Uno degli ultimi tabù più difficili da rimuovere dalla coscienza collettiva è certamente quello della naturale repulsione per l'omosessualità. Per questo genere di operazione sono state adottate diverse tecniche già usate in passato per far accettare alle masse qualcosa che esse consideravano sbagliato. Non che i «diversi» non esistessero anche prima. La novità sta nel fatto che i gay non devono più essere visti come persone affette da un grave disordine psicosessuale, ma come individui che hanno un orientamento sessuale diverso, con la stessa dignità degli eterosessuali. Ergo, essi hanno diritto a formare una «famiglia», ad avere e ad allevare dei figli (adottandoli), ecc... Non si devono più vergognare della loro condizione, ma essere «orgogliosi» del loro comportamento sessuale. Per realizzare questa delicata impresa è stato affidato ai mass media un ruolo importantissimo: non c'è ormai serial televisivo in cui non ci siano uno o più attori o attrici che interpretano il ruolo di gay. Lo stesso dicasi per i talk show, di cui ormai i gay sono diventati le mascotte da coccolare e viziare. Occorre tuttavia chiedersi: l'omosessualità è un comportamento sessuale o una condizione?
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l Prefazione
Quando nel 1788 venne promulgata la Costituzione degli Stati Uniti, il mondo civilizzato si trovò di fronte ad una novità assoluta: per la prima volta nella storia dell'era cristiana, un Paese occidentale abitato da battezzati sancì la netta separazione tra Stato e Chiesa. Tale separazione stabilì che la Chiesa cattolica (e
tutte le varie confessioni religiose) avrebbe potuto godere della piena libertà di culto. Allo stesso tempo, però, la Chiesa non avrebbe più usufruito (come era stato fino ad allora) di alcun privilegio o riconoscimento particolare, e soprattutto non avrebbe più potuto intromettersi negli affari interni dello Stato. Nacque così il principio dello Stato «laico», ossia dello Stato indifferente e neutrale in materia religiosa. Non più, dunque, una stretta collaborazione tra due poteri distinti, lo Stato e la Chiesa, in cui lo Stato si limita a ricercare il bene comune temporale della nazione (principio di sussidiarietà), e che allo stesso tempo riconosce alla Chiesa di perseguire un fine superiore soprannaturale (la salvezza delle anime), ma due forze inevitabilmente contrapposte. Lo Stato, che fino a quel tempo aveva considerato il Vangelo, i Comandamenti di Dio e la morale naturale come la fonte d'ispirazione delle sue leggi, sarebbe divenuto di fatto uno Stato ateo (e troppo spesso anticristiano), che avrebbe messo la verità sullo stesso piano dell'errore (la fede cattolica sullo stesso piano dell'eresia, dell'agnosticismo, dell'ateismo, ecc...). Peggio ancora: svincolato dal rispetto delle leggi immutabili stabilite dal Creatore, non solo in campo religioso ma anche in quello naturale, lo Stato - nuovo Moloch da incensare e adorare - avrebbe legiferato «democraticamente» (ecco la parola magica...), ossia in base alla decisione della maggioranza dei votanti. Poco importa se la maggioranza aderisce al falso o all'errore. La maggioranza è infallibile, non
certo la Chiesa! Tale concezione, oggi universalmente accettata, venne violentemente introdotta pochi anni dopo in Europa in nome della libertà (massonicamente intesa) dalla Rivoluzione Francese, e rapidamente si estese a macchia d'olio al resto del mondo. Alla dottrina sociale della Chiesa romana, che stabilisce la Regalità sociale di Cristo (non solo sui singoli, ma anche sulle nazioni2), la Rivoluzione oppose la totale indipendenza dello Stato da qualsiasi regnante che non fosse il «popolo» stesso (la favola della cosiddetta «sovranità popolare»). Cristo non avrebbe più regnato sulle nazioni e nei parlamenti, ma solo nei cuori dei singoli o entro le mura delle chiese. Giacché tale nozione scristianizzante proveniva dalle Logge massoniche, gli Stati laici - quasi sempre retti da governi tutt'altro che neutrali (leggi anticristiani) o di ispirazione cattolico-liberale (il cristianesimo democratico) - promulgarono leggi mutevoli che il più delle volte assecondano i capricci dell'uomo che si vuol mettere al posto di Dio e costruire una chimerica «nuova società». Nel XIX e XX secolo, gli Stati laici da una parte hanno perseguitato sempre più apertamente la Chiesa 3 e dall'altra hanno messo ai voti tutte le norme fondamentali che avevano regolato per due millenni la vita della società. Il secolo scorso ha visto l'introduzione in quasi tutti i vari Paesi occidentali di una serie di legislazioni, sempre varate in nome della «libertà dei popoli», da governi massonici, liberali o comunistoidi, il cui fine ultimo è di estirpare dalla società occidentale e cristiana l'idea stessa di famiglia quale l'ha voluta il Creatore e che la Chiesa cattolica ha restaurato e inculcato con grande fatica nel corso dei secoli:


- Legge in favore del divorzio: la famiglia non è più indissolubile 4. Essa non è più l'unico consorzio umano che sta alla base della società. Via libera alle «coppie di fatto» e alla convivenza. Niente più doveri o responsabilità, ma solo diritti. Agli sposi, uniti «finché morte non vi separi», subentrano parti intercambiabili in qualsiasi momento (il «compagno» o la «compagna»);
- Legge in favore dell'aborto: la vita umana non è più sacra. Alla madre viene riconosciuto il «diritto» di decidere della vita della creatura che porta in grembo, che non viene più identificata come un essere umano a sé stante avente diritto alla vita, ma come una parte del corpo della madre, come una verruca o un'unghia che può essere tranquillamente tolta di mezzo a spese dello Stato;
- Legge in favore dell'eutanasia: essa è un corollario della legge sull'aborto. Se la vita non è più sacrosanta al suo sorgere, tanto meno lo è al suo tramonto. Il vecchio è un peso inutile. La vita è tale solo in presenza di una certa «qualità» (che ne sarà dunque dei disabili o dei malati terminali? 5);
- Legge in favore della liberalizzazione della droga: al singolo viene riconosciuto il «diritto» di alterare il proprio stato di coscienza mediante l'uso di sostanze psicotiche che di fatto danneggiano gravemente l'uso dell'intelletto e che in molti casi possono provocare la morte.

Ma a questa guerra senza esclusione di colpi contro la famiglia si è andato ad aggiungere un importante tassello. Se nessuna norma - anche naturale - è assoluta e certa, se tutto è relativo e opinabile (relativismo), se si possono sopprimere gli infanti, gli anziani e (in un futuro non lontano) anche gli handicappati, perché si deve continuare a credere che esista una sessualità sana e una deviata? Il passo è breve. A partire dal Sessantotto, sull'onda della cosiddetta «Rivoluzione Sessuale», preparata oltre Oceano dalla famigerata Scuola di Francoforte 6, si è progressivamente fatta strada l'idea che anche gli omosessuali - presentati abilmente da una propaganda ben orchestrata come una minoranza soggetta ad intollerabili discriminazioni - debbano godere degli stessi diritti delle coppie eterosessuali sposate. In questo difficile processo di «rieducazione» delle masse finalizzato a rimuovere i tabù impressi nella mente dell'uomo comune dall'odiosa predicazione cattolica, la Rivoluzione ha potuto avvalersi, rispetto al passato, di un grande strumento: i mass media. In Italia, certi conduttori televisivi - come, ad esempio, Maurizio Costanzo (il cui nome figura nelle liste della Loggia P2) o il gay dichiarato Alessandro Cecchi Paone - si sono auto-investiti della «missione» di predicare alle folle il verbo degli invertiti. Non c'è ormai un solo talk show o un varietà che non abbia come ospite fisso un omosessuale. Personaggi comePlatinette, Cristiano Malgioglio (quello di Banane al cioccolato...), Fabio Canino e Aldo Busi sono ormai ospiti fissi di certe trasmissioni (presentate per lo più daMaria De Filippi, moglie di Costanzo). All'estero le cose non vanno certamente meglio. Rockstar bisessuali come Madonna e Christina Aguilera, o apertamente omosessuali come Elton John, Boy George, George Michael, e tanti altri hanno fatto della propria «diversità» una bandiera da sventolare ai quattro venti. Il mondo effimero della moda sembra addirittura divenuto il luogo di ritrovo di questi moderni sodomiti: stilisti come Gianni Versace (1946-1997) e Dolce e Gabbana hanno messo al servizio della loro squallida «causa» gli enormi proventi derivanti dalla loro professione. Sdoganati dai media, sempre più politicamente corretti e buonisti, i gay hanno potuto uscire allo scoperto e portare avanti la loro vergognosa «battaglia» anche nel mondo della politica. Basti pensare al parlamentare transgender Vladimiro Guadagno (in arte «Luxuria»), a Franco Grillini, ex presidente dell'Arcigay, o a Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia. E la lista potrebbe continuare all'infinito... Chi non si allinea con le idee strombazzate dalla propaganda imperante ed esprime opinioni «politicamente scorrette» sia messo al bando come un retrogrado, come un pericoloso omofobo (ora i malati non sono più i gay, ma gli eterosessuali...).
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Alessandro Cecchi Paone | Platinette | Cristiano Malgioglio |
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Fabio Canino | Aldo Busi | Gianni Versace |
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Vladimir Luxuria | Franco Grillini | Nichi Vendola |
Come ebbe a scrivere il grande romanziere russo Fëdor Dostoevskij (1821-1881) ne I demoni (1872), «se Dio non esiste, tutto è lecito». Questa è la conclusione logica che conduce a quella negazione pratica del dominio di Dio sulle collettività che è lo Stato laico. Ma questa impresa prometeica di ribellione sistematica dell'uomo nei confronti di Dio è destinata a fallire miseramente. L'inversione dei valori, di cui siamo testimoni, è stata condannata fin dagli albori dell'umanità. Già parecchi secoli prima dell'avvento di Gesù Cristo, così ammoniva il profeta Isaia il popolo d'Israele: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro» (Is 5, 20) 7. La nuova umanità agognata dai sovvertitori, che si vorrebbe costruire sulle macerie della civiltà cristiana, al suo nascere emana già un fetore intollerabile. Questa società post-cristiana, che non sopporta più nemmeno la vista del crocifisso nelle aule scolastiche o negli ospedali, e che vorrebbe dare cittadinanza al vizio e alla turpitudine in nome della tolleranza e del rispetto per i gusti sessuali altrui (a quando, dunque, l'apertura alla pedofilia?), è appena nata ed è già gravemente ammalata. Il diritto alla«ricerca della felicità da parte dell'uomo» sancito dalla Costituzione statunitense (il cosiddetto «sogno americano») si è rivelato totalmente fallimentare. Siamo più ricchi e più tecnologicizzati, ma non certamente più felici. Anzi, nella misura in cui l'uomo si è allontanato dal suo Creatore e dalle Sue leggi, l'infelicità si è fatta strada nel cuore dell'uomo. La natura non si lascia manipolare. Sta all'uomo decidere se continuare su questa strada rovinosa o ritornare quanto prima al rispetto delle leggi di natura e al giogo soave dei precetti evangelici.
Paolo Baroni |
l Introduzione
Se l'omosessualità non è uno stile di vita né normale, né sano - come credo che dimostri questo articolo - la cosa più caritatevole che possiamo fare è aiutare gli omosessuali a rendersi conto di questa verità e offrire loro il nostro aiuto e incoraggiamento. Ma, nella nostra società, milioni di persone credono che l'omosessualità sia un modo di vivere alternativo sano e accettabile. Il dibattito sull'accettazione dell'omosessualità nella nostra cultura è stato uno dei più offuscati da numerosi travisamenti e imprecisioni. Tali distorsioni includono:
- L'asserzione secondo cui il 10% di tutti gli americani sarebbe gay (in realtà, la cifra si avvicina all'1-2%);
- Che tutti gli psichiatri e gli psicologi competenti credano che l'omosessualità sia un modo di vivere sano (nella realtà, la maggioranza di essi non è d'accordo);
- Che gli omosessuali sarebbero nati così (mentre sempre più numerosi terapeuti non sono d'accordo) e non potrebbero cambiare il loro orientamento sessuale (affermazione confutata in numerosi casi da racconti di gay che si sono convertiti all'eterosessualità).
È compito del cristiano indicare a queste persone che, poiché l'omosessualità è peccato, siamo tutti peccatori e ci sono perdono e liberazione per tutti quelli che si rivolgono a Gesù Cristo. «Le persone dovrebbero vivere e dovrebbero lasciar vivere»!; «A ciascuno il suo. Lasciateli vivere come desiderano»; «Lasciate che i gay godano della loro libertà»; «Qualunque cosa ti rende felice, vivi con essa» 8. Commenti come questi si sentono comunemente quando il tema dell'omosessualità diventa oggetto di discussione. In questi ultimi vent'anni, il dibattito sul questa tendenza sessuale e sui diritti degli omosessuali è cresciuto costantemente, e non potrà che continuare a farlo. Tuttavia, nel corso di questa disputa, numerose imprecisioni, mezze verità, errori e aperta propaganda sono stati dati in pasto al pubblico come verità incontestate. Lo scopo di questo opuscolo è di esaminare queste affermazione e separare i fatti dalla finzione. Prima che ognuno di noi possa dare delle risposte intelligenti e compassionevoli, le domande devono essere chiarificate e messe a fuoco. Credo che quando questo sarà stato fatto, il lettore imparziale potrà essere d'accordo con l'analogia avanzata dal Dr. James D. Mallory, psichiatra e direttore dell'Atlanta Counseling Center: «Un medico sarebbe colpevole di negligenza se non avvertisse un diabetico della sua condizione unicamente perché non vuole offendere i suoi sentimenti. Lasciando che la persona continui a mangiare eccessivi carboidrati senza un trattamento corretto, la condanna ad un peggioramento della condizione fisica. L'atto più premuroso che un medico può fare è indicare che esiste un'anormalità e offrire aiuto. Questo dev'essere fatto - non con spirito di condanna - anche con l'omosessualità» 9.
l Omofobia?
L'opera Kinsey Institute New Report on Sex definisce l'omofobia come «la paura, l'antipatia o l'odio per gli omosessuali» 10. Il termine «fobia» deriva da una parola greca che denota una «paura irrazionale». Il vocabolo «omo», significa letteralmente «uguale», ma la parola viene speso usata come una forma accorciata di «omosessuale», ossia una persona che è sessualmente attratta da un individuo del suo stesso sesso. Così, propriamente parlando, l'omofobia denota la paura irrazionale o l'odio per gli omosessuali. Nondimeno, il Movimento per i Diritti dei gay (e, in maniera diffusa, i media) appiccicano questa etichetta a chiunque si oppone alle méte e agli obiettivi di detto Movimento, e specificamente, a chiunque si oppone alla piena accettazione dello stile di vita omosessuale come sano e «normale». Tuttavia, anche se esistono veramente molte persone che odiano o hanno una paura irrazionale degli omosessuali, dire che chiunque si contrappone al modo di vivere omosessuale o non è d'accordo con il programma politico dei diritti dei gay è un omofobo, non è per nulla esatto. Chiaramente, questa tattica è finalizzata a deviare l'attenzione dall'argomento all'individuo. Come vedremo più avanti, ci sono molte persone che si oppongono all'omosessualità per motivi psicologici, sociologici, medici e morali.
l Il 10% della popolazione?

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Alfred C. Kinsey | Abraham Maslow | David Forman |
Uno studio ancora più recente, condotto all'Università di Chicago nel 1989 - i cui risultati sono stati resi pubblici nel 1990 nel corso di una riunione dell'American Association for the Advancement of Science («Associazione Americana per il Progresso della Scienza») - ha fornito un dato secondo cui «meno dell'1% è esclusivamente omosessuale» 20. Questi risultati sono significativi? Lo sono nella misura in cui correggono, almeno parzialmente, la portata reale e i parametri del dibattito. Tra l'1-2% del Dr. Forman e il 10% del Rapporto Kinsey c'è una grossa differenza. Evidentemente, la percentuale più elevata di presunti omosessuali è quella che esercita la maggiore influenza, ed è anche quella che il Movimento per i Diritti degli Omosessuali può impugnare.
l L'omosessualità è una malattia o uno stile di vita «normale»?
Una questione ancora più importante è sapere se l'omosessualità è o meno un comportamento patologico. È una malattia? I gruppi per i diritti degli omosessuali asseriscono continuamente che i gay sono «normali» come gli eterosessuali, che l'omosessualità non è una malattia o un disturbo psicologico. Ad esempio, Peri Jude Radecic, un membro della National Gay and Lesbian Task Force («Unità Operativa Nazionale degli Omosessuali e delle Lesbiche; NGLTF), nel corso di
Nightline, un talk-show mandato in onda dall'ABC News, ha affermato: «L'omosessualità non è una malattia, non è un qualcosa che ha bisogno di essere curato. Siamo persone normali, naturali e sane» 21. Inoltre, questi gruppi sostengono universalmente che tutti gli psichiatri e gli psicologi competenti sono concordi su questo punto. Come prova, essi menzionano sempre la declassazione dell'omosessualità come disturbo mentale operata nel 1973 dall'American Psychiatric Association («Associazione Psichiatrica Americana»; APA). Prima di esaminare l'asserzione secondo cui tutti gli psichiatri e gli psicologi competenti sarebbero d'accordo sul fatto che l'omosessualità sarebbe normale e sana, occorre esaminare per un momento la decisione presa nel 1973 dell'American Psychiatric Association. Per ben ventitrè anni, l'omosessualità è stata classificata da questa Associazione medica come un disturbo psichico. Perché ad un certo punto venne deciso che essa non era più patologica? Per questioni di spazio, non posso fare un'analisi dettagliata della storia che condusse a questa decisione dell'American Psychiatric Association 22. Nondimeno, è un equivoco pensare che questo accadde solamente dopo una discussione spassionata e accademica, e dopo aver analizzato tutti gli aspetti del problema. È importante anche notare che il voto all'interno dell'American Psychiatric Association fu tutt'altro che unanime. Nei tre anni che precedettero la riunione dell'American Psychiatric Association del 1973, le riunioni nazionali erano state ripetutamente disturbate dagli attivisti gay. Durante la riunione del 1970, tenutasi a San Francisco (in California), alcune sessioni vennero interrotte da grida e derisioni, rendendo così impossibile alcuna discussione razionale o dibattito. Nel corso della riunione del 1971 dell'American Psychiatric Association a Washington, minacce e intimidazioni impedirono qualsiasi discussione. In un'opera favorevole all'omosessualità e al Movimento dei Diritti degli Omosessuali, Ronald Bayer, docente di Scienze Politiche all'Università di Chicago, ha ammesso: «Usando credenziali contraffatte, gli attivisti gay riuscirono ad avere accesso all'area dell'esposizione e, incontrando una mostra di marketing sulle tecniche di condizionamento avversivo (ad esempio, castigando un organismo ogni volta che dà una particolare risposta) per il trattamento degli omosessuali, ne chiesero la rimozione. L'espositore subì delle minacce, e gli fu detto che se non avesse smantellato il suo stand, lo avrebbero demolito loro. Dopo frenetiche consultazioni dietro le quinte, onde evitare episodi di violenza, la
direzione della convention decise di sbaraccare lo stand» 23. Queste tattiche vennero attuate in modo identico durante la riunione nazionale dell'American Psychiatric Association tenutasi nel 1972. Fu contro questo ambiente che alla fine gli amministratori dell'Associazione presero la loro controversa decisione del 1973. Quando venne indetto un referendum su questo argomento tra i 25.000 membri dell'American Psychiatric Association, solamente un quarto di essi fece pervenire la propria scheda. Il conteggio finale stabilì che il 58% dei votanti era favorevole alla rimozione dell'omosessualità dall'elenco dei disturbi mentali. Quattro anni più tardi, il Dr.Charles W. Socarides (1922-2005) - che partecipò alle riunioni in questione in qualità di esperto nell'area dell'omosessualità, con oltre vent'anni di esperienza - descrisse l'atmosfera politica che portò al voto del 1973. Egli scrisse che in quell'occasione «gruppi di omosessuali militanti continuarono ad attaccare qualunque psichiatra o psicanalista che osava presentare le sue scoperte nell'ambito della psicopatologia dell'omosessualità nel corso di assemblee nazionali o locali di psichiatri o durante dibattiti pubblici» 24. Altrove, Socarides affermò che la decisione degli amministratori dell'American Psychiatric Association fu «la beffa medica del secolo» 25. Il dibattito era concluso? Era vero che la maggioranza degli psichiatri «competenti» condivideva la decisione dell'American Psychiatric Association? Nel 1977, venne effettuato un sondaggio fra 10.000 membri di questa Associazione presi a caso, in cui si chiedeva la loro opinione su questo argomento. In un articolo intitolato Sick Again? («Ancora ammalato»?), la rivista Time riportò i risultati dell'indagine: «Di quelli che hanno risposto, il 69% è convinto che "solitamente l'omosessualità è un adattamento patologico, opposto ad una variazione normale", il 18% non è d’accordo e il 13% è incerto. Similmente, una percentuale di considerevoli dimensioni ha affermato che gli omosessuali sono generalmente meno felici degli eterosessuali (73%) e meno capaci di relazioni mature (60%). Il 70% degli interpellati ha poi asserito che i problemi degli omosessuali hanno più a che fare con i proprî conflitti interiori che con la stigmatizzazione attuata dalla società in generale» 26. Ma oggi che ne è rimasto di tale dibattito? Questo problema è stato appianato da un'opinione medica condivisa e dalla ricerca? A questo riguardo, il Dr. Stanton L. Jones, docente di Psicologia all'Università di Wheaton, ha affermato che su questo tema, tra i professionisti c'è un'«opinione discordante». Scrive Jones: «Io non considererei l'omosessualità come una psicopatologia nello stesso senso della schizofrenia o dei disturbi fobici. Ma essa non può essere nemmeno considerata come una normale "variante dello stile di vita", così come si potrebbe dire dell'introversione o dell'estroversione» 27.


