono essere considerati come indissolubili. Non è quindi possibile distinguere l'individuo dalla persona, immaginando uno zigote che non sia ancora essere umano; l'inizio della persona umana deve coincidere con quello della vita biologica.

keith l. moore
landrum shettles
david rorvik
Keith LMoore
Landrum Shettles
David Rorvik


Domanda nº 22Lo zigote non è solo una potenzialità di essere umano?

Risposta nº 22: No. Lo zigote non è una potenzialità di essere umano, ma semmai è un essere umano in potenza di diventare adulto. Si può dire che lo sperma e l'ovulo, prima della loro fusione, costituiscono una potenzialità di essere umano; ma una volta che la loro fusione è avvenuta, esso costituisce già un vero essere umano, anche se con molte potenzialità ancora inattuate.

Domanda nº 23Questa nuova cellula non è solo un abbozzo di uomo?

Risposta nº 23: Questo paragone è diffuso fra gli abortisti, ma è evidentemente assurdo. Un abbozzo è solo un progetto architettonico, fatto su cartone, che da solo non si trasformerà mai in una casa o in un'altra struttura, per quanto lo si possa perfezionare. Per contro, il feto si svilupperà autonomamente fino a nascere e a diventare un uomo adulto, se non viene abortito. Dunque, distruggere un abbozzo non è la stessa cosa che distruggere un edificio; invece, distruggere uno zigote equivale ad uccidere un essere umano già esistente.

sviluppo fetale
 
Domanda nº 24In quale momento avviene l'annidamento dello zigote?

Risposta nº 24: Dopo il concepimento, lo zigote inizia a muoversi per raggiungere l'utero e insediarvisi. Circa sedici giorni dopo la fecondazione, il processo di divisione cellulare e già cominciato e lo zigote si annida nel nido nutritivo dell'utero (endometrio). «A partire dal settimo giorno, comincia un autentico rapporto tra la madre e il figlio», scrive il Dr. E. Bleche-Shmidt. L'annidamento si compie attorno al dodicesimo giorno dopo la fecondazione.

Domanda nº 25Si può dire che, prima dell'annidamento nell'utero, esiste solo un «pre-embrione» privo di natura umana, per cui si può parlare di essere umano solo dopo questo annidamento?

Risposta nº 25: Niente affatto. Questa tesi è anti-scientifica e serve solo a giustificare cinicamente la manipolazione dell'embrione nelle sue prime settimane di vita, negandogli la dignità umana. In realtà, nulla è cambiato nell'embrione una volta che si è annidato nell'utero: ha solo occupato la sua prima casa; potremmo forse dire che un uomo è tale solo dopo che alloggia in un'abitazione, emarginando così i senza-tetto in una categoria pre-umana? Si pretende anche che l'annidamento segni l'inizio della vita umana, in quanto con esso si stabilisce un rapporto biologico tra l'embrione e sua madre. Ma non è il rapporto con qualcuno a costituire l'essenza di un uomo, bensì al contrario è l'esistenza di una vita umana a rendere possibile un rapporto bilaterale; per avere rapporti con qualcuno bisogna prima essere qualcuno. Nella natura dell'embrione nulla è cambiato nel passaggio dalla fase precedente a quella successiva all'annidamento; dunque si tratta dello stesso essere umano; e del resto, se così non fosse, quella madre non avrebbe rapporti con qualcuno ma con qualcosa.
 
Domanda nº 26Le cellule del figlio non provengono dalle cellule della madre?

Risposta nº 26: No. Secondo la biologia e la genetica, è l'embrione che, con una vera esplosione di vitalità, intraprende il proprio autonomo sviluppo nelle viscere della madre. Il Dr. Bart Heffernan descrive questa fase dinamica dello sviluppo: «Fin dal concepimento, il figlio è un individuo complesso, dinamico, dalla crescita rapida. Mediante un processo naturale e continuo, un solo ovulo fecondato si sviluppa in molti miliardi di cellule nel corso dei nove mesi [...]. Dopo l'ottava settimana, non rimane più nessun abbozzo (rudimento di organo embrionale); tutto è al suo posto e lo si ritroverà nel neonato».

Domanda nº 27Quand'è che l'embrione è «vitale»?

Risposta nº 27: Come pure molti termini lanciati dagli abortisti, anche quello della «vitalità» è ambiguo e quindi pericoloso. Se per «vitalità», s'intende la capacità del concepito di svilupparsi indipendentemente dalla madre, il buon senso ci porta a dire che allora non solo i nascituri, ma anche i neonati, per quanto possano essere sani e di grandezza giusta, non sono «vitali». Senza la costante cura da parte della madre o di altre persone che lo assistono, il neonato non sopravvive e muore ben presto. Ancora nel XX secolo, i bambini nati prematuramente prima del settimo mese di gravidanza morivano, perché le tecniche dell'epoca non avevano i mezzi adeguati per salvarli. Oggi noi siamo in grado di salvare un bebè nato al termine di sole venti settimane di gravidanza, e gli scienziati stanno lavorando per costruire una placenta artificiale che renderebbe «vitali» gli embrioni di appena dieci settimane. Come si vede, la categoria di «vitalità» non è in grado di identificare la natura umana di un essere vivente, ma solo di valutare la sua capacità di vita indipendente. Applicare questo concetto discriminatorio agli esseri umani nelle varie fasi della loro vita, conduce all'assurdo di condannare a morte mediante eutanasia, in quanto «non vitali», non solo i nascituri, ma anche le persone incapaci di vita indipendente come gli anencefali, i pazienti in coma, ecc...


 
Domanda nº 28In quale momento il cuore del nascituro comincia a battere?

Risposta nº 28: Al termine della terza settimana dopo la fecondazione, il cuore del nascituro comincia a battere, facendo circolare il proprio sangue, che può essere di un gruppo sanguigno diverso da quello materno.
 
Domanda nº 29Quand'è che il nascituro sviluppa il primo abbozzo del sistema nervoso?

Risposta nº 29: Lo sviluppo del sistema nervoso centrale ha inizio alla terza settimana dal concepimento; già alla quarta settimana, il nascituro manifesta attività riflesse complesse, come le reazioni motorie. Dopo la sesta settimana, il nascituro è già provvisto del cervello, tanto che l'elettroencefalogramma (EEG) può registrarne le onde cerebrali.
 
Domanda nº 30Alcuni dicono che si può parlare di vita umana solo quando, essendosi formato nel feto un abbozzo di sistema nervoso, il suo cervello emette le prime onde cerebrali, rilevabili dall'EEG. É questa una tesi accettabile?

Risposta nº 30: Niente affatto. L'umanità del feto non consiste nella sua capacità di emettere onde cerebrali, come l'adulto non è uomo solo se è capace di pensare; altrimenti dovremmo negare la dignità umana ai cittadini anencefalici (ossia privi di cervello) o ai pazienti in coma che non danno segni elettrici all'EEG, condannandoli quindi all'eutanasia. Più in genere, non bisogna scambiare l'esistenza della vita con la mera capacità di dar segni di vita, né la razionalità umana con la mera vitalità cerebrale. Come il feto è uomo anche prima di annidarsi nell'utero o di palpitare, così lo è anche prima di emettere onde cerebrali, anche se le sue facoltà vitali possono attuarsi solo progressivamente, manifestandosi con crescenti segni esterni rilevabili dagli apparecchi clinici.
 
Domanda nº 31Potete descrivere la vita intra-uterina del nascituro?

Risposta nº 31: La vita intra-uterina è stata ben descritta dal Dr. William Liley (1929-1983), il «padre della fetologia». Il nascituro, capace di ambientarsi e di tendere al proprio fine, s'impianta nella cavità spugnosa dell'utero e, imponendo la propria presenza, interrompe il ciclo mestruale della madre. Nei successivi duecentosettanta giorni, l'utero diviene la casa dell'embrione; per renderla abitabile, egli si produce una placenta e una capsula protettrice di fluido (liquido amniotico). Egli si muove con agilità e grazia nel suo mondo fluttuante. É sensibile al tatto, al gusto, alla temperatura, al suono e alla luce. Veglia o dorme; beve il suo liquido amniotico, con piacere se viene addolcito artificialmente, con dispiacere se gli si dà un sapore sgradevole; può avere il singhiozzo. Talvolta gesticola e si succhia il pollice. Si annoia perfino; ma si può sollecitarlo a rispondere ad un primo segnale e poi anche ad un secondo diverso. Infine, è lui a determinare il suo compleanno, perché l'inizio delle contrazioni del parto risulta da una iniziativa unilaterale del feto. É questo stesso feto che, come un paziente qualsiasi, può ammalarsi e necessitare di diagnosi e cure.

Domanda nº 32Il nascituro avverte il dolore?

Risposta nº 32: Certo: avendo il senso del tatto, il nascituro è sensibile al dolore. La nostra capacità di avvertire e reagire al dolore non comincia né dopo né durante la nascita. Nel corso degli ultimi decenni, i progressi nella rilevazione in tempo reale mediante gli ultrasuoni, la fetoscopia, l'EEG fetale, hanno dimostrato la considerevole recettività del nascituro: sensibilità al tatto, e dunque al dolore. Ha scritto l'ex presidente americano Ronald Reagan (1911-2004): «Dobbiamo renderci conto della realtà degli orrori che si verificano. I medici di oggi sanno che un nascituro, dentro le viscere della madre, può sentire una carezza, come può reagire al dolore. Ma quanti sono al corrente delle tecniche abortive che bruciano la pelle del feto con una soluzione salina, provocandogli una mortale agonia che può durare ore»?
 
Domanda nº 33: Che cos'è la nascita?

Risposta nº 33: Ha scritto il Dr. Jack Willke«La nascita consiste nell'uscita del bebè dal ventre della madre, tagliando il cordone ombelicale, e quindi nell'inizio di una vita fisicamente staccata dalle viscere materne. Alla nascita, la sola cosa che muta radicalmente è il sistema di supporto della vita del bebè. Il figlio non è diverso prima o dopo la nascita, eccetto il fatto che ha cambiato il proprio metodo di respirazione e di nutrizione. Prima di nascere, l'ossigeno e il nutrimento gli arrivavano dalla madre mediante il cordone ombelicale; dopo la nascita, l'ossigeno gli arriva dai propri polmoni e il nutrimento dal proprio stomaco, se è abbastanza maturo per essere così saziato».

 

«Tu non ucciderai con l'aborto il frutto del grembo e non farai perire il bimbo già nato» (Didaché Apostolorum, V, 2).

Domanda nº 34: Perché mai la legge dovrebbe intromettersi nel privato dominio della vita sessuale di una donna?

Risposta nº 34: Nella sentenza del cruciale processo Roe contro Wade, che nel 1973 ha legalizzato l'aborto negli Stati Uniti, la Corte Suprema americana si basò sul cosiddetto diritto alla protezione della vita privata, sancito e tutelato dalla Costituzione. Ma quello che avviene nell'intimità dell'utero materno non è una faccenda privata della donna; è la formazione e lo sviluppo di un essere umano che ha pieno diritto alla protezione legale. Quando questo viene minacciato di morte, si ha non solo il diritto ma anche il dovere d'interferire nella vita della madre per evitare l'omicidio del nascituro. L'intimità dell'utero non può dare alla madre una licenza di uccidere all'interno delle sue pareti, così come l'intimità di una casa non può dare al padrone un diritto di eseguire un omicidio dentro le sue mura. I pompieri e la polizia violano a pieno dirit­to la proprietà privata, per salvare la vita di persone che vi si trovano dentro, ad esempio abbattendo le porte delle case in fiamme per soccorrere coloro che vi sono rimasti imprigionati.

giustizia cieca
 
Domanda nº 35: Se l'aborto viola le vostre convinzioni morali e religiose, potete rifiutarlo. Ma non potete impedire ad altri di ricorrervi. Perché mai la legge dovrebbe imporre una certa moralità pubblica, violando l'autonomia delle coscienze e facendo decidere altri per loro?

Risposta nº 35: Una decisione resta personale solo nei limiti in cui si riferisce esclusivamente agli interessi e ai diritti della persona che decide. Ma se coinvolge gli interessi e i diritti esclusivi di altri, tale decisione non è più personale, ma delegata. Tuttavia nessuno può delegare un diritto che non gli appartiene, tanto più se è primario come quello alla vita. La vita infatti appartiene esclusivamente al suo Creatore e spetta a Lui, come il darla, così il riprendersela; per cui nessuno può sopprimere un essere umano innocente, nemmeno la madre. Sopprimere qualcuno in nome della libertà di gestire la propria vita privata, significa annientare la stessa ragion d'essere di ogni vita privata: ossia la dignità dell'uomo creato ad immagine di Dio. L'aborto, il massacro dei nascituri, non è una scelta privata, ma un crimine privato che grida vendetta davanti a Dio e agli uomini, reclamando giustizia. Come sarebbe assurdo tollerare che certi genitori commettano abusi sessuali sui loro figli, col pretesto che si tratta di una faccenda privata che avviene all'interno della famiglia, così è assurdo tollerare che una donna sopprima il figlio che porta in seno, col pretesto che si tratta di una faccenda privata che avviene all'interno del suo utero. Dopo tutto, l'aborto è l'abuso per eccellenza che una madre possa commettere verso suo figlio.
 
Domanda nº 36: Perché i diritti di un feto in gestazione dovrebbero prevalere su quelli di una donna adulta?

Risposta nº 36: Vi sono diverse categorie di diritti, che sono disuguali moralmente e giuridicamente; i diritti primari o originari devono prevalere su quelli secondari o derivati. Quello alla vita è il diritto primario e originario per eccellenza, senza il quale non è possibile esercitare tutti gli altri; esso va dunque difeso più e prima degli altri, che possono essergli sacrificati, se necessario, anche se teoricamente legittimi. Una madre che vuole abortire pretende di esercitare un proprio diritto secondario e derivato - quello di «gestire il proprio corpo» o di liberarsi da un «problema» - sacrificandogli il diritto primario e originario - quello di vivere - non proprio, ma altrui: cioè del figlio. Dunque, ella pretende di ottenere un proprio (discutibile) vantaggio facendolo però pagare al figlio, e al carissimo prezzo della vita, realizzando così l'esatto rovescio del sacrificio materno. Per questo la legge ha il dovere di vietare l'aborto: perché rovescia la gerarchia dei diritti-doveri.

femminismo abortista
 
Domanda nº 37: Ma la legge non dovrebbe almeno autorizzare un'eccezione: quella dell'aborto terapeutico, nel caso in cui la vita della madre sia in pericolo?

Risposta nº 37: Un medico che cura una donna incinta non ha un solo paziente ma ne ha due: la madre e il figlio. Non c'è nulla di «terapeutico» nel sopprimere volontariamente il secondo col pretesto di salvare la prima; uccidere non può costituire una terapia. Il Prof. Charles Rice, docente alla facoltà di Diritto dell'Università di Notre-Dame, sostiene che «non esiste situazione in cui l'aborto sia medicalmente necessario per salvare la vita della madre». Il Dr. Roy Hefferman, della Tufts University, ha dichiarato al Congresso dei Chirurghi Americani: «Chiunque pratichi un aborto "terapeutico" o ignora i moderni metodi di trattamento nei casi di complicanze nella gravidanza, oppure non ha volontà di usarsene». Del resto, il fine buono non giustifica l'uso di un mezzo cattivo: il sacrificio diretto del nascituro non è mai giustificato, anche se viene fatto nella presunzione di ottenerne un buon risultato. Non si può parlare invece di omicidio quando, pur tentando il medico di salvare sia la madre che il figlio, quest'ultimo muore per il semplice fatto di essere il più debole.
 
Domanda nº 38: Perché mai la legge dovrebbe favorire la vita del nascituro discriminando quella della madre già nata?

Risposta nº 38: La legge non può fare favoritismi discriminando una vita innocente rispetto ad un'altra ugualmente innocente. Ma proprio per questo essa deve proibire l'aborto, riflettendo il principio così saggiamente espresso da Papa Pio XII (1876-1958): «La vita umana innocente, quale che sia la sua situazione, dev'essere tutelata, fin dal primo momento della sua nascita, da ogni attacco volontariamente diretto. Questo principio si applica alla vita del nascituro come a quella della madre. La Chiesa non ha mai insegnato che la vita di un figlio dev'essere preferita a quella di sua madre. É un errore formulare la questione in questa alternativa: "O la vita del figlio o quella della madre". No: né la vita del figlio né quella della madre possono essere sottoposti all'atto di soppressione. Per l'uno come per l'altra, la sola esigenza necessaria può essere la seguente: mettere in opera tutti gli sforzi per salvare le due vite, tanto quella della madre che quella del figlio».
 
Domanda nº 39: La legge non dovrebbe permettere l'aborto almeno in caso di violenza sessuale o d'incesto?

Risposta nº 39: Una donna che è vittima di violenza sessuale ha diritto di resistere al suo aggressore. Ma il figlio che nascerà non è un aggressore, bensì la seconda vittima innocente; egli quindi non può essere ucciso per rimediare alla colpa commessa da suo padre. «Punire l'aggressore, non suo figlio»!, osserva giustamente Miriam Cain«Lo Stato dovrebbe semmai imporre la pena di morte ad ogni violentatore che ha commesso quel crimine, ma non all'innocente bebè che ne è la conseguenza. Aggiungere un secondo male al primo non produce un bene. Il figlio non deve pagare per il crimine commesso dal padre».

Domanda nº 40: La legge non dovrebbe permettere l'aborto almeno nel caso di un feto minorato, per evitargli l'infelicità di nascere handicappato e per risparmiare alla madre il problema di un figlio privo della «qualità della vita»?

Risposta nº 40: Come abbiamo detto, la dignità dell'uomo non dipende dalla perfezione delle funzioni vitali; ne deriva che la «qualità della vita» non dipende dalla sanità o integrità delle funzioni fisiche o psicologiche della persona. Un handicappato, anche se grave, non cessa per questo di essere uomo e quindi di avere diritto alla vita; egli merita - sia prima che dopo la nascita - la stessa protezione legale garantita a tutti gli altri cittadini. Chi gli nega questa protezione fomenta una odiosa discriminazione che mina le basi della convivenza civile. Non esiste alcuna distinzione ragionevole tra il massacro dei nascituri e quello dei nati handicappati. Sopprimere un nascituro per via dei suoi handicap costituisce un autentico caso di eutanasia prenatale. Il Dr. Eugene Diamond ha dichiarato: «La constatazione di anomalie genetiche durante la vita prenatale ha prodotto lo stesso effetto della creazione di una zona franca in cui si può liberamente tirare al bersaglio». L'argomento che pretende giustificare l'aborto per garantire la «qualità della vita» non è caritatevole, bensì criminale: in nome della qualità, esso pretende di sopprimere la vita per garantirne la «qualità». Inoltre, esso costituisce una grave illusione sulla possibilità di garantirsi tale «qualità». Il Prof. Jérôme Lejeune(1926-1994), noto genetista francese, riferisce questa significativa confidenza fattagli da un suo collega americano: «Tanti anni fa, mio padre era un medico ebreo che esercitava la professione a Brenau, in Austria. Un giorno nacquero nella sua clinica due bebè. Uno era un maschio forte e di buona salute, che emetteva potenti vagiti. L'altra era una femmina mongoloide, e i suoi genitori erano tristi. Ho seguito la vita di questi due bebè per quasi cinquant'anni. La bambina handicappata crebbe nella casa paterna e da adulta fu in grado di prendersi cura della madre, colpita da un attacco cardiaco, durante la sua lunga malattia. Non mi ricordo il nome di quella bambina. Invece mi ricordo bene il nome del bambino sano, perché egli da grande fece massacrare milioni di persone e morì in un bunker a Berlino. Il suo nome era Adolf Hitler».

eugene diamond
jérôme lejeune
Eugene Diamond
Jérôme Lejeune

Domanda nº 41: L'embrione sembra mancare di tutto quello che si attribuisce ad una persona umana: ragione, sentimenti, libertà, indipendenza. Dato che la personalità si sviluppa progressivamente, la legge non dovrebbe considerare il nascituro come una persona solo in potenza?

Risposta nº 41: Come l'esistenza della natura umana non dipende dallo sviluppo delle proprie potenzialità fisiche, così essa non dipende dallo sviluppo delle proprie potenzialità psicologiche (come la «personalità»); tutte queste potenzialità presuppongono l'esistenza della natura umana, ma non la costituiscono. Un uomo è persona ben prima di svilupparsi una propria «personalità». Dunque, non possiamo discriminare i nati o i nascituri in base al loro grado di sviluppo personale. Se così non fosse, dato che la personalità viene conseguita solo gradualmente, in un processo che continua anche dopo il parto e arriva fino all'adolescenza, allora sarebbe lecito sopprimere non solo i nascituri, ma anche i bambini e i fanciulli che risultassero «immaturi». La gravità dell'omicidio dipenderebbe dall'età della vittima: uccidere un bimbo di tre anni, che non ha ancora raggiunto l'uso della ragione, non sarebbe un crimine paragonabile a quello di uccidere un fanciullo di tredici anni. Oppure la gravità dell'omicidio dipenderebbe dalla maturità e consapevolezza della vittima: i nascituri, le persone mentalmente o psicologicamente handicappate, i malati in coma e tutte le altre categorie di persone in qualche modo minorate, verrebbero arbitrariamente private del riconoscimento di personalità e quindi del diritto a vivere; diventerebbe allora lecito ucciderle, non appena risultassero di peso per i parenti o per la comunità. L'iniziale sofisma sulla «personalità» finirebbe così col giustificare non solo l'aborto, ma anche l'infanticidio e l'eutanasia. Del resto, si potrebbe anche dire che la formazione della personalità non termina mai, per cui nessun essere umano riu­scirà a sviluppare completamente la propria personalità, diventando perfetto. Resterà sempre una persona incompiuta, mancando sempre di qualche elemento necessario per raggiungere questa pienezza. In ogni fase della vita l'uomo ha bisogno di svilupparsi, che si tratti dello sviluppo intellettuale, di quello educativo, di quello affettivo, di quello comunicativo, ecc... Se la personalità dipendesse dalla perfezione, si tratterebbe di un risultato mai conseguibile, di un'autentica utopia.
 
Domanda nº 42: Perché mai una legge «proibizionista» dovrebbe obbligare la donna ad una maternità che non accetta?

Risposta nº 42: Una legge che proibisce l'aborto non pretende certo di costringere la madre ad «accettare» un figlio indesiderato, ma vuole solo impedire che questo rifiuto si traduca in un omicidio. Una volta partorito, la donna può rifiutare il figlio facendolo adottare da qualcuno. Comunque, una donna incinta è già madre; il suo figlio già esiste. Come il corpo materno provvede organicamente al bambino che ha in seno, così la psicologia della donna deve adeguarsi alla realtà della maternità, accettando la responsabilità della nuova vita che ha fatto sorgere.
 
Domanda nº 43: Ma se la legge non permettesse l'aborto, le donne non verrebbero costrette ad abortire clandestinamente, rischiando così la vita?

Risposta nº 43: Le statistiche provano in maniera certa che, nei Paesi in cui l'aborto è stato legalizzato con l'illusione di prevenire gli aborti clandestini, non solo il numero di aborti ottenuti legalmente è aumentato in modo progressivo, ma il numero di quelli clandestini non è diminuito.
Il Dr. Christophe Tieze, un abortista, ammette: «Benché lo scopo principale delle leggi sull'aborto sia stato quello di ridurre l'incidenza degli aborti clandestini, questo risultato non è stato raggiunto. Al contrario, apprendiamo da varie fonti che gli aborti, sia legali che illegali, sono aumentati». Questo non deve meravigliare. Le donne che desiderano nascondere la loro gravidanza, ad esempio quando è frutto di un adulterio, preferiscono ricorrere alla clandestinità, perché né un pubblico ospedale né una clinica privata garantiscono quell'anonimato necessario per nascondere la loro colpa. Inoltre, le donne che desiderano abortire dopo il termine massimo concesso dalla legge, per quanto permissiva, non possono farlo apertamente e quindi ricorrono anch'esse alla clandestinità.