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Ronald Bayer | Charles W. Socarides | Stanton L. Jones |
Si può discutere se l'omosessualità sia o meno un disturbo patologico, ma è chiaro che la decisione presa nel 1973 dall'American Psychiatric Association non può essere citata come un consenso medico secondo cui l'omosessualità sarebbe una condizione «normale». Più avanti, esaminerò nel dettaglio l'asserzione secondo cui l'omosessualità costituirebbe uno stile di vita salutare.
l Nato gay?
Forse, il mito più pericoloso diffuso ai nostri giorni dal Movimento per i Diritti degli Omosessuali è che la scienza moderna avrebbe provato che l'omosessualità sarebbe innata e immutabile. Ovvero, che gli omosessuali sarebbero nati gay, esattamente come si può nascere mancini o con gli occhi azzurri. La conseguenza, chiaramente, è che se si nasce così, l'omosessualità non può essere considerata immorale o innaturale; l'omosessuale starebbe unicamente seguendo i suoi geni. Tuttavia, come membro del Congresso, William Dennemeyer ha dichiarato: «Se l'omosessualità è una perversione di qualcosa che è naturale, i gay devono considerare la loro condotta sotto una luce completamente diversa e devono giustificarla in termini meno gratificanti» 28. Raccogliere tutte le scoperte riguardanti la genesi dell'omosessualità supera i limiti di questo scritto. Ciò nonostante, le evidenze scientifiche sulle sue origini vengono abitualmente classificate sia in termini di cause biologiche (vale a dire di cause genetiche/ormonali) che di fattori ambientali (ovvero di ragioni psicologiche, volitive e così via).
- Cause biologiche
La più recente ricerca che suggerisce che l'omosessualità potrebbe essere causata da fattori biologici è uscita allo scoperto nel 1991, con la pubblicazione di alcune scoperte preliminari del Dr. Simon LeVay, un neuro-scienziato del Salk Institute for Biological Studies di San Diego. La sua ricerca è consistita nello studio del cervello di quarantun cadaveri, inclusi quelli di diciannove maschi omosessuali. Egli ha notato che «una piccola area ritenuta responsabile del controllo dell'attività sessuale (l'ipotalamo) era meno della metà negli uomini gay che in quelli eterosessuali» 29. Questo studio venne accolto da molti come «un'evidenza inconfutabile» che proverebbe che gli omosessuali sarebbero nati tali, affermazione che la comunità omosessuale proclama da molti anni. Nondimeno, un articolo intitolato«Instead of Resolving the Debate» («Invece di risolvere il dibattito»), apparso sulla rivista Newsweek, suggerisce che «questi studi anziché dare una risposta definitiva hanno intensificato le polemiche. Alcuni scienziati hanno confessato di non essere per nulla sorpresi per il fatto che LeVay ha riscontrato alcune differenze a livello cerebrale. "Chiaramente, esso (l'orientamento sessuale) ha sede nel cervello", ha affermato lo psicologo John William Money, della John Hopkins University, detto anche il "preside" dei sessuologi americani. "La vera domanda è: quando c'è arrivato? In età prenatale, neonatale, durante l'infanzia o nella pubertà? Non lo sappiamo"» 30. Altri problemi inerenti le scoperte di Simon LeVay includono:
- Tutti i diciannove uomini omosessuali erano morti di AIDS, un fattore che molti ricercatori credono possa spiegare queste diversità o causare tali differenze;
- Non si poteva in alcun modo stabilire l'excursus sessuale degli uomini «eterosessuali»;
- Non era assolutamente possibile determinare se gli ipotalami più piccoli fossero la causa o il risultato dell'omosessualità;
- Il Dr. LeVay, egli stesso omosessuale, ha ammesso che il suo studio non è stato uno sforzo scientifico spassionato 31.
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Simon LeVay | John William Money |
- Fattori ambientali
Probabilmente, ci sono altrettanti - se non di più - psichiatri e psicologi che credono che l'omosessualità sia causata da vari fattori ambientali. La maggior parte di essi indica che le cause poste alla radice dell'omosessualità siano psicologiche, e non biologiche. Ma queste persone, a differenza dei loro colleghi di opinione contraria, non vengono quasi mai citate dai media. Si tratta forse di una deviazione a favore degli omosessuali operata dai mezzi di comunicazione? Inoltre, essi non vengono mai virtualmente ammessi dalla comunità omosessuale, perché la maggior parte dei gay vuole credere che è nata già così, senza alcuna alternativa (consapevole o subliminale). In ogni caso, molti dei più noti e rispettati ricercatori e terapeuti del mondo negano che l'omosessualità sia determinata da fattori
biologici. Ad esempio, i terapisti che aiutano quegli omosessuali che si sentono infelici a causa della loro condizione, possono citare una miriade di casi che dimostra che le esperienze negative avute nella prima infanzia sono l'unico fattore comune reperibile in quasi tutti i loro pazienti. Il fattore vitale ravvisato in questi casi è che queste persone sono state allevate in un ambiente familiare scarsamente affettivo, senza mai conoscere né amore né accettazione da parte della loro madre o del loro padre, o da entrambe le parti. Secondo questi studi, la reazione del bambino di fronte a questo rifiuto e a questa mancanza di cure viene formulata in età molto precoce, solitamente prima dei cinque anni. Le seguenti citazioni illustrano queste scoperte. William Howell Masters (1915-2001; co-direttore delMasters and Johnson Institute), Virginia Eshleman Johnson, e Robert C. Kolodny hanno affermato categoricamente nella loro opera del 1982 Human Sexuality («La sessualità umana»): «Oggi, la teoria genetica dell'omosessualità viene generalmente scartata» 32. Robert Kronemeyer, nel suo libro Overcoming Homosexuality scrive: «Tranne rare eccezioni, l'omosessualità non è né ereditaria, né il risultato di una disfunzione ghiandolare o di una combinazione di geni o cromosomi. Gli omosessuali diventano tali, non nascono "così". Credo fermamente che l'omosessualità sia una risposta indotta dalle prime esperienze dolorose, e che può essere superata. A quegli omosessuali che sono infelici a causa della loro vita e cercano una terapia efficace, voglio dire che il loro problema è "curabile"» 33.John P. De Cecco, docente alla San Francisco State University e direttore del Journal of Homosexuality (venticinque volumi), ha espresso la stessa opinione in un articolo pubblicato nel 1989 sulla rivista USA Today. Scrive John DeCecco: «L'idea secondo cui le persone nascerebbero predisposte ad un determinato comportamento sessuale è completamente assurda. L'omosessualità è un comportamento, non una condizione, un qualcosa che le persone possono cambiare e cambiano, allo stesso modo in cui talvolta cambiano certi gusti o tratti della personalità» 34. Una cosa è certa: non è per nulla un fatto scientifico stabilito e accettato in campo medico che l'omosessualità sia solamente - o addirittura primariamente - causata da fattori biologici. Questo ci porta dritti alla domanda sottostante: le persone che sono omosessuali possono cambiare?

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William Howell Masters | V. Eshleman Johnson | John P. De Cecco |
l Cambiare è impossibile?
La questione se qualcuno dovrebbe desiderare di cambiare il proprio orientamento sessuale verrà trattata in modo stringato. Ma prima di considerare l'eventuale volontà di mutare, dobbiamo accertarci se questo cambiamento è possibile. Dico che è importante indagare perché un gran numero di individui che si è occupato dei problemi degli omosessuali nega che esista questa possibilità. I membri del Movimento dei Diritti degli Omosessuali, così come numerosi ricercatori,
psicoterapeuti e via dicendo, condannano ogni tentativo di correggere l'orientamento o la preferenza sessuale dei gay. Rick Notch, un omosessuale che ad un certo punto ha dichiarato di essere divenuto un ex gay, ha affermato durante una puntata del Geraldo Show:«L'unica scelta che abbiamo è di imparare ad accettarci e di trovare un modo di vivere una vita responsabile e morale» 35. Similmente, il Dr. Richard Isay, uno psichiatra che dirige il Comitato dell'American Psychiatric Association su problemi dei gay ha asserito:«L'orientamento centrale di un gay non può essere cambiato» 36. Ma anche un esame frettoloso delle testimonianze disponibili e dei casi studiati dimostra semplicemente che ciò non è vero. Innanzi tutto, corrisponde al vero che tutti gli altri psichiatri e psicologi sono d'accordo con l'asserzione secondo cui non è possibile cambiare? Niente affatto! Infatti, la maggior parte di essi crede che sia possibile cambiare. William H. Masters e Virginia E. Johnson, non certo omofobi, scrivono nella loro opera Homosexuality in Perspective(«L'omosessualità in prospettiva»): «La messa a disposizione di un supporto terapeutico per quegli uomini o per quelle donne orientate verso l'omosessualità che desiderano convertirsi o regredire all'eterosessualità è parte integrante della pratica psicoterapeutica da decenni» 37. Parimenti, nel Kinsey Institute New Report on Sex (1990), troviamo l'affermazione secondo cui «l'orientamento sessuale, sia eterosessuale che omosessuale, non può essere cambiato senza difficoltà da alcun tipo di intervento» 38. Così, se da una parte non è facile cambiare l'orientamento sessuale di qualcuno, nondimeno è possibile, il che dimostra infondata l'opinione secondo cui l'omosessualità sarebbe innata e immutabile. Questo fatto è stato confermato da un servizio mandato in onda dal programma 20/20, dell'emittente ABC, che raccontava l'esperienza del Dr. Joseph Nicolosi. Quest’ultimo è uno psicologo e psicoterapeuta che ormai da anni aiuta gli omosessuali a convertirsi all'eterosessualità 39. Più sopra ho già accennato al libro del Dr. Robert Kronemeyer.

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Rick Notch | Richard Isay | Joseph Nicolosi |
Il lettore interessato troverà in questa opera otto storie di casi autentici di persone che hanno cercato di liberarsi dalla schiavitù dell'omosessualità e si sono convertite all'eterosessualità 40. Un altro settore in cui vediamo i frutti delle vite cambiate è quello dell'apostolato cristiano, che si è esteso a quegli omosessuali che desiderano essere aiutati. I limiti di spazio non mi permettono di entrare nei particolari. Coloro che sono interessati ad approfondire queste tematiche possono trovare le referenze nelle note a piè pagina. Ma è vero che certe vite sono realmente cambiate?
- C'è il caso di Darlene Bogle, una donna che «ha lottato contro il lesbismo» per diciassette anni 41. Essa fu cresciuta in un ambiente in cui subì abusi sessuali da parte di diversi uomini e ragazzi (la prima volta all'età di tre anni). I suoi genitori divorziarono quando essa aveva solamente cinque anni. Il suo nuovo patrigno abusò di lei, verbalmente e spesso anche fisicamente. Secondo le sue stesse parole, essa è cresciuta in «una casa in cui mancava qualsiasi cura o educazione, priva di modelli di comportamento positivi e di amore» 42. Oggi, attraverso la grazia e la misericordia di Dio, essa si è completamente liberata dal suo precedente stile di vita, e attualmente è consigliere al Paraklete Ministries di Hayward, in California.
- C'è il caso di Frank Worthen, un uomo che ha praticato l'omosessualità per venticinque anni. Nel 1973, egli è ritornato a Gesù Cristo, che lo affrancato da quel modo di vivere. Da allora, egli è rimasto libero, senza mai più ricadere nel suo vecchio comportamento. Oggi, Frank e sua moglie Anita sono missionari nelle Filippine con Exodus International 43.
- C'è il caso di Andrew Comiskey, un ex omosessuale che oggi è felicemente sposato con Annette ed è il direttore di Desert Stream Ministries 44.
- C'è il caso di Joanne Highley, una donna schiava del lesbismo dai tredici ai ventitré anni, che ora è libera da quello stile di vita da oltre trentacinque. Essa si è sposata e vive tutt'ora con il marito; è madre e nonna, e con suo marito è co-direttore di L.I.F.E. Ministries, a New York 45.
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Darlene Bogle | Andrew Comiskey | Joanne Highley |
Sono realmente cambiate le vite di queste persone che erano esclusivamente omosessuali e sono diventate eterosessuali? Sì. Ci sono state persone che sono ricadute nel loro stile di vita precedente? Anche in questo caso, la risposta è sì, e bisogna aspettarselo. Come per chi si avvicina agli Alcolisti Anonimi, la strada raramente è facile e comporta un impegno tremendo da parte dell'individuo che cerca il ricupero o la guarigione. A volta essi inciampano e non si rialzano più. Qualche volta inciampano, si rialzano e continuano nel processo di ricupero. Occasionalmente, alcuni soggetti sono guariti immediatamente e non sono mai più tornati sui loro passi. Resta il fatto che ci sono molti ex omosessuali ed ex lesbiche che sono stati trasformato dalla grazia di Gesù Cristo.
l Un modo di vivere sano?
Come abbiamo detto, i membri del Movimento per i Diritti degli Omosessuali asseriscono continuamente di essere individui normali e sani. Abbiamo già discusso circa la «normalità» dell'omosessualità. La questione se questo sia o meno uno stile di vita sano verrà trattata in due punti: la promiscuità e le pratiche sessuali.
- La promiscuità
Se si è d’accordo con chi pensa che la promiscuità sessuale non sia salutare, da un punto di vista emotivo o fisico, l'omosessualità - così come viene abitualmente praticata - dev'essere definita estremamente poco salubre. Homosexualities, una pubblicazione ufficiale dell'Institute for Sex Research, fondato da Alfred Kinsey,Alan Bell (1932-2002), e Martin Weinberg, ha riportato che solo il 10% degli omosessuali maschi potrebbero essere definito «relativamente monogamo» o«relativamente meno promiscuo». Ulteriori scoperte hanno dimostrato che il 60% degli omosessuali maschi ha, nel corso della sua vita, più duecentocinquanta partner sessuali, e il 28% degli omosessuali maschi ha, durante la sua esistenza, oltre mille partner sessuali. Un altro fatto sorprendente è che il 79% di essi ha ammesso che più della metà dei loro partner sessuali sono stati degli estranei 46. Solamente alcuni anni dopo la pubblicazione di questo rapporto, il Dr. William H. Foege, direttore dei Centers for Disease Control («Centri di Controllo della Malattia») ha affermato: «La vittima media dell'AIDS ha avuto negli ultimi dodici mesi sessanta partner sessuali diversi» 47. Al contrario, «il maschio eterosessuale medio ha - in tutta la sua vita - da cinque a nove partner sessuali diversi» 48. Che dire delle relazioni lesbiche? Le donne omosessuali sono meno promiscue dei gay? Premesso che sono state effettuate meno ricerche sulle lesbiche, i dati dimostrano che esse sono molto più monogame degli uomini omosessuali. Tuttavia, le loro relazioni non sono molto stabili. Yvonne Zipter, una lesbica che scrive sulla rivista gay di Chicago Windy City Times, in un articolo intitolato «The Disposable Lesbian Relationship» («La relazione lesbica usa e getta»), ha scritto che «la relazione lesbica durevole è un'entità immaginaria» 49.
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Alan Bell | Martin Weinberg | Yvonne Zipter |
- Pratiche sessuali
Un secondo punto che non può essere evitato in una discussione sugli aspetti igienici dell'omosessualità è quello delle pratiche sessuali dei gay. Sono salutari? L'enorme preponderanza dell'evidenza medica è ancora una volta clamorosamente negativa. Numerose fonti mediche documentano l'aberrazione fisica delle pratiche sessuali dei gay. Le seguenti informazioni provengono da un articolo intitolato «Medical Perspective of the Homosexual Issue» («Prospettiva medica del problema omosessuale»). Esso è stato scritto dal Dr. Bernard J. Klamecki, proctologo (uno specialista dei problemi al retto) da oltre trent'anni. In questo articolo, il Dr. Klamecki afferma che quando iniziò la sua pratica medica nel 1960, solamente l'1% dei suoi pazienti era omosessuale. Nel 1988, il numero dei pazienti omosessuali era aumentato fino al 25%, la maggior parte dei quali proveniva da una clinica gay gratuita locale. Le informazioni che seguono provengono
da questo specialista, una persona conosciuta e rispettata dalla comunità omosessuale, un medico molto professionale che ha cura e compassione per tutti i suoi pazienti e che consacra gran parte del suo tempo al loro servizio: «Conosco molto bene la patologia medica e chirurgica collegata direttamente alle pratiche sessuali tipiche degli omosessuali attivi, e in particolar modo ai rapporti anali (la sodomia) e ai rapporti orali (la fellatio) [...]. Le pratiche sessuali specifiche degli omosessuali possono colpire il cavo orale, i polmoni, il pene, la prostata, la vescica, la zona perianale (al di fuori dello sfintere anale), il retto, il colon, la vagina, l'utero, l'area pelvica, il cervello, la pelle, il sangue, il sistema immunitario e gli altri sistemi del corpo [...]. Se nessuna delle suindicate pratiche è unicamente omosessuale, nondimeno esse sono tipiche di questa tendenza [...]. La più comune è il rapporto anale [...]. Oggetti estranei vengono spesso utilizzati per produrre una sensazione erotica diversa o istigare un'attività sessuale più violenta (il sadomasochismo). Gli oggetti che ho rimosso dal retto o dalla parte finale dell'intestino includevano pannocchie di mais, lampadine, vibratori, bottiglie di soda, e vari bastoni di legno. Il "fisting" consiste nell'inserire il pugno chiuso nel retto, talvolta fino al gomito, e produce varie sensazioni sessualmente eccitanti, collegando fortemente l'erotismo al dolore [...]. Il rapporto orale praticato nella zona perianale serve per eccitare, per stimolare o come preliminare sessuale. Inutile dire che diversi tipi di batteri possono contaminare e infettare la bocca. Un'altra pratica sessuale è il "water sport", che consiste nell'urinare nella bocca o nel retto per eccitarsi sessualmente. Un danno materiale al retto può verificarsi a causa di alcune di queste pratiche [...]. Quando il retto è il destinatario di un pene o di un oggetto estraneo, siamo in presenza di un'attività contro-natura. A causa di questa attività, certe lesioni del tessuto (lacerazioni), la creazione di piaghe (le ulcere), l'insorgere di vescichette (gli ascessi), e di altre infezioni possono interessare la pelle dei tessuti circostanti [...]. La persistente attività sessuale anale-rettale può condurre a varie lesioni pre-cancerose, come il morbo di Bowen o il sarcoma di Kaposi. Ogni qualvolta i tessuti subiscono un grave trauma, o vengono lacerati o irritati, diventano vulnerabili alle infezioni batteriche» 50. Il Dott. Klamecki continua trattando le varie malattie batteriche e virali che incontra regolarmente con i suoi pazienti omosessuali, la più importante delle quali è l'AIDS 51. Per di più, egli asserisce, che oltre l'86% dei maschi omosessuali usa vari farmaci per migliorare e aumentare la propria stimolazione sessuale 52. Dunque, lo stile di vita omosessuale è sano? Le informazioni che abbiamo presentato scalfiscono appena la superficie che mostra la natura patologica di queste pratiche sessuali. In realtà, si potrebbero aggiungere altri «effetti collaterali». Ad esempio, l'omosessuale è tre volte più suicida dell'eterosessuale; studi recenti hanno inoltre dimostrato che la durata presunta della vita del gay, maschio o femmina, non infettato da AIDS, è approssimativamente di trentatre anni più corta di quella dell'eterosessuale, e così via 53. Credo che qualsiasi lettore imparziale ammetterà che l'omosessualità non è uno stile di vita né sano, né naturale.

l Il compito del cristiano
Prima di concludere, vorrei chiarire che se da una parte credo che l'omosessualità sia anatomicamente aberrante, psicologicamente deviante, e moralmente inaccettabile, dall'altra va anche detto che siamo tutti peccatori. La fede ci insegna che noi tutti abbiamo voltato le spalle a Dio e abbiamo fatto a modo nostro. Se non fosse per la grazia e la misericordia di Dio, ognuno di noi vivrebbe ancora nel proprio piccolo mondo di peccato, solo e indifeso. La buona novella, tuttavia, è che Dio ci è venuto incontro, si è incarnato sposando la nostra umanità, è morto ed è risuscitato per noi, affinché possiamo essere liberi dalla schiavitù del peccato. Per chiunque lotta contro la schiavitù dell'omosessualità o vuole liberarsi dal giogo di qualsiasi altro peccato, la libertà è disponibile sulla croce del Calvario. Il nostro compito come cristiani è di portare amorosamente a tutte le persone il Vangelo di Gesù Cristo.
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Per accelerare il processo di cambiamento di mentalità delle masse, ancora troppo legate ad una visione retriva della famiglia, Hollywood ha sfornato diversiserial televisivi i cui personaggi sono gay o lesbiche. È il caso, ad esempio, diWill & Grace, una commedia mandata in onda in Italia dal 2003 al 2006.
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Ha scritto Gilbert Keith Chesterton (1874-1936): «Gli uomini non differiscono molto sulle cose che chiamano "mali"; essi differiscono enormemente sui mali che definiscono "scusabili"». Un esame della società attuale sembra avvallare la saggia osservazione di questo critico sociale. Un recente sondaggio condotto nel
2004 dalla Gallup Organization ha rivelato che il 91% degli americani pensa che la poligamia sia sbagliata. La stessa indagine, condotta nel maggio dello stesso anno, ha inoltre svelato che il 54% delle persone consultate crede che il comportamento omosessuale sia moralmente inaccettabile. Mentre la condotta omosessuale è ancora disapprovata dalla maggioranza, essa è ormai stata accettata negli Stati Uniti. Una ricerca condotta nel 1970 aveva rivelato che l'84% degli americani credeva che l'omosessualità fosse una «corruzione sociale». Una caduta del 30% in poco più di tre decenni è significativa, e forse anche rivoluzionaria. Mentre in questi ultimi anni, il comportamento omosessuale ha fatto grandi passi verso l'accettazione sociale, la poligamia resta ancora un tabù. Forse, grazie al crescente permissivismo verso tutte le attitudini sessuali, la pratica di avere più partner matrimoniali potrebbe essere rivalutata. Ma ciò non è avvenuto. Com'è potuto accadere che l'omosessualità, ritenuta solo trent'anni fa aberrante dalla schiacciante maggioranza degli americani, sia stata accettata, mentre la poligamia è ancora inavvicinabile? Per farla breve, molte persone in America si sono lasciate abbindolare. L'odierno Movimento per i Diritti degli Omosessuali è nato circa nel 1970. Dal quel momento, gli attivisti gay hanno agito di concerto per plasmare l'opinione pubblica a riguardo del loro stile di vita. A giudicare dal summenzionato sondaggio Gallup, essi hanno avuto successo. Una delle strategie degli attivisti omosessuali è stata quella di convincere la società in generale che il loro comportamento è un'inclinazione naturale e non una scelta. Quindi, essi hanno iniziato a proclamare ai quattro venti che l'omosessualità è una condizione che è stata determinata geneticamente. Anche se non esiste un solo studio definitivo che colleghi il comportamento omosessuale alla biologia, gli attivisti sono riusciti a convincere la maggior parte della gente che il loro comportamento sarebbe radicato nella genetica. Per trent'anni, come un disco rotto, i difensori dell'omosessualità hanno dichiarato che l'attrazione tra persone dello stesso sesso è di origine biologica. Ai nostri giorni, molte persone in America accettano questa asserzione senza batter ciglio. Alla fine,una bugia ripetuta ad alta voce e per lungo tempo verrà accettata da alcuni
come la verità. Oltre a ciò, i media sono stati complici nel tentativo di alterare la percezione del grande pubblico a riguardo dell'omosessualità. Nel 1987, il New York Times, «il giornale più influente d'America», venne sopraffatto dalla pressione degli attivisti, cambiò la sua politica editoriale e iniziò ad utilizzare la parola «gay» per riferirsi ad ogni cosa inerente gli omosessuali. Anche se il cambiamento fu sottile, fu anche di grande effetto. «Omosessuale» è un termine preciso che denota una pratica. «Gay» è una parola più morbida che suggerisce un'attitudine. Nei media, l'omosessualità non venne più definita in termini di pratica sessuale, ma piuttosto come un approccio positivo e progressivo alla vita. Come abbiamo già avuto occasione di dire, una menzogna ripetuta molte volte e ad alta voce può diventare la verità. Mentre gli attivisti riuscivano a persuadere i media a presentare l’omosessualità in una luce più positiva, nello stesso tempo denigravano coloro che osavano suggerire che lo stile di vita gay non era affatto un bel modo di vivere. Per gli attivisti, il dibattito sul problema dell'omosessualità non era opzionale. Chiunque entrava in contrasto con un membro del Movimento per i Diritti degli Omosessuali veniva marchiato come omofobo e bigotto intollerante. Le persone che dichiaravano che l'omosessualità è un male morale venivano paragonate ad Adolf Hitler. Gli attivisti omosessuali hanno offeso gli oppositori con calunnie e affronti tali per così tanto tempo che oggi molti americani credono che opporsi all'omosessualità sia in qualche modo immorale. Alla lunga, anche le distorsioni - come le bugie - se ripetute ad alta voce possono essere accettate da molti come la verità. E mentre gli attivisti omosessuali erano indaffarati a rimodellare la percezione pubblica del loro stile di vita, non è sorto nessun movimento per l'accettazione della poligamia. Dunque, anche se entrambi questi comportamenti sono aberranti, uno è stato accettato, mentre l'altro è rimasto un tabù. Alle persone che sono state ingannate dagli attivisti omosessuali e a quelli che si battono in loro favore, permettetemi nuovamente di citare Chesterton: «Le convinzioni erronee non cessano di essere fallaci solamente perché diventano alla moda». Giustificare una pratica che è moralmente cattiva non la trasforma magicamente in un diritto morale.


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Pubblicità per una marca americana di vestiario realizzata dal famoso fotografo trasgressivo Oliviero Toscani che che ha per tema la bisessualità, l'omosessualità e l'adozione di bambini da parte di coppie gay.
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Note
1 Traduzione dall'originale inglese Homosexuality: Fact and Fiction («Omosessualità: realtà e finzione»), a cura di Paolo Baroni. Articolo apparso sulla rivista Christian Research Journal (Estate 1992, pag. 30 e ss.). Scritto reperibile alla pagina web
2 La dottrina della Regalità Sociale di Gesù Cristo, sempre professata e creduta dalla Chiesa cattolica, è stata solennemente riaffermata da Papa Pio XI (1857-1939) nell'Enciclica Quas primas, dell'11 dicembre 1925. In questo documento, il Sommo Pontefice denuncia i pericoli derivanti dalla «peste del laicismo» e ribadisce il diritto di Gesù Cristo di regnare anche nelle leggi degli Stati. Il Concilio Vaticano II (1962-1965), ha accantonato tale insegnamento con la Dichiarazione Dignitatis humanæ (del 7 dicembre 1965), che sancisce il diritto della persona umana alla libertà religiosa. E così, i massoni e i perfidi nemici della Chiesa l'hanno - per ora - avuta vinta: per la società laica (e purtroppo anche per molti cattolici), Gesù Cristo non è più Re dei re e Signore dei signori (Ap 19, 16).
3 Ad esempio, alla fine dell'Ottocento, durante il «glorioso» Risorgimento, i vari governi liberali e massonici, allo scopo di strappare alla Chiesa cattolica l'educazione dei giovani, hanno condotto una guerra brutale contro gli ordini religiosi incaricati di tale compito.
4 L'indissolubilità del matrimonio è un requisito indispensabile per la stabilità della famiglia e per l'educazione della prole. La cronaca quotidiana dimostra quanto devastanti siano gli effetti sulla psiche e sulla personalità dei figli determinati dal divorzio dei genitori.
5 Paradossalmente, la nostra società, che si vuole democratica e anti-fascista, si sta macchiando degli stessi orribili delitti per cui certi gerarchi nazisti furono condannati al Processo di Norimberga per crimini contro l'umanità (aborto eugenetico e soppressione dei disabili e dei malati mentali).
6 Scuola di pensiero voluta da Stalin (1879-1953) e fondata nel 1923 nella città tedesca. Di essa fecero parte i vari «profeti» e preparatori del Sessantotto, tra cui Herbert Marcuse (1898-1979). Parlando dei fini di tale Scuola, ebbe a dire Willy Munzenberg, uno dei suoi portavoce: «Corromperemo così tanto l’Occidente che puzzerà» (cfr. R. De Toledano, L'école de Francfort, pag. 26).
7 Sia l'Antico che il Nuovo Testamento contengono esplicite condanne dell'omosessualità: «Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole [...]. Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro» (Lv 18, 22; 20,13).
8 Affermazioni di alcuni spettatori durante una puntata del Geraldo Show, intitolata Can Gays and Lesbians Go Straight? («I gay e le lesbiche possono vivere normalmente»?), mandata in onda l'11 giugno 1991.
9 Cfr. J. D. Mallory, «Homosexuality: Part III. A Psychiatrist’s View» («Omosessualità: Parte III. Una visione psichiatrica»), in Christian Life, ottobre 1977, pag. 28.
10 Cfr. J. M. Reinisch, The Kinsey Institute New Report on Sex («Il nuovo rapporto sul sesso dell'Istituto Kinsey»), St. Martin's Press, New York 1990, pag. 147. L'Autore è direttore del Kinsey Institute.
11 Cfr. Family Research Report, del 6 febbraio 1989, Family Research, Institute, Washington D.C., pag. 1.
12 Trasmissione mandata in onda dall'emittente Wisconsin Public Television, il 19 maggio 1992.
13 Cfr. A. C. Kinsey, Sexual Behavior in the Human Male («Il comportamento sessuale nel maschio umano»), Saunders Company, Philadelphia 1948.
14 Vedi A. Maslow-J. M. Sakoda, «Volunteer Error in the Kinsey Study» («Errore volontario nello studio di Kinsey»), in Journal of Abnormal and Social Psychology, nº 47, aprile 1952, pagg. 259-262. Le cifre gonfiate sono state utilizzate anche dai sostenitori dell'aborto per convincere l'opinione pubblica circa la necessità di introdurre una legge permissiva.
15 Cfr. «The Ten Percent Solution, Part II» («La soluzione del 10%, parte 2ª»), in Peninsula, ottobre-novembre 1991, nº 3, pag. 7; vedi anche J. A. Reisman-E. W. Eichol, Kinsey, Sex and Fraud («Kinsey, il sesso e la truffa»), Huntington House Publishers, Lafayette 1990, pag. 23.
16 Cfr. A. C. Kinsey, op. cit., pag. 216.
17 Cfr. A. Maslow-J. M. Sakoda, art. cit., pagg. 259-262.
18 Cfr. J. M. Reinisch, op. cit., pag. 140.
19 Cfr. J. A. Reisman-E. W. Eichol, op. cit., pag. 194.
20 Ibid., pag. 195.
21 Cfr. Nightline, ABC News, del 30 agosto 1991.
22 Per coloro che sono interessati alla storia che portò alla rimozione nel 1973 da parte dell'American Psychiatric Association dell'omosessualità dal loro Diagnostic and Statistical Manual of Psychiatric Disorders («Manuale diagnostico e statistico dei disturbi psichiatrici»), rimandiamo a R. Bayer, Homosexuality and American Psychiatry: The Politics of Diagnosis («Omosessualità e psichiatria americana: le politiche della diagnosi»), Basic Books, New York 1981, pagg. 101-154; W. Dannemeyer, Shadow in the Land («Ombra sulla terra»), Ignatius Press, San Francisco 1989, pagg. 24-39.
23 Cfr. R. Bayer, op. cit., pagg. 105-106.
24 Cfr. C. W. Socarides, Beyond Sexual Freedom («Dietro la libertà sessuale»), Quadrangle Books, New York 1977, pag. 87. Prima del voto del 1973, il Dr. Socarides guidò un'équipe dell'American Psychiatric Association che studiava l'omosessualità e che pubblicò un rapporto in cui si dichiarava all'unanimità che l'omosessualità è un disturbo a carico dello sviluppo psicosessuale. Questo rapporto, considerato politicamente scorretto, venne archiviato, per essere poi pubblicato nel 1974 unicamente come il rapporto di un «gruppo di studio».
25 Cfr. C. W. Socarides-R. Kronenmeyer, Overcoming Homosexuality («Omosessualità vincente»), Macmillan Publishing Co., New York 1980, pag. 5.
26 Cfr. «Sick Again? Psychiatrists Vote on Gays», in Time, del 20 febbraio 1978, pag. 102.
27 Cfr. S. L. Jones, Homosexuality According to Science («L'omosessualità secondo la scienza»); cit. in I. Yamamoto, The Crisis of Homosexuality («La crisi dell’omosessualità»), Victor Books, Wheaton 1990, pag. 10.
28 Cfr. W. Dannemeyer, op. cit., pagg. 40-41.
29 Cfr. C. Crabb, «Are Some Men Born to Be Homosexual»? («Certi uomini sono nati per essere omosessuali»?), in U.S. News & World Report, nº 9 settembre 1991, pag. 58.
30 Cfr. D. Gelman, «Born or Bred»? («Nato o cresciuto»?), in Newsweek, del 24 febbraio 1992, pag. 48.
31 Ammissione del Dr. Simon LeVay nel corso del Phil Donahue Show, nella puntata che aveva per tema «Genetically Gay: Born Gay or Become Gay»? («Geneticalmente gay: nato gay o diventato gay»?), mandato in onda il 3 gennaio 1992.
32 Cfr. W. H. Masters-V. E. Brown-R. Kolodny, Human Sexuality, Little, Brown and Company, Boston 1982, pag. 319.
33 Cfr. C. W. Socarides-R. Kronenmeyer, op. cit., pag. 7.
34 Cfr. K. Painter, «A Biological Theory for Sexual Preference» («Una teoria biologica per le preferenza sessuale»), in USA Today, del 1º gennaio 1989, pag. 4D. Vedi anche A. P. Bell, Sexual Preference(«Preferenza sessuale»), University Press, Bloomington 1981), pag. 221. Questi Autori non credono che la biologia possa determinare una preferenza sessuale, e non ritengono nemmeno che i genitori possano in qualche modo provocarla. Invece, essi sono convinti del fatto che ci sia una relazione causale in quei bambini che hanno problemi precoci di «identità sessuale» e diventano omosessuali.
35 Così Rick Notch durante il Geraldo Show, andato in onda l'11 giugno 1991.
36 Così Richard Isay nel corso della trasmissione 20/20, mandata in onda dall'ABC News, il 24 aprile 1992.
37 Cfr. W. H. Masters-V. E. Johnson, Homosexuality in Perspective, Brown and Company, Boston 1979, pag. 333. Dopo un studio durato dieci anni sull'omosessualità, gli Autori hanno scoperto che quelli che desideravano la «conversione» all'eterosessualità hanno avuto una percentuale di fallimento solamente del 21% (pag. 396). Tuttavia, anche rettificando la percentuale di fallimento di conversione, si giunge ad un 45%.
38 Cfr. J. M. Reinisch, op. cit., pag. 143.
39 Cfr. 20/20, ABC News, del 24 aprile 1992.
40 Cfr. CC. W. Socarides-R. Kronenmeyer, op. cit., pagg. 141-167.
41 Cfr. D. Bogle, «Healing from Lesbianism» («Guarire dal lesbismo»); cit. in I. Yamamoto, op. cit., pag. 15.
42 lbid., pag. 17.
43 Cfr. B. Davies, «The Exodus Story: The Growth of Ex-gay Ministry» («La storia dell’esodo: la crescita del ministero di un ex gay»), cit. in I. Yamamoto, op. cit., pagg. 47-59. Vedi anche K. Philpott, The Gay Theology («La teologia gay»), Logos International, Plainfield 1977, pagg. 20-37.
44 Cfr. A. Comiskey, Pursuing Sexual Wholeness: How Jesus Heals the Homosexual («Alla ricerca dell’integrità sessuale: come Gesù guarisce l'omosessuale»), Creation House, Lake Mary 1989.
45 J. Highley, L.I.F.E. Ministries, P.O. Box 353, New York, NY 10185.
46 Cfr. A. P. Bell-M. S. Weinberg, Homosexualities («Le omosessualità»), Simon and Schuster, New York 1978, pag. 308.
47 Cfr. W. Isaacson, «Hunting for the Hidden Killers» («La caccia agli assassini nascosti»), in Time, del 4 luglio 1983, pag. 51.
48 Cfr. C. W. Socarides-R. Kronenmeyer, op. cit., pag. 32.
49 Cfr. Y. Zipter, «The Disposable Lesbian Relationship», in Windy City Times, del 25 dicembre 1986, pag. 18.
50 Cfr. B. J. Klamecki, «Medical Perspective of the Homosexual Issue», cit. in I. Yamamoto, op. cit., pagg. 116-117. Oltre a ciò, l'assiduità nei rapporti anali provoca nei gay incontinenza fecale.
51 La cifra più ricorrente è che il 70% degli americani colpiti dall'AIDS è composto da maschi omosessuali o bisessuali.
52 Ibid., pagg. 123, 119.
53 Cfr. P. Cameron-W. L. Playfair-S. Wellum, «The Homosexual Lifespan» («La durata media della vita omosessuale»), in Family Research Institute, del 14 febbraio 1992.
54 Articolo di Kelly Boggs, reperibile alla pagina web
http://www.inplainsite.org/html/homosexual_rights_.html
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l Invito alla lettura
In questa breve storia dell'aborto e delle pratiche abortive, forse quel che manca è una lunga storia dell'aborto nei secoli. Così, la flagranza del ritorno sic et simpliciter ai tempi bui del paganesimo più retrivo e obsoleto sarebbe stata maggiormente evidente. Ma la logica del pamphlet è appunto quella di essere un pugno nello stomaco, cosa che un voluminoso e annotato tomo non consente. Il tema è quanto mai spinoso e politicamente scorretto, ed è il motivo per cui mi sono sempre malvolentieri occupato dell’argomento. Un orizzonte edonista non può non avere il sesso «libero» in cima ai suoi pensieri, e l’eliminazione dei cascami indesiderati, dei «danni collaterali» (il politically correct, com'è noto, si esprime solo per eufemismi) ne costituisce un corollario obbligato. L'unica rivoluzione veramente riuscita del Sessantotto è stata questa: nato
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l Di chi si sta parlando?
Così Ramòn Lucas Lucas, nell'opera Bioetica per tutti, sintetizza l'idea di aborto. Fin dal concepimento vi è una vita che corre verso l'avvenire: a diciotto giorni c'è già un cuoricino che pulsa; ad un mese e mezzo i ditini si precisano, con le loro impronte digitali, già inconfondibili ed uniche; a due mesi vi è una creatura perfettamente simile ad un grande che misura tre centimetri, ma ha una precisione assoluta. A tre mesi, il bimbo è alto circa otto centimetri, vive una vita sua, in stretto collegamento con quella della mamma: si sveglia se si sveglia lei, la ascolta parlare o cantare, fà le capriole, scalcia, soffre terribilmente se una terribile macchina aspiratutto inizia, d’improvviso, a strappargli via via le braccia, le gambe, pezzo per pezzo, finché un arnese di ferro non entra a prelevare la sua testolina, per schiacciarla, come una noce, con un colpo secco, per asportarla.l L'aborto e le streghe
L'aborto è un argomento non molto trattato e non molto conosciuto al giorno d'oggi: non interessa tanto agli intellettuali e ai giornalisti; la cultura dominante lo ritiene scabroso e preferisce non parlarne; i libri di Storia adottati a scuola dribblano elegantemente le vicende politiche, culturali e gli scontri che hanno segnato l’introduzione nella modernità di questa discussa pratica. La televisione, sempre pronta a captare il marcio e il sensazionale, la violenza e il sangue, non ha mai trasmesso le immagini di un bimbo tormentato dagli acidi o inseguito da una minacciosa punta d'acciaio. Falsità e ipocrisia, depistaggio continuo della cultura ufficiale e dominante. Eppure, l'aborto riguarda l'uomo, l'innocente, la vita ai suoi albori, l'essenza stessa dell'uomo, della famiglia, del frutto di un rapporto d’amore. Secondo il concetto giusnaturalista,
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l I totalitarismi (comunismo e nazismo) e l'aborto
L’aborto libero e legale, cioè riconosciuto dalla Legge come diritto, come cosa giusta, appare per la prima volta nella Storia con la Rivoluzione comunista del 1917: il comunismo parte dal presupposto che la famiglia non sia un istituto naturale, come dice il giusnaturalismo, ma un portato della Storia, un istituto artificiale. La famiglia sarebbe tipica di un mondo ingiusto e corrotto, quello borghese, che riconosce la proprietà privata dei beni materiali e quella che per i comunisti è la«proprietà privata degli affetti», la famiglia, appunto. Per Vladimir Lenin (1870-1924), che si colloca sulla scia dei pensatori social-comunisti - Dom Deschamps(1716-1774), Étienne-Gabriel Morelly (1717-1778), Babeuf (Settecento), Charles Fourier (1772-1837) e Karl Marx (Ottocento) - abolizione della proprietà privata significa dunque anche abolizione dei rapporti familiari moglie-marito, genitori-figli: per questo introduce, coerentemente, il divorzio e l’aborto. Quest'ultimo è giustificabile anche alla luce di un altro cardine del pensiero comunista: il materialismo. L'uomo, e così pure il bimbo nel ventre materno, è pura materia, senza anima e destino immortali. Le conseguenze pratiche non tardano a manifestarsi. Françoise Navailh, nella sua Storia delle donne: il Novecento, a cura di Françoise Thebaud, (Ed. Laterza 1992), scrive: «L'instabilità matrimoniale e il rifiuto massiccio dei figli sono i due tratti caratteristici del tempo. Gli aborti si moltiplicano, la natalità cala in modo pauroso, gli abbandoni dei neonati sono frequenti. Gli orfanotrofi sommersi, diventano dei veri mortori. Aumentano gli infanticidi e gli uxoricidi. Effettivamente, i figli e le donne sono le prime vittime del nuovo ordine delle cose. I padri abbandonano la famiglia, lasciando spesso una famiglia priva di risorse» 2.