Domanda nº 44: I ricchi potranno sempre permettersi di abortire illegalmente senza rischi, mentre i poveri restano costretti a ricorrere ad una pericolosa e umiliante clandestinità. Non bisognerebbe quindi evitare questa discriminazione, concedendo ai poveri la «pari opportunità» di abortire con l'assistenza dello Stato, sia medica che economica?

Risposta nº 44: Permettere ai poveri di sopprimere i loro figli non significa concedere loro una «pari opportunità», ma semmai una «parità di crimine». Inoltre, il pubblico denaro dovrebbe favorire la vita, non la morte; dovrebbe essere speso per aiutare i figli dei poveri, non per sopprimerli. Come raccomanda il Prof.Charles Rice«le sovvenzioni pubbliche dovrebbero cessare non solo per gli aborti, ma anche per ogni attività organizzativa che propaganda e favorisce l'aborto. Nessuna di queste organizzazioni dovrebbe beneficiare di vantaggi fiscali».

aborto di classe
 
Domanda nº 45: Voi ammettete che certi aborti verrebbero praticati anche se la legge tornasse a proibirli. Ma allora lo Stato non dovrebbe rinunciare a promulgare divieti che non vengono rispettati?

Risposta nº 45: Da quando è possibile eliminare un male legalizzandolo? Vi sono leggi che proibiscono di saccheggiare le banche, eppure queste non cessano di essere prese di mira da bande armate. La rapina a una banca è un'attività traumatica e pericolosa: clienti, personale e rapinatori possono morire durante l'assalto. Allora lo Stato dovrebbe forse legalizzare il saccheggio delle banche, assicurando una pacifica e incruenta «distribuzione» dei risparmi bancari a beneficio dei rapinatori, illudendosi che costoro, accontentandosene, rientrino nella «legalità»? L'aborto è un crimine ben più grave dell'assalto alle banche, perché quello che ruba - la vita - è un bene ben più prezioso del denaro e inoltre non potrà mai più essere restituito né compensato. Dovremmo allora legalizzare questo crimine atroce?
 

«Il Signore ha fatto tutte le altre cose sulla terra per l'uomo; e l'uomo stesso, per ciò che riguarda il suo essere e la sua essenza, è stato creato per Dio, e non per alcuna creatura, sebbene, quanto al suo operare, è obbligato anche verso la comunità. Uomo è il bambino, anche non ancora nato, allo stesso grado e per lo stesso titolo che la madre [...]. Ogni essere umano, anche il bambino nel seno materno, ha il diritto alla vita immediatamente da Dio» (Pio XIIDiscorso alle ostetrichedel 29 ottobre 1951).

Domanda nº 46: É vero che ogni figlio ha diritto a nascere accettato e amato dai genitori?

Risposta nº 46: Ogni figlio ha innanzitutto diritto a nascere, altrimenti non verrà accettato o amato da nessuno. Dovrebbe anche nascere in una famiglia in cui sia accettato e amato; ma a questo ideale non si giunge permettendo di sopprimere i figli indesiderati, ma togliendo le cause che contribuiscono al loro rifiuto. Il Dr. Diamond, noto pediatra della Scuola Medica Stricht dell'Università di Loyola (Stati Uniti), osserva: «Molto viene fatto allo scopo di prevenire la nascita dei figli indesiderati. Ma mi sembra che qui c'è una confusione. Essa consiste nel non riu­scire a distinguere tra il figlio indesiderato e la gravidanza indesiderata. In quindici anni di esperienza nel campo del rapporto genitori-figli, ho solo rarissimamente incontrato una madre che domandasse di sbarazzarla del figlio una volta che l'aveva condotto dalla clinica a casa». Se una madre non desidera o non è capace di allevare il figlio che ha messo al mondo, l'alternativa moralmente accettabile non è quella dell'aborto bensì quella dell'adozione. Lo slogan «ogni figlio è un figlio desiderato» è uno slogan che significa che «ogni figlio non desiderato è un figlio soppresso». Una società civile deve rifiutare un tale barbaro slogan.

Domanda nº 47: Ma che fare della povera donna del «Terzo Mondo» che ha già tanti figli? Non ha forse ella un gran bisogno di ricorrere all'aborto?

Risposta nº 47: Questa domanda nasconde il sofisma materialistico che possiamo chiamare «aborto socio-economico». Proteggere le cosiddette «donne del Terzo Mondo», i poveri, gli emarginati, i discriminati, spingendoli o (peggio ancora) costringendoli all'aborto, come pretende di fare l'ONU, costituisce una flagrante contraddizione. Non è possibile migliorare le condizioni di vita puntando sulla promozione della morte. Incitare le povere donne del «Terzo Mondo» ad uccidere i loro figli non è un esempio di filantropia bensì promozione del genocidio. La stessa scienza economica ci assicura che non sono i na­scituri i responsabili della fame, dell'emarginazione, della discriminazione. Al contrario, la fertilità di un popolo può costituire uno dei fattori della sua ricchezza. É quindi del tutto ingiusto punire con la morte un bebè accampando pretesti socio-economici. Piuttosto, la società internazionale è obbligata a trovare una vera soluzione ai reali problemi del «Terzo Mondo». Essa deve proteggere la vita nascente, senza ricorrere all'ipocrita espediente di lavarsene le mani proponendo la falsa soluzione dell'aborto.

Domanda nº 48: Perché i difensori della vita non promuovono quell'«educazione sessuale» che, puntando sulla contraccezione, permetterebbe di evitare il ricorso all'aborto?

Risposta nº 48: Spesso si sente dire che la contraccezione porrebbe fine al dramma dell'aborto, e che quindi lo Stato dovrebbe promuovere la pianificazione delle nascite; un'«educazione sessuale» dovrebbe insegnare agli adolescenti ad usare in modo efficace i vari tipi di contraccezione, risolvendo così il problema delle gravidanze indesiderate o eccedenti. In realtà, la contraccezione non costituisce un'alternativa all'aborto, ma anzi ne promuove l'accettazione e la diffusione. Essa infatti favorisce una mentalità che ricerca il piacere e rifiuta il sacrificio, a qualunque costo; il figlio viene visto come un peso, un problema, un ostacolo alla propria «libertà» e «autorealizzazione». La contraccezione estingue nelle coppie il desiderio di avere figli e la volontà di accoglierli. Pertanto, quando la contraccezione fallisce od ostacola il piacere, le donne abortiscono senza scrupoli. La mentalità contraccettiva spinge dunque a moltiplicare gli aborti invece di eliminarli. Al contrario, le coppie che rifiutano la contraccezione sono molto meno facili a ricorrere all'aborto. Ha scritto Pedro Juan Viladrich«La vita umana e le sue origini sono naturalmente legate al comportamento sessuale della coppia umana. Quando la coppia, per una qualunque ra­gione, disprezza la vita, essa banalizza il rapporto sessuale; e quando questo è banalizzato, esso colpisce la vita umana».

no alla cicogna

Domanda nº 49: Uno Stato può legalizzare l'aborto, almeno a precise condizioni?

Risposta nº 49: Lo Stato non ha diritto di legalizzare l'aborto, con nessun pretesto e a nessuna condizione; non essendo padrone della vita umana innocente, esso non può sacrificarla a beneficio di pretesi interessi sociali o politici. Se legalizza l'aborto, lo Stato legalizza l'omicidio e commette un peccato sociale, minando quelle stesse basi della convivenza civile che dovrebbe tutelare. Il cittadino deve valutare una legge abortista come moralmente illecita e legalmente invalida, alla quale ha tutto il diritto di obiettare in coscienza, di opporsi civilmente e di chie­derne l'abrogazione. Non cambia nulla il fatto che uno Stato legalizzi l'aborto per decisione democratica di una qualche maggioranza, sia parlamentare che elettorale. La volontà popolare, anche se autentica, non ha diritto di stabilire ciò che è buono e giusto, né può trasformare il male in bene; essa può solo tollerare un male inevitabile ma non può legalizzare un male, nemmeno col pre­testo di evitarne uno maggiore.

Domanda nº 50: Ma se l'aborto è davvero un omicidio, come può la società tollerare un tale genocidio di milioni di persone all'anno?

Risposta nº 50: L'aborto esiste fin dai primordi della Storia umana. Come il peccato, esso ha radice nella ribellione dell'uomo a Dio: dal peccato originale commesso nell'Eden fino alle miriadi di peccati commessi oggi in tutto il mondo. Ma se i nostri antenati praticavano l'aborto o addirittura sacrificavano i loro figli a Moloch, le società civili cristiane dei secoli passati hanno condannato l'aborto come un crimine commesso contro Dio e contro l'uomo. La nostra epoca atea e materialistica abbassa il nostro livello di civiltà al di sotto di quello dei pagani, quando rifiuta l'eredità cristiana per inebriarsi nella ricerca assoluta del piacere. L'idolo del piacere, come il Moloch dei tempi antichi, reclama sacrifici umani; e l'aborto è un tipico esempio di come l'eros disordinato conduce a tanathos, alla morte e a quella forma di schiavitù che è il peccato.
 

Domanda: E sia, io condanno e rifiuto l'aborto; preserverò la mia famiglia da questo inganno e da questa piaga. Avrò così fatto tutto quanto e in mio dovere?

Risposta: No: preservare la propria famiglia non basta. Barricarsi nelle mura di casa non servirà a nulla, se non forse a ritardare un poco la nostra rovina, perché la cultura di morte penetra nelle nostre case, seduce le nostre anime e manipola le nostre coscienze, specie quelle dei giovani, con le arti sopraffine impiegate daimass-media e dalla loro propaganda. L'offensiva della cultura di morte è sociale e quindi richiede una controffensiva sociale; è il bene comune della società, e anche quello della Chiesa, che sono minacciati, per cui abbiamo il dovere d'impegnarci nel campo civile e religioso in difesa della famiglia, della patria e della Chiesa. Bisogna affrontare il problema alla radice e svellerne le cause. Queste cause sono innanzitutto culturali, morali e spirituali. Bisogna innanzitutto denunciare la «cultura di morte» nei suoi slogan, nei suoi sofismi, nelle sue seduzioni; poi bisogna lottare contro i suoi promotori, i propagandisti, i complici. Bisogna anche promuovere come alternativa la cultura della vita, che è in realtà la cultura della verità, quella che si basa sul dogma cristiano e che si esprime nei più nobili sentimenti morali e che si nutre delle virtù religiose e civili, specie quelle che rendono possibile e amabile il sacrificio. Ad eros bisogna sostituire l'autentico amore cristiano, a tanathos lo spirito di sacrificio. Così facendo, potremo restaurare, con l'aiuto di Dio, le basi della società cristiana, sconfiggendo i mostri del XX secolo che vorrebbero dominare anche il XXI. L'ora della nostra prova è giunta. Nell'opporci all'aborto e difendere la vita, dobbiamo usare l'eterno rimedio: ora et labora, prega e lotta. Noi dobbiamo pregare perché in definitiva tutto dipende da Dio, ma anche lottare come se tutto dipendesse da noi.

immacolata

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titolo quando inizia la vita umana?
piedi di un bimbo di dieci settimane
Nella foto sopra, i piedi minuscoli, ma perfettamente formati, di un
bambino alla decima settimana di gestazione.
«Oggi, il luogo più pericoloso al mondo è l'utero».
(Cardinale Jaime Lachica Sin (1928-2005), Arcivescovo di Manila, nelle Filippine 2)

«Il fatto che l'aborto e l'infanticidio diano luogo alla distruzione di esseri umani innocenti non è,
 in sé stessa, una ragione per considerare tali azioni come sbagliate».
(Michael Tooley, filosofo 3)



Ai nostri giorni, molte persone pensano erroneamente che l'aborto sia un problema eminentemente «politico» o «religioso». In realtà, non è così. Prima ancora, esso è un problema scientifico e, specificamente, un problema biologico. L'autorità scientifica che può dirci con certezza quando ha inizio la vita umana è la biologia. Ma spesso, le ultime persone consultate quando si cerca una risposta a questo riguardo sono proprio i feto di 9 settimanebiologi. Questa branca della scienza moderna è giunta ad una conclusione chiara, cristallina: la vita umana comincia al momento del concepimento. Si tratta di un fatto scientifico, non di una filosofia, di una speculazione, di un'opinione, di una congettura o di una teoria. Oggi, l'evidenza che la vita umana inizia fin dal concepimento è un fatto così ben documentato che nessuno scienziato intellettualmente onesto e informato o un medico possono negarlo. Nel 1973, la Corte Suprema concluse, nella sua sentenza al termine del famoso processo Roe v. Wade, che non era possibile dare una risposta certa al «difficile quesito» di quando ha inizio la vita. Perché mai? In sostanza, la Corte Suprema affermò: «È impossibile dire con certezza quando inizia la vita umana» 4. Così facendo, la Corte Suprema fuorviò il pubblico, e altri continuano a farlo oggi. Chiunque ha una certa familiarità con la storia recente della Corte Suprema sa che due anni prima di Roe v. Wade, nell'ottobre del 1971, un gruppo composto da 220 medici, scienziati e stimati professori sottoposero un fascicoloamicus curiæ 5 alla Corte Suprema. Essi dimostrarono alla Corte come la scienza moderna aveva già stabilito da tempo che la vita della creatura umana è un continuum, e che il bambino non nato, fin dal momento del concepimento, dev'essere considerato una persona come la madre 6. Il documento serviva a comprovare «come in modo chiaro e conclusivo la scienza moderna - l'embriologia, la fetologia, la genetica, la perinatologia e tutta la biologia - conferma l'umanità del bambino non nato» 7. Ad esempio, «nella settima settimana di gestazione, (il bambino non nato) ha già tutte le caratteristiche esterne familiari e tutti gli organi interni dell'adulto [...]. Il cervello in configurazione è già come quello di un adulto, ed emette gli impulsi che normalmente coordinano la funzione degli altri organi. Il cuore batte vigorosamente. Lo stomaco produce gli acidi digestivi. Il fegato produce le cellule sanguigne e i reni iniziano a funzionare estraendo acido urico dal sangue del bambino [...]. I muscoli delle braccia e del corpo sono già in grado di funzionare. Dopo l'ottava settimana [...], è già presente tutto ciò che ci sarà nel bambino giunto al termine dell'epoca gestazionale» 8. Questo breve documento provò scientificamente oltre ogni dubbio che la vita di un essere umano comincia fin dal concepimento e che «il non nato è una persona all'interno del significato espresso dal Quinto e dal Quattordicesimo Emendamento della Costituzione» 9. Infatti, prima di Roe v. Wade, quasi tutti i manuali medici e biologici ammettevano e insegnavano che la vita della creatura umana inizia al momento del concepimento. Che la vita dell'essere umano cominci fin dal concepimento era un fatto medico accettato, ma non necessariamente un fatto medico discusso. Ecco perché molti manuali non approfondirono questo problema. Ma molti altri lo fecero. Ad esempio, nel 1975,  Patrick A. Truemanpreparò un fascicolo sul nascituro da presentare alla Corte Suprema dell'Illinois. In esso, egli scrisse: «Presentiamo un affidavit di un professore di medicina che elencafeto di 8 settimane diciannove manuali riguardanti l'embriologia usati universalmente nelle odierne Università mediche, i quali concordano sul fatto che la vita umana inizi al momento del concepimento [...]. Questi manuali sono concordi sul momento in cui comincia la vita umana. Questa Corte non può non tenerne conto, perché ogni legge necessita di una base logico-biologica» 10. Dunque, nonostante la Corte Suprema fosse stata ampiamente informata circa l'evidenza scientifica, i suoi membri decisero di argomentare che tale evidenza (che il bambino non nato è completamente umano) era insufficiente. In realtà, la loro decisione rifletteva unicamente un'opinione e non un fatto scientifico. Anche durante l'acceso dibattito sull'aborto del 1970, i redattori della rivista scientifica California Medicine notarono «la curiosa elusione del fatto scientifico di cui tutti siamo a conoscenza, ossia che la vita dell'essere umano comincia al concepimento e che è un continuum sia dentro che fuori dall'utero materno fino alla morte»11. Anche venticinque anni dopo la rivoluzione dell'aborto che politicizzò un'opinione scientifica, spesso, gli attuali testi medici affermano che la vita umana ha inizio con il concepimento. Ad esempio, Keith L. Moore è professore e presidente del Dipartimento di Anatomia all'Università di Toronto, Facoltà di Medicina. Il suo testo, The Developing Human: Clinically Oriented Embryology («La creatura umana in sviluppo: embriologia clinicamente orientata»), è ampiamente utilizzato durante i corsi intensivi di embriologia medica. Questo testo asserisce: «I processi mediante i quali un bambino si sviluppa da una sola cellula sono miracolosi [...]. Lo sviluppo umano è un processo continuo che inizia quando un ovulo viene fecondato da uno spermatozoo. La crescita e la differenziazione trasformano lo zigote, un'unica cellula [...], in un essere umano adulto multicellulare» 12. Il riferimento a «processi miracolosi» in un testo scolastico non è affatto sorprendente. Anche un solo filamento di DNA di una cellula umana contiene informazioni equivalenti ad una biblioteca di circa 1.000 volumi. Secondo il Dr. Hymie Gordon, genetista capo alla Mayo Clinic, la complessità dello stesso zigote «è così grande che va oltre la nostra comprensione» 13.

patrick a. trueman
keith l. moore
hymie gordon
Da sinistra: Patrick A. Trueman, Keith L. Moore e Hymie Gordon.

Nel breve tempo di nove mesi, l'ovulo fecondato cresce e si trasforma in un essere vivente, in una persona che respira formata da 6.000.000.000 (6 miliardi) di cellule. Va anche detto che tutti i dizionari e le enciclopedie mediche affermano che l'embrione è umano. Fra i tanti che potremmo citare c'è il Dorland's Illustrated Medical Dictionary, il Taber's Cyclopedic Medical Dictionary, e l'Encyclopedia andovulo Dictionary of Medicine, Nursing and Allied Health, che definiscono l'embrione «una giovane creatura umana dal momento della fertilizzazione dell'ovulo fino all'inizio del terzo mese» 14. Nel 1981, il Congresso degli Stati Uniti condusse alcune udienze per rispondere alla domanda: «Quando comincia la vita umana»?Un gruppo di scienziati noti a livello internazionale sono apparsi davanti ad un sottocomitato giudiziario del Senato 15. Davanti al Congresso, la Dr.ssa Micheline Matthews-Roth, docente alla Harvard University Medical School, ha affermato: «In biologia e in medicina, è un fatto accettato che la vita di ogni organismo individuale che si riproduce mediante riproduzione sessuale inizi al concepimento» 16. Il Dr. Watson A.Bowes Jr., della University of Colorado Medical School, ha dichiarato che «l'inizio di ogni singola vita umana è, da un punto di vista biologico, una questione semplice e schietta: esso ha inizio al momento del concepimento. Questo fatto biologico non dovrebbe essere distorto per raggiungere obiettivi sociologici, politici o economici» 17. Il Dr. Alfred Bongiovanni, della University of Pennsylvania Medical School, ha scritto: «I testi medici standard hanno insegnato per lungo tempo che la vita dell'essere umano ha inizio al concepimento» 18. Ed ha aggiunto:«Dire che queste fasi iniziali rappresentano un essere umano incompleto equivale ad affermare che prima dei complicati effetti della pubertà, il bambino... non è un essere umano. Si tratta della stessa e identica vita umana ad ogni stadio, benché incompleta fino alla tarda adolescenza» 19.

micheline matthews-roth
watson a. bowes jr.
alfred bongiovanni
Da sinistra: Micheline Matthews-Roth, Watson A. Bowes Jr. e Alfred Bongiovanni.

Il Dr. McCarthy De Mere, che è medico praticante e docente di Legge all'Università del Tennessee, ha dichiarato: «Il momento esatto dell'inizio dell'individualità e del corpo umano è il concepimento» 20. Il Dr. Jerome Lejeune (1926-1994), genetista famoso in tutto il mondo, nonché docente di Genetica Fondamentale all'Università Descarte di Parigi, ha affermato: «Ogni individuo ha un unico vero inizio: il momento del zigotesuo concepimento» 21. Il Dr. Lejeune ha aggiunto: «La natura umana dell'uomo dal concepimento alla maturità non è un'opinione metafisica, ma è chiaramente l'evidenza sperimentale» 22. Il succitato presidente del Dipartimento di Genetica Medica alla Mayo Clinic, il Professor Hymie Gordon, ha a  sua volta testimoniato: «Secondo tutti i criteri della biologia molecolare moderna, la vita è presente fin dal momento del concepimento»23. Ed ha aggiunto: «Ora possiamo dire, in maniera inequivocabile, che la questione dell'inizio della vita è un fatto scientifico stabilito. È un fatto certo che ogni vita, inclusa la vita umana, cominci al momento del concepimento» 24. A quel tempo, il Senato degli Stati Uniti propose il progetto di legge nº 158, chiamato «Progetto Vita Umana». Le udienze, che durarono otto giorni e inclusero cinquantasette testimoni, furono condotte dal Senatore John Porter East (1931-1986). Questo rapporto del Senato concluse: «Medici, biologi, e altri scienziati sono d'accordo sul fatto che il concepimento segni l'inizio della vita di un essere umano, un essere che è vivo ed è membro della specie umana. C'è un accordo schiacciante su questo punto negli innumerevoli scritti di medici, di biologici e di scienziati» 25. Nel 1981, un solo scienziato non fu d'accordo con la conclusione della maggioranza, più per ragioni filosofiche che per motivi scientifici. Infatti, i sostenitori dell'aborto, anche quando invitati a farlo, non riescono a produrre un solo consulente tecnico che sia disposto a testimoniare che la vita abbia inizio in un momento diverso dal concepimento 26.

mccarthy
jerome lejeune
john porter east
Da sinistra: il Dr. McCarthy, Jerome Lejeune e John Porter East.