Gli effetti di tale politica divorzista e abortista si vedono ancor oggi: basti pensare quanti e quanto grandi sono gli orfanotrofi negli ex Paesi comunisti (Romania, Ucraina, Bielorussia, Russia, ecc…), da cui vengono presi gran parte dei bambini adottati in Europa (adozioni internazionali). In Russia si arrivava al punto, come ha raccontato Olga Kovalenko, olimpionica in Messico nel 1968, che, come lei, «anche altre ginnaste nell'URSS venivano indotte a concepire e poi abortire, perché con la gravidanza l'organismo femminile può produrre più ormoni maschili e sviluppare più forza. Se rifiutavano, niente Olimpiadi». Circa una ventina scarsa di anni più tardi, l'aborto viene legalizzato per la seconda volta nella storia in un regime nato nel 1933 in Germania: il nazionalsocialismo. Al pari dei comunisti, i nazisti introducono subito divorzio e aborto. Il presupposto filosofico non è chiaramente precisato: sicuramente si parte, come in Russia, dalla negazione di un'anima personale, cioè da una sorta di materialismo o di «materialismo-panteistico». In secondo luogo, entrano in azione le dottrine eugenetiche: la prima società naturale non è la famiglia, ma lo Stato, la comunità politica, l'entità astratta detta Volk («popolo»). Nell'interesse di quest'ultimo, occorre che la gioventù sia fisicamente sana, forte, razzialmente pura: come in una novella Sparta, i deboli vengono eliminati, soppressi, e, con loro, inevitabilmente, anche gli indesiderati. La violazione della sacralità della vita al suo inizio diventa poi violazione della vita tout court: poco prima e durante la guerra verranno legittimate anche la sterilizzazione, l'eutanasia, la soppressione degli handicappati… Riguardo alla concezione della famiglia, come in molti altri aspetti, nazismo e comunismo sono dunque assai simili tra loro, e sostengono che lo Stato è prima e sopra di essa. Nel nazismo questo è evidente nelle forme di irreggimentazione della gioventù, nell'eugenetica, nei circa 80.000 bambini nati tramite accoppiamenti stabiliti dall'alto, a priori, nell'espropriazione ai genitori del ruolo di educatori tramite le organizzazioni statali (la Hitlerjugend...), nell'associazione fondata di Heinrich Himmler (1900-1945), chiamata Lebensborn, che sceglieva donne non sposate da accoppiare a riproduttori ariani, nelle regolamentazioni sul matrimonio misto, nella sostituzione delle feste cristiane e popolari con festività della natura o di ispirazione laica, ecc... Per quanto riguarda il comunismo, esso, come si è detto, nega totalmente la famiglia, fin dalle più antiche formulazioni: la comunanza di donne, ad esempio, è esaltata da Tommaso Campanella (1568-1639) ne La città del sole (1602), dai comunisti illuministi Denis Diderot (1713-1784), da Deschamps, da Fourier e dallo stesso Marx, in nome del principio per cui la famiglia rappresenta, al pari della proprietà privata, qualcosa di negativo ed egoistico, da eliminare. La soluzione è il controllo statale delle giovani generazioni, fino a far loro sentire, come unico, il legame con lo Stato: «Nella società socialista futura, quando l'allevamento, l'educazione e il mantenimento dei figli non saranno più a carico dei genitori, ma passeranno totalmente alla società nel suo complesso, la famiglia dovrà evidentemente morire».
Per questo nell'URSS, il quattordicenne Pavel Morozov (1918-1932) diventa un eroe nazionale, additato come esempio per tutti i ragazzi, per aver rivelato alle autorità l'opposizione di suo padre al regime, ed averlo così consegnato alla morte. Secondo la concezione dialettica della Storia, la famiglia, come unione di genitori e figli, non è neppure un'istituzione naturale, presente nella realtà e quindi valida di per sé stessa, ma una creazione dei tempi e della struttura economica, al punto che, secondo Fourier, apprezzato in ciò da Marx, il sentimento dei genitori verso i figli e dei figli verso i genitori, è una pura invenzione, poiché il bambino, non conoscendo «l'atto che sta all’origine della paternità, non può provare sentimenti filiali»: come tale la famiglia può e deve variare. È bene ricordare la presenza di dottrine eugenetiche attraverso tutta la storia del socialismo: dalla Repubblica di Platone (428-348 a. C.), in cui accanto alla comunanza di beni e di donne, si parla della necessità che lo stato imponga chi debba accoppiarsi e con chi; a La Città del Sole di Tommaso Campanella, in cui il Ministro dell'Amore è chiamato a scegliere i tempi e i soggetti dell'accoppiamento sessuale, al fine di garantire una certa purezza razziale; fino alle più recenti affermazioni di Stanislav Alexandrovich Volfson («Da noi ci sono tutti i motivi per credere che quando s'imporrà il socialismo la riproduzione non sarà più affidata alla natura») e dello staliniano Evgenii Alekseevich Preobrazenskij (1886-1937): «Dal punto di vista socialista, non ha senso che un membro della società consideri il proprio corpo come una sua proprietà privata inoppugnabile, perché l'individuo non è che un punto di passaggio tra il passato e il futuro», tanto che alla società spetta «il diritto totale e incondizionato di intervenire con le sue regole fin nella vita sessuale, per migliorare la razza con la selezione naturale».
Del resto, un'eugenetica de facto verrà attuata nei regimi comunisti asiatici, in Cina, Vietnam, Cambogia e Corea del Nord, tramite l'eliminazione di handicappati, invalidi, malati mentali e barboni, di coloro cioè ritenuti incapaci dell’unica attività cui il materialismo riconosce importanza: il lavoro 3.
l Le metodiche abortive
Le tecniche abortive possono essere chirurgiche o farmacologiche. Tra le prime troviamo soprattutto l'aspirazione (vedi foto sotto): si introduce nell'utero un tubo collegato ad un potente aspiratore (venti volte più di un comune aspirapolvere). Il corpo viene lacerato, e il tutto è succhiato e maciullato. Questo metodo è solitamente usato per embrioni inferiori ai tre mesi.
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Vi è poi l'embriotomia (vedi foto sotto): si introduce un cucchiaino aguzzo ricurvo col quale si taglia a pezzi l’embrione, e poi si procede col raschiamento dell'utero. È il metodo più praticato nei primi tre-quattro mesi di vita. Vi è poi l'isterotomia o aborto col taglio cesareo: questo metodo è, fino al taglio del cordone ombelicale, del tutto uguale ad un parto per taglio cesareo. Vi sono infine metodiche di uccisione per avvelenamento: l’embrione viene raggiunto da sostanze chimiche irritanti, che generano un’indicibile sofferenza, spasmi e contorsioni, determinando una morte lenta e dolorosa 4.
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l Il dopoguerra e i Paesi comunisti
Nel dopoguerra, l'aborto viene legalizzato nei Paesi comunisti dell’Est legati all'URSS: in Ungheria, Polonia, Bulgaria e Romania nel 1956; in Cecoslovacchia nel 1957; in Iugoslavia nel 1970. La Cina popolare comunista autorizza l'aborto e la contraccezione nel 1957, mentre nel 1962 vengono imposti: ritardo obbligatorio dell'età del matrimonio, sterilizzazione e tecniche contraccettive spesso forzate. L'obbligo di un figlio solo a famiglia determina, oltre al precoce invecchiamento della popolazione, una strage delle figlie femmine: i genitori cinesi, potendo avere un solo figlio, spesso uccidono una eventuale figlia femmina, dal momento che non potranno giovarsi del suo aiuto nella lavorazione della terra; oppure è il governo stesso ad eliminarle, tramite aborti selettivi e infanticidi. Avviene addirittura che i medici vengano pagati dalla Stato a seconda delle sterilizzazioni forzate o degli aborti effettuati (che spesso vengono spacciati, alle povere madri, per terapeutici). Nel migliore dei casi, alcune famiglie, dopo il primo figlio, decidono di non uccidere le loro bambine e riescono, pagando chi di dovere, a non farle registrare, per evitare che siano gli impiegati statali ad eliminarle: in tal caso, però, queste bimbe, di fronte alla legge, non esistono, e non hanno quindi accesso all'istruzione, alla sanità ecc... 5. Si ha così uno squilibrio all'interno della popolazione, per cui oggi mancano all'appello, in Cina, circa 40.000.000 di donne, e vi sono altrettanti uomini che non possono sposarsi.
Ma vediamo uno dei tanti esempi concreti citati sulla stampa italiana. Riferisce Sette, inserto de Il Corriere della Sera, del 10 agosto 2000: «Non ci hanno dato nemmeno il tempo di dargli un nome. Me lo hanno strappato dalle braccia e lo hanno scaraventato a terra, si è sentito un tonfo, ma il neonato ha continuato a piangere. Non voleva proprio morire. Allora i tre funzionari del governo hanno iniziato a prenderlo a calci. Finché non ha respirato più. In Cina lo chiamano controllo demografico o politica del figlio unico [...]. Sono arrivati di notte, il mese scorso, nella sua
l L'Inghilterra
Dopo il mondo comunista è quello anglosassone, inglese e americano - storicamente protestante, liberale e capitalista - ad introdurre l'aborto. La prima è l’Inghilterra, nel 1968. In questo Paese, il tentativo di controllare e manipolare la vita data dai primi del Novecento. È significativissima, a questo riguardo, l'opera di Aldous Leonard Huxley (1894-1963), figlio di un famosissimo biologo darwiniano, che nel 1932, nel suo romanzo Brave New World («Il Mondo Nuovo»), descrive la società del futuro, quella che egli crede potrà essere la società del futuro. Si tratta di un'opera che godrà di fama immensa, un testo capitale della letteratura inglese, accanto e simile a 1984 di George Orwell (1903-1950). Ipotizza un mondo i cui abitanti sono rigidamente controllati, manipolati, soggiogati dal potere in ogni aspetto della loro vita. La riproduzione stessa è sottoposta ad un controllo centralizzato, gli ovuli fecondati in vitro vengono conservati artificialmente. La nascita è quindi anonima (non esiste più la famiglia), e può essere plurigemina, con la capacità di ottenere fino a novantasei gemelli identici da un solo uovo (clonazione). Le conoscenze genetiche permettono di studiare la riproduzione a tavolino e di creare caste di uomini superiori, fisicamente e intellettualmente, e, agendo sulla ossigenazione del cervello durante il processo di sviluppo dell’embrione, di uomini inferiori, pronti ad obbedire ed eseguire i lavori più umili. Il numero dei cittadini è fisso. L'intensità demografica viene controllata attraverso: la sterilizzazione forzata di un numero consistente di donne; attraverso le cosìddette «cinture maltusiane», contenenti mezzi contraccettivi, un «centro di aborti» la cui attività appare alacre, visto che la castità è considerata una perversione; una sorta di eutanasia e di altri provvedimenti analoghi. La base ideologica è fornita dall'educazione sessuale nelle scuole, che elimina ogni «tentazione» alla famiglia promuovendo rapporti precoci, occasionali e continui. Sulla tematica del controllo demografico, Huxley ritorna in Brave New World Revisited, del 1958, dimostrando che la distopia, il mondo da incubo descritto nel precedente romanzo, non gli appare come tale in tutti gli aspetti: «Nel mondo nuovo della mia favola era ben risolto il problema del rapporto fra popolazione umana e risorse naturali. S'era calcolato il numero ideale per la popolazione del mondo e si provvedeva a contenerlo entro quel limite [...]. Ma nel mondo vero contemporaneo non si è risolto il problema della popolazione».
Il problema del sovrappopolamento, scrive Huxley, è capitale, la popolazione attuale, due miliardi e ottocentomila persone nel 1958, eccessiva, e non esistono«l'intelligenza e la volontà, che quasi mai ritroviamo nel formicaio di analfabeti che popolano il mondo», per attuare «il controllo delle nascite». «Forse non è impossibile la gestazione in vitro, come non è impossibile il controllo centralizzato della riproduzione; ma è chiaro che per molti anni a venire la nostra rimarrà unaspecie vivipara, che si riproduce a casaccio», laddove invece la dittatura del nuovo mondo sarà forse eccessiva, ma efficace. «Il nostro sregolato capriccio non solo tende a sovrappopolare il pianeta, ma anche, sicuramente, a darci una maggioranza di uomini di qualità biologicamente inferiore». È evidente che Huxley sta dalla parte del grande dittatore; è evidente il suo disprezzo per l'umanità «formicaio di analfabeti», che si riproduce «a casaccio», secondo uno «sregolato capriccio»; che abbisognerebbe quindi di un «ordine», di un controllo dall'alto, dell'intelligenza superiore, imposta con la violenza, con l'inganno, con la tecnologia, di uomini «illuminati» come lui. Al fondo vi è la teoria darwiniana della selezione naturale che Aldous eredita dal padre e dal fratello, e che lo porta, pur fra molte ambiguità, a chiedersi, in Brave New World Revisited, in un capitolo intitolato «Qualità, quantità, moralità», se i «mezzi buoni» dell'igiene e della medicina, portando alla salvezza di persone che altrimenti potrebbero morire, non raggiungano in fondo un «fine cattivo», un male quale è il sovrappopolamento e «la progressiva contaminazione del fondo genetico a cui dovranno attingere i membri della nostra specie [...]. Ogni progresso della medicina - continua - sarà frustrato da un corrispondente aumento del tasso di sopravvivenza degli individui che dalla nascita portano con sé una qualche insufficienza genetica [...]. E che dire degli organismi insufficienti per condizioni congenite, che la medicina e i servizi sociali oggi salvano e lasciano proliferare»? Le idee di Aldous diverranno importanti grazie al fratello, Sir Julian Sorell Huxley (1887-1975), che, come primo direttore generale dell'UNESCO, il cervello dell'ONU, porterà all'interno di questo organismo un'avversione alla vita che rimane tutt'oggi 9. La sua filosofia è ben espressa in un suo opuscolo 10, in cui si fanno proposte estremamente simili a ciò che succede nel romanzo di Aldous. Inoltre, Sir Julian è anche, negli anni Venti del Novecento, uno dei fondatori della Società Eugenetica Britannica. Il 6 settembre 1962, a nome del Comitato per la Legalizzazione della Sterilizzazione Eugenetica, scriveva: «Gli argomenti a favore della sterilizzazione di certe classi di genti anormali o deficienti mi sembrano schiaccianti» 11.
l L'America e l'Europa
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l L'Italia: «uccidi, purché sia tuo figlio»
Il 1978, ben dopo gli altri stati, è l'anno della legalizzazione dell'aborto in Italia, con la cosìddetta Legge nº 194. Negli anni Settanta, la sinistra (PCI, PSI, PSDI), insieme ai partiti liberal-capitalisti (PRI, PLI), e al Partito Radicale di Marco Pannella, di Emma Bonino e di Francesco Rutelli, con l'appoggio di tutta la grande stampa (specie Repubblica di Eugenio Scalfari, L'Unità, L'Espresso, Panorama e Il Corriere della Sera) sostiene l'introduzione in Italia dell'aborto libero, gratuito, a spese dello Stato. L'argomento principale a favore di tale Legge è l'esistenza di centri di aborti clandestini, che causerebbero lo sfruttamento e talora la morte delle madri: si arriva, con una falsità straordinaria, ad indicare, con cifre altissime, il numero «preciso» degli aborti clandestini, come se fosse possibile conoscerlo, come se non fossero, appunto, «clandestini». Si assiste ad un terrorismo dei numeri che tende a gonfiare sé stesso nell'euforia della quantità e nel progredire dei giorni: «Tre milioni di aborti clandestini nella penisola, 25.000 donne morte ogni anno in seguito ad aborto clandestino…». La Storia si incaricherà di smentire queste fole, ma l'emozione del momento e il tam tam dei giornali convinceranno molta gente. L'altro argomento, sostenuto con campagne miliardarie dalla famigliaRockefeller, dall'ONU e per certi aspetti anche dal WWF e dal Club di Roma legato agli Agnelli, è la sovrappopolazione del pianeta. Il parlamentare socialistaLoris Fortuna (1924-1985) scrive: «Sette miliardi gli individui che nel 2000 popoleranno la terra […]. Ipotizzabile, come evento futuro, ma non incerto, la catastrofe». Chi glielo dice oggi, al Fortuna, che siamo il Paese più vecchio e ansimante d'Europa, che la nostra popolazione diminuisce drasticamente ogni anno? Accanto a queste cifre roboanti, indimostrate e indimostrabili - oggi lo sappiamo, sicuramente false e confutate - si cerca di tappare la bocca agli oppositori anche con l'utilizzo di un linguaggio mascherato.
La falsità è lo sfondo su cui si svolge tutto il dibattito, depistato da affermazioni di questo tipo: «La soluzione di fondo non è quella [...] di discutere astrattamente sul concetto di inizio della vita» 13; «Il problema dell'aborto dovrebbe essere discusso in ambito squisitamente etico-morale e non attraverso considerazioni di natura biologica» 14. Traducendo: discutiamo pure, purché non ci si chieda di accertare di che cosa (un minerale? Un vivente?) si stia discutendo. Così si lotta in ogni modo per riconoscere la legge del più forte, per occultare la spaventosa realtà
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Nessuno di loro si dimette, preferendo la stabilità del governo alla coerenza personale 18. Nessuno fà ostruzione, nessuno si dissocia di fronte ad una delle leggi abortiste più permissive al mondo, che considera l'aborto, secondo l’aspettativa dei comunisti, «una operazione qualsiasi, alla stregua di tutte le altre, e che, come tale, sia pagata dalla mutua» 19. Addirittura, passata la legge, Andreotti, tramite l’Avvocatura di Stato, se ne assume la difesa, chiedendo alla Corte Costituzionale di rigettare le numerose eccezioni di incostituzionalità presentate dopo l'entrata in vigore della 194. Quest'ultima stabilisce, all’articolo nº 4, che la donna che vuole interrompere la gravidanza nei primi tre mesi deve rivolgere la sua richiesta ad un pubblico consultorio o ad un medico generico, cioè anche ad un dermatologo, un dentista, un ortopedico o simili. L’articolo nº
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Infine, la nº 194, che è nell'attuazione pratica ancora peggiore che nella sua ipocrita formulazione, rifiuta in teoria ogni criterio eugenetico; in realtà, il Prof.Claudio Giorlandino, celebre ginecologo, racconta di aver visto «coppie scegliere l'aborto solo perché il feto aveva sei dita ai piedi (operabilissime, com'è ovvio)», e addirittura procedere in questo modo con «aborti a ripetizione» 22. È evidente che lo stesso criterio potrebbe essere adottato da genitori che avessero scelto a priori di avere un maschio e non una femmina o viceversa. In relazione a queste cose l’On. Umberto Bossi, parlando in più occasioni del problema aborto nelle sue interviste a Gianluca Savoini, ha insistentemente accennato ad un nuovo e angosciante «nazismo rosso». Scrive Emilio Bonicelli nel suo interessantissimo studioGli anni di Erode: «Gli articoli della legge ne esprimono così chiaramente lo spirito: l'interruzione di gravidanza è resa libera e gratuita, ma viene in ogni modo favorita. Il parere contrario del medico, del padre del concepito, dei genitori, ovunque emerga, viene neutralizzato. Di fronte alla gestante dubbiosa ogni porta si apre perché la sua scelta sia quella del rifiuto della vita, ma nessun serio aiuto viene predisposto perché quella vita possa trovare accoglienza».
l Gli abortisti clandestini
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l Una cultura da rifondare
En passant, si può concludere affermando che la cultura dell'aborto è andata di pari passo con la tendenza a concepire anche gli affetti in modo
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l La fine di quei corpicini
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l Il problema economico
La denatalità spaventosa presente in Europa dopo l'introduzione nelle legislazioni nazionali della legge sull'aborto (a ulteriore dimostrazione che il numero sugli aborti clandestini dato dagli abortisti era falso), ha determinato l'entrata in crisi del cosìddetto Welfare State, dello Stato assistenziale creatosi in Occidente nella prima metà del Novecento e progressivamente rafforzato nel secondo dopoguerra. Lo Stato assistenziale, o sociale che dir si voglia, si basa sul semplicissimo concetto per cui lo Stato, attraverso una tassazione progressiva che tenga conto delle differenti ricchezze e possibilità, garantisce ai cittadini l'assistenza educativa, sanitaria e pensionistica. A partire dagli anni Novanta del Novecento, lo Stato sociale è andato via via modificandosi per la mancanza di denaro nelle casse pubbliche, proprio a causa della denatalità, dell'invecchiare progressivo delle generazioni: dove non ci sono giovani non c'è futuro, non c'è prospettiva, e neppure soldi. Infatti, ormai in tutta Europa l'età media si è enormemente innalzata, e con essa il numero degli anziani, bisognosi di assistenza sanitaria, di pensioni e, tante
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l Il dibattito sulla fecondazione artificiale
Un'altra piccola, parziale vittoria, dopo quasi trent'anni di sconfitte, per il fronte a difesa della vita, è stata la Legge sulla fecondazione artificiale del dicembre 2003. In tale data, infatti, secondo la relazione del forzista Flavio Tredese, è stata riconosciuta per legge la dignità e la tutela del concepito; di conseguenza, è stata vietata la sperimentazione o intervento di clonazione sull'embrione umano, ivi inclusa la selezione eugenetica di stampo nazista (non per nulla vietata anche in Germania, dove il ricordo delle atrocità naziste è ancora vivo); è stata vietata la fecondazione ai singles, agli omosessuali, alle mamme-nonne e la fecondazionepost mortem; è stata vietata la fecondazione eterologa e quella di un gamete umano con un gamete di specie diversa, onde evitare la creazione di ibridi e chimere.È stata limitata la possibilità della crioconservazione, vietata la possibilità di disfarsi di centinaia di embrioni bruciandoli con l’alcool, come è già successo... 30. Si è cercato di impedire quello che avviene in altri Paesi, dove, come racconta il leghista Alessandro Cè, vecchio relatore alla Camera e strenuo difensore della vita, vi sono casi estremi in cui la fecondazione artificiale senza regole porta alla presenza contemporanea di due padri, quello genetico e quello affettivo, e di tre madri, madre genetica, madre affettiva e madre gestazionale. Non ci deve allora stupire il fatto che una legge improntata ad un certo rispetto per la vita nascente sia caratterizzata da una serie di divieti. Prima della legge, infatti, in assenza di qualsiasi legge, tutto era permesso: gli studi medici che si occupavano di fecondazione artificiale, in particolare quelli privati, erano delle specie di laboratori di Frankenstein dove ogni sperimentazione sull'embrione era lecita e possibile, e dove ogni medico si improvvisava stregone. Avveniva esattamente quanto sostenuto e condiviso dall'europarlamentare DS Gianni Vattimo: «C'è il rischio che degli embrioni si faccia commercio, che si operino manipolazioni illimitate, tali, si sottintende, da creare mostri, individui adibiti a deposito di organi per trapianti, schiavi. Potrà apparire scandaloso, ma non lo è poi tanto: dell'embrione come tale non ci importa nulla» 31. Oppure c'erano gli esperimenti del Dr. Severino Antinori, ginecologo romano che porta al punto giusto gli spermatozoi immaturi nei testicoli dei topi (come saranno, tra vent'anni le già quattro creature nate in tal modo?); o proposte (solo proposte?) come quella di inseminare artificialmente una scimmia con seme umano, al fine di produrre ibridi, esseri subumani da destinare a mansioni di lavoro ripetitive o sgradevoli, o come serbatoi di organi da trapianto... In Cina e in America tali proposte sono state realizzate con la creazione di un uomo-coniglio e di un embrione-mucca, inserendo DNA umano in ovuli di mucca 32.
Gli esempi di questa cultura prometeica, portata avanti anche da scientisti italiani come Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, Umberto Veronesi, Antinori eCarlo Flamigni, per cui l'uomo ritiene di essere onnipotente e di poter addirittura, non solo uccidere con l'aborto, ma anche manipolare la vita a suo piacimento, oltre a quelli citati, erano molti altri: «Transessuale adotta un bambino»; «Errore in provetta, nasce ermafrodito»; «Primo bebè figlio di due madri» 33; «Adozioni ai gay: è possibile» 34. Riguardo a quest'ultimo problema, si assisteva ad
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La spaccatura nella Margherita è stata determinata dalla ferrea opposizione a qualsiasi forma di collaborazione alla Legge da parte della corrente di Prodi, sedicente cattolica, guidata da Arturo Parisi, Giulio Santagata e Marina Magistrelli, e da altri esponenti di spicco come il Vice-Presidente dei senatori Natale D'Amico ed Enzo Bianco. Il centrosinistra ha criticato la Legge, minacciando il ricorso al referendum abrogativo, e affermando che «siamo tornati in un'epoca buia di veti e imposizioni, medievale» 37; definendola «bestiario in diciotto articoli» (Il Manifesto),
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l La bomba demografica? Una palla!
Uno dei discorsi più ricorrenti tra i sostenitori a spada tratta della divulgazione nel mondo dell'aborto, della sterilizzazione e della contraccezione, anche forzati, è senza dubbio quello dell'esplosione demografica: il mondo sarebbe sovrappopolato, abitato da un numero eccessivo di persone, troppe per il bene del pianeta e dell'umanità stessa. Di conseguenza, sarebbe cosa opportuna sfoltirlo un po', con metodi più o meno ortodossi, per il bene di tutti. Questa teoria, in verità, è piuttosto datata, risalendo, nella sua formulazione più famosa, al Settecento, e, precisamente, al pastore anglicano Thomas Robert Malthus (1766-1834). Datata e quindi già confutata nei fatti, se è vero che la popolazione europea, dalla sua epoca ad oggi, è enormemente aumentata, e, invece di impoverire, si è, al contrario, arricchita. Eppure, da allora, guidati più da un odio gnostico per l'umanità e il suo Creatore, che da reali considerazioni socio-economiche, in molti hanno riproposto lo stesso ragionamento. Si pensi a coloro che, come Giovanni Papini (1881-1956), si auguravano che la Prima Guerra Mondiale fosse un'«operazione maltusiana», capace di spazzare dalla tavola un po' di commensali, «uomini che vivevano perché erano nati» 39; oppure alle oscure profezie di Italo Svevo (vero nome Aron Ettore Schmitz 1861-1928), allorché, in chiusura del suo celebre romanzo, tanto letto quanto poco compreso, La coscienza di Zeno (1923), prevedeva una futura esplosione grandiosa che avrebbe riportato la Terra nella sua forma originaria di nebulosa, «priva di parassiti e di malattie» (e cioè di uomini). Posizioni analoghe non rimangono legate alla Storia del passato, ma sono espresse oggi da personaggi famosi, vicini al mondo animalista, ambientalista e verde in genere, come il principe Filippo di Edimburgo, fondatore del WWF, o l'americano David Foreman, redattore della rivista ecologista Earth First. Il primo si è augurato di rinascerevirus letale, «così da contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione», mentre il secondo, con una metafora abusata all'interno del suo ambiente, sostiene che «l'umanità rappresenta il cancro del mondo vivente».
Tra i «sacerdoti» di questa oscura mentalità, figura, in Italia, il professor Giovanni Sartori, editorialista de Il Corriere della Sera, che insieme a Gianni Mazzoleniha realizzato un volume intitolato La terra scoppia. Sovrappopolazione e sviluppo (Ed. Rizzoli), dove vengono appunto sostenute le teorie maltusiane, con tutto quello che ne deriva: necessità di diffondere aborto e sterilizzazione anche nei Paesi più poveri.
l I movimenti per la vita (Pro Life)
«Ingannano il mio popolo dicendo: "C'è la pace", e la pace non c'è» (Ez 13, 10).
In tutto il mondo, contemporaneamente alla legalizzazione dell'aborto, nascono gruppi e movimenti di persone che cercano in qualche modo, con pochi mezzi, di opporsi alla cultura di morte. Sono per lo più creati da laici di provenienza cattolica, o protestante, con un appoggio, più o meno, della Chiesa.
q In America si distingue il gruppo denominato Operation Rescue («Operazione salvezza») il cui motto è «proud to be pro life» («orgogliosi di essere per la vita»). Questo gruppo è stato più volte accusato di usare metodi violenti: i suoi attivisti non disdegnano, infatti, di praticare il sabotaggio degli ospedali in cui viene praticato l'aborto, devastando gli strumenti di morte. Contro di loro, con molta più durezza di quella che viene usata con i no-global - oggi new-global - sono state applicate pene severissime: è lecito discutere le ingiustizie del mondo moderno, ma solo quando gli obiettivi sono imprecisi, i risultati, sostanzialmente, nulli, e nulla viene chiesto alle coscienze personali. Non è invece permesso svegliare, nei singoli, una fiammella di pietà e responsabilità, per impedire l'egoismo e il cinismo di una civiltà atea e materialista, che per non essere più cristiana ha cessato di essere umana. Per questo coraggio, parecchi attivisti sono stati ospiti delle patrie galere. Vi sono poi altri movimenti, come il Roman Forum, fondato nel 1968 da Dietrich von Hildebrand (1889-1977), un cattolico tedesco, amico di Edith Stein (divenuta poi Suor Teresa Benedetta della Croce; 1891-1942), fuggito dalla Germania ai tempi del nazismo. Oggi il fondatore è morto, ma la moglie viene ancora d'estate, talvolta, sul nostro Lago di Garda, perché ama l'Italia, la nostra lingua e i nostri paesaggi. Nella libera America, dove tutto è lecito, Vescovi (più coraggiosi dei nostri) come Mons. Austin Vaughan (1927-2000), ausiliario di New York, e Mons. Robert Lynch, di Richmond, in Virginia, sono finiti in carcere, per essersi incatenati davanti alle cliniche abortiste e per aver diffuso materiale antiabortista;
q In Irlanda esiste la Youth Defence, già citata;
q In Francia vi sono, tra le altre, la Ligue pour la Vie («Lega per la Vita») e l'associazione SOS Tout-Petit («SOS piccolissimo»), guidata dal Dr. Xavier Dor e daPhilippe du Chalard. Ho avuto l'onore di conoscere entrambi, a Parigi. Il Dr. Dor è un mite settantenne con un bel curriculum come medico e professore universitario. Camminavamo insieme ad altre persone, nella campagna. Io fiancheggiavo, senza poter intervenire nel discorso, per il semplice fatto che capisco il francese, ma non lo parlo. La cosa che si nota è che fra le mani gli compare spesso la corona del rosario. Con altre persone ha occupato pacificamente un centro di aborti a Boulderenne: si limitava a dare, alle madri che entravano per abortire, delle piccolissime calzette, fatte su misura per i piedini dei neonati. Queste calzette hanno una forza evocatrice spaventosa. Dor è stato processato, multato, scarsamente difeso dallo stesso clero francese. Racconta: «Manifestiamo pubblicamente la nostra opinione pregando vicino alle cliniche». In queste manifestazioni «subiamo aggressioni continue, ci mollano addosso i cani […]. Poi, terminata l'aggressione, interviene la polizia per portarci in galera […]. Al crimine politico, l'aborto, risponde la carità politica […]. Poco prima di Pasqua, la liturgia ci richiama questa espressione di Sant'Agostino: "Felix culpa". Felice la colpa che ci ha valso un tale Redentore»;
q In Germania troviamo Ja fuer Leben («Sì alla vita»), Humanes Leben International…
q Per quanto riguarda l'Italia, essendo il nostro Paese, è necessario fermarsi un po' di più. Subito dopo la legge sull'aborto si segnalano il CRIV (nato tra Merano, Trento e Verona), il primo movimento popolare a chiedere l'abrogazione della Legge nº 194, depositando la richiesta di referendum parzialmente abrogativo il 10 marzo 1979: ne fanno parte l’avvocato Dante Spiazzi, Carlo Alberto Agnoli, l'Ing. Alberto Ravelli, Luciana Bianchini, Mario Rigo, Emil Stocker, Franz Adler e molti altri fiancheggiatori, come il Dr. Algranati, l’odierno consigliere regionale del Veneto Mario Rossi, Francesco Mario Agnoli, poi presidente del Movimento per la Vita di Ravenna… 42. Il CRIV gode della benevolenza del Patriarca di Venezia, Mons. Albino Luciani (1912-1978), il futuro Giovanni Paolo I, mentre i suoi rapporti sono assai tormentati con altri Cardinali ed ecclesiastici, assai timorosi e, nei fatti, recalcitranti, o, come mi disse uno di loro, impenetrabili come«giocatori di poker» di fronte alle domande di aiuto e collaborazione. Pressoché nullo il dialogo con la DC, che per bocca dell'On. Mazzola ha già escluso, nel 1976, l'ipotesi del ricorso ad un referendum abrogativo nel caso l'aborto divenisse legge dello Stato 43. Senza mezzi, né quattrini, né significativi appoggi, con qualche rudimentale volantino, talora battuto a macchina, il CRIV raccoglie nelle sole zone del Trentino e del Veneto oltre 250.000 firme. Non sono però sufficienti, essendone necessarie 500.000. Di poco posteriore, l'azione di Alleanza per la Vita, nata dall’associazione Alleanza
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Altrimenti i cattolici italiani, tramite le organizzazioni parrocchiali, avrebbero potuto raccogliere in pochissimi giorni le 500.000 firme necessarie almeno ad aprire nel Paese un dibattito volutamente silenziato! È comunque certo che l'unico «frutto maturo» che ci rimane, oggi (nel 2004), sono i 4.000.000 di bambini eliminati in Italia sino ad oggi, e la vecchiaia nelle strade e nei cuori! Intanto, nel 1977 a Milano nasce il Movimento per la Vita, grazie a personalità come Francesco Migliori,Piero Pirovano ed altri. Oggi ne è vice-presidente nazionale il trentino Pino Morandini, membro di antica data di quella parte della DC, oggi UDC, che non si è rassegnata a sacrificare ogni valore sull'altare della convenienza e della tranquillità mondana. Morandini, in qualità di consigliere regionale, ha portato avanti nella sua regione una serie di provvedimenti a favore della famiglia e del concepito che hanno fatto del trentino una provincia all'avanguardia. Nonostante questo, o forse proprio per questo, viene periodicamente sbeffeggiato e deriso dai quotidiani locali, spesso tribuna per alcuni poveri Soloni di provincia, intrisi di dozzinale «saggezza mondana». Il Movimento per la Vita promuove due referendum abrogativi della 194, definiti l'uno minimale l'altro massimale. È una proposta che vede ancora il mondo cattolico diviso: chi non vuole nessuno dei due, chi non vuole il massimale, ritenuto troppo intransigente, chi non digerisce il minimale, sostenendo che spiegare alla gente che non si può abortire, a parte che in questo e quest'altro caso, è contraddittorio e insostenibile. La raccolta firme parte nell'estate del 1980 e raccoglie 2.300.000 firme, più del quadruplo di quelle necessarie.
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Note
1 Fonti fin qui: Orazio, Odi, BUR; V. Messori, Pensare la storia, Ed. Paoline; Ginsborg, Il sabba, Einaudi; M. Blondet, I mostri del XX secolo, Effedieffe; C. Gatto Trocchi, La magia, Newton.
2 Vedi Desideri-Themelly, Storia e storiografia, vol.I-II, D’Anna.
3 In Corea, gli handicappati vengono ancor oggi deportati in località remote, in montagna o nelle isole del Mar Giallo, mentre i nani vengono sistematicamente braccati e isolati: «La razza dei nani deve sparire», ha ordinato Kim Jong II in persona.
4 Per notizie più approfondite, che il presente studio omette volutamente di considerare, si rimanda al già citato bellissimo testo Bioetica per tutti, di R. Luca Lucas, Ed. Paoline.
5 Trasmissione su Radio Radicale a cura di Amnesty International, del 25 dicembre 2003; B. Cervellara, Missione Cina. Viaggio nell'Impero tra mercato e repressione, Ed. Ancora, Milano 2003.
6 Cfr. B. Cervellara, op.cit.
7 Cfr. Avvenire, del 1º agosto 2002; Tempi, agosto 2002.
8 Cfr. M. Schooyans, Nuovo disordine mondiale, Ed. Paoline; M. Schooyans, Bioetica e popolazione, Ed. Ares.
9 Si vedano gli articoli e i libri di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, giornalisti di Avvenire, Sì alla vita, Il Timone.
10 UNESCO: its Purpose and its Philosophy («UNESCO: le sue finalità e al sua filosofia»), Ed. M.B. Schnapper, Washington D.C. 1948.
11 Cfr. L'Italia settimanale, del 22 marzo 1995.
12 Cfr. Il Corriere della Sera, del 19 giugno 2003.
13 Cfr. L'Unità, del 2 marzo 1977.
14 Cfr. L'Unità, del 25 febbraio 1977.
15 Grazie alla «diplomazia» degli pseudo-cattolici del PCI, i catto-comunisti Gozzini, La Valle, Pratesi…
16 Cfr. La Repubblica delle donne, del 24 maggio 2003; per vedere cosa sia veramente l'aborto, anche attraverso l’ausilio fotografico, si consiglia il libro Aborto: il genocidio del XX secolo, Ed. Effedieffe, Largo V. Alpini 9, 20145 Milano; oppure il sito internet www.amicivita.it.
17 Clamorose le numerose e determinanti assenze di deputati democristiani nelle Commissioni e in Parlamento, nei momenti cruciali, dal 1975 - allorché il governo Moro dichiarava la sua neutralità sull'argomento - in poi.
18 Eppure il governo cadrà quasi subito e Leone sarà costretto ignominiosamente a dimettersi per altri motivi.
19 Cfr. Aborto: una battaglia di civiltà, 1975; in questo opuscolo si legge anche: «È importante infine che l'aborto possa essere praticato su minorenni senza il consenso dei genitori». Giunto al governo, nel novembre 1998, il leader dei DS, Massimo D'Alema, ripeterà che l'aborto è un «elemento di civiltà».
20 Vedi anche il sito internet della rivista L’ateo.
21 Cfr. La Repubblica delle donne, del 24 maggio 2003.
22 Ibid. Si badi che si tratta nel complesso di un articolo fortemente filo-abortista, e non viceversa.
23 Fratello di Mario, il fondatore della Villa, ex dignitario del PCI e medico personale di Togliatti; N.d.R.
24 Nel caso di «Villa Gina», la convenzione con la Regione Lazio prevedeva che quest'ultima versasse 1.600.000 lire per ogni aborto eseguito; «L’ASL mi deve dare ancora quarantaquattro miliardi», secondo la convenzione con la giunta, afferma Spallone.
25 Cfr. La Stampa, del 12, 13, 15 aprile 2000; «Da Togliatti alla villa degli orrori», in L'Espresso, del 27 aprile 2000; Avvenire, dell'11 aprile 2000, del 10 giugno 2000; Repubblica, del 13 aprile 2000.
26 Ogni anno, gli amici dell’associazione Militia Christi fanno una cerimonia di riparazione, gettando nel fiume una corona di fiori.
27 Cfr. La Repubblica, del 27 febbraio 1999.
28 Così Maite Barea, economista spagnola dell’Università di Madrid e senior researcher al CEFASS, il Centro Europeo di Formazione negli Affari Sociali e Sanità pubblica, su Tracce, del novembre 2003.