Molti altri biologi e scienziati sono d'accordo sul fatto che la vita umana inizi al concepimento. Tutti sono concordi sul fatto che non c'è un momento o un intervallo di tempo tra il concepimento e la nascita in cui il non nato non sia un essere umano. La Dr.ssa Roth, dell'Harvard University Medical School, ha affermato: «È errato dire che i dati biologici non possono essere decisivi [...]È scientificamente corretto affermare che la vita umana individuale inizia al concepimento, quando l'ovulo e lo spermatozoo si uniscono formando lo zigote, e che questa creatura umana in sviluppo è un membro della nostra specie in tutti gli stadi della sua vita» 27. In conclusione, siamo d'accordo con il ricercatore medico pionieristico Landrum Brewer Shettles (1909-2003), secondo cui «c'è un fatto che nessuno può negare: la vita dell'essere umano ha inizio al momento del concepimento» 28. Ancora una volta, ricordiamo che non è una questione di politica o di religione, ma di scienza. Gli scienziati di ogni credo religioso, atei o agnostici, asseriscono tutti indistintamente che la vita inizia al concepimento. Questo spiega perché, ad  esempio, il Codice Internazionale della Morale Medica afferma: «Un medico deve tenere presente l'importanza di preservare la vita umana dal momento del concepimento fino alla morte» 29. Ed è la stessa ragione per cui la Dichiarazione di Ginevra impone ai medici il seguente giuramento: «Manterrò il massimo rispetto per la vita umana fin dal momento del concepimento; e anche se sottoposto a minaccia, non userò mai le mie conoscenze mediche contro le leggi dell'umanità» 30. Nel 1970, l'Associazione Medica Mondiale ha confermato la validità della Dichiarazione di Ginevra 31. Che differenza fà se la vita inizia al concepimento? La differenza è la seguente: se la vita umana inizia al concepimento, l'aborto è un omicidio. Negare questo fatto è scientificamente e moralmente impossibile 32.


bernard nathansonI recenti sviluppi della tecnologia medica, come l'ecografia e la fetoscopia, ci hanno permesso di osservare ciò che accade nell'utero e di studiare lo sviluppo fetale fin dal momento della fecondazione. In termini di conoscenze, la differenza è come se prima fossimo in grado di osservare l'immagine di una persona riflessa in un stagno e ora possiamo guardare la sua immagine riflessa in uno specchio. La moderna fetologia ci ha permesso di seguire passo passo lo stupendo e incredibile sviluppo del piccolo individuo nel grembo materno 33. Il Dr. Bernard Nathanson conferma come gli enormi progressi raggiunti dalla tecnologia moderna abbiano radicalmente ribaltato le sue convinzioni pro-aborto. La persona un tempo conosciuta come «il re dell'aborto», a causa della sua autorità in questo campo e dei 60.000 aborti da lui presieduti 34, oggi è un fiero oppositore dell'aborto in quanto le recenti scoperte scientifiche in campo fetologico lo hanno costretto ad accettare il fatto che il feto è realmente un essere umano vivente: «La tecnologia ultrasonica ci ha consentito di aprire una finestra nell'utero. Per la prima volta, abbiamo realmente potuto vedere il bambino. Prima di allora ciò era impossibile. Voglio dire, i raggi X danno un'immagine statica. Non si possono usare i raggi X per provare o per confutare qualsiasi cosa relativa al feto. Ma gli ultrasuoni ci forniscono immagini molto chiare, precise, che ci permettono di stimolare il bambino, di vedere come respira, come si muove, come ingoia, come urina e tutto il resto. Recentemente è stato fatto un ulteriore passo in avanti nel campo della tecnologia ultrasonica che è noto come sonografia transvaginaleÈ veramente sorprendente. Le immagini fornite da un normale ecografo sono grandi, e non possono essere assolutamente paragonate a queste nuove immagini, che permettono di osservare la gravidanza già nei primissimi stadi. Ora, grazie alla sonografia transvaginale, possiamo osservare la sacca gestazionale, il piccolo involucro della gravidanza che si forma nelle prime due settimane successive alla fertilizzazione. Possiamo vedere il cuore che comincia a palpitare intorno alla 3ª settimana. Ciò ci ha permesso di rivedere e di aggiornare molti dei dati relativi al bambino non nato. E non ho alcun dubbio sul fatto che le nostre ricerche godranno presto dell'ausilio di nuove tecnologie che sono in arrivo; ad esempio, gli ultrasuoni a colori forniranno immagini molto più chiare, più vivide e aumenteranno le nostre conoscenze sul paziente non nato» 35. La ragione per cui la scienza moderna è giunta alla conclusione che la vita umana ha inizio al concepimento, è dovuta in buona parte alla rappresentazione di immagini e di suoni e alla moderna fetologia moderna, dati scientifici che conducono inevitabilmente ad ammettere questa verità 36. Ogni legge scientifica conosciuta (ad esempio, la biogenesi, secondo cui la vita proviene unicamente dalla vita), e ogni fatto scientifico (ad esempio, al momento del concepimento, inizia ad esistere un individuo umano, unico nel suo genere e geneticamente irripetibile) portano a questa conclusione. Ecco perché l'origine della vita umana non può essere fissata in un altro punto che al momento del concepimento.


«Anche se ogni olocausto perpetrato è sempre un evento senza precedenti, questo non dovrebbe farci dimenticare ciò che ha in comune con tutti gli altri olocausti[...]: la distruzione sistematica e molto estesa di milioni di persone considerate una massa indiscriminata di subumani sacrificabili. L'ambiente culturale in cui può verificarsi un olocausto umano si presenta ogni qualvolta una società viene fuorviata e definisce certi individui come meno umani, e quindi privi di valore e di rispetto» 37. Biologicamente, è un fatto scientifico che durante la gravidanza ci sono due corpi diversi. Primariamente, c'è il corpo della donna. In secondo luogo, c'è un altro corpo: quello del bambino. L'evidenza che ci sono due corpi separati può essere dedotta dal fatto che molte donne hanno figli il cui gruppo sanguigno differisce dal loro. Da un punto di vista medico, è impossibile che un solo individuo abbia due gruppi sanguigni completamente diversi. Un'altra prova sta nel fatto che una donna può avere in grembo un figlio maschio. Chiaramente si tratta di un altro corpo. Inoltre, il corpo della madre riconosce il feto come un corpo estraneo. Questo figlio verrebbe immediatamente rifiutato dal corpo della madre come «tessuto estraneo» se non fosse protetto dalla placenta. I medici cibimbo e placenta dicono che la placenta non esiste fino a che, mediante il suo sviluppo, il bambino non nato provoca la sua crescita e può sopravvivere grazie alla sua protezione. Infatti, lo zigote inizia a formare la placenta settantadue ore dopo il suo impianto nell'utero. Il Dr. AW.Liley, professore di ricerca in fisiologia fetale ad Auckland, in Nuova Zelanda, è noto come il «padre della fetologia». Egli ha affermato: «Il feto non è passivo, dipendente, snervato o un fragile vegetale, come molti pensano, ma un giovane essere umano, dinamico, plastico, forte e in larga misura responsabile del suo ambiente e del proprio destino [...]. In definitiva, il feto organizza la madre [...] in modo che i le sostanze nutrienti vengano deviate per le necessità fetali [...]Durante tutta gravidanza è la madre,e non il fetoad essere passiva e dipendente» 38. E continua: «È l'embrione che blocca le mestruazioni della madre e rende il suo utero abitabile sviluppando una placenta e una capsula protettiva ripiena di fluido. È lui che regola il volume del liquido amniotico, e anche se le donne parlano della rottura delle "loro" acque, le membrane sono strutture appartenenti al feto. E infine, è il feto, e non la madre, che decide quando è giunto il momento del parto» 39. Inoltre, egli ha affermato: «Biologicamente, in nessuno stadio possiamo sottoscrivere l'opinione secondo cui il feto è una semplice appendice della madre. Geneticamente, madre e figlio sono due individui separati fin dal concepimento. Fisiologicamente, dobbiamo accettare il fatto che il concepito è, in larga misura, il responsabile della gravidanza» 40. Inoltre, è un fatto scientifico che il piccolo essere umano nell'utero ha impronte digitali, mani, piedi, pelle, occhi, orecchi e genitali che non sono quelli materni. Egli ha i suoi polmoni, uno proprio respiro, un proprio sangue, un proprio cuore, e una propria circolazione sanguigna che non sono quelli della madre. Egli ha una bocca propria, uno stomaco e una digestione che non sono quelli della madre. Dunque, il feto non è affatto una parte del corpo della donna, «non più di quanto un bambino che allatta è parte del seno della madre o un bambino concepito in provetta è parte di una capsula di Petri. L'embrione è così distinto dall'utero materno che se un ovulo fecondato da una coppia di colore venisse impiantato in una madre bianca, essa partorirebbe un bimbo nero» 41. Alla luce di questi innegabili fatti scientifici, possiamo passare ad analizzare parola per parola il principale slogan ripetuto fino alla nausea dai sostenitori dell'aborto. Questi ultimi affermano che «ogni donna ha diritto di gestire il proprio corpo» («l'utero è mio e lo gestisco io», gridavano le femministe negli anni '70). Ogni donna ha diritto ad avere il dominio sul proprio corpo, ma non ha il diritto di decidere il destino di un altro essere umanoanche se cresce nel suo utero. Esaminiamo ora le parole usate in questo slogan 42:

femminista
• Ogni donna - Almeno il 50% dei bambini uccisi mediante aborto sono femmine. Evidentemente, questo slogan non vale per tutte queste donne abortite. Se sono parte di ciò che viene definito «ogni donna», indubbiamente non gli stato conferito il diritto di gestire il proprio corpo. Infatti, questo slogan promuove l'élitarismo del potente sul debole piuttosto che l'uguaglianza di tutte le donne. Se tutte le donne abortite potessero ritornare in vita, pensate che sarebbero d'accordo sul fatto che l'aborto sia una pratica che assicura i diritti e l'uguaglianza di tutte le donne?
• ha il diritto - Legalmente parlando, nessuno può reclamare diritti assoluti su altre persone. La vita umana è strutturata in modo tale che molti diritti individuali vengono necessariamente limitati per il bene comune della società. Ad esempio, nessuno ha sul proprio corpo il diritto assoluto di mutilarlo, di distruggerlo mediante l'uso di droga, di commettere suicidio o di mettere in pericolo la vita degli altri. Lo stesso vale per la vita umana all'interno dell'utero. Nessuno ha il diritto di distruggerla.
• di gestire - la «gestione» implica la responsabilità personale. E infatti, ci sono comportamenti sessuali fortemente irresponsabili (ad esempio, la promiscuità) che possono condurre a più gravidanze. L'aborto è così divenuto il mezzo più sbrigativo per poter continuare a condurre uno stile di vita immorale, fondato sull'irresponsabilità nel controllo delle nascite o per fuggire dalle proprie responsabilità personali (il dovere di crescere un figlio).
• il proprio corpo - È stato ampiamente dimostrato che il feto non è una parte del corpo della madre. Egli è una persona indipendente, dotata di un proprio corpo. Ecco perché Daniel Callahan, direttore dell'Institute of Society, Ethics and the Life Sciences ha affermato: «Da un punto di vista genetico e ormonale, e in tutti gli  aspetti organici, salvo che per la fonte del suo nutrimento, un feto - e anche un embrione - è separato dalla madre» 43.


Gli abortisti affermano che il feto umano che vive nell'utero non è una persona a pieno titolo, ma unicamente una persona potenziale. In questo modo, esso non gode della tutela costituzionale come ogni altro essere umano e può essere «terminato» mediante l'aborto. Durante il processo Roe v. Wade, la Corte Suprema insinuò arbitrariamente che l'individualità viene ad esistere quando il feto non ancora nato ha «presumibilmente una capacità di vita significativa fuori dall'utero materno» 44. Tale Corte ha stabilito che «la parola "persona", così come viene usata nel Quattordicesimo Emendamento, non include il bambino non nato» 45. Perché la Corte Suprema ha sbagliato affermando che il feto è una richard exleypersona solamente se può esistere fuori dall'utero materno in un modo «significativo»? L'errore sta nel fatto che in nessuna delle pagine di questa sentenza viene definito ciò che si intende per «significativo». La vita «non significativa» può essere negata ad una persona da qualcun altro? Chi è che può giudicare? Come ha scrittoRichard Exley«se basiamo la nostra decisione sulla prevalente retorica abortista, il bambino non nato non è una persona a meno che sia desiderato dalla madre, sia perfettamente sano e privo di alcuna deformità o anormalità. Il problema che si incontra con questo modo di ragionare è che esso è basato sull'opinione soggettiva di un una fazione prevenuta, vale a dire la madre e/o l'abortista. Non solo questo approccio nega al non nato i suoi diritti costituzionali, ma apre anche una scatola di Pandora piena di potenziali abusi» 46. Dunque, perché dobbiamo presumere che l'individualità inizi al concepimento? Primariamente, perché è un fatto scientifico che la vita umana inizi alla fecondazione. Secondariamente, perché ogni singolo «indicatore» di individualità non è universalmente applicabile, come la capacità di comunicazione e il livello di coscienza o di abilità. Questi possono essere carenti nel non nato, ma anche in molte altre persone afflitte da handicap o da malattie. In terzo luogo, perché la vita umana e l'individualità non possono essere separate 47. Come definiscono i dizionari la parola «persona»? L'Oxford American Dictionary definisce la persona come «un essere umano individuale». IlWebster’s Third International Dictionary of the English Language definisce la persona come «un essere umano individuale». In altre parole, una volta che è stato stabilito (come abbiamo visto) che lo zigote (l'ovulo fecondato) è «un essere umano individuale», è stato anche decretato che è una persona. La definizione obiettiva di individualità è la definizione fornita dai dizionari, ma è anche una definizione biologica: «un essere umano individuale». Quindi, «attraverso criteri obiettivi e scientifici, l'individuo è una persona durante tutto il suo sviluppo biologico» 48. Ma allora perché oggi c'è così tanta confusione a riguardo del problema se il feto sia o meno una persona? In gran parte, ciò è dovuto al fatto che molte persone hanno confuso il termine «personalità» con «persona». La personalità dev'essere distinta dall'individualità giacché non sono equivalenti:

• La personalità è un concetto psicologico;
• L'individualità è una categoria ontologica (la proprietà e la coscienza di essere).

La personalità è una proprietà, mentre l'individualità è la sostanza dell'essere umano. La personalità viene formata dalle condizioni ambientali, mentre l'individualità è creata direttamente da Dio. La personalità si sviluppa gradatamente, mentre l'individualità viene creata al momento del concepimento 49. Dunque, affermare che un essere umano non è necessariamente una persona è falso. La distinzione tra «essere umano» e «persona» è arbitraria. Non c'è alcuna differenza essenziale tra «essere umano» e «persona» 50. Così, quando la vita umana è presente, anche l'individualità è presente, e deve godere dei diritti umani. Tali diritti non dovrebbero mai essere negati da coloro che elaborano definizioni arbitrarie a riguardo dell'individualità. L'individualità e l'umanità non sono soggette a sviluppi; sono inerenti. Esse non sono un qualcosa che viene acquisito; sono innate. Nessun essere umano è più umano di un altro. Queste asserzioni indicano che lo zigote-feto non è una persona potenziale in quanto:

• È vivo (e non potenzialmente vivo);
• Ha una natura umana (e non una potenziale natura umana);
• In ogni stadio di sviluppo esso viene sempre più accuratamente descritto come una persona già dotata di un grande potenziale.

A partire dallo zigote, geneticamente e fisicamente, esiste un individuo unico nel suo genere: «Una volta vivo, ci troviamo di fronte a questo particolare essere umano, anche se ancora parzialmente sviluppato. Non si tratta di un organismo potenzialmente vivente» 51. Lo zigote è già una persona in quanto non può evolvere in qualcosa di diverso; l'essenza della sua individualità esiste già. Nessun essere vivente individuale può divenire una persona a meno che non lo sia già. Nessun essere vivente può divenire qualcosa di diverso da quello che è già essenzialmente. Solamente le cose costruite, come gli orologi o le navi spaziali, iniziano ad esistere pezzo dopo pezzo. Gli esseri viventi iniziano ad esistere immediatamente e poi gradatamente svelano a sè stessi e al mondo ciò che sono già, anche se solo incipientemente. Alcuni evoluzionisti usano l'analogia del progetto su carta nel caratterizzare lo zigote. Ma un progetto non diviene mai parte di una casa, a meno che lo si usi per tappezzarne le pareti 52. Dunque, cosa significa tutto questo? Significa che l'aborto procurato uccide un essere umano vivente, una persona, e che quindi nessuno può ignorare o fingere di non conoscere questo problema.
 
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Note

1 Traduzione dell'originale inglese What Does Science Reveal about When Life Begins? («Che cosa rivela la scienza sull'inizio della vita»?), a cura di Paolo Baroni. Articolo reperibile alla pagina web
2 Cfr. J. Warwick Montgomery«The Rights of the Unborn Children» («I diritti dei bambini non-nati»), in The Simon Greenleaf Law Review, vol. V, 1985-1986, pag. 25
3 Cfr. M. TooleyAbortion and Infanticide («Aborto ed infanticidio»), Calendon Press, Oxford 1983, pag. 419.
4 Cfr. Lawyer CooperativeU.S. Supreme Court Reports, vol. XXXV, 1974, Roe v. Wade, 410 US 113, pag. 181; 410 US 113 at 159; H. O. J. BrownDeath Before Birth («La morte prima della nascita»), Thomas Nelson, Nashville 1977, pagg. 81, 73-96; J. Warwick Montgomeryart. cit., pag. 64.
5 L'amicus curiæ è parere espresso ad una corte su una questione legale.
6 Cfr. Motion filed in the Supreme Court of the United States, del 15 ottobre 1971 (nº 70-18 e nº 70-40), intitolata Motion and Brief Amicus Curiæ of Certain Physicians, Professionals and Fellows of the American College of Obstetrics and Gynecology in Support of Appellees, Dennis J. Horan e altri, United States District Court 1971, pagg. 19, 29-30.
7 Ibid., pag. 7.
8 Ibid., pagg. 13-14.
9 Ibid., pagg. 64, 19-20, 58-64.
10 Trascrizione del programma televisivo «Abortion", Chattanooga, The John Ankerberg Evangelistic Association, 1982, pag. 2.
11 Cfr. California Medicine, vol. 113, nº 3, settembre 1970, pag. 67.
12 Cfr. K. L. MooreThe Developing Human: Clinically Oriented Embryology W.B. Sanders, Philadelphia 1982, pag. 1.
13 Cfr. T. W. Hilgers-D. J. HoranAbortion and Social Justice («Aborto e giustizia sociale»), Sun Life, Thaxton 1980, pag. 5.
14 Cfr. Encyclopedia and Dictionary of Medicine, Nursing and Allied Health, W.B. Sanders Co., Philadelphia 1978, 2ª ed., pag. 335.
15 Cfr. The Subcommittee on Separation of Powers, Report to Senate Judiciary Committee, S-158, 97º Congresso, Prima Sessione, 1981.
16 Ibid.; R. ExleyAbortion: Pro-life by Conviction, Pro-choice by Default («Aborto: per la vita per convinzione, per l'aborto per errore»), Honor Books, Tulsa 1989, pag. 18; N. L. GeislerChristian Ethics: Options and Issues («Etica cristiana: opzioni e conclusioni»), Baker, Grand Rapids 1989, pag. 149.
17 Cfr. L. B. ShettlesRites of Life: The Scientific Evidence for Life Before Birth («I riti della vita: l'evidenza scientifica della vita prima della nascita»), Zondervan, Grand Rapids 1983, pag. 114.
18 Ibid.
19 Ibid.
20 Ibid.
21 Cfr. The Subcommittee on Separation of Powers, Report to Senate Judiciary Committee, S-158, 97º Congresso, Prima Sessione, 1981.; R. Exleyop. cit., pag. 18.
22 Ibid.; N. L. Geislerop. cit., pag. 149.
23 Ibid.Rapporto al Senato.
24 Ibid.; R. Exleyop. cit., pag. 18.
25 Cfr. J. C. WillkeHandbook on Abortion and Abortion Questions and Answers («Manuale sull'aborto e domande e risposte sull'aborto»), Hayes Publishing Co., 1985, pag. 40.
26 Cfr. L. B. Shettlesop. cit., pag. 113. Nota: una piccola minoranza sostiene che la vita abbia inizio al momento dell'impianto nell'utero. Tuttavia, per quanto importante, l'impianto non definisce in alcun modo la vita.
27 Cfr. The Subcommittee on Separation of Powers, Report to Senate;  R. Exleyop. cit., pag. 18; N. L. Geislerop. cit., pag. 149.
28 Cfr. L. B. Shettles in Abortion: Opposing Viewpoints («Aborto: punti di vista opposti»), Greenhaven Press, New York 1986, pag. 16.
29 Cfr. T. W. Hilgers-D. J. Horanop. cit., pag. 16.
30 Ibid. Queste asserzioni sono reperibili nel World Medical Association Bulletin, aprile 1949 (vol. I, pag. 22); e gennaio 1950 (vol. II, pag. 5).
31 Ibid.
32 Ma accettare questo fatto e sostenere che sopprimere la vita umana non è moralmente sbagliato è incredibile. Pur sembrando reminescenze della Germania nazista, oggi tali argomenti vengono accettati in modo crescente (vedi J. M. Humber-R. F. AlmederBiomedical Ethics and the Law, pag. 16, nota nº 3).
33 Cfr. J. C. Fletcher-M. I. Evans«Maternal Bonding in Early Fetal Ultrasound Examinations» («Il vincolo materno negli esami ultrasonici di feti ai primi stadi»), in New England Journal of Medicine, del 17 febbraio 1983.
34 Cfr. B. N. Nathanson«Deeper into Abortion» («Più profondamente nell'aborto»), in New England Journal of Medicine, del 28 novembre 1974, pag. 1189.
35 Trascrizione del programma televisivo Is Abortion Justifiable?, The Ankerberg Theological Research Institute, gennaio 1990, pag. 7.
36 Cfr. N. L. Geislerop. cit., pag. 140.
37 Cfr. W. BrennanMedical Holocausts: Exterminative Medicine in Nazi Germany and Contemporary America («Olocausti medici: la medicina sterminazionista nella Germania nazista e nell'America contemporanea»), Nordland Pub. International Inc., Boston 1980, vol. I, pag. 98.
38 Cfr. T. W. Hilgers-D. J. Horanop. cit., pagg. 27, 32-33.
39 Cfr. J. S. Garton, Who Broke the Baby? («Chi spezza il bambino»?), Bethany, Minneapolis 1979, pag. 41.
40 Ibid.; L. B. Shettlesop. cit., pag. 19.
41 Cfr. N. L. Geislerop. cit., pag. 140.
42 Cfr. J. S. Garton, op. cit., pagg. 21-26.
43 Cfr. L. B. Shettlesop. cit., pag. 19.
44 Cfr. Lawyer CooperativeUS. Supreme Court Reports, pag. 183; 410 US 113 a 163.
45 Ibid., pagg. 180, 182; 410 US 113 a 158, 162.
46 Cfr. R. Exleyop. cit., pag. 30.
47 Cfr. P. FowlerAbortion: Toward an Evangelical Consensus (Aborto: verso un consenso evangelico»), Multnomah Press, Portland 1987, pag. 52.
48 Cfr. Scientists for Life Inc.-E C. FreilingThe Position of Modern Science on the Beginning of Human Life («La posizione della scienza moderna sull'inizio della vita umana»), pag. 40.
49 Cfr. N. L. Geislerop. cit., pagg. 146-147.
50 Ibid., pag. 154.
51 Cfr. Hilgers-Horan-Mall, pagg. 349-350.
52 Ibid., pagg. 351, 354.
 
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titolo aborto e coscienza




mamma butta bambino


Solitamente, la bugia più pericolosa è quella più somigliante alla verità. Questa constatazione, così ovvia per chi ha esperienza delle cose della vita, non vale per quella enorme bugia che è l'aborto procurato. Chi la pronuncia, infatti, non si cura nemmeno di addolcirne l’aspetto o di nasconderne la radicale differenza dalla verità. Tuttalpiù, si limita a ricorrere ad alcuni espedienti di carattere linguistico. Si eviterà semmai di parlare di aborto, sostituendo questo vocabolo che potrebbe suonare un po’ sinistro con quello più accattivante di «interruzione di gravidanza»; oppure ci si guarderà dal definiremamma moderna il frutto del concepimento «bambino», chiamandolo magari «feto». Si farà poi in modo che il vero protagonista di questo evento funesto non sia la vittima - cioè il figlio - ma piuttosto il carnefice, ossia la madre. Il dramma deve assolutamente essere solo suo e non di chi viene ingiustamente soppresso. D’altronde, perché nascondercelo: all'uomo dei nostri tempi piace che certe verità scomode per la coscienza, ma comodissime per salvaguardare il proprio «stile di vita», vengano taciute. Se poi nonostante tutta questa sofisticazione della realtà la coscienza sporca della madre dovesse rimordere, le strutture sanitarie provvederanno a fornirle anche uno psicologo che la aiuti a superare quel trauma... Poco importa se suo figlio finirà bruciato nell'inceneritore o in qualche costosa crema da viso per cinquantenni avvizzite. L'aborto, ci dicono, è unaconquista sociale, un traguardo nel lungo cammino di emancipazione della donna, un segno di civiltà... Ma siamo proprio sicuri che sia così? Oppure l'aborto è un crimine disgustoso, dettato il più delle volte dall'egoismo più bieco e compiuto con la complicità di uno Stato permissivista che anziché punire l'infanticidio, lo riduce semplicemente ad una questione di scelta, lasciando unicamente alla coscienza dell'individuo il delicato compito di decidere della vita altrui?