29 Per rendere meno gravoso il compito alle mamme che lavorano; articolo nº 38, comma 4, della Finanziaria 2003.
30 Cfr. L'Unità, del 12 dicembre 2003.
31 Cfr. La Stampa, del 6 febbraio 1999.
32 Cfr. Sì alla vita, ottobre 2003.
33 Cfr. Il Giornale, del 31 gennaio 1998; del 16 gennaio 1998; del 15 giugno 1998.
34 Cfr. Alto Adige, del 4 marzo 1999.
35 Da Il Corriere della Sera.
36 Al Senato, diciassette sì su trentasei senatori.
37 Cfr. L'Unità, del 13 dicembre 2003.
38 Cfr. L'Unità, del 12 dicembre 2003.
39 Cfr. Lacerba, ottobre 1914.
40 Cfr. Il mondo in cifre 2003, Ed. Internazionale.
41 Così Aurelio Peccei, Presidente dell'agnelliano Club di Roma, in Cento pagine per l'avvenire, Ed. Mondadori.
42 Cfr. Avvenire, del 1º luglio 1980.
43 Cfr. Il Popolo, del 13 gennaio 1976.
44 Cfr. L'Unità, del 3 febbraio 1979.
45 Cfr. Lotta Continua, del 3 febbraio 1979.
46 Cfr. Cristianità, nº 232.
47 È possibile ricevere tale rivista gratuitamente in visione, per un certo periodo, scrivendo a Sì alla vita, via Cattaro 28, 00198 Roma. Tel. 06-86321901, e-mail: siallavita@mpv.org
48 Tale materiale è reperibile scrivendo a Movimento con Cristo per la Vita, via Falgare 75, 36015 Schio (VI); tel 0445-529573.
49 Edizioni «Pater», Casella Postale 135, 67100 L'Aquila.
50 Società Domani, via Conte Federico 235, 90124 Palermo; e-mail: societadomani@libero.it
51 E-mail: giorgio.nicolini@libero.it; tel. 338-2892353.
52 Piazza Martiri 10, 50032 Borgo San Lorenzo (FI).
53 Via Salvo D'Acquisto 7, 21054 Fagnano Olona (VA)- www.iltimone.org
54 Vedi la ns. Collana Quaderni di San Giorgio.
55 P. Matteotti 11, 20063 Cernusco sul Naviglio (MI); tel. 02-92113153.
56 Via Foligno 27/b, 00182 Roma.
57 Casella Postale 650, 36100 Vicenza.
58 Cfr. L'Espresso, del 12 gennaio 1992.
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Una mamma a tutte le mamme
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l Presentazione
Definire «impressionante» questo documento non è esagerato. Impressionante e provvidenziale. Una donna che ha acceso e poi spento con l'aborto la vita di sette figli, tormentata dal rimorso che l'ha folgorata in maniera «strana» e inaspettata, decide di riparare come può, al male che ha fatto, raccontando la storia drammatica della sua vita e delle sue colpe perché altre mamme non ripetano il suo peccato. Una testimonianza quanto mai necessaria in questo tempo senza Dio,
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Don Enzo Boninsegna
Verona, 28 dicembre 1991
Festa dei Santi Martiri Innocenti
l Dicembre 1945
Ero tornato da una breve passeggiata, fatta prima dell'orario consueto, quando venni chiamato al telefono da una persona che non volle dire il suo nome. Invece di questo, chi chiamava accennò a un incontro avuto con me qualche anno innanzi e così poté facilmente farsi riconoscere. «Mamma é gravissima. C'è chi le ha parlato di lei. Ha detto che gradirebbe molto una sua visita». Dopo venti minuti ero al capezzale dell'inferma. L'impressione che mi fece fu pessima. Aveva un volto sfinito e pallidissimo. Due occhioni grandi, ancora affascinanti, ma carichi di sofferenza. In capo una cuffia di lanetta bianca. I movimenti erano misurati e stanchi. Mi salutò con un filo di voce, ma c'era in questa una grande dimostrazione di gratitudine. Dopo di ciò, i familiari si ritirarono ed io fui solo con lei.
- Padre, mi ha riconosciuto?
- Certamente: perché me lo domanda?
- Credo che devo essere molto cambiata.
- Non tanto, come lei pensa, da essere irriconoscibile. E allora mi dica in che cosa posso esserle utile. Sono qui a sua disposizione.
- Può darmi tutto il tempo che mi occorre?
- Non ho altra premura che di servirla in tutto quello che posso.
- So che lei è religioso, vive di orario.
- Ma in certi casi l'orario è l'ultima preoccupazione.
- Grazie, padre. Come vede, io vado verso la fine. Vorrei confessarmi.
- Sono qui ad ascoltarla. La prego soltanto di non stancarsi. Se permette, farò del mio meglio per aiutarla.
Così dicendo, mi feci più vicino, recitai la breve preghiera di rito, tracciai su di lei un segno di croce e mi raccolsi ad ascoltarla. Ma presto ebbi a stupire dinanzi alla limpidezza, all'ordine, alla precisione con cui parlava quella donna che si dibatteva tra la vita e la morte. Una preparazione, che meglio non potevo desiderare.
- Padre, si può interrompere per qualche momento?
- Certamente. Non si affatichi. Le occorre qualche cosa?
Fece un cenno affermativo e toccò una piccola pera, che aveva lì a portata di mano. S'affacciò subito una suora infermiera con una bacinella e tutto l'occorrente per un'iniezione. Qualche minuto di attesa nel salotto accanto e rientrai. Ancora pochi minuti e il mio compito sembrò terminato. Ma l'inferma domandö:
- E ora, che altro dovrei fare?
- Sono lieto che sia lei a chiedermelo. Le consiglierei di disporsi a ricevere domani mattina il santo viatico e l'olio santo. Ma se per questo preferisse il parroco, potrei passare io stesso da lui.
- No, preferisco fare tutto con lei. Perché attendere domani mattina? Non si potrebbe questa sera?
- Certo che si può.
Inteso ciò, toccò di nuovo la pera, e questa volta, insieme con la suora, entrarono una giovane signora con una bambina tra le braccia, suo marito e un ragazzino di cinque o sei anni.
- Suora, ho detto al padre di fare tutto questa sera. Lei che ne dice? Voi che ne dite?
I familiari si guardarono con occhi gonfi di commozione e non seppero che cosa rispondere.
- Io penso che sia un'ispirazione di Dio, disse invece la suora.
- Faccia pure come dice, signora. Oltre tutto, ciò l'aiuterà a passare la notte più tranquilla.
- Allora, padre, sono nelle sue mani.
In pochi salti fui alla chiesa vicina, dove il parroco stava già per chiudere. Una cotta, doppia stola, borsetta con l'olio santo, un rituale, un asperges, la piccola teca col Santissimo e rinfilato il soprabito, dopo pochi minuti ero di ritorno. La suora aveva intanto già convertito il comò di fronte al letto in un altarino tutto lindo e devoto: c'erano anche dei fiori che mi parvero un miracolo di finezza. L'inferma, prima di ricevere gli ultimi sacramenti, mostrò il desiderio di volermi parlare di nuovo sola a solo. Credetti volesse aggiungere qualche breve appendice alla confessione. Invece, quando gli altri furono usciti, cavò da una borsetta di celluloide una busta abbastanza gonfia e tenace, e col gesto di consegnarmela disse:
- È l'ultimo favore che le chiedo, padre. Mi promette di eseguire quanto sto ora per dirle?
- Di che cosa si tratta?
- Qui c'é l'ultima mia volontà.
- Ma noi non sogliamo essere esecutori testamentari.
- Non si tratta di questo, disse con un lieve sorriso Qui c'é il racconto della mia povera vita, da quando fui sposa ad oggi. Vorrei che lo pubblichi, ma di qui a dieci anni. Solo faccia in modo, in quanto le sarà possibile, che nessuno possa capire di chi si parla.
- Lo ha scritto lei?
- Certo.
- Potranno riconoscere il suo stile.
- E allora faccia in modo che anche questo non sia riconoscibile.
- E in che modo?
- Lo riscriva lei. Forse le domando troppo. Ma sarà un'opera di bene. Me lo promette? Ho tanta fiducia in lei.
Sul mio volto c'era tuttavia un'esitazione strana.
- Le assicuro che non c'è nulla di compromettente. È da anni che ho pensato di far questo. E più ci pensavo, più mi sentivo serena. Non mi dica di no. Lei, fin da questa sera, se crede, potrà leggere. Le ripeto: nulla di compromettente, per nessuno. Sono cose viste nella luce di Dio, dopo di essere passata per esperienze ed espiazioni che non auguro a nessuna mamma. Sono cose che mi hanno accorciata la vita. Non vorrei che a tante mamme capitasse altrettanto.
- Quand'é così, farò del mio meglio.
- La ringrazio.
Una toccatina al campanello chiama tutti dentro, meno i due bambini che la mamma aveva intanto messi a letto. I due ultimi sacramenti vengono amministrati in un clima perfetto di serenità e di pace, e debbo farmi violenza continua per non tradire il rigurgito di commozione che ho dentro. Erano quasi le venti. Un istintivo sguardo all'orologio fece capire alla inferma il mio desiderio di andar via.
- Vada pure, padre. Io non ho parole come ringraziarla. Non voglio trattenerla più a lungo. Mi pare di essere in pace con Dio.
- Perché dubitarne? Ora le do ancora la mia benedizione - le dissi alzandomi - e con questa le auguro la buona notte. Se domani mattina avrà bisogno di me, non abbia difficoltà a chiamarmi.
- Domani mattina? Riuscirò a vederla?
Così dicendo prese le mie mani, le tenne per qualche istante nelle sue, calde di febbre, fissandomi con una gratitudine senza parole, poi le baciò e mi lasciò partire con un espressivo cenno di addio. Appena varcata la soglia del portone di casa, dove era la fermata del tranvai, mi misi ad attenderlo, mentre ringraziavo il Signore di avermi fatto suo sacerdote, mediatore tra lui e le anime. Di lontano era già apparso il tranvai, quando la portinaia corse a dirmi:
- Reverendo, quei signori di sopra la chiamano d'urgenza, la pregano di risalire. Appena fui nel corridoio dell'appartamento, mi accorsi che tutto doveva essere cambiato. L'inferma gridava con la forza di un'ossessa. In una camera accanto i bambini, svegliati, strillavano terrorizzati. La mamma, che si affaticava a calmarli, piangeva anche lei che pareva inconsolabile. La suora e il genero dell'inferma facevano sforzi inauditi per tener costei sul letto, sul quale si dibatteva e diceva di voler lasciare, perché bruciava in modo orrendo. La mia vista invece di rabbonirla, la rese ancor più furiosa. Quegli occhi che poco prima erano stati così buoni e sereni mi fissavano ora con una specie di odio inesplicabile.
- Eccolo li, mi ha parlato di misericordia. Bugiardo! Mi ha detto che non dovevo pensare più al mio passato. E ora non vede che il mio passato mi viene incontro. Essi sono lì, mi fissano uno per uno. Mi guardano con odio. Nessuno di voi li vede. Ma io li vedo. Li vedo io quei volti, quegli occhi, quegli sguardi freddi, duri come sempre.
- Si calmi, signora. Lei ha fatto di tutto per guadagnarsi la misericordia del buon Dio. Stia tranquilla. Creda alla mia parola di sacerdote. Su, un atto solo di confidenza e si abbandoni a Lui.
Così dicendo, aspersi il letto e vari punti della camera con acqua benedetta e feci per sedermi accanto alla povera inferma.
- Ma che cosa ha fatto, lei? Ha creduto che si trattasse di diavoli, forse? Ma essi non sono diavoli. La sua acqua non fà nessuna paura a loro. Essi rimangono lì, fermi, beffardi, severi, come sempre.
- Le allucinazioni d'una volta, disse al mio orecchio suo genero; ma l'inferma l'intese.
- Allucinato sei tu. Non sono allucinazioni queste. Non furono mai allucinazioni. Non avete mai voluto capirlo. Ah, povera me!
Seguì un collasso. Il polso sembrò arrestarsi. L'inferma rimase a lungo immobile, con gli occhi fissi sulla parete di fronte. Si sarebbe detta ebete e senza conoscenza, se gli occhi non fossero rimasti spalancati verso la direzione suddetta e vivi. Presi il rituale e mi misi a pregare. Avvenne quello che in nessun modo avrei potuto prevedere. Con uno scatto fulmineo mi strappò il piccolo libro di mano e lo buttò via.
- A che serve? Tutto é inutile. Non vede che non c'é più nulla da fare? Non capisce che sono già dannata?
E si voltò dall'altra parte. Ma subito si rivoltò di nuovo verso di me, come ributtata da una visione che dovette farle orrore. Mi fissò senza riconoscermi, a lungo. Poi mi parve che sulle labbra si disegnasse una smorfia di disprezzo, forse di derisione. Mi afferrò istintivamente un braccio, come un naufrago che cercasse qualche cosa per tenersi a galla, e rimase così, con espressione assente. Non sapevo che cosa pensare. Suo genero e la suora erano dall'altra sponda del letto, lui tenendo il polso della mano libera dell'inferma nella mano, la suora, col rosario tra le dita, pregava. Attento a spiare con gli occhi negli occhi, appena mi parve che nei suoi lampeggiasse un ritorno all'intelligenza, mi piegai verso di lei e le suggerii: «Gesù mio, misericordia». Parve capire. L'occhio dapprima vagò incerto e sperduto per il soffitto, come se inseguisse, non so, il filo di un ricordo, poi, con una specie di riflesso meccanico, senza intelligenza e senza sentimento, ripeté:«Gesù mio, misericordia». Questo m'incoraggiò a ripeterle la piissima giaculatoria, e lei ripeté dopo di me, come prima, senz'anima.
- Forse é il coma, disse a voce bassa il genero alla suora.
Questa mi allungò allora il crocifisso della corona e lo accostai alle labbra dell'inferma. Al tocco di quell'oggetto ebbe un impercettibile sussulto. Una mossa del capo mi fece pensare che reagisse come per un rifiuto, e ne tremai.
- È Gesù che vuole salvarla, lo baci, e baciandolo io stesso le indicai come dovesse fare. A quel gesto l'ammalata spalancò gli occhi, protese le labbra verso la immagine sacra del Redentore come per baciarla con visibile trasporto. Ma immediatamente le sue labbra si contrassero di nuovo, senza che io potessi capire se volessero spiccare un bacio o un supremo gesto di disprezzo. E restò immobile. Al veder cadere suo genero in ginocchio, in un singulto di pianto, lasciando l'inutile polso e col capo affondato contro la sponda del letto, capii che l'inferma era morta. Quel che avvenne quando entrò sua moglie é più facile immaginarlo. Mi accorsi da quel pianto quanto l'amavano. Ma io pensavo ad altro.
- Mio Dio, che cosa sarà stato quell'ultimo gesto? Un bacio o un rifiuto? Questo interrogativo mi batté in mente col ritmo d'un pendolo durante tutto il tempo che impiegai per andare a casa, a piedi, perché la circolazione dei mezzi pubblici era cessata. La mattina dopo, al memento dei defunti, sentii come una voce che mi giungesse improvvisa, non all'orecchio, ma all'intimo dell'anima tuttora impressionata e commossa. «Modicæ fidei, quare dubitasti»? Fu come la rivelazione di un polo magnetico, ed orientandomi verso di quello, provai una pace e una serenità inattesa. Mi sembrò il segno di una certezza a cui sarebbe stato temerario rinunciare. Di lì a qualche giorno, con la busta misteriosa tra le mani: «L'apro, non l'apro»? Poi riflettei. È una volontà che devo far conoscere soltanto tra dieci anni. Che cosa vale aprire adesso? Così dicendo, feci per cacciarla in fondo a un cassetto. «E se morissi prima»? A questo pensiero, presi un'altra busta più grande e scrissi sopra: «C'è qui l'ultima volontà di una persona che ho assistita in punto di morte. Essa vuole che sia resa nota allo scadere di dieci anni dopo il suo trapasso. Si apra e si faccia conoscere nel dicembre 1955. Prego eseguire con scrupolosa fedeltà e di tacere il nome del depositario».
l Dicembre 1955
Ecco ad eseguire io stesso il mandato di quella povera donna. Questa mattina, prima di procedere all'apertura della busta, ho voluto celebrare la santa Messa per lei. «Modicæ fidei, quare dubitasti»? Mi é ritornato ancora una volta in mente e ne ho provato pace e serenità come allora. Taglio la busta e ne cavo fuori dodici fogli scritti a mano. Una scrittura fine, densa, ordinatissima, vergata da una mano che rivela un perfetto dominio di sé. Quei fogli devono essere stati scritti tutti di seguito, si direbbe d'un fiato, perché solo verso la fine si avvertono sintomi lievissimi di stanchezza. C'é l'andatura d'una mano coraggiosa e risoluta che sa di lacerare un velario dietro il quale ci sono cose che le preme di far conoscere. «Non vorrei che a tante mamme capitasse altrettanto». Al posto della località, alcuni puntini sospensivi. La data è quella del gennaio 1945. La lettera é intestata: «Per tutte le mamme». Al posto della firma: «Una mamma». Ecco il testo della lettera, giacché ho visto che così devo chiamarla. L'ho subito trascritta a macchina per distruggerne l'originale: particolare, anche questo; che mi era stato raccomandato. Inoltre, ho avuto cura di alterare parecchie circostanze secondarie allo scopo di disperdere ogni traccia dell'ignota protagonista.
l Anno 1914: due famiglie amiche, ma profondamente diverse
Il 1914, poche settimane prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, mi sposai con un tale che conoscevo fin da piccola. Le nostre famiglie abitavano nel medesimo palazzo ed erano legate da vecchi rapporti di amicizia. Quando noi ragazzi divenimmo più grandi, passavamo insieme anche le vacanze, ora alla spiaggia, ora in montagna. Con l'età mi accorsi che la sola differenza tra le due famiglie consisteva in ciò: che quella era molto religiosa, mentre la nostra lo era molto poco. Ma questo non gettò mai un'ombra sulla cordialità delle nostre relazioni, dato il rispetto reciproco che ci eravamo imposti e che ci univa in ogni cosa. Ricordo che in un compleanno di papà, capitato di venerdì, mamma fece servire a tutti di magro, perché a cena avevamo invitato persone della famiglia amica. Ho voluto subito notare questa differenza, perché essa avrebbe purtroppo improntato anche la vita dei figli delle due nidiate; noi eravamo tre, quelli otto. Chi fosse entrato nei nostri salotti, con un po' di attenzione avrebbe potuto riconoscerci dai quadri che si vedevano alle pareti e dai giornali e settimanali o riviste mensili sciorinate dappertutto. Di là tutti o quasi tutti religiosi: io dicevo maliziosamente «da bigotti»; i nostri tutti mondani.
l Com'è nato l'amore per il mio futuro marito
Una sera d'agosto che eravamo in montagna, io mi sentii improvvisamente male, con certi dolori all'addome che mi parve di morire. C'era tra l'altro un sudore freddo che mise tutti in allarme. Fuori faceva già buio e per di più si andava addensando un temporalone da far prevedere una nottataccia da lupi. Il medico più vicino era cinque chilometri distante. Tra lui e noi niente telefono, niente mezzi di comunicazione. Ma appena i miei si decisero a farlo chiamare, chi si offrì ad andarvi e non permise che altri lo facesse in vece sua fu colui che doveva essere mio marito. Era uscito da pochi minuti che il temporale si rovesciò con una violenza inaudita. Ho ancora negli occhi i lampi di quella sera e negli orecchi lo scoppio di certi tuoni che pareva volessero scardinare il mondo. Mi ricordo che in quell'occasione la signora della famiglia amica intonò il rosario e tutti pregarono insieme come non avevano mal fatto, né vidi mai più fare. Il mio stato si faceva sempre più grave. A questo si aggiungeva l'incertezza se il medico si sarebbe trovato in casa e disposto a venire nonostante quel tempaccio. Passarono una, due, tre ore, nessuno si vedeva giungere. Vi fu un momento in cui mi parve di essere alla fine, quando papà, che era stato quasi tutto il tempo a spiare da una finestra, disse di aver inteso un fischio lontano e nell'oscurità aveva veduto le segnalazioni di una lampadina rispondere alla sua. Quando giunse il medico io perdevo già la conoscenza e non potei rendermi conto né di ciò che disse, né di ciò che mi fece. So solamente che verso l'alba mi risvegliai, i dolori erano scomparsi e il dottore mi sorrideva tutto paterno: «Coraggio, tutto é passato, domani potrà riprendere le sue passeggiatine, è contenta»? Alle mie parole di ringraziamento, egli rispose subito: «È piuttosto lui che deve ringraziare, non me. Ecco chi l'ha salvata. Se fosse giunto solo un po' più tardi...»! E dietro il dottore vidi il giovane amico di famiglia con gli occhi raggianti di commozione. Vederlo e protendergli istintivamente le braccia per attirarlo a me come un fratello e baciarlo fu tutt'uno. Fu quello il primo anello di un amore che forse era già in incubazione; ma quell'episodio lo fece improvvisamente sbocciare per portarci fino alla nostra unione.
l Una figlia e poi... basta!
Durante circa due anni la nostra vita insieme fu inondata di felicità. Questa toccò il colmo quando una bambina venne a mettersi tra noi. Ma fu una felicità che per poco non mi costò la vita, tante furono le difficoltà e gli strazi che mi toccò soffrire in quel parto. Se mia figlia restò viva fu un miracolo. Subito dopo quell'evento, mio marito fu mobilitato; ma dato l'incarico affidatogli, potemmo, per tutta la durata di quella guerra, rivederci almeno ogni due mesi, talvolta anche più spesso. Un giorno che io e mio marito uscimmo a parlare esplicitamente, di figliolanza: «Nessun limite alla Provvidenza, cara». E io disse con la fermezza che soleva mettere in tutte le sue cose. Capii subito che contrariarlo avrebbe aperto tra noi uno screzio che poteva diventare un abisso, e preferii tacere. Ma dentro me stessa si accese una rivolta che nessuno avrebbe domato. «Una chioccia continuamente in cova, ah, questo poi no»! Attraverso i discorsi di un'amica, che aveva preso a frequentarmi fin dal nostro matrimonio, anche perché coinquilina, lei al piano di sopra, noi al primo; dalle letture che costei mi forniva a getto continuo e più ancora per il ricordo di ciò che avevo patito nel dare alla luce la mia prima creatura, andavo concependo un orrore indicibile verso nuove maternità. Devo, in più, confessare, non senza mio vivo rammarico, che in questo aborrimento entrò molto la mondanità a cui mi andavo abbandonando, e con questa una passione strana per la linea, che avrei preferito morire pur di non vederla sconciare, per ricorrere a un'espressione della mia amica fedele. Dio mi perdoni, tra i tanti miei peccati trascorsi, le ore che ho passato da sola, in stupida auto ammirazione, davanti alla grande specchiera della nostra camera da letto.
- Perché leggi questa roba?, mi chiese un giorno mio marito, dando un'occhiata alle stampe suddette.
- Non ti piace?
Stette un momento senza rispondere, poi disse, a bruciapelo:
- Lo sai che cosa dice un proverbio?
- Che cosa dice?
- Dimmi che cosa leggi e ti dirò chi sei.
- Davvero?
E tutto finì, così, ma da quel giorno mio marito non trovò più nel nostro salotto quei pretesti per pensar male. Ritornai educanda, leggevo di nascosto. Vista la decisione di mio marito riguardo al problema dei figli, me ne confidai con l'amica di tutti i giorni, piangendone con un esasperato dispetto.
- Sei sciocca se l'ascolti.
- Ma come potrei fare?
- Sei ancora così ingenua? E da quel giorno divenne una maestra raffinata di pratiche anticoncezionali, che io mi misi a seguire con una docilità che essa diceva ammirabile.
l Il primo aborto
Ma con tutte le precauzioni, dopo due anni, o poco più, da quella prima maternità, ecco annunciarsene una seconda, che capitò durante due mesi di licenza di convalescenza toccata a mio marito in seguito a una febbre tifoidea, che per poco non lo ammazzava. All'annuncio che ne diedi all'amica: «Prudenza - mi disse -Aspetta che parta tuo marito». E aspettai. Anzi, non vedevo l'ora che partisse, tanto il mio egoismo mi rendeva a poco a poco disamorata. Vedo ancora oggi la felicità che lo invase, nel salutarmi, al pensiero che una nuova creatura sarebbe venuta presto ad accrescere la nostra famiglia. «Te la raccomando tanto, amore mio. È il mio più geloso deposito. Addio, cara»! Ma appena partito, si cominciò a concertare con la mia amica come disfarmi dì quel caro deposito. «Prudenza e pazienza», ripeteva lei. Ma io che non avevo questa pazienza, facevo temere di non avere più nemmeno la prudenza, tanto fui presa dalla smania di far presto. Chi mi venne incontro fu la sorte. Una sera, mentre eravamo insieme, accadde sotto le nostre finestre una sparatoria. Tutto il vicinato ne fu sottosopra. Io dovetti sbiancare di spavento e mi buttai sul letto. «Questo é il momento buono», disse lei. Non dirò a che cosa ricorremmo per liberarmi. In meno d'una settimana ero a posto. La lettera che mio marito mi scrisse, quando gli narrai il fatto, mi fece piangere di commozione e di rimorso. Gli avevo saputo dimostrare un tale dolore, che quasi tutto il suo scritto era per consolarmi. La mia amica ne rise di perfidia. Ma davanti a quella lettera io mi sentii sinceramente mostruosa e detestabile. All'incontro di alcuni giorni dopo, mio marito fu con me di un'affettuosità nuova. «Stai tranquilla, cara. È stata una disgrazia. Ma tu sei sana e il Signore non mancherà di consolarci».
l Il secondo aborto
Otto mesi dopo quell'aborto, ecco i sintomi evidenti della terza maternità. La mia amica disse di far presto: «Più presto te ne sbrighi, meglio è». Ma io ebbi dei tentennamenti strani. Mi dibattevo tra l'amore per mio marito e l'orrore per l'ingombro che sentivo crescermi dentro e di cui avrei voluto liberarmi. Tergiversai per varie settimane. Le settimane divennero due, o tre mesi, per quanto ricordo. Ma una mattina corsi senz'altro dalla mia amica per consultarmi sul da farsi.
- Con una cosa portata così avanti, mica si scherza, oh!
Stetti a guardarla disfatta.
- Qui ci vuole una molto pratica. Conosco un'infermiera abilissima che si presta a questi servizi. Ma prende un accidente di paga, da far paura.
- Quanto prende?
- Dalle mille alle due mila lire. Qualche volta anche tre. Ha una fifa del diavolo di compromettersi, e per uscirne, dice, ci vuol danaro a palate.
- Mi garantisci che ha una mano sicura?
- Oh, quanto a questo, la conosco bene. Puoi essere più che tranquilla.
- Ti darò la risposta domani mattina, al più tardi.
Andai via indecisa. Ma appena fui in camera, mi aggrappai al telefono:
- Aspetto senz'altro domani mattina. L'infermiera fu puntualissima. Nuovi momenti di esitazione prima di sottopormi alle sue «cure».
- Signorina, dovrebbe suggerirmi un pretesto per giustificarmi dinanzi a mio marito.
- Ma come? Non siete già d'accordo?
- Tutt'altro.
- Ah, è così? E se lo trovi lei questo pretesto. Io non vorrei capitare in un guaio. E fece per andarsene.
- Mi abbandona? Capii che era una manovra per spillarmi tremila lire. A quei tempi! Dovetti ricorrere a un mondo di bugie per averle in giornata. Allo scopo di evitare ogni traccia che la potesse compromettere, mi invitò a casa sua da sola. Vi andai. Al ritorno mi prese un singhiozzo lungo, mai provato, che mi sconvolse tutta. Verso la mezzanotte mi sentii male ed ebbi appena le forze per portarmi al telefono. «Se ci fosse qualche novità notevole, mi dia un saluto per telefono», mi aveva detto, con una specie d'indifferenza da lasciarmi tranquilla. Ma per quanto l'apparecchio squillasse, nessuno rispose. Seppi il giorno appresso che difatti era stata chiamata altrove. Fui presa da uno spavento indicibile. Avrei voluto avere vicina la solita amica, ma proprio quella mattina si era allontanata dalla città dove sarebbe ritornata dopo qualche giorno. Sconvolta sempre più dal singhiozzo e dai dolori, mi decisi a chiamare un cugino di mio marito, che da poco aveva aperto uno studio di ginecologia. M'interrogò, insistette, volle sapere l'origine di quel singhiozzo. Ma io mi irrigidii nel rispondere che non sapevo nulla, che tutto era avvenuto da sé. Il dottore mi guardò con un'espressione scettica che mi fece amaramente pentire di essermi rivolta proprio a lui. Di li a poche ore dovette assistere al mio secondo aborto con l'aiuto di una infermiera, che era tutto un fagottone di carne e di panni, chiamata dalla clinica dove il dottore soleva operare. Me la cavai meno peggio di quanto non avessi temuto. Quello che mi agghiacciò e mi tenne per qualche giorno come sotto la spada di Damocle, fu ciò che mi disse all'orecchio l'infermiera nell'andarsene, dopo l'ultima di tre visite che mi fece, per mettermi a posto. «Un'altra volta, prima di fare una simile sciocchezza, ci pensi». Protestai, usando anche qualche parola offensiva. Ma quella, che doveva essere un praticona del diavolo: «Ho parlato per il suo bene, signora. Si ricordi che ci si può rimettere la vita, come ce l'ha fatta rimettere alla sua creatura. E poi c'é anche la galera». E andò via.
l Altri cinque aborti
Due giorni dopo, mio marito era a casa in breve permesso. Lo vidi disfatto. Suo cugino, che lo aveva immediatamente avvertito della cosa, fu con me un galantuomo impareggiabile. Pensai che il segreto professionale gli aveva tappato la bocca come a un confessore. Ero in angoscia per l'infermiera, «quella dannata», dicevo tra me. Ma mi misi in pace quando venni a sapere che era una suora, ed io non me n'ero accorta. «Se é una monaca, pensai, non vorrà far scoppiare un incendio tra me e mio marito». Dopo questo nuovo episodio, dovetti per volontà di mio marito lasciarmi visitare da due o tre ginecologi di gran nome e tutti mi trovarono sanissima. Ma nessuno può nulla contro una volontà ostinata e sostenuta da una scaltrezza che dispone di sempre nuove risorse. Qui mi astengo dal fare la storia di ben altri cinque aborti dei quali mi resi colpevole negli anni successivi. Storia che oltremodo mi ripugna e che oltre tutto sarebbe scandalosa, ma nella quale é quasi inesplicabile come fossi aiutata dalla sorte.
l Il sospetto di mio marito
Fino al penultimo, mio marito non sospettò mai di nulla, tanto seppi fingere di volta in volta il mio dolore. Al sesto, dopo qualche giorno, mentre tornavamo dalla clinica, uscì a dirmi:
- Guai se dovessi esser certo che tu ci hai la più piccola colpa!
- Che cosa faresti?
- Non lo so. Potrei divenire l'assassino di mia moglie, come essa lo é dei miei figli.
- Osi pensarlo?
Egli non rispose parola. Per tutta la mia vita non credo di essere stata mai più abile attrice. Una crisi di pianto, improvviso e disperato, strappò subito a mio marito la ritrattazione di ciò che aveva detto. L'ultimo aborto avvenne in circostanze che ne feci quasi riversare su di lui tutta la colpa. Era al volante d'una macchina allora acquistata e volle che io e mia figlia l'accompagnassimo, in un giretto d'inaugurazione. A una svolta ci fu uno scontro fortunatamente meno grave di quel che poteva essere. I soli danni: qualche graffiatura ai parafanghi e una grossa paura. Fu l'occasione perché di lì a qualche giorno uccidessi la mia settima creatura.
l Mi difendevo dal rimorso
Dopo qualche settimana, mio marito, in seguito a un'infame denuncia al fascio locale, fu preso, interrogato e in quattro e quattr'otto spedito al confino. Restai sola con mia figlia, ormai signorina di liceo, che frequentava presso un istituto di suore, e insieme con noi era una vecchia domestica che mio marito aveva come ereditata dai suoi e teneva in casa per carità, perché in seguito a un errore giovanile, non era più ritornata in famiglia, laggiù nel mezzogiorno. Un pomeriggio, nell'andare a prendere mia figlia, mi venne offerto dalla portinaia l'invito ad una conferenza «tutta riservata per signore», e che si sarebbe tenuta in una sala dell'istituto stesso. Vi andai. La conferenziera la conoscevo di nome. Il tema era sul problema della figliolanza. Fin da principio assunsi un'aria da indifferentona perfetta, come se la cosa non mi riguardasse affatto. Si andava verso la fine, quando la conferenziera, enumerando le responsabilità incalcolabili di certe madri, prese a insistere sulla sorte delle anime di tanti bambini non fatti nascere e soppressi nel seno stesso che li ha concepiti. La sorte delle loro anime?... Francamente, io non mi ero mai posto un tale problema, tanto ero rimasta nella persuasione che non fosse nemmeno il caso di parlare di anime, soprattutto in aborti di due o al più di tre mesi, quali erano i miei. Accolsi quella parte della conferenza come una fandonia, come un diversivo oratorio di poco buon gusto e, oltretutto, antiscientifico.
- Non le pare che queste ultime cose che ha detto siano una vera sciocchezza?, chiesi a una signora che mi sedeva al fianco.
- Così la penserà lei; per me no, rispose quella con una sicurezza che mi sembrò scrutatrice e tagliente.
- Strano, dissi per uscirmene.
- Nulla di strano. Del resto, anche se la cosa fosse solamente dubbia, mettiamo, vorrebbe lei per questo mettersi nel rischio di strappare un'anima al suo destino eterno?
«Sono, capitata male - dissi tra me - e ho fatto malissimo a parlare».
Tornai a casa, cercando di persuadermi che ero stata ad ascoltare delle stupidaggini. Come si può parlare di anima in un piccolo grumo di mucillaggine che appena appena si avvia a prendere sembianze umane? E Intanto mi ritornavano in mente i paroloni con cui la conferenziera era andata descrivendo l'eccidio che avverrebbe di tante migliaia e migliaia di creature umane.
l Ricominciai a pregare
Quella sera cenai male. Lessi le cose più sciocche e distraenti, e nell'andare a letto volli prendere un sonnifero che mi fece dormire fino a tarda mattinata. Col buon sonno anche le strane impressioni della sera precedente erano svanite. Nei giorni successivi ne parlai con più di un'amica e anche con un dottore: li trovai tutti con me. Di mio marito non sapevo che cosa pensare. Ancora nessuna notizia precisa. Non so quante vie tentai di potergli scrivere e inviare qualche pacco di viveri, d'indumenti, di libri; ma tutto fu inutile. Un giorno la vecchia domestica, che secondo una scherzosa espressione di mio marito, «faceva la monaca di casa», tanto si era dedicata alla vita devota, uscì a dirmi che lo raccomandassi a Santa Rita, la Santa degli impossibili. Una sera, infatti, prima di mettermi a letto, cominciai la mia preghiera alla Santa, servendomi di un libretto di pietà messo fuori uso da mia figlia. Dopo quella preghiera, mi parve di essere più serena, più fiduciosa. Sentivo che ciò che non potevo fare io per il mio povero confinato, poteva ottenerlo la Santa a cui avevo cominciato a raccomandarlo. Era da parecchio che non pregavo. Avevo completamente lasciato la preghiera in seguito ad un forte rimprovero ricevuto da un confessore, dal quale a stento ero riuscita a strappare l'assoluzione per potermi comunicare con mio marito e mia figlia il giorno che costei fece la prima Comunione. Il mio cuore sembrava aprirsi alla speranza che Santa Rita mi avrebbe ascoltata. La domestica mi aveva detto, con la sicurezza di un teologo: «Lei preghi: se non le farà proprio questa grazia, gliene manderà un'altra più grossa. I Santi non si pregano mai inutilmente; ma delle preghiere fanno essi quello che vogliono; lasciamo fare a loro, che sanno meglio di noi». Una dottrina che sul momento non capii bene, e alla quale non seppi che cosa obiettare.
l Voci nella notte
Dormivo forse da due ore, quando fui svegliata da una voce strana: «Mamma»! Mia figlia quella notte era andata a dormire dalla zia. E poi, quella non era la voce di mia figlia. Accesi la luce, balzai a sedere sul letto e stetti in ascolto. Pensai provenisse dall'appartamento degl'inquilini di fronte. Ma scartai subito quell'ipotesi. La voce io l'avevo intesa distinta, vicinissima, nella mia camera, al mio fianco, sono per dire al mio orecchio, addirittura dentro di me. Che l'avessi udita realmente non avevo neppure il più piccolo dubbio. L'avrei giurato su ciò che mi é di più caro. In più, osservai che non era una voce sola, ma parecchie insieme, fuse così bene da sembrare una sola. In camera ora non udivo che il battito del mio cuore in subbuglio. Ebbi la percezione strana, ma chiara, che si trattasse di un fatto misterioso. Non sapevo spiegarmi perché il pensiero andasse spontaneo alle parole della donna di casa: «Se non le farà proprio questa grazia, gliene manderà un'altra più grossa». Perché fissarmi solo su quelle parole? Stetti non so quanto tempo così, in ascolto, come sospesa sul vuoto, senza avere altri pensieri, senza esser capace di pensare e distrarmi con altro. Infine, mi venne da riflettere che si trattasse semplicemente di un incubo al quale stavo dando tanta importanza. Spensi risolutamente la luce e mi rimisi sdraiata. Ma sentivo che non avrei dormito. Non passò un quarto d'ora e di nuovo la voce di prima, meglio, le voci di prima, fuse in una sola, chiamarono: «Mamma...»! Adesso ero sveglia e potei accertarmi che quelle voci provenivano proprio di li, dalla mia stanza, a non più che uno o due passi da me. Erano voci ovattate, soffocate, di un tono misteriosamente triste. Questa volta né accesi la luce, né mi alzai a sedere sul letto. Ero come paralizzata. «Ma è un sogno questo o una cosa vera»?, ripetei tra me. E così dicendo, mi misi a toccarmi le mani, a contarmi le dita, ad aprire e chiudere i bottoni della camicia da notte all'altezza del petto, a contare le stecche delle persiane attraverso le quali filtrava la luce del globo che era sulla strada. Poi non pensai più a nulla. Mi occupai solo a seguire i battiti del cuore, che non riuscivo a dominare; a distrarmi, ma senza poterci riuscire. Allo scadere di un altro quarto d'ora, quell'unisono di voci si fece udire distinto, più insistente e più accorato di prima. Ora vinsi la paura che mi stava riprendendo con una specie di gesto furibondo. Ma possibile che non debba sapere che cosa é questo! Accesi la luce, mi buttai dal letto e corsi a svegliare la domestica. In realtà, cercavo un rifugio dalla paura.
- Non hai inteso nulla, tu?
- Che cosa dovevo udire?
- Ma come, dei rumori, una voce, delle voci che chiamano.
- Ma no, io non ho inteso nulla; mi lasci dormire.
- Ma se io le ho intese!
- Saranno gli spiriti, disse lei, tanto per buttar lì una risposta stupida e farsi lasciare in pace.
Difatti, si voltò dall'altra parte, rimettendosi a dormire. Ma fu appunto quella stupidissima risposta che mi tolse ogni speranza e possibilità di riposare. Passai nel salottino, accesi tutti i tre ordini del lampadario e mi misi a sfogliare nervosamente, disordinatamente un settimanale e una rivista dopo l'altra, senza mai leggere nulla. Stetti così fino al mattino, quando mi distesi sul divano e fui presa da un sonno di sfinimento. Mi svegliai quando la domestica, di ritorno dalla spesa, aveva suonato il campanello, perché sbadatamente aveva dimenticato di portare con sé la chiave di casa.
- Madonna santa, che faccia! Che cosa ha avuto questa notte? Non ha dormito lei e non ha fatto dormire me.
- Stai zitta, sbrigati e non fare domande stupide!
Lei andò a sfaccendare in cucina, ma la udii brontolare: «Saranno stati veramente gli spiriti», e concluse con una risatina che mi tolse via ogni senso di sopportazione. Con un salto fui da lei:
- Lucia, ti ho detto di non far la stupida. Se dici ancora mezza parola non so come andrà a finire questa mattina. Hai capito?
- Ho capito che ha i nervi e non fiaterò più.
Passai la giornata con visite a catena. Ce ne fu anche una in chiesa. Vi andai, non saprei dire io stessa il perché. Ma quando mi trovai davanti al quadro di Santa Rita, tirai dritto.
l Un'altra notte da incubo
Quella sera andai a letto molto tardi. Era quasi il tocco, essendomi trattenuta con la solita amica, senza però dirle parola di ciò che mi era capitato durante la notte passata. Sarei divenuta subito la favola dello stabile e del vicinato. Mi buttai a letto con una gran voglia di dormire. Avevo allora caricato la sveglia e mi ero messa giù, quando le voci misteriose si fecero udire di nuovo, non una, ma due, tre volte:
- Mamma!... Mamma!... Mamma!
Un pensiero spaventoso mi attraversa la mente. Forse è un segno di alienazione mentale. Sarà bene che ne parli a uno psichiatra. Ma mentre mi raccoglievo su questo sospetto, mi scappò detto:
- Ma chi é che mi chiama così?
- Siamo noi, mamma.
- E chi siete, voi?
- I figli che non hai fatto nascere.
Se non diedi un urlo di spavento, fu perché non ne ebbi né la forza né il tempo:
- Guarda, siamo qui, vicino a te, tutti e sette.
E che cosa vidi? Sulla parete di fronte, tra la specchiera e la finestra, sette macchie di luci, informi, molto distinte, semoventi. Si movevano non scivolando sulla parete, ma tra la parete e me, cambiando consistenza, quasi di continuo. Sentii che ero gelata. Il pensiero di esser folle mi attraversò di nuovo la mente, e avrei preferito mille volte esser pazza, anziché persuadermi che quella era una realtà. Piuttosto esser pazza, andavo ripetendo tra me.