 Il presente scritto contiene i testi di una serie di conferenze sul tema dell'interruzione di gravidanza tenute nel 1977 (ossia un anno prima che venisse approvata la Legge nº 194-1978) da Mons. Pietro Fiordelli (1916-2004), Vescovo di Prato.



l «È come se tu avessi ucciso un gatto».

Così la radicale Adele Faccio (1920-2007) ad una donna che ha abortito.

l «Il nascituro è un parassita».

Dalla relazione della Proposta di Legge del Partito Repubblicano.


PREFAZIONE
 
La divinità dei nostri tempi ha un nome ben preciso: essa si chiama «progresso». Non passa giorno che ai piedi del suo altare stuoli di persone non brucino l’incenso della lode e ne decantino le soavi qualità. I suoi sommi sacerdoti, gli «scienziati», pontificano a tutte le ore del giorno epersino della notte da quel pulpito elevatissimo che sono i mass-media. Da quel formidabile medium che è la televisione ci vengono propinate trasmissioni a ripetizione di informazione medica e scientifica in cui eminenti luminari della medicina, affiancati dai vari Piero Angela di turno - tutti rigorosamente positivisti - informano il telespettatore sulle varie funzioni meravigliose del nostro organismo e sulle cure delle diverse patologie che lo colpiscono. Cosicché, ormai praticamente tutti, dalla parrucchiera al direttore di banca, «catechizzati» nella religione del benessere fisico da queste autorità della scienza, conoscono almeno a grandi linee l'anatomia del corpo umano, il suo sviluppo e il suo funzionamento. Eppure, nonostante questo incessante bombardamento d'informazioni mediche e scientifiche, la maggior parte delle persone è ancora oggi convinta che il risultato dello sviluppo fetale alla 8ª settimana di gravidanza sia niente di più che un «grumo di cellule», una «verruca», una «masserella informe» senza alcuna individualità. Non dico un medico, ma persino uno studente in medicina sarebbe in grado di dimostrare la falsità di questa convinzione. Bisogna dunque concludere che, almeno per questo aspetto della scienza, il «progresso» e l'informazione incontrano delle difficoltà; anzi, direi di più: delle resistenze. Il motivo è molto semplice da intuire. Se si arrivasse ad ammettere che il frutto del concepimento fin dai primi momenti della sua esistenza è a tutti gli effetti un essere umano, il tanto declamato «progresso» diventerebbe ipso facto fascista e antidemocratico. Un'informazione di questo genere andrebbe a cozzare contro un’altra intoccabile divinità dell’affollato pantheon dell’uomodemocrazia cristiana sporca di sangue innocente moderno: la libertà individuale. Ne consegue che le informazioni date agli utenti devono essere in linea con l'«etica» laica dominante, e qualsiasi deviazione da essa non può essere tollerata. Bisogna quindi necessariamente concludere che la discriminante in questa materia non è la scienza, ma le convinzioni ideologiche e filosofiche di chi tiene saldamente nelle proprie mani le redini dell'informazione. D'altronde, le forze politiche che negli anni '70 lottarono in favore della libertà di divorziare e di abortire, non hanno mai fatto mistero della loro concezione godereccia, materialista e orizzontale della vita umana. Perché dunque stupirsi se ora lasciano il popolo bue nelle sue errate convinzioni? E quelli che dovevano essere animati da ben altre convinzioni e che avrebbero dovuto ostacolare l'approvazione di una simile Legge che fecero? Purtroppo, come tutto nel nostro Paese, anche la questione dell'aborto fu vista da chi si proclamava «cristiano» come una battaglia puramente politica, prova ne è che dopo la sconfitta subita alle urne nel 1978 questi sedicenti «cristiani» (Giulio AndreottiTina AnselmiGiovanni Leone, ecc...), moderni eredi del cattolicesimo liberale - sempre pronto al compromesso e al tradimento - firmarono di loro pugno la Legge dell'aborto pur di non perdere la poltrona... (che dopo qualche mese perdettero comunque). Lo stesso dicasi dei vertici del Movimento per la vita, le cui vedute coincidevano in ultima analisi con quelle dei politici saldamente incollati alle loro seggiole. Il risultato? Ecco un dato parziale: nella sola Italiadal 1978 al 1995invece di azzerarsi grazie all'introduzione della Legge nº 194, gli «aborti terapeutici» hanno superato i 3.500.000, con una media di poco inferiore ai duecentomila all'anno, e un rapporto annuo che è di un aborto per ogni tre o quattro nati vivi. È per questo motivo che ad oltre vent'anni di distanza da quando furono pronunciate, le vibranti parole di questo coraggioso prelato non hanno perso la loro attualità, ma anzi sembrano scritte ai nostri giorni, perché la verità non teme l'usura del tempo né il capriccio delle mode.

Paolo Baroni


 

I
LA TRISTE STORIA

l Diritto o delitto?
 
Uno dei fenomeni «più inquietanti del nostro tempo», hanno giudicato il problema dell'aborto i Vescovi italiani. Esso sta maturando a dimensione mondiale, sul piano legislativo e sul piano del costume. Problema vasto, urgente, grave e delicato. Solo chi abbia perduto il minimo senso morale può vederlo come un qualsiasi problema. Per i suoi risvolti profondi, per gli interrogativi che esso pone, laceranti, per il fatto che c'è di mezzo una vita umana, il problema dell'aborto non può non toccare la coscienza di ciascuno. Ognuno lo risolverà in un modo o in un altro. Ma sarebbe immorale risolverlo senza aver prima interrogato la propria coscienza. È imminente la promulgazione di una Legge da parte del Parlamento. Come faranno questa Legge i legislatori? Come la giudicheremo noi cristiani? E se la Legge verrà, e sventuratamente sarà una Legge permissiva, come continueremo a vedere l’aborto alla luce della coscienza? Lecito o illecito? Un diritto o un delitto?
 
l Prima il divorziopoi l'aborto

Quando i cattolici combattevano in difesa del matrimonio indissolubile contro il divorzio, essi ammonivano che il divorzio sarebbe stato solo un primo passo verso un permissivismo legale sempre più aggressivo e allettante. Dicevano che dopo il divorzio sarebbe venuto l'aborto, poi la liberalizzazione della droga, poi l'eutanasia, cioè la soppressione indolore di persone sofferenti, inguaribili o «inutili». Chi parlava così era accusato di interessato allarmismo. Il divorzio fu approvato il 1º dicembre 1970. Puntualmente, dopo sei mesi precisi, il 18 giugno 1971, veniva presentata al Senato da un gruppo di senatori del Partito Socialista Italiano la Proposta di Legge per legalizzare l'aborto. Il 15 ottobre del medesimo anno, loris fortunasempre da parte di deputati del PSI, una Proposta di Legge per introdurre l'aborto veniva presentata alla Camera dei Deputati. Ma i due progetti decadevano per lo scioglimento anticipato delle Camere. Con le elezioni del maggio 1972 nasceva la 6ª legislatura. Per iniziativa dell’On. Loris Fortuna (1924-1985) e di altri deputati del PSI, agli inizi del 1973 veniva presentato un nuovo Progetto di Legge per legalizzare l'aborto. Con un senso polemico deteriore, ispirato ad una meschinità e faziosità impressionanti, il Progetto di Legge sull'aborto veniva presentato nella data dell’11 febbraio, anniversario della Conciliazione fra la Santa Sede e l’Italia. Comunque si veda il problema dell’aborto, c'è da chiedersi con quale serietà e senso di umanità si volle collegare il fenomeno pur sempre tremendo e inquietante dell'aborto, della soppressione di piccole vite umane, con il Concordato! L'aver scelto come data di presentazione del Progetto sull’aborto l'11 febbraio non rendeva onore alla serietà del Parlamento italiano. Il Progetto stava dormendo alle Camere, quando, nel gennaio 1975, scoppiò lo scandalo della «clinica degli aborti» a Firenze. Per ingiunzione della Magistratura venne incriminato e arrestato il medico che, aiutato da alcune infermiere e da un idraulico (!), praticava decine di aborti ogni giorno. Intanto la Magistratura scoprì che in Banca, soltanto in uno dei suoi cinque diversi conti correnti il dottore di cui sopra aveva un attivo di oltre 500 milioni 1. Anche i movimenti abortisti, che gli procuravano clienti, ammisero che per ogni aborto egli intascava 100.000 lire, ma forse erano di più. Il triste fatto invece di scoraggiare gli abortisti fece maturare in loro la volontà di portare avanti ad ogni costo una Legge permissiva dell'aborto. Tutti i movimenti radicali, laicisti, femministi, addirittura alcuni altissimi rappresentanti di grandi organizzazioni sindacali, sostenuti da un'incessante campagna di stampa abilmente orchestrata, cominciarono a chiedere a gran voce l'abolizione di qualsiasi norma che vietasse l'aborto. Nacque così la Lega XIII Maggio, che il 2 febbraio 1975 promosse ufficialmente la raccolta delle 500.000 firme necessarie a chiedere ilReferendum costituzionale per abolire «le norme fasciste» sull‘aborto e renderlo libero.
 
l La sentenza della Corte Costituzionale

Nel frattempo si verificò un fatto di grande importanza: un pronunciamento in materia di aborto della Corte Costituzionale. Quest'ultima, con sentenza del 18 febbraio 1975, dichiarò in parte illegittimo l'art. nº 546 del Codice Penale. Queste le grandi affermazioni della Corte:
 
«La tutela del concepito ha fondamento costituzionale»: l'articolo nº 2 della Costituzione repubblicana «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito».
«Il concepito è soggetto di diritti» (vengono richiamati gli art. nº 320, 339, 687 del Codice Civile).
- Pertanto, il legislatore deve prevedere sanzioni penali per chi viola i diritti del concepito.
- Ma può avvenire conflitto fra i diritti del nascituro, costituzionalmente protetti, e i diritti della madre, anch'essi costituzionalmente protetti. Nel caso di conflitto tra vita del nascituro e vita della madre prevale il diritto alla vita della madre. Ma anche nel caso di conflitto fra salute della madre e vita del nascituro, prevale il diritto della madre alla salute, sul diritto del nascituro alla vita. Di questa sorprendente conclusione la Corte Costituzionale dà questa giustificazione: «Non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute, proprio di chi è già persona come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare».
 
La sentenza della Corte Costituzionale venne a creare un grave imbarazzo sia ai fautori dell’aborto sia ai contrari. Per gli abortisti l'affermazione che il concepito è «uomo», e che pertanto ha dei «diritti inviolabili» a norma dell’art. nº 2 della Costituzione, rappresentava un colpo gravissimo ai fini della depenalizzazione e liberalizzazione dell’aborto. Per gli antiabortisti destava sorpresa e sofferenza il fatto che la Corte prima riconosceva nel concepito un essere umano e poi affermava che «a differenza della madre» che è già «persona», il concepito «persona deve ancora diventare». Su quali basi la Corte affermava come un assioma che l’embrione «persona deve ancora diventare»?
 
l I Progetti di Legge
 
Lo scandalo di Firenze (abilmente trasformato dagli abortisti in una bandiera e il medico multimilionario presentato come una vittima e un eroe), la sentenza della Corte Costituzionale, e soprattutto il Referendum reclamato misero in moto quasi freneticamente tutti i Partiti. Al Progetto di Legge socialista si aggiunsero i Progetti dei socialdemocratici (6 febbraio 1975), dei comunisti (14 febbraio), dei repubblicani (1º aprile), dei liberali (3 aprile) e dei democristiani (8 aprile). Intanto, sostenuta dalla propaganda abortista di tutta la stampa laica, la Lega XIII Maggio raccolse ben 800.000 firme. Alla Camera dei Deputati, in data 25 settembre 1975, venne costituito un Comitato ristretto, con il compito di redigere un Progetto unitario. Il Comitato lavorò a ritmo intenso. Il 27 novembre la bozza venne presentata alle Commissioni riunite Giustizia e Sanità. In soli venti giorni, lavorando a ritmo frenetico, le Commissioni conclusero i lavori, approvando, con alterne maggioranze, un testo concordato che doveva essere mandato in Aula per la discussione. I cattolici rimasero molto perplessi e anzi scontenti dal testo del concordato. Ma esso, pur andando in aula, non concluse il suo iter. Le prime sedute avvennero in un clima estremamente teso. La Democrazia Cristiana si mostrò molto più dura che in Commissione. Sostenne che l'aborto in ogni caso era reato. Solo si ammisero le attenuanti e la non punibilità in alcuni casi. Si prospettò la caduta del Governo. La discussione sull'aborto procedeva lenta. Maturavano invece i tempi per indire il Referendum. Esso venne indetto. Ma il Governo cadde e anzi il Capo dello Stato decretò lo scioglimento delle Camere. Il Referendum per Legge venne rimandato di un anno. Le elezioni del 20 giugno videro un aumento rilevante della Democrazia Cristiana, ma cambiò il volto del Parlamento. Se prima c'era una maggioranza contraria all'aborto, ora la maggioranza era tenuta dagli abortisti. Le Camere appena aperte si precipitarono a presentare Proposte di Legge per l'aborto: i radicali (5 luglio), i liberali (6 luglio) e i socialisti.l Il dramma di Seveso

A riaccendere in maniera drammatica la polemica sull’aborto scoppiò nell’estate il caso di Seveso. A Seveso, nella Brianza, il 10 luglio nella fabbrica chimicaICMESA avvenne un'esplosione che provocò una fuga di gas altamente tossico: la diossina. Una nube spinta dal vento lo sparse su un vasto territorio. Seguì l'ordine di sgombero della popolazione. Fra le gravi conseguenze dell'accaduto, subito prese consistenza la preoccupazione, oltre che per la salute degli abitanti, anche per la sanità dei nascituri. Immediatamente, i movimenti femministi e radicali reclamarono il diritto di aborto per le donne incinte della zona di Seveso e Meda. Le parlamentari Emma Bonino, del Partito Radicale, esevesoSusanna Agnelli (1922-2009), del Partito Repubblicano, richiesero l'autorizzazione all'aborto dal Ministro della Sanità. Fecero eco tutti gli operatori laicisti dei mezzi di comunicazione sociale. Una propaganda massiccia, violenta e intimidatoria venne messa in atto da una parte per piegare le autorità a iniziare subito indiscriminatamente gli aborti, dall'altra per una specie di costrizione morale su tutte le gestanti della zona inquinata perché si decidessero ad abortire. Il clima salì talmente di tono che su La Stampa di Torino (dell'8 agosto 1976) si chiese che non solo fosse permesso l'aborto, ma diventasse obbligatorio; che non solo le gestanti potessero abortire, ma che fossero obbligate dallo Stato ad abortire. Il Ministro della GiustiziaFrancesco Paolo Bonifacio (1923-1989) e l'Assessore alla Sanità della Regione Lombarda indicarono come via aperta il dettato della Corte Costituzionale; in presenza di «danno o pericolo grave della salute o fisica o psichica della madre, modicamente accertato» l’aborto è ammissibile. Le forze laiciste si precipitano nelle zone inquinate per compiere opera di intimidazione presso le autorità sanitarie e di pressione psicologica presso le madri. La campagna venne fatta all’insegna del motto «o aborto o mostro». Esemplare ci sembrò il comportamento da parte cattolica: le madri di Seveso non dovevano essere lasciate sole, abbandonate alla loro angoscia e ai loro timori. Il Cardinale di Milano Giovanni Colombo (1902-1992) denunciò pubblicamente la campagna abortista e la strumentalizzazione che si voleva fare della sventura di Seveso per introdurre l’aborto libero in tutto il Paese. Proclamò che la vita è sacra, anche in presenza di timori sulla salute del nascituro, e che rimane sempre moralmente illecito abortire. Tutto il mondo laico reagì, stupito e irritato per la presa di posizione della Chiesa. Emblematico Il Corriere della Sera (del 19 settembre 1976) nell'articolo di fondo dal titolo «Violenza a Seveso», scritto dal direttore: «A Seveso si sta consumando una violenza che forse non ha confronti nel nostro tempo». Altri tacciarono la posizione dei cattolici di «disumanità» e l'accusarono di «terrorismo psicologico».

susanna agnelli
francesco paolo bonifacio
cardinale giovanni colombo
Da sinistra: Susanna Agnelli, Francesco Paolo Bonifacio e il Cardinale Colombo.
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Alla televisione (TG1 del 6 settembre, alle ore 20) la radicale Adele Faccio attaccò la Chiesa perché ricorre «alla banalità (!) della sacralità della vita». Ma alla proclamazione sulla sacralità della vita il Cardinale aggiunse tutta un'azione in favore delle gestanti della zona inquinata. Venne aperto un Consultorio cattolico a Seveso; ogni assistenza della comunità ecclesiale venne offerta alle donne che si rivolgevano ad esso, e venne assicurata ad ogni coppia di genitori che domani non avesse la forza di portare avanti un bambino nato malformato la possibilità di affidarlo in adozione a coppie di sposi che si erano già offerte per adottarlo. Con molta onestà da parte cattolica, come non si negò la possibilità che un nascituro della zona inquinata potesse nascere malformato, così si affermò che scientificamente non si hanno prove per affermare la malformazione del feto. Pochissime le donne che abortirono. Stranamente - e questo va detto a onore dello donne lombarde - la stragrande maggioranza delle gestanti si rifiutò di abortire. Al culmine della sua frenetica campagna in favore dell’aborto a Seveso, Il Corriere della Sera, in data 11 settembre, a sessanta giorni dallo scoppio dell'ICMESA, dovette riconoscere queste cifre: su 1.000 gestanti, solo quindici hanno abortito! Altre, pochissime, hanno chiesto l'aborto. Ma un passo molto grave è avvenuto a Seveso in favore dell'aborto. La Corte Costituzionale aveva riconosciuto la non punibilità solo per l’aborto terapeutico (pericolo o danno grave, medicalmente accertato, per la salute della madre). A Seveso l'aborto era stato concesso per il solo timore che il nascituro potesse venire alla luce malformato. Si è cioè accettato il principio (inutilmente contrastato da medici onesti, messi in disparte), che il solo timore che il bambino possa nascere malformato giustifica la dichiarazione di grave danno psichico per la salute della madre, e quindi l'aborto può e deve essere autorizzato. In questo clima di più vivo chiarimento delle singole prese di posizione pro o contro l'aborto, si arrivò alla vigilia del dibattito parlamentare sulla Legge di interruzione della gravidanza.

emma bonino abortista
A sinistra, la radicale Emma Bonino, ex europarlamentare, vicepresidente del Senato della Repubblica, eletta nell'aprile 2008 nelle liste del Partito Democratico, fondatrice della CISA, grande sostenitrice dell'interruzione di gravidanza, mentre pratica nel 1975 uno dei 10.141 aborti illegali da lei promossi servendosi di una pompa da bicicletta (per aspirare il feto dall'utero) e di un vasetto di marmellata (quest'ultimo, diceva, è «un buon motivo per farsi quattro risate»).

l Il problema dell'aborto ci interpella come uomini e come credenti
 
Il problema dell'aborto ci interpella anzitutto come uomini che credono nella sacralità della vita, di ogni vita, e rifiutano come delitto la soppressione di un essere umano, tanto più se innocente ed indifeso. Ci interpella poi come credenti. Disse già Sant'Ireneo (140-202), il Vescovo martire di Lione del II secolo: «La gloria di Dio è l'uomo che vive» 2. Per il credente in ogni uomo c'è Dio. Per il cristiano in ogni uomo c’è Cristo 3. Chi tocca un essere umano, tanto più se piccolo e indifeso, tocca Cristo, vindice geloso della dignità e inviolabilità di ogni essere umano. La dottrina cattolica, secondo cui l'aborto è una colpa gravissima, è chiara, ininterrotta e inequivocabile. Siamo ancora alle prime generazioni cristiane dopo gli Apostoli e la Didachè, contro la diffusa mentalità pagana, afferma in maniera perentoria:«Tu non ucciderai con l’aborto il frutto del grembo e non farai perire il bimbo già nato» 4. E Tertulliano (160-220): «É un omicidio anticipato impedire di nascere» 5. In data più recente, la Congregazione della Fede, il 18 novembre 1975, pubblicava una Dichiarazione destinata ai cattolici di tutto il mondo, con la quale proclamava assolutamente illecito l'aborto e affermava che questo pronunciamento costituiva «obbligo grave di coscienza per i fedeli» 6. Sull'argomento si sono pronunciati negli ultimi tempi gli Episcopati di tutto il mondo, con magistero unanime. I Vescovi italiani hanno emanato tre importanti documenti: il primo del 12 gennaio 1972, dal titolo Il Diritto di nascere; il secondo del 18 gennaio 1974, pubblicato con esplicito riferimento ad un’eventuale Legge del Parlamento italiano, dal titolo: Aborto e Legge di aborto; il terzo del 13 dicembre 1975, una Dichiarazione ufficiale del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, in cui si afferma in maniera categorica: «L'aborto è un crimine, è l'uccisione di un innocente. A nessuno è lecito uccidere e a nessuno è consentito decidere sulla possibilità di sopprimere un essere umano, innocente e indifeso». E questo costante insegnamento della Chiesa non è mutato ed è immutabile.

II
IL NODO DEL PROBLEMA:
IL NASCITURO CHI È
?

 
l Tre considerazioni di metodo
 
A questo punto, prima di entrare nel vivo del problema, di cui tutti gli onesti non possono non avvertire la delicatezza e la gravità, vorrei premettere tre considerazioni di metodo.

w Tutti, abortisti e antiabortisti, dobbiamo affrontare il problema dell'aborto con un senso di profonda responsabilità. Persone lontanissime dalla Chiesa, seguaci di ideologie atee o addirittura materialiste, hanno condannato certe manifestazioni di inaudita volgarità e leggerezza, effettuate femministea favore della liberalizzazione dell'aborto. Cortei di donne, ma soprattutto di ragazze, spesso giovanissime, hanno sfilato per le vie di varie città, agitandosi in maniera scomposta, lanciando insulti a istituzioni e persone che la maggioranza del popolo italiano considera sacre, invadendo chiese, agitando cartelli su cui erano scritti slogan irripetibili. Tra i meno volgari: «Aborto gratis e subito»«Aborto spiccio, pratico, indolore»«L'utero è mio e lo gestisco a modo mio». Altri non sono trascrivibili e ripetibili. Spesse volte in questi cortei, violenti e festosi a un tempo, improntati a un clima di crociata e di baldoria, dove la donna non conserva un minimo di pudore, c'erano adolescenti e persino bambine, strumentalizzate e dissacrate anzitempo da persone interessate all'aborto. «Io sono per la legalizzazione dell’aborto - scrive Natalia Ginzburg (1916-1991), su Il Corriere della Sera, del 7 febbraio 1975 - ma trovo odioso che si parli dell'aborto come se fosse una libera, allegra festa. Trovo odiosa, nella campagna per l’aborto legale, tutta la coreografia che la circonda, il rumore e lo scampanio festoso, tra gagliardo e macabro; odiose le sfilate delle donne con le bamboline appese sulla pancia, odiose le parole “la pancia è mia e ne faccio quello che mi pare”». Ma anche per noi, credenti o non credenti che siamo contro l’aborto, è doveroso procedere non emotivamente, ma portando motivazioni valide, di carattere scientifico per tutti, e di carattere religioso per chi è religioso. É lecito o è illecito sopprimere l'esistenza di un essere concepito e vivente nel seno materno? Per quali motivazioni sarebbe lecito? Per quali motivazioni lo dichiariamo illecito?

w Stiamo perdendo i valori? Trent'anni fa, forse venti, dieci anni fa, avevamo quasi vergogna persino a pronunciare la parola «aborto» al di fuori di un discorso scientifico. Innegabilmente la società ha fatto del cammino. In che senso? É ammesso da molti che a monte dell’aborto c'è una realtà molto più vasta e profonda: lo scadimento del costume: individualismo, egoismo, edonismo, soldi, sesso, «sesso selvaggio», divorzio facile, violenza, droga. Nasce un dubbio angoscioso: stiamo perdendo i valori? Sì. Specialmente noi, mondo occidentale, stiamo entrando nell'era della società consumistica, egoista, permissiva, erotica, razzista. Qualche sociologo, esagerando, si è chiesto se per caso il mondo occidentale non stia imbastardendo. Libertà come autonomia da tutto, compresa la coscienza. Libertà come soddisfazione. Tutto è lecito. Faccio quello che voglio. Ai miei interessi o piaceri tutto deve essere sacrificato. L'aborto non è un problema di fonte. É derivato. Nasce da altre tristi premesse.

w La Legge «fascista»? Siamo sotto il dominio, direi quasi la violenza dei mass-media, cioè dei mezzi di comunicazione sociale, che operano in maniera spregiudicata e manipolano le menti e le coscienze. É doveroso un giudizio nei loro riguardi. Ogni uomo che esprime in maniera onesta il suo pensiero, sia esso anche diametralmente opposto al mio pensiero, merita, da parte di me credente, sincero ascolto e profondo rispetto. Vorrei essere nell'errore, ma credo di dover dire che in materia di aborto, coloro che hanno in mano le leve dell’opinione pubblica, non abbiano agito e non agiscono onestamente. Mi permetto di fare tre esemplificazioni. Si creò l'opinione che tutto il problema della legislazione sull'aborto si riducesse all'abrogazione delle «norme fasciste» contenute nel Codice Penale «fascista», sotto il titolo «Dei delitti contro la sanità e l’integrità della stirpe». Dalle Relazioni che accompagnavano i Progetti dì Legge, ai comizi, ai cartelloni delle femministe, alle interviste dei grandi «cattedratici» o dei leader di partiti, agli articoli non solo dei rotocalchi, ma di tutti indistintamente i giornali quotidiani anche i più seri (vedi Il Corriere della SeraLa Stampa) è stata tutta una propaganda martellante, ininterrotta, che l’aborto era proibito in Italia a motivo delle leggi «fasciste» e che in definitiva tutto si riduceva ad abolire giuseppe zanardellidoverosamente alcune norme «barbariche e repressive del Codice fascista» 7É questa la verità? Evidentemente, essendo il Codice Penale in vigore in Italia quello promulgato nel 1930 sotto il regime fascista, a firma del guardasigilli Alfredo Rocco (1875-1935), anche le norme sull'aborto, alla pari di tutte le altre sanzioni penali, quelle contro l’omicidio, la rapina, la circonvenzione d'incapace, ecc..., si trovano nel Codice che si vuol chiamare «fascista». Ma per questo la Legge penale che condanna l’omicidio, la rapina, ecc... la chiameremo una Legge «fascista»? E l'omicidio, la rapina, per il fatto che sono punite dal «codice facista», le chiameremo azioni oneste? Di «fascista» c'è soltanto il titolo «Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe». Quanto al contenuto della Legge, e cioè gli articoli nº 545-551 del Codice Penale, essi si trovano, più o meno tali e quali (con sole modeste modifiche di aggravamento e a volte di diminuzione delle pene), nel Codice Zanardelli del 30 Giugno 1889! Che Zanardelli non fosse fascista non sarà necessario dimostrarlo. Quanto poi egli fosse cattolico è a tutti noto. Il MinistroGiuseppe Zanardelli (1826-1903) è uno dei più convinti e attivi anticlericali di tutto il Risorgimento. Solo che era un eminente giurista e un uomo rispettoso della vita umana. E sapientemente nel suo Codice egli pose le norme penali contro l’aborto sotto il titolo IX: «Dei delitti contro la persona». Ciò premesso, è pura disonestà affermare che le norme penali contro l'aborto erano da abolire perché «fasciste». Ma è opinione di molti sociologi che se avvenisse, per esempio, il Referendum sull'aborto, la sola qualifica che si tratta di «leggi fasciste» farebbe guadagnare alla tesi dell’aborto libero dal 5 al 10% dei voti. Questo non è onesto!
 
l Ventimila donne morte?
 
Fin dalla presentazione della prima Proposta di Legge socialista al Senato (18 giugno 1971), venne pubblicizzato un dato statistico impressionante: ogni anno morivano in Italia circa 20.000 donne per aborto clandestino. Nel successivo Progetto di Legge sempre socialista, presentato il 15 ottobre alla Camera dei Deputati, la cifra veniva ulteriormente elevata: dalle 20 alle 25.000 donne morivano ogni anno in Italia per pratiche abortive clandestine. Da quel momento la cifra divenne come «sacra»: giornali di larghissima diffusione come Il Corriere della Sera l'hanno pubblicata più e più volte. Lo stesso hanno fatto i rotocalchi, a centinaia di migliaia di copie di diffusione: per esempio, Annabella, L'EspressoNovella 2000PanoramaTempo 8. Era sottintesa la conseguenza: se ogni anno morivano per pratiche abortive 20.000 e più donne, era giusto trovare una soluzione, qualunque essa fosse (cioè l’aborto libero e gratuito negli ospedali) per rimediare a tanto scempio. Ma pure questa volta si agiva in modo non onesto. Chiunque può acquistare le pubblicazioni ufficiali dell'Istituto Centrale di Statistica, che è l'Istituto Ufficiale della Repubblica Italiana per le rilevazioni statistiche. Ho sotto gli occhi il Compendio Statistico Italiano, Ed. 1974, pag. 48. Da 14 anni iniziati a 44 finiti (cioè praticamente tutte le donne in età feconda) sono morte, con esattezza, in un anno, 9.914 donne. Morte per qualsiasi malattia: tumori, tisi, investimenti, ecc... E invece, secondo le pubblicazioni di cui sopra, e le Relazioni ai Progetti di Legge, morivano ogni anno 20.000 donne solo per aborti clandestini! É onesto manipolare in maniera così grossolanamente falsa fatti e cifre, per creare un’opinione pubblica a favore dell’aborto?

l I milioni di aborti
 
I milioni di aborti ogni anno in Italia. Il primo Progetto socialista al Senato parlava di una cifra fra i 200.000 e i 3.000.000 di aborti annui. Il secondo alla Camera, fra 1.500.000 e 2.000.000. Il terzo fra 2.000.000 e 3.000.000. Le medesime cifre si ritrovavano in tutte le pubblicazioni al'espresso sull'aborto tendenza abortista (Il Corriere della Sera, del 10.09.1976: da 1.500.000 a 3.000.000; Il Giorno, del 07.09.1972: da 3.000.000 a 4.000.000; La StampaPaese SeraIl Messaggero; e fra i periodici e rotocalchi: L'EspressoAnnabellaNoi DonneNovella 2000PanoramaSelezione,SettegiorniTempo, ecc...: 1.000.000, 2.000.000, 3.000.000, 4.000.000 9. Anche qui è evidente lo scopo propagandistico: se gli aborti clandestini erano così enormemente tanti, occorreva trovare ad ogni costo un rimedio legislativo: l'aborto doveva essere regolarizzato o addirittura liberalizzato. Erano attendibili tali cifre? Prendo di nuovo il Compendio Statistico Italiano 1974 (ufficiale) a pag. 26: da 14 anni finiti a 44 finiti c’erano in Italia 11.320.706 donne. Ammettendo 2.000.000 di aborti, ne conseguirebbe che, come media, ogni donna italiana avrebbe abortito cinque volte nella sua vita; ammesso che metà donne abortiscono e metà no, ne conseguirebbe che quella metà di donne italiane che abortiscono farebbero, di media, ciascuna undici aborti! Se poi solo un quarto delle donne italiane commettessero l'aborto, ogni donna di quel quarto abortirebbe ventidue volte! Che se gli aborti annui - come dicono alcuni - fossero 3.000.000, allora ogni donna di quel quarto che abortiscono abortirebbe trentatre volte nella sua vita! Pur ammettendo il triste allargarsi dello squallido fenomeno, la cifra denunciata dagli abortisti, ognuno può facilmente valutare quanto sia stata fantasiosa e ridicola. Siamo allora di nuovo dinanzi alla falsità, anche se ammettiamo che il metodo può tornare utile per impressionare e mutare l'opinione pubblica a favore della tesi abortista. Eppure sono «cifre sacre» che hanno resistito a tutte le smentite. Veramente siamo sotto la violenza deimass-media, dinanzi ai quali noi cattolici ci troviamo quasi impotenti. Ma dobbiamo denunciare la disinvoltura, la disinformazione, forse la disonestà, che raggiungono persino gli interventi in Parlamento, degli abortisti, i quali si sono serviti di questi rozzi metodi per manipolare l'opinione pubblica e influire sul legislatore.

l Il nascituro chi è?
 
Prima di considerare le varie motivazioni che giustificherebbero l'aborto, motivazioni terapeutiche, eugenetiche, sociali, demografiche ecc..., è giusto e onesto porsi la domanda: «Cos'è, chi è, il concepito? Chi è il nascituro»? Notiamo di passaggio come dalla formula del vecchio codice Zanardelli «Delitti contro la persona»si è insensibilmente scivolati alla formula dell'ultimo Progetto unificato «interruzione della gravidanza», dove volutamente si mette quasi in dimenticanza l'altro termine dell'operazione aborto: cioè colui che con l'interruzione della gravidanza viene sacrificato, soppresso. Tutta la dialettica degli abortisti, entro e fuori il Parlamento, tendeva ad evitare il problema di fondo: si parlava di libertà della donna, di diritto a gestire il proprio corpo, di salvaguardia della salute fisica o psichica della madre, di difficoltà economiche o sociali, ma si è fatto di tutto per eludere il problema di fondo: chi è il concepito che con l'aborto viene eliminato? Éinteressante e impressionante notare come nelle Relazioni alle varie Proposte di Legge per introdurre l'aborto, i politici assai raramente hanno toccato la questione. Gli abortisti in genere considerano il feto «una parte del corpo della madre». Altri, sempre però presentando il problema come insignificante e marginale, parlano di«masserella genetica» 10; altri - come Adriano Buzzati Traverso (1913-1983) - di «mucchietto di cellule» 11. Il biologo Jacques Monod (1910-1976) parlò di «progetto» di persona 12. Le femministe sprezzantemente chiamano il feto un «grumo di cellule» 13, un «grumo di sangue», un'«escrescenza» del corpo materno. Per cui Adele Faccio ha scritto: abortire «è come se tu avessi ucciso un gatto» 14. Ora, il problema chi sia il nascituro è troppo grosso per essere ignorato o relegato ai margini della discussione. Nessuna soluzione sull'aborto è concepibile se prima non si è risposto a questo quesito. É un problema di onestà. Eluderlo è disonesto. Ma allora è giusto dire che oggi la scienza medica ha fatto tali progressi a riguardo che non è più lecito fare affermazioni così superficiali e così false come quelle riportate sopra. La biologia, la genetica, l'embriologia sono oggi in grado dì dirci con certezza cosa avviene di un ovulo fecondato; cos'è e quale cammino segue la cellula germinale, dal primo momento della fecondazione. Dal momento in cui un ovulo femminile è stato fecondato è venuto all'esistenza un nuovo piccolo essere, che è un essere umano, ben individuato e singolare, esattamente distinto non solo dal babbo, come è naturale, ma anche dalla mamma. Fin dal concepimento esso ha i caratteri specifici di individualità e di autonomia nella sua realtà profonda (è un individuo a sé stante, è qualcuno, è «lui»). Ha il suo specifico patrimonio genetico. Contiene in codice tutto il suo avvenire. Ivi è scritto con esattezza matematica come sarà domani, maschio o femmina, alto o basso, intelligente o tardo, coi capelli biondi o bruni, con gli occhi neri o celesti. Tutto è già scritto nella cellula germinale, senza alcuna ingerenza o dipendenza ormai più dalla mamma.

jacques monod
adriano buzzati traverso
bambino
Da sinistra: Jacques Monod, Adriano Buzzati Traverso e un «grumo di sangue».

Dice il Documento pontificio: «Fin dalla fecondazione è iniziata l'avventura della vita umana» 15. Il piccolo essere, legato evidentemente alla mamma per il suo vivere (ma come nei primi giorni dopo il concepimento, così sempre, fino a un minuto prima del parto), è tuttavia assolutamente distinto dalla mamma. Dal momento in cui viene concepito, non riceve più dalla mamma né una cellula, né un tessuto, né una funzione, né un organo, né una goccia di sangue. La madre offre solo alimento all'essere che ha concepito e un terreno caldo e propizio per il suo sviluppo e la sua crescita. Giustamente è stato detto che la madre con il suo seno, dove il piccolo essere, nato da lei, si è «accasato», è «nido e nutrice» per la sua creatura. Con un paragone molto povero, perché toglie tutto il mistero di amore e di spirito della maternità umana, ma abbastanza illuminante, si potrebbe paragonare il piccolo essere concepito a una pianticella che affonda le sue radici in un terreno caldo e nutriente, rimanendo però sempre e solo sé stessa: un’erba, una pianta, un fiore, un giglio, una rosa. Il concepito dal momento del suo concepimento è una precisa unità vitale, è qualcuno, è uno, è una vita umana, è un piccolo essere umano, è un uomo! Dall'istante del concepimento all’8º giorno, al 30º, al 60º giorno, al 3º, 4º, 5º mese, al giorno della nascita, non c'è mai stato per il nascituro un salto qualitativo - cioè da non uomo a uomo - ma soltanto successivi stadi di sviluppo. Anzi è uno sviluppo che inizia dal momento del concepimento, prosegue per tutto il tempo dalla gestazione, neppure si ferma alla nascita, ma prosegue nell'infanzia, nell’adolescenza, nella giovinezza. É il cammino ininterrotto della vita, l'evolversi continuo e progressivo di un essere che continuamente cambia ed è sempre il medesimo. Diversi progetti di Legge prevedono la possibilità di aborto fino al 90° giorno. Al 91° giorno no. É reato. A riflettere bene, si tratta di una cosa quasi ridicola: che è avvenuto alla mezzanotte fra il 90° e il 91° giorno? Il concepito da non uomo è diventato uomo? Su quale base scientifica alle 23,45 del 90° giorno io posso uccidere il feto, a mezzanotte e un minuto compio invece un delitto? É proprio la scienza che ci illumina in una maniera categorica e sorprendente sulla realtà del nascituro.

l Quel che nasce da uomo è uomo

Alla luce di questi dati della scienza sarà agevole giudicare con evidenza la falsità delle affermazioni che il concepito è soltanto «una parte del corpo della madre»(On. Fortuna); è un'«escrescenza» del corpo materno, è «un grumo di sangue», è «un mucchietto di cellule» «di proprietà della madre, per cui essa se ne può liberare a suo piacimento» 16. Egualmente si può comprendere l’ambiguità di chi chiama il concepito «un nato natalia ginzburgbiologico», o usa altre espressioni confutate dalla scienza. Natalia Ginzburg, in un articolo, che pur contiene considerazioni di alto valore, scrive: «Trovo ipocrita affermare che abortire non è uccidereAbortire è uccidere [...], non già però una persona, ma la possibilità di una persona» 17. La «possibilità» di una persona? Ma il concepito è un essere umano vivente e palpitante. La piccola creatura che viene soppressa con l'aborto è reale, è viva, e coll’aborto viene raschiata, schiacciata, tagliata, fatta a pezzi nel sangue. Più aberranti le espressioni della teologa (!?)Adriana Zarri«Sento inoltre di dovermi schierare dalla parte del povero e dell'oppresso; che nel caso dell'aborto identifico soprattutto nel bambino incapace ancora di difendersi, nella misura, però, in cui è già bambino e non solo un'ipotesi di bambino» 18. Un'«ipotesi» di bambino? Ma quello che viene soppresso e ucciso con l'aborto è un vero bambino, è un essere umano vivo, nato da padre e da madre, altro che «un'ipotesi» di bambino! Continua la Zarri: «Mi chiedo persino se, e fino a che punto, sia figlio nella pienezza del significato, un nato biologico, che si deve partorire perché lo Stato lo pretende». Per cui se la madre partorisce il bambino solo perché lo Stato non ammette l'aborto, il bambino che la madre porta in seno non è più un bambino, è solo un «nato biologico» che si può tagliare ed espellere come un'escrescenza purulenta del proprio corpo. Sono veri e proprî deliri! Tuttavia, sempre alla luce della scienza, appare immotivata e senza fondamento anche l'affermazione assiomatica della Corte Costituzionale più sopra riportata. La Corte afferma che il nascituro fin dal concepimento è soggetto di diritti e gode della tutela costituzionale. Poi nel caso pratico, afferma che la salute della madre prevale anche sulla vita del feto, perché «la madre è persona» e il feto «persona deve ancora diventare». Su quale base scientifica poggia l'affermazione? Le conclusioni della scienza medica, della biologia, della genetica e della embriologia sono sicure e categoriche: siamo di fronte a un essere umano. Quello che nasce da uomo è uomo. Sempre. Dal concepimento alla morte. E pertanto l'uccisione della piccola vita umana nel seno materno è intervento di tipo omicida; è soppressione criminosa di un essere umano innocente.

l «Uomo, non ammazzare»!
 
Ci sembra doveroso approfondire la valutazione morale dell'aborto. Riprendiamo le espressioni della Ginzburg: «Trovo ipocrita affermare che abortire non è uccidere. Abortire è uccidere». Ma nessuno può uccidere. Dio solo è padrone della vita! Contro tutti gli assassini, da Caino ad Erode, a Nerone, a Hitler, a Stalin, risuona terribile il comandamento di Dio: «Io sono il Signore [...]. Uomo, non ammazzare». Persino chi non ha fede, alla sola luce della ragione avverte che uccidere l'innocente è uno dei crimini più gravi che possa commettere un essere umano. Al punto che oggi la sensibilità di molti popoli rifiuta la condanna a morte persino dei peggiori criminali. Ma «abortire è uccidere». Anzi, ci sono delle aggravanti. Ad uccidere quella piccola creatura sono proprio la mamma e il papà, coloro che l'hanno chiamata all'esistenza e per questo, quasi per grido insopprimibile di natura, dovrebbero essere portati a fare qualsiasi sacrificio per essa, se necessario dare anche la vita. Invece la uccidono. Inoltre, ci si approfitta che il nascituro è impotente, è inerme, non può capire e non può difendersi, e lo si uccide approfittando precisamente di questa condizione, e compiendo così un atto, sotto ogni aspetto, abominevole e vile. Ecco perché lo Stato, anche quello massonico e anticlericale del Ministro Zanardelli lo ha condannato come «deIitto». E la Chiesa addirittura colpisce con la scomunica (canone § 2350 del Codice di Diritto Canonico) mamma, babbo, medico, infermiere, ostetrica, ecc..., che abbiano procurato l'aborto o anche solo vi abbiano collaborato. E anche se il legislatore umano delittuosamente approvasse in Italia una Legge permissiva, l'aborto rimarrebbe sempre delitto e assassinio dinanzi alla Legge di Dio e alla voce della coscienza. E se a commettere l’aborto fosse un cattolico, nonostante qualsiasi Legge permessiva dello Stato, egli sarebbe scomunicato.

III
ABORTO E LEGGE DI ABORTO

Al momento in cui scriviamo, è prossima la discussione in Parlamento della Legge sull'aborto. Sarà ammesso per Legge l'aborto? Ci auguriamo di no, temiamo di si. Ma se anche venisse approvata una Legge permissiva dell'aborto, le considerazioni che stiamo per fare sui doveri dello Stato verso la vita del nascituro rimangono intatte. Ci soffermiamo più sotto sulle motivazioni che vengono addotte perché lo Stato autorizzi l'aborto. Cercheremo di farne una precisa e onesta, cioè motivata, analisi dopo. Per ora vogliamo solo affermare che qualunque sia la motivazione che viene addotta, lo Stato non può dichiarare mai lecito l'aborto. Potrà diminuire le pene, potrà tenere in particolare considerazione motivi gravi e perturbanti che hanno indotto una madre ad abortire, potrà in certi casi non punire, ma non potrà mai dichiarare lecito l'assassinio di un essere umano, tanto più se innocente e indifeso. Dice il Documento dei Vescovi italiani: «I diritti dell'uomo e, a base di tutti, il diritto al rispetto dell’esistenza, sono nativi e inalienabili, sono impressi da Dio tramite la natura umana. Non dipendono pertanto né dai genitori, né dall'individuo, né dallo Stato. Lo Stato non è fonte originaria, bensì garante doveroso dei diritti umani [...]. Suo compito è di riconoscerli, di tutelarli e di promuoverli per il bene di tutti» 19. E il Documento pontificio dice: «Il primo diritto di una persona umana è la sua vita [...], perciò deve essere protetto più di ogni altro. Non spetta alla società, non spetta alla pubblica autorità riconoscere questo diritto ad alcuni e non ad altri» 20.

l La legge e la moralità
 
Fra i fautori di una Legge permissiva dell'aborto, alcuni, molti, esigono che lo Stato dichiari lecito l'aborto in nome dei «diritti civili», per cui ogni cittadino, nelle cose che riguardano la sfera privata, fà quello che più gli piace. Rifiutiamo come materialistica, e degradante per l'uomo, simile affermazione. L'uomo, a differenza dell'animale, anche nella sfera privata segue la coscienza e non l'istinto o l'interesse o la soddisfazione. Egualmente respingiamo l'affermazione, fatta anche in Parlamento, secondo cui il problema dell'aborto riguarda la sola sfera privata: chi decide, in maniera insindacabile, sarebbe soltanto la madre. No. Come minimo c'è un secondo essere che deve essere interpellato, oltre la madre: è la creatura che dalla madre e dal padre è stata chiamata alla vita. Lo Stato non può non tutelare il diritto alla vita di chi già è stato chiamato all'esistenza. Giustamente la Corte Costituzionale ha riconosciuto che il nascituro fin dal momento del concepimento gode della tutela costituzionale 21. Quanto alla conclamata promozione dei «diritti civili», diciamo che si tratta di un'aperta manipolazione della verità, di un inganno grossolano teso al popolo meno istruito: uccidere un innocente non è la conquista di un «diritto civile», è solo un degradarsi, un macchiarsi la coscienza di sangue innocente. La vera promozione dei diritti civili è tutelare la vita di ogni creatura umana, di una o altra stirpe, colore, sesso, età, ecc... e fornirle tutti i mezzi per il suo pieno sviluppo.

orgoglio abortista
Orgoglio abortista: nella prima foto da sinistra, l'attivista femminista statunitenseJennifer Baumgardner (bisessuale e newager) ha lanciato la moda di una maglietta su cui è scritto I had an abortion («Ho avuto un aborto»).

l Il principio del male minore
 
Altri pochi, affermano che si tratta del «minor male». Dinanzi alle varie e molte motivazioni che vengono addotte, al pericolo di gravi malformazioni del nascituro, alla squallida realtà sempre crescente degli aborti clandestini, lo Stato - dicono essi - non approva l'aborto, ma lo permette come minor male, per evitare mali maggiori. Chi parla così è già a un livello più alto di coscienza e di civiltà. I Vescovi hanno considerato la cosa, hanno anche ammesso il principio del minor male, per cui lo Stato sopporta cose che di per sé non approva 22, come ad esempio la prostituzione, il concubinato, ma hanno concluso che nel caso in esame non si poteva applicare il principio e hanno addotto tre motivi:

- il rispetto e la promozione di ogni vita umana restano sempre il caposaldo della convivenza civile.
- le gravissime ripercussioni: una Legge permissiva dell'aborto suona praticamente come invito all'aborto, che cade per di più su esseri psicologicamente deboli e in un momento in cui egoisticamente l'aborto farebbe comodo per risolvere problemi inquietanti.
- la regolamentazione dell'aborto non raggiunge gli scopi per i quali era stata invocata. Ad esempio, una volta introdotto per Legge l'aborto, il numero complessivo degli aborti non diminuisce, ma aumenta. Permangono quelli clandestini e si aggiungono quelli legali. Infatti la Legge permissiva dell'aborto suona come un invito ad abortire, crea la mentalità dell'abortoÉ infine da notare la differenza che corre fra la «sopportazione» della prostituzione, del concubinato ecc... e la legalizzazione dell'aborto. Nel caso dell'aborto, lo Stato non soltanto «sopporta» e si astiene dal punire, ma positivamente offre la sua collaborazione per uccidere la piccola vita innocente. Lo Stato offre le sue cliniche, offre i suoi chirurghi allo scopo di uccidere. Lo Stato si fa così complice di assassinio.

manifestazioni abortiste degli anni settanta
 
l La Legge e la coscienza
 
Infine ci sono dei cattolici che dicono: a noi, alla Chiesa non deve interessare la Legge statale. Lo Stato faccia pure le Leggi che vuole. Importante per la Chiesa è formare le coscienze, portare gli uomini alla moralità. Se saranno morali, anche in presenza di una Legge permissiva, non commetteranno aborti. Se invece non avranno una coscienza formata, al momento in cui avranno interesse, commetteranno l'aborto clandestino, in barba alla Legge che lo proibisce. Un simile modo di pensare ha del vero e ha del falso, a nostro giudizio. Sì, conveniamo: la moralità non è la Legge e la Legge non è la moralità. La moralità si basa sulla coscienza. Quello che deve importare alla Chiesa è formare le coscienze. Giustissimo. Però la Legge influisce sulle coscienze, specialmente della massa del popolo, specialmente dei giovani. La Legge ha un alto scopo pedagogico. La Legge è una luce, è un punto di riferimento, è un modello di comportamento. Ed è un invito, è un'esortazione ad agire con senso morale. É un fatto psicologico ammesso da tutti gli studiosi: dalla permissione legale insensibilmente e fatalmente, si passa al permissivismo morale e il costume decade. Quando poi il costume è decaduto, alcuni generosi rimarranno fedeli, ma la massa viene travolta. Pertanto, la Legge non può ammettere la liceità dell'aborto. Lo deve considerare un reato con tutte le attenuanti di alcuni casi particolari. La coscienza ha diritto di essere illuminata dalla Legge. Certo: guai se la Legge non venisse recepita dalla coscienza. Ci vuole la Legge e ci vuole la coscienza. L'ideale di una società è che la Legge sia onesta, e che la coscienza dei cittadini la recepisca e vi si adegui con intima convinzione.