- No, mamma, é tutto vero quello che vedi. Tu non sei folle. Sei soltanto colpevole di averci uccisi nel tuo seno.
Credetti di morire. Osservai che quelle macchie di luci, parlando, assumevano ciascuna una sua fisionomia, graziosissima, ma di una tristezza e di una severità che nessuna mamma vedrà mai sul volto dei proprî bambini.
- Siamo una realtà, non ombre soltanto, mamma. Se vuoi, te ne diano un segno. Pochi minuti fa il povero babbo é morto, ma non é con noi.
Detto questo, disparvero, dopo avermi ben fissata con quell'espressione crucciosa. Non so quanto tempo rimasi col fiato sospeso, in un'immobilità statuaria, senza sentimento, dominata solo da un terrore indescrivibile.
l In cerca di luce
Mi scossi quando giunse all'orecchio il suono della campanella delle suore dell'adorazione perpetua. Era il segno della Messa delle cinque. Saltai giù dal letto, mi vestii alla meglio, non ricordo nemmeno se mi pettinai bene, e in pochi minuti mi trovai, con cinque o sei donnette, tra i banchi della cappella semibuia e fredda da tremare. A un bisbiglio laterale, mi accorsi che il cappellano era nel confessionale. Appena lo vidi libero, senza nemmeno pensare a quel che facevo, fui alla grata, per raccontargli ciò che mi era capitato di udire e di vedere.
- Mi dica soltanto se é vero che esistono gli spiriti, reverendo, e se noi possiamo vederli e udirli parlare, chiesi, così, in modo sbrigativo.
- Nessun dubbio che esistono, figliola.
- Esistono, dice?
- Quanto poi a vederli, per sé, anche questo è possibile, se il Signore, per i Suoi fini misteriosi, credesse di permetterlo. Ma in queste cose bisogna accertarsi bene che non si tratti di giochi della fantasia o di trucchi.
- Quali trucchi?
- Ha assistito a qualche seduta spiritica?
- Nessuna seduta spiritica.
- E allora stia attenta all'immaginazione. È capace di tutto, anche di dar corpo e voce alle ombre. È quello che io temo per lei. La sento troppo agitata, troppo sconvolta. Lei mi ha fatto un racconto così arruffato...
- Allora sono una pazza?
- Io non sono autorizzato a dirle questo. Posso però consigliarle di farsi visitare da qualche buon medico. Qui ci vorrebbe uno psichiatra.
- Ad esempio?
Fece un nome celebre.
- Intanto, perché non cerca di confessarsi, di mettersi in grazia di Dio?
- Ora mi é impossibile, reverendo, non sono proprio disposta, e lasciai la grata per uscire quasi di corsa dalla chiesetta.
l In giro per la città con l'angoscia nel cuore
Fuori ancora non era giorno. Dovetti girare come una donna che batte il marciapiede. Qualche raro viandante si voltava a guardarmi con occhio sospettoso. Si vedeva che camminavo stanca e senza mèta. Giunta ad un angolo, un metropolitano mi chiese risolutamente di chi andassi in cerca.
- Mi indichi un bar.
- Qui sulla destra, a pochi passi ce n'è uno.
Presi quella direzione. Il barman aveva appena aperto.
- Un cappuccino.
- La macchina ancora non é pronta, favorisca accomodarsi qualche minuto.
Andai a cacciarmi in un angolo che mi parve abbastanza nascosto. Ma questo dovette servire ad attirare di più l'attenzione su di me, quando subito dopo cominciarono a entrare gli avventori.
- Donne che lavorano di notte, udii borbottare tra il barista e un uomo alto, calvo, con una faccia da burlone nato e intraprendente. Li avrei immediatamente schiaffeggiati tutti e due. Non vedevo l'ora che l'uomo alto se ne andasse via. Egli, invece, dopo aver sorbito un caffè, se ne venne dritto dritto verso di me, con la voglia evidente di attaccare a parlare.
- Permette, signorina?
- Per sua norma, sono una signora e non permetto nulla.
- Potrei esserle utile in qualche cosa...
- In quella di andarsene e di lasciarmi in pace.
- Lei dev'essere molto stanca: qualche grosso dispiacere o deve aver lavorato molto. Di qui non si sfugge.
Pur di liberarmi da un sospetto così maligno sul mio conto, risposi subito:
- Un grosso dispiacere: mio marito, dietro una falsa denuncia, è stato preso e spedito al confino.
A queste parole, quell'uomo divenne visibilmente serio e umano. Mi sedette di fronte:
- Quando é accaduto questo?
- Otto o dieci giorni.
- Saprebbe dirmi dove lo hanno mandato?
- A che servirebbe?
- Potrei esserle utile: so di contare su buone amicizie nel partito; mi favorisca il nome di suo marito.
Glielo diedi, ma con ostentato scetticismo.
- Lui? Ma lo conosco! Abbiamo lavorato insieme per circa tre anni!
I particolari che diede erano esattissimi.
- Sono spiacentissimo di ciò che le capita, signora. Ma spero di poter fare qualche cosa per lei. Forse oggi stesso potrei farle sapere qualche cosa. Mi favorisca il suo indirizzo. Preferisce che le scriva oppure che venga di persona?
- Si regoli come crede, purché mi faccia sapere qualche cosa, e gli diedi senz'altro il mio indirizzo. Avutolo, immediatamente se ne andò.
l La conferma: mio marito era morto
Quella sera stessa, mentre mi trattenevo a rivedere certe carte di mio marito, udii squillare all'uscio. Era l'uomo visto quella mattina al bar. Egli mi guardò con l'aria di chi non ha buone cose da dire.
- Su, mi dia subito questa cattiva notizia.
Strabiliò di stupore:
- Come ha fatto a saperlo! Glielo hanno già comunicato? Ma come ha fatto?
- Ancora nessuna comunicazione, signore, e lo invitai a sedere.
- E allora come ha fatto a capire che ho una cattiva notizia?
- Un presentimento.
- La notizia é giunta soltanto poco fa. Aveva un'angina suo marito?
- Si, un poco, da qualche anno.
- Un colpo di angina, signora.
- Quando, a che ora?
- Durante la notte scorsa.
Dovetti cadere non so come, fuori di me, fulminata da quella conferma e più ancora dallo sgomento per gli esseri misteriosi che mi avevano dato quell'annuncio, forse nell'ora precisa che mio marito moriva.
- Ho paura d'impazzire!
Fu la sola cosa che ebbi la forza di gridare, poi non mi accorsi più di nulla. Quando rinvenni, mi trovai a letto, svestita, con mia figlia che mi dormiva avvolta in una coperta a lato e al fianco una suora infermiera fatta venire d'urgenza quella notte stessa.
- Come si sente, signora?
Avevo la gola chiusa da qualcosa che m'impediva di parlare.
- Vuol prendere un cordiale? Provi. Si sentirà meglio.
Il mio silenzio dovette sembrarle un consenso. Ma appena inghiotti, rimisi subito tutto con una violenza da schiantarmi.
- Dimmi che hai, mamma?, fece mia figlia svegliandosi e stringendomi tra le braccia.
Mi accorsi che lei non sapeva ancora nulla della morte di suo padre e con un cenno imposi a tutti di non parlarne. Dopo essermi liberata dai conati di vomito, mi sentii meglio. Guardai l'orologio, erano le cinque.
- Non è stato nulla, figlia mia. Ieri ero un po' stanca. Solo un po' di svenimento, non aver paura. Più tardi mi alzerò. Mi sento già abbastanza bene. Tu intanto vai a dormire di là. Su, non dirmi di no. Qui c'è la suora con me.
Appena andò via e mi accorsi che si era chiusa nella sua cameretta:
- Mi dica, suora, da che ora lei è qui?
- Fui chiamata quasi subito dopo la sua crisi. Mi fu detto quello che le è accaduto e consigliai tutti di non dir nulla alla signorina. Perché è bene che glielo dica lei, povera, cara signora.
- Grazie, grazie proprio di cuore. Ma quelle voci che mi è parso di udire nel sonno? Mi chiamavano.
- Effetto della crisi, signora. Sua figlia certo non l'ha chiamata, perché è stata sempre tranquilla, dopo essersi addormentata.
Avrei giurato di aver udito, come nelle altre notti, quelle voci chiamare, distinte, vicinissime. Più tardi, quando la suora ebbe svegliato la domestica, chiese di andarsene.
- Non mi pare le occorra altro. Soltanto una gran forza dal Signore e per questo anch'io pregherò volentieri. Il colpo è stato forte, chi può negarlo? Ma io sono sicura che chi sta pregando per lei è proprio lui, suo marito. Mi hanno detto che era tanto buono. Si faccia coraggio. Il Signore non l'abbandonerà. Ascoltavo ora come un'ebete.
Al suo saluto di addio risposi con un cenno insignificante e distratto.l Il perdono di Dio
Verso le dieci ebbi la forza di alzarmi. Dopo un buon caffè mi sentii addirittura di poter uscire, nonostante le sgridate e le resistenze di mia figlia e della domestica. Dissi loro di non poter assolutamente farne a meno. Andai infatti dalle suore lì vicine e chiesi del cappellano. Gli raccontai tutto: le voci che avevo sentito nuovamente, ciò che avevo visto, che avevano detto e che si era avverato.
- E ora, prima di andare dal medico, sono qui da lei. Mi dica, per favore, che cosa devo pensare. Come devo regolarmi con questi fenomeni? Se devo andare senz'altro dal medico, lei capisce, mi prenderà per pazza e nessuno mi salverà dal finire in manicomio. O per lo meno mi tratterà da allucinata.
- Figliola, a dirle la verità, io stesso non so che cosa pensare. Forse un avviso di Dio. Forse un fenomeno di telepatia.
- Ma Dio ha mai permesso che esseri che sono al di là siano apparsi recando un messaggio a noi che siamo di qua?
- L'ha permesso, figliola. Mi pare di averglielo già detto. La cosa è ben possibile. Ma nel suo caso vorrei proprio che ci fosse l'occhio e l'aiuto di un medico. Quello che le indicai mi sembra fatto per lei. Intanto, perché non si rimette in pace con Dio mediante una buona confessione? Se c'è circostanza in cui lei dovrebbe sentirne il bisogno mi pare sia proprio questa. Procuri soprattutto di meritare l'aiuto del buon Dio.
- Mi avevano parlato così anche quando mi esortavano a pregare, mi scappò di dire.
- E questo che cosa vuol dire? Che sappiamo noi delle vie di Dio? Che cosa sa lei, se non si stia servendo di tutto questo per attirare a sé un'anima che ha bisogno della Sua misericordia?
- E a Dio che cosa può importare della salvezza della mia anima, se io gliene ho strappate sette? Come fà lei a provarmi la possibilità che io sia perdonata?
Quello che provocò nell'anima del sacerdote questo mio modo di parlare dovette essere molto strano e doloroso. Per me fu provvidenziale. Mentre poco prima lo avevo giudicato piuttosto freddo, di scarso sentimento e forse poco sensibile ai miei problemi, notai ora che la sua anima era ben diversa. Egli si trovò impegnato a dover difendere l'infinita e inesauribile bontà di Dio contro chi non ne aveva mai avuto un concetto esatto e si trovava sull’orlo della disperazione. Ci fu una specie di predica lunga abbastanza, ma che ascoltai volentieri e mi fece del bene, come ha continuato a farmelo sempre, specie in certe ore più dolorose, quando quell'orribile tentazione si rinnovava. In sostanza, egli finì per dirmi ciò che non avrei mai creduto.
- Metta su un piatto d'una bilancia tutte le sue colpe commesse in passato, e sull'altro questo solo peccato di disperazione in cui lei è tentata di cadere: Dio rimarrà più offeso da questo solo peccato, che va a ferire il Suo Cuore, che non da tutti gli altri.
Soggiogata da quel suo linguaggio così commosso e persuasivo, gli dissi che volentieri avrei fatto la mia confessione.
- Ma com'è possibile, però, rifare una storia così triste?
- Nulla, invece, di più facile, purché abbia soltanto buona volontà, e io sono qui ad aiutarla.
Dire che quel sacerdote mi cavasse di bocca tutto ciò che avrei dovuto dirgli, sarebbe poco. Di certi peccati egli mi aiutava a rivelargli anche le circostanze più dimenticate. Ebbi la sensazione di aver davanti un uomo ispirato dall'alto: abbandonandomi a lui con fiducia, provavo un sollievo intimo e nuovo. Ad ogni rivelazione era come un peso che mi si toglieva dall'animo. Alla fine mi sentii rinata, e piansi.
- Certo, il suo passato è stato molto triste, povera figliola. Ma vede come il Signore è stato buono con lei? Invece di stancarsi, l'ha attesa con pazienza infinita. Egli voleva fare di lei un trofeo della Sua misericordia, e il sentimento vivo di non meritarla è una riprova che la sua confessione è fatta bene. Glielo dichiaro con la mia autorità di sacerdote. Dio le ha perdonato tutto. Non pensi più al suo passato se non per ringraziare Dio e amarlo davvero. Cominci da oggi una vita nuova. Sarà probabilmente una vita di espiazione, ma sostenuta dalla grazia del Signore.
Ricordai in quei momenti ciò che più volte mi aveva ripetuto la suora portinaia dell'istituto dove accompagnavo mia figlia: «Si parla tanto male della confessione; ma chi è che parla così? Chi non la conosce. Lei non troverà mai uno che riceve spesso questo sacramento e che ne parli male, o cerchi scuse per starne lontano».
- E ora, che cosa mi consiglia, padre? Devo andare dal dottore o no?
- Si regoli come crede.
- Preferisco mi dica lei.
- Se quei fenomeni dovessero ripetersi, sarà bene, anzi necessario che ci vada, altrimenti non ne vedo la necessità.
- Posso dunque rimanere tranquilla sul mio passato?
- Deve rimanere tranquilla, e sappia questo: la prima e più bella riparazione che deve offrire al Cuore di nostro Signore è appunto quella di credere nella Sua misericordia e nel perdono che le ha accordato.
- Ma quelle povere anime?
Qui la sua voce si fece nuovamente autorevole e piena di forza.
- Quello che è stato è stato. Ora ubbidisca al ministro di Dio. Vada in pace e procuri di non commettere più peccati.
In tutta la mia vita non mi ero mai confessata come ora.
- È un'immensa grazia quella che il Signore le ha fatto, aveva detto il cappellano, e pur di metterla in condizione di riceverla, non mi meraviglierei se avesse permesso, in via eccezionale, di farle udire la voce dei suoi figli soppressi prima di nascere; ma posso sbagliarmi, e forse non è prudente forzare il mistero.
Quando mi trovai sola tra i banchi della chiesetta delle suore adoratrici, ripensai una per una le parole dette da quell'uomo di Dio, e le trovavo tanto vere e consolanti. E ricordai pure queste altre parole: «Le ho detto che il Signore le perdona tutto, non già che gliene risparmierà l'espiazione. E se questa verrà, si ricordi che è una grazia».l La riparazione
Passò circa un mese senza notevoli avvenimenti. Il cappellano delle suore divenne per me il mio confidente e il consigliere in tante cose. Avendogli chiesto un giorno che cosa avrei potuto offrire al Signore in cambio di quelle povere anime: «Faccia così - mi disse - in loro sostituzione procuri di adottare altrettanti bambini pagani da far battezzare col nome che avrebbe imposto alle sue creature». Questa idea mi entusiasmò. Così cominciai a inviare mensilmente ad un padre missionario tutti gli aiuti che potevo per far battezzare e mantenere in un orfanotrofio dei bambini. Ricordo che questa pratica la insegnai anche a mia figlia; così divenne essa pure madrina di un bel gruppo di bambini battezzati coi nomi designati da lei: i più avevano il nome di suo papà. Quando poi potemmo ricevere le fotografie di quei nostri figlioletti lontani, esse ebbero un posto d'onore sulle pareti del salottino, e spesso anche dei fiori.l L'espiazione
Dopo qualche tempo di calma e di tranquillità relativa, il tormento delle voci cominciò di nuovo. Le udivo non nel sonno o nel dormiveglia, ma durante le azioni più svariate, quando ero sola e le udivo io sola.
- Mamma, perché ci hai uccisi?
Che cosa avrei potuto rispondere? Ripiegandomi su me stessa tacevo e piangevo, mentre sentivo che quelle voci erano come una lama che frugava in una vecchia ferita. Un giorno mi scappò di dire:
- Sì, figlioli miei, riconosco la mia colpa e ve ne chiedo perdono.
Ma queste parole, per quanto ripetute, non ebbero mai risposta.
- Ditemi se posso salvarmi.
- Perché lo chiedi a noi?
Che strana domanda, pensai tra me, e non osai più ripeterla. Era destino che questo fenomeno, col suo ripetersi, mi portasse a una tale depressione nervosa che, dietro insistenza del confessore, dovetti rivolgermi a uno psichiatra. Fu una visita lunga, accurata, scrupolosa. Ma non so come, dopo pochi giorni mi trovai internata in una casa di cura. Fu un mezzo tradimento del medico, e specialmente di alcuni miei stretti parenti. Posso tuttavia giurare di non aver mai perduto per un istante la coscienza di me stessa. Sono ancora oggi in grado di riferire quello che si diceva e che accadeva attorno a me. Soprattutto ricordo il male che mi facevano le parole di compatimento di mia figlia, che credeva nella malattia di sua madre e acconsentiva, d'accordo col suo fidanzato, a tenermi in quella casa. Furono tre anni di reclusione ossessionante e di martirio. Ricordo che non passò un giorno senza che pensassi all'espiazione predettami dal cappellano delle suore, il quale continuò ad assistermi spiritualmente in modo tutto paterno. Qualche volta accettavo, qualche volta mi ribellavo, ma la mia disposizione abituale era quella di voler espiare. Le voci continuarono intanto a farsi sentire con intermittenza e le reazioni che ne derivavano non facevano che confermare infermiere e dottori sul mio stato «indubbiamente patologico». Eppure avevo la certezza di non essere malata ma soltanto di sottostare a una lacerazione interiore indescrivibile. Nei momenti di maggior calma non cessavo di pregare; ma anche questo veniva considerato come uno degli elementi testimonianti il mio stato di infermità mentale.l Rinasce la speranza
Un giorno, fu appunto tra una preghiera e l'altra che mi balenò un'idea. Avevo sentito parlare di un sacerdote santo, le cui preghiere erano molto efficaci presso Dio. Chiesi a una suora di portarmi l'occorrente per scrivere una lettera. Anche se con qualche difficoltà, fui accontentata. Mentre terminavo di scrivere, venne a visitarmi mia figlia col fidanzato. Affidai a costui la lettera; egli ebbe la delicatezza di farmi assistere all'atto di imbucarla nella cassetta della posta all'interno della clinica, visibile attraverso l'inferriata della mia camera. Attesi una ventina di giorni. Ma quando la risposta venne io non so che cosa dovette operare su di me e sugli altri. Resta il fatto che di lì a non molto fui dimessa. «Io sono certo che il Signore, per intercessione della Madonna, non mancherà di farle la grazia, e anche presto», aveva scritto quell'uomo di Dio. Quando la cosa si seppe in clinica, non so quante lettere avrà ricevuto da ammalate e dai familiari. Poco dopo ci fu il matrimonio di mia figlia col giovane appena laureato in medicina. Come condizione alla loro unione volli che la nuova famiglia fiorisse nella casa di mio marito, che era abbastanza ampia per accoglierli, e questo giovò a crearmi attorno un clima di maggiore serenità. Ma le sofferenze interiori non cessarono mai del tutto. Il pentimento sincero di quanto avevo commesso, la grazia della speranza alimentata dai sacramenti, l'autorità del confessore valsero certamente a non farmi scivolare di nuovo verso la disperazione. Ma tutto questo non riuscì mai a liberarmi dall'atroce amarezza di sette maternità interrotte. Mi hanno assicurato che in paradiso non vi sarà più nessun ricordo che possa dare amarezza e menomare la beatitudine degli eletti. Ma penso che se per poco questo miracolo di dimenticanza fosse sospeso, il cielo stesso diverrebbe per me un inferno, tanto è triste per una mamma, quando lo ha ben compreso, il pensiero di non vedere nella beatitudine celeste le anime che Dio aveva creato per quella, e che solo il delitto d'una mamma ve le ha escluse per sempre. Se lo avessi compreso prima! Renderci rei di delitti così atroci; portarceli addosso per tutta la vita, senza poterne mai riparare le conseguenze, credetemi, é una cosa orribile! Ma commettere simili delitti, e non sentirne il peso, e non provarne orrore, e guardarli come la cosa più naturale, dev'essere una cosa diabolica! Mi sembra la caparra della maledizione di Dio!
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