IV
LE MOTIVAZIONI
DEGLI ABORTISTI
 
Le motivazioni che si adducono per giustificare l'aborto sono varie: alcune meritano considerazione, comprensione e rispetto, non per giustificare l'aborto, ma per interventi doverosi che aiutino ad evitarlo. Altre motivazioni invece non meritano questa considerazione, ma solo riprovazione, perché in realtà sono soltanto a servizio dell'egoismo e del libertinaggio sessuale.
 
l La più squallida delle motivazioni
 
si nasce solo se lei vuoleLa più cruda e squallida delle motivazioni è quella addotta dai cosiddetti «movimenti femministi». Ha scritto Adele Faccio, la loro Presidente, parlando da una tribuna molto elevata, da dove la voce arriva a tutta Italia (vedi Il Corriere della Sera, del 24 gennaio 1976): «É ora di farla finita di predicare la falsità [...]La sessualità è lessenza stessa della vita». E per sessualità intendeva il soddisfacimento di ogni istinto: in particolare, masturbazione, omosessualità, rapporti sessuali prima e fuori del matrimonio, eliminazione di gravidanze non desiderate. L'articolo, infatti, era scritto in polemica (meglio si direbbe «in odio», talmente lo scritto della Faccio è viscerale e orripilante) contro la Dichiarazione Pontificia sull'Etica Sessuale. L'articolo si chiudeva con un attacco violentissimo alla Chiesa, la quale, condannando tali «libertà» sessuali, si qualifica come «un potere ormai completamente antistorico, anticulturale e antiumano (!) che va combattuto come il peggior nemico della libertà, della felicità e della realtà».La donna è sesso. Pertanto fa parte della sua liberazione e promozione il diritto a poter fare ogni esperienza sessuale, come vuole, quando vuole, giovane, adulta, libera, sposata. Se nella ricerca del piacere capita che nel seno nasca una vita, essa ha il sacrosanto diritto di eliminare questa vita, questo essere indesiderato che le è soltanto di peso: eliminarlo senza paure, senza dolori, senza spese.«Aborto libero, gratis, subito»«Aborto spiccio, pratico, indolore». Le femministe e i radicali sono giunti a tal punto da definire «parassita» il piccolo essere umano nato nel seno della donna, e da concludere che se è un «parassita» la donna ha il sacrosanto diritto di sopprimerlo quando e come vuole. E questo lo hanno scritto addirittura nella Relazione alla Proposta di Legge presentata alla Camera dei Deputati (vedi Proposta di Legge Adele Faccio, Emma Bonino, Marco Pannella, Gianfranco Spadaccia, depositata alla Camera il 6 luglio 1976, pag. 3). Per la stima che portiamo alla donna ci nasce un senso di ripugnanza. La donna è un essere meraviglioso. Per le femministe invece la donna è la «femmina». Ma chi vede nella donna soltanto la «femmina», la umilia e la avvilisce come «donna». Fra noi e le femministe la lontananza è abissale. Ebbene: le femministe esigono libertà di aborto, per assicurare alla donna il libertinaggio sessuale, senza dover portare il peso di un eventuale «parassita».
 
l L'aborto facile
 
Non vanno molto lontano dalle motivazioni delle femministe le motivazioni di coloro che vedono nell’aborto il mezzo facile e sbrigativo per eliminare una gravidanza indesiderata. Ragazze anche giovanissime, rimaste incinte, fidanzate che ancora non vogliono o non possono sposarsi, gravidanze da rapporti extraconiugali, o comunque gravidanze impreviste: nell'aborto c’è una soluzione facile. Si fà l'aborto e tutto è rimediato. Assassinio a buon mercato. E per questi autentici assassinî, per di più fatti per motivi fallaci o squallidi, lo Stato ci apra le sue cliniche e ci paghi anche le spese.

l I partiti e le femministe

Concludiamo con due brevi ma ben tristi considerazioni.
 
w Si calcola che almeno due terzi degli aborti vengono perpetrati per questi meschini o addirittura abbietti motivi.
w Il fatto che persino alcuni partiti politici si siano schierati a fianco delle femministe e conducono la loro battaglia a difesa e promozione di questo tipo di «aborto», cioé di assassinio, voluto freddamente a tutela del libertinaggio sessuale e solo per evitare noie e pesi, è un fatto che ci offende e che ci umilia anche solo come cittadini italiani.

l I motivi di carattere medico
 
w L'aborto terapeutico
Altre motivazioni richiedono invece attenzione e riflessione, pur essendo noi contrari all'aborto per i motivi che abbiamo esposto sopra. L'aborto terapeutico: è quando ci si trova dinanzi alla scelta drammatica: salvare la vita della madre o la vita del feto? Se non si interviene sul feto, la madre corre il pericolo di morire. Vogliamo dare una risposta sul puro piano civile. In virtù dell’art. nº 54 del Codice Penale, che contempla il cosiddetto «stato di necessità», in questo drammatico caso, secondo la Legge italiana il medico può intervenire. Per cui per il caso dell'aborto terapeutico non occorrono leggi nuove. Ma c’è un'altra considerazione da fare: il caso dell'aborto terapeutico classico, «o la madre o il bambino»«se non si fà l'aborto muore la madre», è un caso ormai, grazie ai progressi della medicina, pressoché scomparso. Il Prof. De Biasi, al Convegno di Deontologia Sanitaria tenuto a Modena nel 1971, affermò che in nove anni di esercizio della sua professione a Genova, nella Clinica Universitaria di cui è Direttore, su 16.216 ricoveri ostetrici, gli si erano presentati in tutto sette casi, pari a un caso su 2.323 parti 23. Che questo caso sia ormai quasi scomparso lo riconoscono anche i fautori dell'aborto, come il Prof. Francesco D'Ambrosio, della Clinica Mangiagalli di Milano, il quale scrive: «Oggi, difficilmente ci si potrà trovare nella condizione di dover praticare l'aborto per salvare la vita della donna. Le conoscenze scientifiche e tecniche, infatti, non pongono per fortuna all’ostetrico questo dilemma da molti anni» 24.

aborti
 
w Aborto terapeutico in senso lato
Ma oggi si è voluto estendere il concetto di aborto terapeutico. E questa estensione la si ritrova in quasi tutte le Proposte di Legge. Non si guarda più soltanto alla vita della madre, messa in pericolo grave e immediato dalla prosecuzione della gravidanza, ma anche alla sua salute, qualora ne derivi un «serio pregiudizio». C'è di più. Non è contemplata soltanto la salute fisica, ma anche la salute psichica. C'è ancora di più: il «serio pregiudizio» alla salute fisica o psichica, non occorre che sia in atto; basta che possa essere «previsto». E non solo a motivo della gestazione, ma anche del parto, nonché del periodo successivo al parto. E non solo per motivazioni sanitarie, ma anche «in relazione alle condizioni economiche, sociali e familiari della gestante»! Ma qui ci rientra tutto. Una motivazione simile apre la porta a ogni arbitrio. Ogni aborto sarà considerato «terapeutico». Difatti, è ormai pacifico per molti abortisti che il solo fatto che la gravidanza è indesiderata, costituisce motivo di «serio pregiudizio» per la salute psichica della madre. Una simile estensione dell’aborto terapeutico rientra fra le motivazioni false e futili. Éuna beffa. Tanto vale allora parlare apertamente di liberalizzazione dell'aborto.

w L'aborto eugenetico
Esso viene invocato quando durante il periodo della gestazione si può prevedere che il bambino nascerà affetto da gravi anomalie e malformazioni che lo renderanno più o meno infelice per tutta la vita. Dobbiamo confessare che questo è veramente il caso più drammatico, che richiede tutta la nostra considerazione e comprensione, salvi sempre i grandi principî morali circa la vita umana. É doveroso però fare al riguardo le seguenti considerazioni:
 
- Il numero dei casi per cui si vorrebbe invocare l'aborto eugenetico è minimo. Studiosi molto seri affermano che, a livello mondiale, gli aborti fatti per motivazioni mediche non superano il 5% del totale 25. Di questo 5%, a giudizio dell'insigne studioso Prof. Bompiani«un'aliquota estremamente rara è dovuta all’individuazione precoce» di malformazioni del nascituro 26. Onestà vuole che si dica apertamente se è per questapiedi di un bambino alla 22ª settinana«aliquota estremamente rara» che si chiede una Legge di aborto. Oppure questi casi sono soltanto una scusa, un'esca per introdurre l'aborto facile.
- Fino a quale limite la «previsione» di malformazioni del nascituro può essere certa? É noto che attraverso un procedimento chiamato «amniocentesi», alla 16ª settimana circa (metà del quarto mese) si può ottenere con quasi certezza una diagnosi che dice se il nascituro sarà veramente anormale oppure normale. Ebbene, riferisce il Prof. Bompiani, che da una indagine scientifica condotta su 1.020 nascituri sottoposti ad amniocentesi in quanto si sospettava che sarebbero nati infelici, ben 899 risultarono e nacquero perfettamente sani. Se per il solo «dubbio», per la sola «previsione», di malformazioni, si fosse proceduto all'aborto, ben 839 vite umane perfettamente sane sarebbero state soppresse 27. Come si può allora solo nel «dubbio», solo nel «timore» uccidere il piccolo essere umano?
- Oggi alcune possibili malformazioni possono essere curate non solo dopo la nascita, ma anche prima della nascita, nel periodo della vita endouterina. Occorre che, a carico della società, tutti i possibili interventi siano realizzati (esami, terapie anche le più costose, assistenze, ecc....) per eliminare o attenuare le temute anomalie.
- Rimane tuttavia il problema morale: e se per qualche caso almeno rimane la certezza che il nascituro verrà alla luce infelice? Pur nella condivisione della drammaticità e estrema sofferenza del caso, sentiamo che non si può venir meno al grande principio della vita e che uccidere non è mai lecito. Ma questa affermazione deve essere fatta ed accolta all'interno di quello che diremo poi sul mistero del dolore e della sofferenza nella vita dell’uomo e della società: mistero del dolore, che è pur pieno di luce e stimolante per la crescita morale dell’individuo e del mondo. A questo caso daremo dunque risposta nelle pagine seguenti.



w La madre nubile
Altro caso per giustificare l'aborto: quando una ragazza rimane incinta, e colui che l'ha resa madre la rifiuta e l'abbandona. La ragazza, secondo gli abortisti, ha diritto di abortire: per salvare il suo «onore»; perché è ancora così giovane; perché con un bambino al collo difficilmente troverà un uomo che la sposi; perché solo a prezzo di gravi sacrifici e di umiliazioni potranno affrontare la vita, lei e il suo bambino. Mi sembra giusto fare queste considerazioni:

- L'uomo che ha messo incinta una giovane e poi l'abbandona, per andare forse a sposarne un’altra, salvo cause particolarissime, è un essere indegno e inqualificabile.
- Occorre sapere che il bambino che nasce ha diritto per Legge ad essere riconosciuto dal padre naturale, ad avere come dalla madre così dal padre tutto il necessario per la vita, la salute, l'istruzione, l'educazione. E domani avrà diritto all'eredità, alla pari dei figli legittimi. Così stabilisce la Legge di Riforma del Diritto di Famiglia.
- La donna diventata madre nubile ha diritto a tutta la nostra fraternità e comprensione, e al nostro rispetto. Se essa, educata alla scuola dell'umiltà e del dolore, cambia vita, vive e si sacrifica per il figlio, conduce un'esistenza esemplare, questa donna merita la nostra stima sincera e la nostra ammirazione. E deve trovare nella comunità sia civile, sia - e soprattutto - ecclesiale, un clima per riaprirsi alla speranza e al coraggio e l'occasione per riscoprire, nonostante tutto, il disegno divino d'amore sulla sua vita e su quella del figlio 28.
Se invece ricorresse all'aborto, essa, alla colpa di aver trasgredito la Legge morale della sessualità, aggiungerebbe un delitto: l'atroce delitto di aver soppresso il frutto delle sue viscere, di essere diventata madre assassina della propria creatura.

feto abortito vicino a 200 lire
 
l Motivazioni di violenza o incesto
 
Siamo ancora di fronte ai dolorosi, terribili casi che pur offre la vita. Una donna può diventare madre per violenza di un bruto, può essere ingannata, o traviata, e condotta alla maternità entro le mura di casa sua. La donna a volte è colpevole, a volte è innocente. All'offesa, all'atroce sofferenza del momento, si aggiungono conseguenze sociali enormi, drammatiche, che turberanno e rivoluzioneranno tutta la sua vita. Qui non parlo della colpevolezza soggettiva: ci sono casi in cui la donna e chi le sta vicino facilmente possono perdere la capacità di riflettere e di agire secondo una luce. Oggettivamente, però, persino in questo caso limite non si può sopprimere una vita. Il delitto di un bruto non può essere fatto pagare a un piccolo essere fragile e innocente. Alcune delle ammirevoli ed eroiche suore violentate nel Congo divennero madri, e i Superiori le lasciarono accanto ai loro bambini mulatti. Non per questo esse furono meno sante e meno suore.
 
l Le motivazioni sociali
 
w «Siamo in troppi»
Dicono gli abortisti: siamo in troppi. Il rimedio allora è semplice: «Eliminiamone alcuni»! Perché ad essere eliminato non ti offri tu che fai l'obiezione? No. Tu ti rifiuti di essere ucciso per il fatto che «siamo in troppi» e dici: «Uccidete i bambini non nati». Magari, se neppure questo bastasse, da buon razzista dirai: uccidete i malati, uccidete i negri, uccidete i vecchi o i poveri. Sono ragionamenti questi? Vedete come è orribile chiedere l'uccisione di qualcuno perché «siamo in troppi»? Non è lecito diventare assassini perché «siamo in troppi». Il problema rimane sempre quello che noi abbiamo messo da principio: «chi è il nascituro»? Se è un essere umano, egli mai può essere ucciso. Premesso questo, faccio alcune brevi osservazioni:

- Occorre dare ai giovani concetti chiari e onesti sulla procreazione cosciente e responsabile.
- Per quanto riguarda l'Occidente, per quanto riguarda l'Italia, il cosiddetto «problema demografico» va scomparendo. Stiamo diventando una nazione a media o quasi bassa natalità: sedici nati ogni 1.000 abitanti. Ha destato impressione l'invito rivolto recentemente dal Presidente della Repubblica francese alle coppie di sposi di Francia di mettere al mondo almeno tre figli. Perché? Per motivi religiosi o moralistici? No. Per motivi sociali, economici: altrimenti la Francia diverrà una nazione di vecchi e di pensionati, e neppure economicamente potrebbe resistere. Ma l'Italia oggi è scesa come natalità alla pari della Francia, al di sotto degli Stati Uniti. Dal 31,4‰ del 1910 siamo scesi in Italia al 18,4‰ del 1960, al 16,4‰ del 1973 29.
 
 bambino alla decima settimana
A sinistra: su di una t-shirt diffusa dagli ambientalisti americani, convinti che la Terra sia sovrappopolata, è scritto:Save the Earth: abort a child Salva la Terra: abortisci un bambino»). A destra, i resti di un feto ucciso alla 10ª settimana di gestazione.

l Condizioni economiche e sociali disagiate

Altra motivazione, che merita considerazione, è lo stato di disagio economico e sociale, più o meno grave, in cui versano certe donne rimaste incinte: disoccupazione, malattie, mancanza di casa, altri figli ancora piccoli, emigrazione, ecc... Per esse gli abortisti chiedono e consigliano l'aborto. Risponderemo più sotto a queste obiezioni, quando presenteremo la nostra soluzione. Qui solo due osservazioni desideriamo fare:

- Sono proprio i poveri, i disagiati, quelli che hanno conosciuto le strettezze e le sofferenze dell'esistenza, i più disponibili a un discorso che si appella al rispetto della vita, alla voce della coscienza. Non le donne milionarie o miliardarie, siano esse attrici o scrittrici o ricche borghesi o politicanti, che vanno ad abortire nelle cliniche svizzere o inglesi, e poi credono di rifarsi una coscienza (!) inducendo altre donne, quelle povere, a seguire il loro esempio e a uccidere la creatura che portano in seno.
- La seconda osservazione molto concreta: vi sono coppie di sposi senza figli che sospirano un bimbo da adottare, ma non lo trovano. Perché tra le richieste che vengono fatte e i bambini disponibili per un’adozione la differenza è enorme. Praticamente, su cento coppie di sposi che chiedono un bambino da adottare, vi sono solo tre o quattro bambini disponibili. Il Giudice del Tribunale dei Minorenni di Firenze, dott. Meucci, ha dichiarato che nella Cancelleria del suo Tribunale giacciono circa 2.500 domande di coniugi che chiedono ardentemente di adottare un bambino. Dice il dott. Meucci che potrà accontentare una coppia su quaranta, al massimo una coppia su trenta, cioè su 2.500 domande di adozione, oltre 2.400 saranno respinte 30.
 
É onesto allora consigliare la soppressione, l'uccisione del nascituro a una donna che per motivi di carattere economico o sociale è in trepidazione per l'arrivo di un bimbo? Essa porti la sua creatura fino alla nascita. Se poi proprio non potrà allevarla, permetta alle autorità che la dia in adozione a una coppia di sposi, selezionati, buoni, che la sospirano, che non le faranno mancare nulla nella vita, né i necessari mezzi economici, né l’istruzione, né soprattutto affetto e dedizione.
 
l La discriminazione fra ricchi e poveri

Altra obiezione che viene sollevata, e che fà presa, per giustificare l'aborto è la discriminazione in atto fra una donna ricca e una donna povera che voglia abortire. La donna ricca rimasta incinta ha facile modo di sbarazzarsi del frutto indesiderato del suo seno. A suon di quattrini trova subito il medico e la clinica compiacenti, dove con tutta la segretezza e l'assistenza medica del caso, potrà abortire; oppure va in Svizzera o a Londra e, pagando, ottiene senza pericoli e dolori lo scopo desiderato. Invece la donna povera, che non ha le duecento, seicento, novecentomila lire o i due o tre milioni, per abortire così, deve ricorrere all'aborto clandestino, con tutte le umiliazioni, le sofferenze, i rischi, a volte addirittura il pericolo di morire (e qui si tirano fuori, con tutta la falsità di cui si è detto sopra, le 20.000 (!) donne che morirebbero ogni anno per pratiche abortive clandestine). Dicono gli abortisti: «E allora aborto per tutti, nelle cliniche, gratis». Quanto sia falso e ingannatore questo modo di ragionare, che invece fà tanta presa per una società che sente tanto, e giustamente, l'iniquità delle disparità sociali, ognuno agevolmente può rendersene conto. Se l'aborto è l'uccisione di un essere umano, se l'aborto è un delitto, nessuno lo deve compiere, né il ricco, né il povero. E chi incita il povero a diventare assassino, perché il ricco è assassino, disonora il povero e compie opera di istigazione a delinquere. Dunque, né i ricchi, né i poveri devono abortire. Se mai la società smascheri e punisca queste ricche donne, queste attrici o scrittrici, supermilionarie o miliardarie, che si vantano di aver abortito in cliniche compiacenti o all’estero. E ai medici che per vile guadagno compiono gli aborti tolga l'iscrizione all’albo professionale, e chiuda le cliniche dove avvengono questi delitti. E soprattutto si faccia opera di educazione al rispetto della vita nei riguardi di tutti, perché ogni donna, ricca o povera, non violi la sua coscienza, sopprimendo una vita umana, nata da lei.

aborto e marxismo
Tre immagini - due italiane e una spagnola - da cui si evince in modo chiaro l'analisi marxista (in termini di «lotta di classe») applicata dai movimenti di sinistra al dramma dell'aborto, considerato un lusso riservato ai capitalisti.

l Gli aborti clandestini

Abbiamo parlato sopra degli aborti clandestini, con tutte le conseguenze derivanti dal modo in cui vengono praticati. Dicono gli abortisti: «È pericoloso, è indegno abortire in quelle condizioni: si renda libero l’aborto e la donna abortisca nelle cliniche, gratis, con ogni assistenza medica del caso». Con tutta la comprensione per il dramma di ogni madre che porta una gravidanza indesiderata, denunciamo però la fallacia del ragionamento riferito sopra, e reclamizzato con ogni mezzo presso tutte le categorie del popolo italiano. Se l'aborto è un delitto esso non deve essere fatto, né clandestino, né autorizzato presso cliniche o ospedali. Occorre propagandare non l'aborto nelle cliniche, ma il dovere di ogni donna prima a una maternità responsabile e poi, se rimane madre, ad assumersi le sue responsabilità e mai ricorrere a un delitto. Fatta questa premessa di ordine morale, ci chiediamo due cose:

É vero che l'aborto fatto in ospedale non porta alcun danno alla donna che ha abortito, né fisico, né psichico? Neppure questo è sempre vero. Certo, alcuni gravi rischi per la salute della madre, che potrebbero derivare da aborti fatti da «praticoni» non si avranno. Resta però il rischio di «innegabili e documentati effetti nocivi a più o meno lunga scadenza, per la madre e per eventuali altri figli» 31. Sotto l'aspetto psichico, sarà proprio vero che nella donna, in cui il senso della maternità è innato, l'interruzione violenta della gravidanza, non produrrà alcun effetto di carattere psichico? Tanto più che ammettendo l'aborto legale, non saranno poche le ragazze giovanissime che vi ricorreranno.
- Ci chiediamo poi se è vero che una volta ammesso l'aborto legale, scompaiano gli aborti clandestini. Oggi, per alcune nazioni abbiamo degli studi seri fatti sull'argomento. Li riportiamo da una rivista la cui serietà è universalmente ammessa: La Civiltà Cattolica 32. Riguardano Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Giappone, Olanda, Russia, ecc... Ci limitiamo ad un esame di quella che è stata l'esperienza inglese. In Inghilterra, il 27 aprile 1968 diviene operativo l'Abortion Act, la Legge che introduce l'aborto legale. Si sono fatti studi comparativi fra il 1968 e il 1973. Riportiamo da La Civiltà Cattolica che ne fà un esame sereno:

«Primo effetto: aumento pauroso degli aborti legali, dai 23.641 del 1968 si sale ai 169.362 del 1973: aumento del 730%.
Secondo effetto: grande aumento degli aborti clandestini, forse un 300.000, "praticati per lo più da persone non qualificate". Per cui la Commissione Governativa (favorevole all'aborto) chiede che si inaspriscano le pene pecuniarie e detentive per gli aborti clandestini.
Altre conseguenze: aumentano i decessi a motivo di aborto. Aumentano, nonostante gli aborti, i nati illegittimi. Aumentano i bambini abbandonati, affidati all'assistenza pubblica» 33.

Come si spiega tutto ciò? Ammesso l'aborto legale sarebbe naturale che scomparissero gli aborti clandestini, i nati illegittimi, i bambini abbandonati, le morti delle madri per causa di aborto, ecc... Non è vero. é vero il contrario! La Legge crea la «mentalità abortistica». Per uno o altro motivo non si può o non si stima opportuno ricorrere all’aborto legale? Si ricorre a quello clandestino. Così, di anno in anno aumentano gli uni e aumentano gli altri, e le coscienze, specialmente nelle nuove generazioni, fanno il callo al delitto di sopprimere una vita umana.

panda e bambino

l L'industria dell'aborto

C'è di peggio: in Inghilterra, a motivo della Legge che ha liberalizzato l'aborto, è nata «l'industria dell'aborto». Sull'esistenza e sul dilagare di questa realtà abbietta nessuno più dubita. C'è tutta un'organizzazione «industriale» per convogliare le «clienti» a determinate cliniche, per fare pressione sulla donna incinta ancora dubbiosa se abortire, per toglierle ogni incertezza o scrupolo pur di far soldi! Una giornalista non sospetta, su un giornale di tendenza abortista 34 scrive dopo una lunga indagine condotta di persona a Londra: «Interrompere una gravidanza in questo Paese, è ancora oggi, malgrado la liberalizzazione della Legge, difficile, angoscioso, umiliante, spesso costoso». Impressionante a questo esperimento su bambino vivoproposito il libro Bambini da bruciare (del 1974) risultato di un'indagine svolta minuziosamente presso cliniche e medici di Londra da due giornalisti, in partenza favorevoli all'aborto. Medici, ostetriche, infermiere, assistenti sociali, direttori di cliniche specializzate, in Londra, tutti ben collegati fra loro in una sapiente organizzazione per accaparrarsi le donne che vogliono abortire, o per indurle all'aborto se hanno esitazione. I medesimi due giornalisti denunciano con sdegno quello che avviene dentro e attorno alle cliniche statali o private dove si pratica l'aborto: aborti concessi senza alcun motivo, circonvenzione di gestanti, sordidi interessi economici, nascituri vitali venduti come «cavie» a ditte farmaceutiche per fare esperimentioppure venduti a ditte di cosmeticiper farci saponi! Uno dei due giornalisti si presenta a un professore che fà gli aborti e gli chiede di poter acquistare i feti estratti. Dice il professore al giornalista: «Molti dei bambini che ottengo sono già belli e completi e vanno avanti a vivere per un po', prima che li eliminiamo. Una mattina ce n'erano quattro, uno vicino all'altro, che strillavano come disperati. Non ho avuto il tempo di ucciderli nell'inceneritore; c'era tanto di quel grasso animale che avrebbe potuto essere commerciato» 35. Quando si parte col disprezzo della vita umana, non si sa dove si arriva. Per questo anche si spiega perché, quasi in ogni nazione, da principio si vara una Legge che ammette l'aborto solo per le prima settimane, poi si allarga sempre di più. Negli Stati Uniti, la Corte Suprema di Giustizia, con sentenza del 22 gennaio 1973, è giunta ad ammettere l'aborto fino a sei mesi, ossia quando ormai il corpicino è formato in tutti i suoi organi (mani, piedi, viso, occhi, cuore) 36. In Italia già le prime Proposte di Legge partono con coraggio: fino al 90° giorno la madre può uccidere «tranquillamente» (il cuore batte già da due mesi). Per motivi poi eugenetici non c'è limite di tempo per abortire: anche nascituri di sei, sette, otto mesi possono essere legalmente uccisi.

V
LA SOLUZIONE È A MONTE

Dunque non si uccide. É troppo facile dinanzi alle difficoltà dire: eliminiamo il nascituro. É troppo facile, è delittuoso, è vile. A nessuno è lecito uccidere. E a nessuno è lecito autorizzare altri ad uccidere, tanto meno al legislatore. La soluzione alla problematica dell'aborto, che si fà ogni giorno più vasta e inquietante, va cercata altrove che in una Legge di morte.
 
l La soluzione è altrove
 
Nello stesso tempo però sentiamo il dovere di dire che neppure basta lottare contro una Legge permissiva dell'aborto per sentirsi tranquilli in coscienza. Non basta esigere che l'aborto venga per Legge dichiarato «reato» e poi disinteressarci se clandestinamente si commettono tanti aborti; oppure non preoccuparci di andare incontro per altra via all'angoscia di una madre che porta una gravidanza indesiderata. Anche qui la soluzione è a monte. Crediamo, in forma sintetica, di poterla delineare così:

- Occorre che i genitori diano ai loro figli un'illuminata educazione sessuale: rispettosa, ma chiara; delicata, positiva, attraente, che discopra il disegno mirabile del Creatore sulla sessualità umana. Occorre dare agli uomini e alle donne, ai giovani e alle giovani, il senso della sacralità della procreazione, e insieme idee esatte sulla paternità cosciente e responsabile. E occorre offrire a tutti i cittadini indistintamente la possibilità di rivolgersi ai consultori prematrimoniali e matrimoniali, professionalmente validi e che siano rispettosi dei sentimenti morali e religiosi di chi vi ricorre: consultori quindi sia pubblici sia privati, meglio detti liberi.
- Evidentemente poi non basta la prevenzione. Stato, scuola, famiglia, così come la Chiesa, devono soprattutto preoccuparsi di dare un'educazione morale, di formare delle coscienze. Altro che «l'utero è mio e lo gestisco come voglio io», come dicono le femministe. Altro che «sesso selvaggio». Non solo ai fini religiosi, ma anche sociali, occorre educare tutti, ma specialmente i giovani, al vero senso dell'amore; al rispetto della dignità di ogni essere umano; a riscoprire nella donna non «la femmina», ma un essere meraviglioso per la sua natura e il suo ruolo nella vita, nella famiglia e nella società. Occorre che i giovani tornino a vedere nella vera luce il matrimonio e la famiglia, realtà tra le più stupende e sante per l'essere umano; tornino a rivalutare la coscienza e a sentire profondo il senso della «sacralità della vita», di ogni vita.
 
A ogni bambino che nasce sia resa possibile, sempre e dappertutto un accoglienza degna. Questa esigenza interpella tutti, in primo luogo la comunità civile. Ne nascono due conseguenze:

- L'obbligo di una sincera, concreta e coraggiosa politica sociale. Prima di qualsiasi altra forma di benessere sociale, occorre assicurare il lavoro per tutti, uno stipendio adeguato, una casa sicura, sufficientemente accogliente, tutta l'assistenza medica, scolastica, ricreativa per i bambini, dal periodo prenatale al parto, alla prima infanzia, all’adolescenza.
- Se un bambino nascesse malformato, o addirittura prima ancora che nasca si avesse una prognosi di malformazione, occorre assolutamente che il bambino non sia a carico soltanto di due genitori traumatizzati e sofferenti, ma sia preso doverosamente e amorosamente a carico di tutta la comunità: esami, terapie specialistiche anche le più costose, assistenze di ogni genere, tutto quello che è necessario o utile per il recupero e la rieducazione dev'essere assicurato. Infine la stima, la vicinanza, l'amore. E tutto questo non come elemosina, ma come obbligo della comunità verso i suoi membri particolarmente bisognosi. Questo che diciamo dev'essere un'impostazione doverosa, obbligatoria per i responsabili a tutti i livelli: a livello nazionale, regionale, di Enti locali, ecc...
 
Questa è politica sincera, pura. E ogni cittadino deve sentirsi coinvolto, il credente in particolare. Qualora se ne disinteressasse, allora sarebbe veramente ipocrita la sua preoccupazione che l'Italia continui a considerare e a punire l'aborto come delitto.
 
I centri di accoglienza. Quando una donna, per qualsiasi motivo, è in sofferenza per una gravidanza inattesa, deve sapere che la comunità civile e la comunità ecclesiale le offrono dei centri dove essa si può rivolgere e sarà ascoltata, aiutata, con senso di rispetto e di fraternità. Questi centri, diffusi capillarmente in tutta Italia, dovrebbero essere in grado di fornire tutte le indicazioni atte ad alleviare - se non sempre a risolvere - la sofferenza e a volte l'angoscia della donna che inaspettatamente scopre di portare in grembo un bambino. É criminoso che in qualche centro essa debba sentirsi consigliare: «Sopprimi la tua creatura e hai risolto il tuo problema». Noi temiamo che sorgeranno centri sovvenzionati dagli Enti pubblici con questa triste missione, anzi forse sono già sorti. Il centro dovrebbe compiere opera di chiarificazione onesta e di sostegno. Dovrebbe indicare alla donna incinta tutte le provvidenze che sono a sua disposizione per iniziativa dello Stato, della Chiesa, e di Enti pubblici o privati, per risolvere in tutto o in parte il suo caso. Penso ai rischi per la salute fisica o psichica della madre, penso ai bambini nati malformati. Penso a madri povere o a famiglie dove c'è la disoccupazione. Questi centri dovrebbero concretamente assistere la madre per trovare delle soluzioni, avvalendosi di tutte le possibilità che sono a disposizione. Penso anche a giovanissime rimaste incinte, a madri nubili, a ragazze o donne che assolutamente non vogliono che si sappia della loro maternità, e ad altri casi disperati. In questi centri esse dovrebbero trovare la possibilità di essere indirizzate in case accoglienti, dove potranno essere ospitate con assoluto segreto, se povere potranno essere aiutate, se bisognose di cure potranno essere curate, se decise a non tenere il bambino potranno farlo adottare appena nato.
Il mistero del dolore. Tutto quanto detto è doveroso. E chiunque sente con sofferenza la gravità del delitto di aborto, deve impegnarsi, come cittadino e come cristiano, affinché diventi realtà. Tuttavia, nessuna politica sociale anche nei Paesi più prosperi e progrediti, nessun centro di assistenza, potranno completamente eliminare nel campo delle gravidanze e delle nascite il mistero del dolore. Una gravidanza in un caso può essere motivo della più grande felicità per due genitori, e in un altro caso può essere fonte della più grande ansia, sofferenza,gesù cristo crocifisso angoscia. In modo particolare ci riferiamo al caso di una prole nata fisicamente o psichicamente infelice. É il mistero del dolore. Esso non può davvero essere affrontato con poche e superficiali considerazioni. Ma una parola vogliamo dire. Sul piano umano: ci piace citare quello che ha scritto una donna, nata per la sua cultura e sensibilità, e non appartenente alla nostra fede: Natalia Ginzburg, che pure abbiamo sopra criticato. Dice la Ginzburg, parlando proprio dell'aborto: «L'idea dell'aborto conduce a chiedersi quale sia il significato della vita [...]. Ma amare la vita e crederci, vuol dire anche amare il dolore» 37. In una visione globale dell’uomo e del mondo, c'è un posto anche per il dolore, un posto non piccolo. Sociologi e psicologi ci avvertono con allarme che l’umanità, specialmente nel mondo occidentale, sta slittando verso una società individualistica, consumistica, egoista e violenta. Forse, perché questo non avvenga c'è bisogno del dolore. Il dolore è duro, ma ha la capacità di stimolare e mettere in circolazione nel corpo sociale delle vitamine morali; richiama ed educa ai grandi valori, che sono basilari per la vita associata: l'uscire dall'io, la fraternità, il sacrificio per gli altri, un senso da dare all’esistenza, la spiritualità, l'amore. La storia, la vera storia umana, non è fatta di guerre vittoriose, o di scoperte scientifiche che hanno aperto ere nuove per il progresso materiale, o di traguardi raggiunti di ordine puramente economico, ma è una progressiva promozione spirituale dell'uomo, ottenuta attraverso sacrifici ed eroismi piccoli o grandi, noti o nascosti. Storia, civiltà, famiglia, amore, si sono sempre alimentate di altruismo e di abnegazione. Siamo profondamente convinti che la società, specialmente la nostra società, ha bisogno anche del dolore per riscoprire ed esprimere le virtù sociali e così come rinsanguarsi. Per i credenti poi, sul piano della fede, si aprono i misteriosi orizzonti del messaggio evangelico. Due genitori ai quali il Signore chiede di accogliere un bimbo parzialmente o anche totalmente infelice sono da Lui chiamati a comunicare in maniera singolare al Suo mistero pasquale, che è mistero di dolore e di amore, di sacrificio e di fecondità per la salvezza universale.

l Dalla parte di Abele
 
Visto il problema nel suo insieme, considerando che il 95% degli aborti vengono consumati per evitare un peso o un fastidio, non è esagerato il dire che gli italiani sono chiamati a scegliere, se stare dalla parte di Caino o dalla parte di Abele. Caino o Abele. Tu per chi stai? Queste pagine sono state scritte perché ognuno, nelle sue possibilità, faccia sì che la Legge permissiva del delitto d'aborto non venga, ma se venisse la Legge, resti almeno la coscienza.

caino uccide abele per invidia

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titolo la vita umana nel grembo materno

a cura di Lucia Barocchi 1

feto umano di cinque mesi

Tutta la natura è stupenda. Ed è esaltante conoscerne i segreti: la vita intima delle piante, degli uccelli, dei pesci negli abissi marini, le leggi degli astri nella volta celeste... La la prima meraviglia da conoscere ed ammirare è la vita umana! La vita umana non ha paragoni al mondo. Pensiamoci insieme...


L'essere umano è il prodigio più grande dell'Universo. In lui, solo in lui si accendono misteriosamente coscienza, espressione, esperienza morale, nostalgie, tragedie e dedizioni di amore, tutte cose che fanno di lui - errori e dolori compresi - la parte più nobile della creazione. Il corpo stesso dell'uomo è ben degno dell'immensità del suo spirito: le cellule del nostro corpo - miliardi e miliardi di cellule - sempre al lavoro e sempre percorse da una dolce fluorescenza energetica sono mille volte più numerose delle stelle del nostro cielo; eppure questo nostro  organismo supersofisticato si realizza da una scintilla microscopica, in solo nove mesi! Bisogna dire che questa scintilla, la cellula-uovo fecondata nel seno materno, è una meraviglia di fronte alla quale ci sarebbe da mettersi in ginocchio. Nelle «profondità» del corpo materno l'originalità di ogni uomo prende forma e giunge a noi con una «grande» storia dietro di sé: in proporzione e in intensità, infatti, noi lavoriamo e lottiamo per noi stessi più in quei nove mesi che nel resto della nostra esistenza. Conosciamola dunque questa nostra prodigiosa storia, questa estrema giovinezza della vita umana! E... come in un filmato che abbia un grande protagonista, ammiriamo insieme le immagini di un'eccezionale documentazione scientifica: un viaggio fotografico nella viva realtà di un essere umano all'alba della vita.

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LA NOSTRA STORIA

cellule umane

Come in ogni documentario, prima del protagonista presentiamo la storia che lo precede: è un coinvolgente conto alla rovescia per il grande avvenimento. Il corpo umano è composto di cellule, che sono un po' come i nostri mattoni. In questa fotografia vediamo quelle dell'epi­dermide, ingrandite 1.600 volte. Le cellule sono microscopiche particelle viventi, autonome, formate da miliardi di molecole sempre attive; respirano, si nutrono, reagiscono a ciò che le circonda; hanno vita più o meno lunga: quelle nervose, ad esempio, resistono anni e anni; altre invece soltanto pochi giorni. Le cellule rimaste vive sostituiscono quelle morte moltiplicandosi. Ma la loro vitalità si riduce via via, ecco perché invecchiamo.

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VERSO L'ORA ZERO


Ogni cellula umana ha un nucleo che contiene esattamente quarantasei «bastoncini», detti cromosomi. Consistono in milioni di molecole chiamate geni o caratteri dell'ereditarietà. Da questi geni e da come sono combinati fra loro dipendono le caratteristiche che ci distinguono: il sesso, la statura, il colore degli occhi, ecc... Tutte le nostre cellule contengono la stessa, esclusiva «combinazione» genetica - chiamata DNA o codice genetico - perciò si riconoscono fra loro e non si rigettano. Nell'età feconda maturano le cellule sessuali: lo spermatozoo negli organi sessuali maschili, l'ovulo in quelli femminili. Queste cellule sono programmate per accoppiarsi e divenire una cosa sola in un figlio, un nuovo protagonista nella storia umana.

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MENO TRE...

ovulo espulso dall'ovaia

Secondo le leggi di natura, l'incontro fra l'ovulo e lo spematozoo avrà luogo nel corpo della donna, generoso nido del piccolo concepito. Vediamo qui l'ovulo appena espulso dall'ovaia; sta per scomparire dentro la salpinge (o tuba) che lo cerca per attirarlo nel suo canale e indirizzarlo verso l'utero. Un solo ovulo arriva a maturazione nella donna una volta al mese e può essere fecondato soltanto entro breve tempo, ventiquattro ore circa, altrimenti si decompone e provoca il flusso mestruale. L'ovulo è un'unica cellula, piccola come la punta di uno spillo pur essendo la cellula più grande del corpo umano: quasi una cellula gigante, perché porta con sé il nutrimento per i primissimi bisogni del nuovo individuo. Fin  dal primo instante la natura materna pensa e provvede alla sua creatura...

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MENO DUE...
spermatozoi

Ecco le cellule sessuali maschili: gli spermatozoi. La testa contiene i caratteri paterni, è la...«sacca» del patrimonio genetico che il padre dona per la fecondazione. La coda, destinata a dissolversi nell'ovulo, serve al piccolo seme per muoversi negli organi femminili e salire fin nel canale della salpinge alla ricerca della cellula-uovo: un viaggio difficile che lo impegna per circa sei ore. Nel liquido seminale gli spermatozoi sono milioni, tutti decisi a conquistare l'ovulo; ma molti periscono fra le difficoltà; comunque, hanno tutti vitalità limitata. Non c'è da meravigliarsi se una maternità desiderata non è sempre facilmente ottenuta.

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MENO UNO...

spermtozoi circondano l'ovulo

Ora l'obiettivo ci mostra il grande ovulo assediato dai minuscoli spermatozoi finalmente arrivati nella tuba. Soltanto uno di loro - quasi fosse atteso! - potràpenetrare la parete della cellula-uovo che subito dopo si ispessisce e respinge tutti gli altri. Le cellule mature per la fecondazione, cioè l'ovulo e lo spermatozoo, differiscono fondamentalmente da tutte le altre cellule: infatti nel maturarsi perdono - ogni volta a caso! - metà dei loro cromosomi e quindi metà delle loro caratteristiche. Grazie a ciò, la cellula-figlio, frutto del loro incontro, avrà una normale dotazione di quarantasei cromosomi: ventitre forniti dal padre e ventitre dalla madre.

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È LA VITA!

fecondazione dell'ovulo
 
È l'ora zero, il momento magico del concepimento! Nella cellula-uovo vediamo il nucleo femminile e quello maschile che si stanno penetrando per arrivare a fondersi. Nel loro accoppiamento i cromosomi paterni e materni si «baciano» confondendo i loro geni. Le possibili combinazioni offerte da milioni di caratteri sono infinite: originale, unico, ecco il protagonista! Non ne nasceranno mai altri uguali a lui; mai, neppure degli stessi genitori. Tale è ogni figlio: irripetibile come le sue impronte digitali, come il suo codice genetico!

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É UN ESSERE UMANO

embrione umano

Questo figlio, uomo costituito da un'unica cellula, è una meraviglia che supera le nostre capacità ricettive, come un suono troppo alto per essere sentito... Nel suo infinitesimale «io» si accendono, con la scintilla della sua vita, propositi di un immenso programma che nessun computer potrà mai elaborare; un programma con milioni di «dati» e con la forza dinamica per attuarsi. Nessuno si spiega come sia possibile che una cellula microscopica si riproduca in miliardi di cellule identiche a lei, con il suo stesso nucleo genetico, e di origine a tessuti tanto differenziati, quasi opposti, quali i muscoli e il cervello, il sangue liquido e le ossa solide, gli arti e gli occhi... Né si spiega come queste cellule lavorino concordemente, ognuna a vantaggio dell'altra, per la perfetta realizzazione del piano comune che è stampato nel loro intimo. É inspiegabile, è fantastico, ma così ognuno di noi è arrivato all'esistenza: frutto di un prodigio di inimmaginabile grandezza, proiettato da un impulso di incalcolabile energia, segnato da ineguagliabile dignità.

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LA PRIMA CULLA
 
veli della salpinge
 
Questa è la prima, tenera «culla» che la madre prepara alla sua creatura... Sono i veli della salpinge che, misteriosamente avvertita dell'accendersi di una vita in lei, d'improvviso si anima e si ammorbidisce: deve cullare e sospingere verso l'utero il prezioso ovulo fecondato. Ma la salpinge non è sola a occuparsi di lui; un segnale scatta nel corpo materno, ogni particella è come avvisata che un figlio è fra loro: deve essere protetto! E subito, i globuli bianchi, impegnati nella difesa immunitaria, arrestano davanti a lui la loro attività: sebbene addestrati a individuare e rigettare ogni sostanza estranea (cioè con un patrimonio genetico diverso) essi salvano il piccino anche se estraneo. É un figlio, non c'è cellula nella madre che non lo voglia...

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UN ATTIMO DI VITA

embrione umano
 
Eccolo questo microscopico esserino che a un attimo dal concepimento assorbe già tutte le attenzioni della madre ancora ignara: la meravigliosa natura materna risponde subito, con tutte le sue risorse, alle richieste energetiche del piccino. In particolare, si attivano e si moltiplicano gli ormoni, capaci di aiutare la nuova vita. Il superlavoro affrontato dalle cellule materne per la gravidanza provoca per qualche tempo nella donna un'inquietudine indecifrabile, spesso male interpretata. É uno squilibrio che poi, appena l'equilibrio ormonale sarà ristabilito, farà posto a un nuovo benessere, a una serenità impensata. Succede la stessa cosa - lo stesso trauma passeggero - dopo la nascita del bambino, quando per la separazione da lui gli ormoni della madre restano temporaneamente in sovrappiù.

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LE PRIME ORE 

mitosi cellulare
 
Poche ore dopo la fecondazione, la cellula-figlio traboccante di vitalità riesce già a moltiplicarsi; vediamo le tappe della sua primissima crescita in questa suggestiva sequenza fotografica. Nel nucleo primitivo, i cromosomi si raddoppiano per poi separarsi in due parti identiche (ciascuna con gli stessi caratteri genetici, ugualmente combinati) dando origine a due cellule; cioè, come dice la scienza moderna, «l'embrione a una cellula - prima forma dell'essere umano - diviene un embrione due cellule» e così via: le cellule si raddoppiano vertiginosamente fino a divenire miliardi. É la strabiliante edificazione di un corpo umano: con l'inarrestabile sviluppo che lo accompagnerà per anni, un bambino affronta la vita!

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PRIMI GIORNI

embrione umano nell'utero
 
Così è il piccino mentre scende dolcemente sospinto dalle frange della salpinge: una pallina di cellule simile a una piccola mora, chiamata appunto morula. Fra il quarto e il quinto giorno esce finalmente dal tunnel e si trova a spaziare nell'utero. Ora lui vuole crescere davvero, ma il suo cestino da viaggio si è esaurito! Perciò, ecco che... «comunica»: manda un messaggio alla mamma per chiederle aiuto. E glielo chiede usando il codice ormonale, emettendo cioè sostanze organiche dirette alle centrali materne. La risposta desiderata non si fà attendere: la mucosa uterina si affretta a soddisfare il piccolo diventando soffice per offrirgli nido e nutrimento. E la piccola mora «prende terra»: conta sulla madre, come farà sempre...

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PRIMA SETTIMANA

prima settima di vita dell'embrione umano
 
Tutto teso a sopravvivere, il nostro protagonista si riveste di piccole escrescenze che gli servono per radicarsi; la sua «capsula» protettiva si aggrappa saldamente alle pareti dell'utero formando poco a poco un labirinto di tentacoli. Da queste «radici» prende avvio la placenta: un tessuto che ha funzioni importanti perché deve filtrare tutti gli scambi fra la mamma e il suo bambino. Intanto l'aspetto del piccino sta cambiando: all'interno della morula un gruppo di cellule ingrossate costruisce il corpicino, mentre quelle piccole periferiche costituiscono le membrane di protezione e di connessione all'utero. Fra le due parti si forma un vuoto: è l'inizio del sacco amniotico nel cui liquido il bimbo vivrà fino alla nascita.

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SECONDA SETTIMANA

sviluppo embrionale

Da questa settimana, il corpicino si affusola e si sviluppa a strati, detti «foglietti embrionali». Questi foglietti sono formati da cellule specializzate con compiti specifici: ognuno di loro provvede a costruire organi e tessuti particolari. Le microscopiche lamine vibrano, si aprono, si ripiegano, si gonfiano in gemma a ritmo vorticoso. É come vedere in un film un bellissimo fiore che sboccia sotto i nostri occhi, ma non c'è fiore che possa stare alla pari di questo «primo fiore» della natura! Anche il collegamento fra il bambino e la placenta si trasforma, diviene come un piccolo gambo: è l'inizio del cordone ombelicale che via via si allungherà permettendogli perfino le capriole!

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TERZA SETTIMANA

cuore umano nlla terza settimana di gestazione
Abbozzo del cuoricino umano nella 3ª settimana di gestazione
 
Le prime due settimane del bambino coincidono con le ultime due settimane del cielo mestruale materno: quattordici giorni dall'ovulazione. Perciò, quando il piccino entra nella terza settimana la madre non ha ancora il presentimento della sua esistenza. Finché il notevole ritardo del flusso la metterà in sospetto... Ma prima di allora lui si è già sviluppato freneticamente: ha gemmato le vescicole cerebrali nella bombatura della testa, dove vanno affiorando gli occhi; ha formato il sistema nervoso, i polmoni, l'intestino, lo stomaco e... il cuore! Già alla fine della terza settimana, in questo tenero corpo in boccio pulsa un cuore. Il cuoricino del figlio pulsa dentro la mamma quando lei non sa ancora nulla della sua presenza!

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HA GIÀ UN MESE
 
primo mese di gestazione
 
Ammiriamolo nel suo «primo piano» questo piccolo uomo che da poco più di un mese vive nel seno materno! Raggomitolato così su sé stesso sembra un piccolo pugile, pieno di caparbia vitalità. Il battito del suo cuore, ora più regolare, può già essere fissato su un elettro-cardiogramma. La grossa ombra rossa sotto la manina è il fegato, che produce il sangue e lo immette nella circolazione. Il bambino fabbrica da sé il suo sangue, come tutti gli altri organi e tessuti; i primi globuli sanguigni se li fabbrica in un «torlo» esterno, attaccato con un lungo peduncolo alla placenta; lo si vede in basso, in questa foto presa verso la quinta settimana: sembra il palloncino del piccolo! Finito del tutto il suo compito, si staccherà con il suo filo...

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UN MESE E MEZZO

feto a sei settimane
 
Ecco il nostro bambino a sei settimane. La testa, che sembra voler attirare tutta la nostra attenzione, resterà a lungo la parte più vistosa e commovente del corpicino: qui è la straordinaria «centrale», qui sono potenzialmente racchiuse le scintille di intelligenza che forse illumineranno il mondo: le idee di domani sono in queste tenui anse cerebrali, che già mandano un loro messaggio; si può ormai registrarne l'attività in un normale elettro-encefalogramma. Le dita sono ormai «sbocciate», ma le braccia sono ancora troppo corte e le manine non si possono incontrare. Gli occhi si sono costruiti con le cellule del cervello; il velo delle palpebre è già calato, ma è così trasparente che non lo si vede.

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DUE MESI

feto di otto settimane
 
Il piccino, che ora viene chiamato feto, ha otto settimane. Ha ormai superato i sessanta giorni più importanti della sua vita: la formazione di tutti i suoi organi è terminata. In lui c'è già tutto quello che si troverà nell'essere umano perfettamente sviluppato! D'ora in poi non avrà bisogno che di raffinare le sue funzioni e di crescere: dai due ai nove mesi moltiplicherà venti volte la sua statura e mille volte il suo peso. Dunque, quando la madre si presenta alla sua prima visita di controllo il suo bambino è già completo. Come in un vero gioiello tutto è gemma in lui: la gemma delle labbra, delle narici, degli orecchi, degli occhi, del sesso, perfino le gemme dei futuri dentini...

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DUE MESI E MEZZO
feto di dieci settimane
 
L'intensa crescita del piccolo richiede un incessante rifornimento. Per procurarglielo la placenta si sviluppa tanto da raggiungere alla fine la consistenza di un largo disco spugnoso di circa mezzo chilo. In questa foto (a dieci settimane) ne vediamo il raccordo. La placenta fà da barriera fra la madre e il figlio, serve da terreno di scambio fra loro senza permettere mescolanza di sangue. Infatti, il sangue del bambino, passando dal cordone ombelicale, scorre nella placenta cercando di accostare i vasi sanguigni materni che si trovano al di là, nell'utero. Così, attraverso quella parete, i globuli si scambiano il loro carico gassoso: il piccino scarica alla mamma il «cattivo» (anidride carbonica) e le ruba il «buono» (ossigeno e sostanze nutritive); mentre lei fa maternamente l'opposto: si porta via il cattivo e gli lascia il buono... come farà sempre!

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TRE MESI

feto di tre mesi
 
Guardatelo a tre mesi, non e... incredibile? Le sue fattezze si stanno ormai precisando. Le labbra si aprono e si chiudono, la fronte si raggrinza, l'area delle sopracciglia si solleva, la testa si volta: il piccolo cerca di farsi espressivo, di inventare un muto, ma efficace linguaggio per farsi capire appena sarà nato. Il pigmento scuro della retina traspare ancora dalla delicata epidermide delle palpebre che rimarranno chiuse fino al settimo mese per proteggere i globi oculari. Spuntano le unghie alle mani e ai piedi, la colonna vertebrale si ossifica, sul petto nascono le piccole protuberanze delle mammelle; dagli organi genitali, ora perfezionati anche all'esterno, si può sapere se è maschio o femmina.

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QUATTRO MESI

feto di quattro mesi
 
Ha soltanto quattro mesi ed è già perfetto! I suoi movimenti nel suo mondo acquatico sono agili a pieni di grazia. Lui nuoterebbe in continuazione, ma ora cerca di adattarsi alle esigenze della madre. Talvolta le sue manine tirano pugni di protesta se qualcosa lo disturba troppo. E queste manine hanno già le impronte digitali da circa due mesi! É emozionante pensare che questo piccino non è un essere indefinito, ma ha già una personale storia alle spalle e sui teneri polpastrelli porta il segno fisico della sua identità.

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CINQUE MESI
feto di cinque mesi si succhia il pollice
 
Questa la più affascinante immagine del bambino nel seno materno: a cinque mesi si succhia il dito, si esercita per quando succhierà il latte della mamma. Gli impulsi dei suoi nervi si sono perfezionati: quando il pollice si avvicina alla bocca, subito le labbra lo afferrano e la lingua comincia piccoli movimenti di suzione. É un riflesso necessario al piccino per dopo, quando sarà il seno o il dito della madre a sfiorargli la guancia e lui si volterà con la bocchina protesa, pronta a poppare. Così si prepara a quel dolce momento.

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SEI E SETTE MESI

feto al sesto mese di gestazione

Vediamo in queste pagine il raffronto fra madre e figlio negli ultimi mesi. Il piccolo usa ormai i suoi sensi. «risponde» ai rumori sgraditi o graditi, è in relazione con il ritmo di vita della mamma: spesso si addormenta e si sveglia con lei. Le sue capacità emotive sono ben deste; hanno fonti segrete e lontane, legate al suo patrimonio genetico: infatti, come quando si introduce una musicassetta in un registratore e subito questo ci restituisce la sinfonia impressa, così ogni nuovo individuo comincia ad «esprimersi», cioè ad essere sé stesso, fin dal concepimento, dal medesimo istante in cui i geni materni e paterni unendosi gli hanno dato il via.

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OTTO E NOVE MESI

feto al nono mese di gestazione

Il corpicino del bimbo ha ormai occupato tutto lo spazio. Ogni giorno si fà più vigoroso e più bello. Il piccolo non respira nel suo mare, come fanno i pesci; fà respirare tutte le sue cellule con l'ossigeno trasportato del sangue; ma esercita ugualmente i muscoli respiratori, così come si affina per tutte le funzioni future. É paffuto, roseo, reagisce sempre più energicamente al disagio, si disturbo. La sensibilità fisica è molto precoce nella vita prenatale; la suscettibilità del piccino al contatto, al dolore, è stata registrata fin dal primissimo tempo: nessun adulto è proiettato verso l'avvenire quanto un piccolo concepito che è come un esplosivo di vitalità, un concentrato di energia con un incredibile istinto di conservazione.

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VOGLIA DI VIVERE
 
neonato
 
E finalmente il nostro protagonista condivide con la sua mamma l'esperienza del parto per venire alla luce! Ma quando le pareti dell'utero si serrano contro di lui, lo spingono con ritmi inesorabili, lo strappano dal suo caldo mondo felice, l'ignaro piccino vive la sua nascita come una minaccia di morte: il suo primo grido nel mondo è anche il grido della sua primordiale paura e della sua immensa voglia di vivere! Poi, quando la mamma lo accoglie teneramente sul suo seno il piccolo si rilassa: ritrova fiducia nel ritrovare il battito di quel cuore, la culla di quel respiro... Allora spiana le rughe, allenta i piccoli pugni contratti: conosce una nuova felicità!
 
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PICCOLO MA GRANDE...
 
neonato con la mamma
 
Il «tesoro» che finalmente i genitori stringono fra le braccia e per loro tutto da scoprire; ma lui ha già scoperto loro... Da tempo li ha «sentiti», in quei mesi di misteriosa comunicazione e maturazione. É provato che il neonato si acquieta alla voce materna perché gli è già nota e cara; ma il piccolo distingue anche la voce del padre, la riconosce fra le voci degli altri familiari. É provata la memoria del bambino per i rumori domestici, per le musiche e specialmente per le emozioni sentite in quei nove mesi; emozioni che talvolta gli specialisti hanno registrato attraverso le accelerazioni del piccolo battito cardiaco. É provata la struggente ricerca di compagnia, divenuta indispensabile al piccino che si è abituato alla compagnia fedele del cuore materno. É provato sopratutto il suo profondo bisogno d'amore, nutrimento insostituibile per lui che dall'amore ha fatto l'esperienza esistenziale nelle profondità della natura materna. Il piccolo essere umano venuto alla luce, così piccolo ai nostri occhi, è già grande, grandissimo... É questa la nostra prima storia, così ognuno di noi si offre al mondo fin dalla prima scintilla vitale: fatto per amare ad essere amato...

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sviluppo fetale

Chiudiamo qui il nostro documentario. Dall'ora zero alla prima luce abbiamo ammirato l'alba di un arcano e ineguagliabile prodigio, l'alba della vita umana. Meno durevole della materia, meno forte di molti animali, debolissimo di fronte alla morte, l'essere umano è infinitamente superiore a tutto perché soltanto lui è un mistero personale. Per questo, di fronte a ogni nuovo figlio, al minuscolo figlio dell'uomo, l'umanità si trova scossa e commossa: consapevolmente o inconsapevolmente essa sente allora di essere di fronte al vertice della natura, alla prima meraviglia nell'Universo!

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titolo la testimonianza di gianna jessen

postato: 28 febbraio 2013

gianna jessen

Gianna Jessen ha pronunciato questo discorso 1 davanti ad una nutrita platea l'8 settembre 2008 allaQueen's Hall di Melbourne, in Australia. Nata alla trentesima settimana di gravidanza di sua madre, una diciassettenne del Tennessee, a seguito di un tentativo di aborto salino non andato a buon fine, in quanto il feto sopravvisse all'iniezione di una soluzione salina nell'utero e fu espulso ancora vivo nonostante diciotto ore di esposizione alla soluzione. L'anossia dovuta alla soluzione salina le causò una paralisi cerebrale e muscolare. L'aborto era stato programmato dalla associazione abortistaPlanned Parenthood, la più importante degli Stati Uniti, cui la madre di Gianna si era rivolta per interrompere la gravidanza. Adottata a tre anni, Gianna superò le difficoltà motorie indotte dalla paralisi e riuscì a camminare senza tutore, seppure con notevoli difficoltà.

Sono stata adottata. I miei genitori avevano diciassette anni. Mia madre era al sesto mese e mezzo di gravidanza quando si rivolse al Planned Parenthood, il più grande ente abortista mondiale, dove le venne consigliato un aborto tardivo: si inietta una soluzione salina nel grembo della madre che corrode il bambino. Il bambino viene espulso nelle ventiquattr'ore successive. Con grande sorpresa di tutti, non sono nata morta, ma viva, il 6 aprile 1977, nella clinica abortista di Los Angeles, nello Stato della California. La cosa magnifica è stata la puntualità del aborto soluzione salinamio arrivo. Il medico preposto all'aborto non era ancora in servizio. Così, non ha potuto condurre a termine il suo progetto sulla mia vita, ossia la mia morte. So di parlare in un edificio governativo. Io amo il vostro Paese, come amo il mio, e so che ai nostri giorni è politicamente scorretto tirare in ballo Gesù Cristo in un luogo pubblico, metterlo al centro di questo tipo di riunione. Il suo nome potrebbe mettere certe persone a tremendo disagio; ma non sono sopravvissuta per far sentire le persone a loro agio. Sono sopravvissuta per agitare le acque, e mi piace molto farlo. Dunque, sono nata viva, come vi ho già detto. Alla fine delle diciotto ore avrei dovuto essere cieca, bruciata… morta, ma non lo sono! É stata una bella rivincita: il medico ha dovuto firmare il mio atto di nascita; così conosco la sua identità. Chiunque vuole esaminare le mie carte può leggere: «Nata in seguito ad un aborto salino». Ah, non hanno vinto! Ho fatto delle ricerche. So chi è colui che tentò di abortirmi. Egli possiede la più grande catena di cliniche abortiste degli Stati Uniti, che gli fruttano 70.000.000 di dollari l'anno. Diversi anni fa, lessi una delle sue interviste in cui diceva: «Ho abortito più di un milione di bambinila considero come la mia passione». Vi dico tutto ciò perché siamo nel bel mezzo di una battaglia interessante. Che lo sappiate o meno, è una battaglia tra la vita e la morte. Voi da che parte state? Un'infermiera chiamò un'ambulanza. Mi condussero all'ospedale, e questo fu assolutamente un miracolo: la pratica a quell'epoca - e ciò fino nel 2002 nel mio Paese - era di sopprimere i superstiti dell'aborto, per strangolamento o soffocamento, o lasciandoli morire, o buttandoli via. Ma il 5 agosto 2002, ilgiovane gianna jessen Presidente Bush ha firmato la straordinaria legge per la «protezione dei nati vivi», affinché ciò non si ripeta più. Vedete, noi facciamo sul serio: spero di essere odiata prima della fine di questa vita, così, quando sarò presso Dio saprò ciò che significa essere stata odiata come oggi si odia Dio. Egli, Cristo, è stato odiato. Certamente ciò non mi fà piacere, ma so che sono già odiata perché proclamo la vita. Io dico: «Non mi avete avuta», l'olocausto silenzioso con me non ha vinto, e la mia missione, tra l'altro, è di infondere umanità all'interno di un dibattito che abbiamo già archiviato, messo sugli scaffali e classificato come «una questione privata». Abbiamo rimosso i sentimenti, ci siamo induriti come pietre. È questo ciò che volete? Quanto siete pronti a sopportare, a rischiare qualcosa per proclamare la verità nell'amore e la grazia, ad agire. Siete pronti almeno a farvi odiare? Ma allora il problema siete voi? Sono io? E dunque, mi hanno sistemato in una prima casa di accoglienza, dove decisero che non gli piacevo. Non capisco come non si possa amarmi a prima vista. Che persone strane! Sono stata odiata fin dal mio concepimento da molte persone, ma sono anche stata amata da tante altre, e più di tutti da Dio. Sono la sua bambina. Non si tocca la bambina di Dio. È scritto sulla mia fronte: «Trattami bene perché mio Padre è il padrone del mondo». In seguito, mi hanno trasferito in un'altra casa, molto bella, la casa di Penny 2: avevo diciassette mesi, ed ero un peso morto di quattordici chilogrammi. É ciò che io chiamo il dono della paralisi cerebrale per la mancanza di ossigeno al cervello mentre lottavo per sopravvivere. Ora mi sento obbligata a dirvi: se l'aborto riguarda solamente il diritto di scegliere della donna, che ne è stato del mio diritto di vivere? Nessuna femminista radicale manifestò per i miei diritti quel giorno. La mia vita stava per essere soppressa in nome dei diritti della donna. Io non soffrirei di una paralisi cerebrale se non fossi sopravvissuta. E quando sento l'atroce e disgustoso ragionamento secondo cui si dovrebbero abortire i bambini a rischio di handicap, il mio cuore si riempie di orrore. Signori, ci sono cose che possiamo apprendere solamente dai più deboli di noi. Se li sopprimete, sarete voi afemministe abortisteperderci. Il Signore si prenderà cura di loro, ma voi soffrirete per sempre! Che arroganza! Che prepotenza! É stato un tema sostenuto a lungo in questo nostro mondo: i forti devono dominare i debolistabilire chi deve vivere e chi deve morire. Vedete quanta arroganza in tutto ciò? Voi che non avete il potere nemmeno di far battere il vostro cuore. Tutto il potere che credete di avere non lo possedete affatto. É la misericordia di Dio che vi mantiene in vita, anche quando lo odiate! Le persone dicevano a Penny: «Gianna non sarà mai nessuno». Molto incoraggiante! Ella decise di ignorarli. Lavorava con me tre volte al giorno. Giunsi a sollevare la testa. Per farla breve, a tre anni e mezzo camminavo con un deambulatore e dei tutori. Ora sto in piedi, anche se zoppico un po', senza deambulatore e senza tutori. Talvolta cado con eleganza; altre volte in maniera inelegante. Dipende dalle circostanze. Tutto è per la gloria di Dio! Sono più debole della maggior parte di di voi, ma questo è il mio discorso. È il piccolo prezzo a pagare per potere illuminare il mondo come faccio e offrire speranza nella nostra incomprensione quanto al funzionamento del mondo. Ci sfugge a che punto la sofferenza può essere bella. Non che me la sia andata a cercare. Ma quando arriva, dimentichiamo che Dio ne ha il controllo, che è capace di rendere belle le cose più miserabili. Ho incontrato la mia madre biologica. L'ho perdonata, sono cristiana. È una donna distrutta; è venuta ad una delle mie conferenze, due anni fa. Si è alzata e ha detto: «Ciao, sono tua madre»! Fu un giorno difficile, ma mentre sopportavo la situazione - penserete che sono stupida - ero lì e pensavo: «Non ti appartengo. Appartengo a Cristo. Sono la sua bambina, sono una principessa. Qualunque cosa tu dica contro di me in tono di amarezza e di rabbia, non è un mio peso. Non lo porterò». Dicevo queste cose dentro di me. Signori, ora avete un'opportunità. Vorrei parlare agli uomini che sono in questa sala. Voglio fare qualcosa che non si fà mai:
  • Uomini, siete fatti per la grandezza, siete fatti per alzarvi ed essere degli uomini, siete fatti per difendere le donne e i bambini, e non per farvi da parte e far finta di nulla quando sapete che un omicidio sta per essere compiuto. E non fate nulla. Non siete fatti per usare le donne e poi abbandonarle. Siete fatti per essere gentili, grandi, graziosi, forti e per prendere posizione. Ascoltatemi: sono molto stanca di fare il vostro lavoro!
  • Donne, non siete fatte per essere usate, per restare lì e ignorare il vostro valore. Meritate che si combatta per voi, sempre. È il vostro momento, dunque: quale tipo di persone volete essere? Immagino straordinarie, che saranno all'altezza della situazione.
  • Ai politici in sala, soprattutto uomini: siete fatti per la grandezza, non badate all'impopolarità, lasciate da parte la politica. Siete fatti per difendere il Bene e la Giustizia. Questa ragazza vi dice: «É il vostro momento»! Quale tipo di uomo vuoi essere? Un uomo preoccupato solo della sua popolarità o un uomo assillato dalla giustizia di Dio?
Voglio terminare con queste parole: certuni possono essere disturbati dal fatto parlo di Dio e di Gesù Cristo, ma come potrei andare zoppicando per il mondo e non offrire tutto il mio cuore, la mia anima e la mia forza a Cristo che mi ha dato la vita? Se pensate che io sia pazza, è solamente una perla in più per la mia corona. L'unico scopo della mia esistenza quaggiù è di far sorridere Dio. Spero di aver detto qualcosa di sensato; è sgorgato dal mio cuore. Che Dio vi benedica e vi protegga!

libertà di espressione

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Note

1 Testimonianza estratta dalla rivista Action Familiale et Scolaire (nº 212, dicembre 2010, pagg. 23-28). Traduzione dal francese a cura di Paolo Baroni.
2 Penny è la persona che si è presa cura di Gianna.

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